Nel campo avanzano a cavallo sulle scope i cacciatori di grilli.
Soffia nel corno di latta il battitore al salto dei cespugli.
Ah, trattieni un poco i pensieri
Come questi trucioli leggeri
Che al filo dei recinti il vento padrone attorcigliò;
A palmo a palmo indietreggia, le spalle mature all'occidente,
Fino al disarmato fortino dentro il petto.
Il dolore ch'ho perso
E che m'ha fatto qual sono, il bimbo vecchio nomade d'amore,
È un idolo di pietra che mai alcun voto interrogò.
Varcano i cacciatori l'ora buona
Nel crepuscolo dei grilli e degli aromi.
Chiaro come un brivido d'ossa nell'oscurità,
Scende meco per sempre il bimbo, la mente piena di mani,
Non c'è rimedio al disordine d'aprile,
scossa di paradiso dei cieli che spurgano
e rovesciano l'inv 212r172c erno nei fossi, dei venti
che s'irradiano asciutti di colpo.
Non c'è rimedio a quei nostri disguidi,
al lezzo delle rose, notturne per la mente
e per l'aria gelose. Amore sempre fiorisce
prima
fa misera la lotta, tradisce solitudine.
L'odore disfatto in scirocco soffoca le sere;
e non c'è onore, né calma, né tregua.
Prendi il nero
disinvoglia la nuca, in sé pupilla, palato
di cane, oppure pensa le notti che risbuca
nel gelo il firmamento dei gatti, amore.
Prendi l'alito dell'ansimo nero, così dolce
in punta di lingua, fumo di mosto s'arrotola
sulla fronte, mescola l'osceno e l'assurdo,
cambia di posto, e sia come non detto, amore.
Prendi il volo nero, valica l'altra tua vita,
voltano il fianco i terrori, non gridano più.
Un sorso d'alba, che nausea, è splendido ora
questo barbaglio stanco, mucosa fiorita, amore.
Come devo comportarmi, domandai per sapere (per avere,
invece, si chiede) se l'ala nera sarebbe infine abbattuta.
L'astrologo disse: (il destino): generalmente buono,
sarà accaduto e non dovrà rimpiangere, di fianco la luna
falcata, radiosa, considerando l'epoca, una piccola soddisfazione
(in pieno giorno galleggiare nel prato), la posizione
potrebbe indurla, di Urano o l'inverno che viene dagli spazi,
coincide con qualche amica o parente, non esiti a farlo,
procurandole notorietà (rumore di cesoie dal giardino),
allo scopo discreditarla, tenga sempre con sé il talismano,
sarà un mese piuttosto monotono.
E lo psichiatra disse: (a proposito del sogno): l'immagine
del bambino con la merda in mano è il mondo
largo luminoso vuoto stretto oscuro colmo elevato profondo
mobile impuro immobile sudicio contagioso disgustante
accogliente minaccioso illimitato doloroso
velenoso vischioso decomposto penetrante
fisiognomico ignominioso numinoso è il mondo
sanguinoso tagliente spermatico molle terrificante
dissipante vertiginoso appropriante metamorfico
vendicativo scaltro ostinato innamorato sia chiaro
finché non (finisci di penetrare nella penetrazione) ritorni
alla contemplazione (il cancello ha una leggiadra gualdrappa di edera) e
io risposi: che bella pace qui, dove gli oggetti scavano
la loro superficie: volevo voltarmi, ma è fuggita piangendo.
per Achille Perilli
Le risorse statistiche della danza sono le elitre, i vessilli
lenzuola di farfalle, limbi di ninfe graffiti, amori
che volano, vascelli arrembanti drogati di larve, emblemi
opachi dell'impaginazione che racconta di scheletrini ermafroditi
soffiati con anima di papavero, di vermi con la tunica, addomi
signiferi di vele, drammi filatelici, smottamenti di miniature
in scroti filanti, astronavi della cenestesia
Achille è un insegnante di ginnastica putativa,
un massaggiatore di lobi balneari, paesaggista per cineteche
di campagna, allevatore di clitoridi libellule, erborista e
cavalleresco pittore di battaglie retrattili
al critico anale, magazziniere, museiforme, più lascivo dell'anitra,
disinfestatore, spazzino, cuoiaio e mercante di stoffe
lascio la stima maniaca del grafico e del diafano perché (sembra,
infatti, che l'arte sia ormai pienamente apprezzata dalla società
per il suo linguaggio muto, e questo è un risultato
fatalmente povero delle meravigliose rivoluzioni di ricchezza;
"così la pittura s'è appagata di aver perduto spazio e mondo,
di cui l'uomo ghiotto avrà sempre bisogno") perché tutti
entrino
entrino: edili, nautici, archeologi, entomologi, astrologi, mitologi,
psicologi, droghieri, musici, chimici, giudici, figurinai, anacoreti,
avvocati, chirurgici, agenti segreti, detectives privati, politici, bricconi,
spioni e grafologi; e infilino
infilino le perline del calzolaio per il ballo
senz'altra industria che non sia di piacere e amare
un accoppiamento autunnale
nei lunghi periodi di silenzio mi sdraio sotto gli ampi cieli di una scala
di servizio o mi appollaio pensando che quei bravi cavalieri cavalcarono
il loro lurido lupo alla scuola di danza fu sempre un bene per me se cerco di capire
quel che sto pensando intrecciare le dita stirando gomiti e pollici
in fondo lei spiega il mantello di lepre sull'erba pelosa come voi che dolce
pulsazione pelvica quando alza il ginocchio e scopre la lumaca il corpo è tutto
in grandezza naturale che avanza come in sogno i movimenti rallentati nel plasma
io non chiudo gli occhi le braccia in posizione di guida su un camion fiammeggiante
il tonno guarda in su tra bordure di salvia scarlatta è verde-blu come le rape
cinesi e dev'esserci un significato nascosto se il pavimento è un vetro nero
e le ragazze affusolate in una città sconosciuta s'inoltrano a tentoni levando
grosse bolle di tenero profumo da sotto i raggi della luna e anche inciampano
ce n'è che ballano sulla superficie vetrosa di un torrente vedo il ricamo
delicato dei piedi la foresta ansima e un esercito di muscoli trasporta
senza capire utili ombrelli sulla schiena finché un gruppo di fuggiaschi in corsa
simula di scaricare la tensione diurna nell'ululato del lupo sono gli abitanti
ora se cerco di capire la nettezza delle sconcertanti onde del corpo immobile
della tigre stordita o uccisa tra i giunchi non permetto al terzo occhio
di eccitare la mia fronte l'ano se ne dorrebbe a tal punto che il teatro credo
opera di mistero e applauso supposta da uomini e bestie intelligenti risorgerà
avevo l'acqua in bocca lo stomaco tutto botanico e misi il dito liquido nella zuccheriera
guardando l'abito smesso nero appeso in quel tempo fetale che mi annodarono le caviglie e
mi farà bene riflettevo stupefatto della grande produzione di pensieri essere quasi morto
ne presi uno per la collottola sgusciante e sputai le parole suppurate con polpa e nocciolo
ne spruzzano larve bianche arruffate provando una fiducia simbolica che sto per grufolare
in sogno l'acqua si apre fine delle bollicine riabbottonare il cappotto spiovere di berretti
scricchi di scarpe lucide di freddo e fumanti mani di lana che scalpitano corte illuminata
da una grande lumaca elettrica sorniona ai turbini piumosi branchi d'inchini offe parrucche
pervincoli balenanti da gole mogie di veneri poltigliose è il momento confuso di stornare
l'abiezione attento a scaracchiare nella segatura è un segno della grazia oh cupa slogatura
del caso mi distraggo al soffio di stalle afrodisiache "Lucullo!" esilarava la zia dal forno
totem e gas il tredicesimo mese sangue coniglio scava la casa quartana di esplosioni
[la crema
prima singhiozza un batracio bonario lussurioso quindi un pesciolino languido agita la
coda della serva poi quasi vinto dal sonno una papera muta borbotta sotto i testicoli
per me adoratore di cavalle frusciò di corsa deliziandomi l'ippomane urlo occhietti
[nel buio
cerato di pellicole lunari inseguivo straziato l'immane inquisizione dei nomi animaleschi
palpavo lente frotte torve e tribadi come vacche percorrendo limbi ventilato di vituperio
divorando le dita nel colletto tignoso ah i nomi erano tutti inutili ridevo forte buffo
mistico pupacchiotta è il crampo dell'uccello guardiano l'autunno del pipistrello l'estasi
del pappatacio lo spirito atteso dove devi tornare stanotte che ha digerito solo il coniglio
la pasticca è caduta dalla garza turchina di schianto nell'afa gonfia dei battelli a vela
poi la pioggia di latta toc tic toc tic branchi di bollicine affiorano la raffica scialba
scopre l'acre odore di acquitrino allega il palato nel dito maniaco dei suoi capelli e ci
voltiamo alla passione della sera specchiante nelle grinze delle vetrine parole spruzzate
di mare verso l'oscurità che s'accapiglia intorno al buco in cui scivolano le dita accese
Chi l'avrebbe detto, invitato a pranzo scherzavo,
impedimento accecante, mordevo il cappello, non dicevo
niente: ho il naso finto, si spengono le luci, finché
scoprono che distruggevo rispettosamente un mondo;
ragazzi! invece era davvero lo spolpamento del sangue.
È detto, la chiamo col suo nome ma la costrizione
resta, allungo le gambe ma son corte, mi riassetto,
mi trasferisco da una natica sull'altra, ma la fitta
è qui, nel mezzo; ragazzi! che cosa avrebbe dato quest'uomo
al suo paese se non fosse stato costretto a morire?
Enumero a precipizio, fingo di dormire, emergo dal lago
solo per ridere, metto in guardia l'uccello mortale,
mi riconcilio, volo all'appuntamento, ho bisogno;
mentre decado le brillano gli occhi, rive spopolate dove
vado in punta di piedi, spettri che non sono altro.
Un'ora dopo, grandi sciarpe dai tetti e per le strade,
da vero cristiano che deplora l'Italia, la Cina, il mercato,
toccando la borsa, non avevo nemici, mi tuffo tra i brividi
interni, approvo il tipo freneticamente medio, sono fuori
pericolo, sul piano «Povero cor, che pensi?» cerco l'aria.
Mi piace immalinconirmi sul materasso della pioggia
mentre il tuono trafelato s'allontana col suo fragore
membra viscere nervi s'abbandonano alla molle pantomima
un soffio salmastro lambisce le ossa che scottano
discontinue venerazioni della pigrizia
gola spellata come un logoro tappeto arido di polvere
niente più presagi la presenza è un sacco bucato
puoi perdere tutto lentamente o scaricarti di colpo
Il mio unico titolo di gloria militare
è la renitenza alla leva repubblichina,
sette mesi di antinaja clandestina
sotto l'occupazione tedesca. Ma di ciò non è traccia
nel mio foglio matricolare. Sono un miles ignoto
della resistenza privata.
Grovigli e gocce.
Dolori mi lasciano
per una pena più nera.
Anche l'uomo se ne va
lasciando il peggio.
Una volta avevo tempo
perché ero svelto.
Ora che sono lento
non ho più tempo.
Quel chiarore perso,
lanterna che oscilla
sul palo impiccato,
è l'amore che dorme
nell'occhio rovesciato.
La rondine vola per fame,
l'usignolo canta
per mettere in guardia i rivali,
e tu giri, giri, rapace debolezza,
per trovare i tesori
della crudeltà amorosa.
Quanto ai fiori, ti dirò, preferisco
la circostanza che li pone a nostro agio,
la sorpresa o l'offerta di mattino
in una stanza, o la presenza notturna
che li stempera, li disfa sulla soglia
d'una ospitalità ambita, incongrua.
Oppure devono risplendere al naturale
come quei papaveri sui declivi magri.
Un topo trappola nel buio, lui o lei topolastra,
subitanea ombra soffice scatta, freme il bidone,
fisso la coda dell'ombra, urto di panico separa
in trappola; in qualche buco recondito scivola
defecando, scommetto. Ciò che destina rosicchia
e salta, esiguo affarino, la visione imprecisa
ti scappa addosso, sfiora l'ombra tra i piedi
una repulsione d'affetto. Ti rannicchi, brancoli,
t'intopisci, preso e lasciato ansimi in tondo,
t'inverni prudente, da mai a sempre intrappolato.
Che topata la vita, eh, topo?
Ancora una volta ancora una
sollevo la schiena e guardo fuori dalla finestra)
il tale pazzo o in cima trovo di colpo debole e svilito
dal tetto alla soglia ruzzolo a terra è normale.
Furioso bevendo camomilla mi aggrappo alla ruota
abbagliante fisso i meriti ripeto la formula
è semplice oh rapace debolezza oh vera illusione
l'occhio scodinzola festosamente esagera nel trucco.
La voce tenerissima sospesa all'eco del tuono
ancora una volta ancora una volta nel mondo morente
e nell'altro i calunniatori infestano i corridoi
gettano ombra sulla porta il dio maligno dà e lacera.
Ancora una volta ancora una volta non insisto
su questo punto sbircio da un mondo che le cose
avvengono blandisco fendo una circostanza compatta
i presagi a stormi (si sarebbe sentita volare una mosca).
Questa è davvero miseria
non avere niente insomma
È avere eppure niente
È una cosa da avere
un leone un bue nel petto
Sentire lì il suo ansare
Cuore gagliardo cane
vitello orso arcuato
Gusta il suo sangue non sputa
Simile a un uomo nel corpo
di bestia selvaggia
gli stessi muscoli
Leone che dorme al sole
fiuta con le zampe
può uccidere un uomo
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