Le Eolie devono il loro nome ad Eolo, signore dei venti, che qui, secondo Omero, aveva il suo regno. Isole piene di sorprese e di contrasti. Chi oggi vi si avvicina, con la nave o l'aliscafo, non può fare a meno di essere sopraffatto dalla magnificenza del paesaggio e di essere invogliato ad esplorarlo. "Isole vaganti": nel corso dei millenni, le eruzioni le banno più volte modificate nelle dimensioni e nell'aspetto. Le coste ed i fondali sono stupefacenti ma anche l'interno delle isole è ricco di fascino: imponenti vulcani siempre attivi, bizzarre formazioni rocciose, fitta vegetazione a Salina, villaggi preistorici a Lipari, Panarea e Filicudi e i tesori archeologici, che il 313c25d mare ha restituito e sono gelosamente conservati nel Museo Archeologico di Lipari.
Nonostamente le vicissitudini della storia e i cambiamenti imposti dal mondo moderno, questa identità èsopravvissuta con i suoi costumi e le sue tradizioni.
Gli eoliani sono persone gentili e cordiali e vi riceveranno con calore.
Ripercorriamo, quindi, da un'isola all'altra un itinerario antico nelle acque limpide di questo mare leggendario.
RICERCA
"Cercavamo un posto dove vivere una vita tranquilla, lontana dal caos, dalle sirene impazzite, dalle auto in coda, dagli assalti ai semafori, dalla gente inferocita.
Cercavamo un posto dove poder sorridere al nostro prossimo anzichè averne paura, senza dover duellare per un parcheggio: un luogo ove la nostra casa continuarsse oltre il cancello.
E cercavamo il mare, il sole, il profumo, il silenzio. Totto questo per continuare ad essere noi stessi.
Siamo allora partiti per paesi lontani. Abbiamo visto, provato e alla fine il nostro esotismo si è realizzato, indovinate un po': dietro l'angolo di casa a Filicudi, piccola magica isola, nell'arcipelago delle Eolie.
E qui viviamo e vogliamo offrire a chi ha gli stessi nostri desideri la possibilità di vivere questa atmosfera."
Gisella e Aldo Ardizzone
Poche parole bastano a trasmettere il forte richiamo delle Eolie. Ieri come oggi grandi viaggiatori famosi quali Dumas, Houel, Guy De Maupassant, De Dolomieu e l'arciduca Luigi Salvatore d'Austria, hanno esplorato i luoghi e studiato l'economia le tradizioni e i costumi dandone un resoconto puntuale in opere anche importanti, come quella in otto volumi dell'arciduca d'Austria.
Le Eolie sono creature vulcaniche nate della presenza ativa dei quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Emersero dal mare durante il pleistocene e da allora hanno più volte preso e mutato forma. L' evoluzione è ancora in atto tanto è vero che nel 1955, vicino a Stromboli, è sorto dal mare un nuovo isolotto poi inabissatosi, che a Lipari le colate di pomice ed assidiana del monte Pelato e dalla Forgia Vecchiara risalgono al 729 d.C., che i vulcani di Vulcano e Stromboli sono tuttora attivi e che a Vulcano, Lipari e Panarea, acque e fanghi termali ci rammentano che sottoterra non totto è sopito.
Le Eolie offrono ai turisti, agli stodiosi e agli amanti del mare la loro bellezza naturale. Un mare ancora pescoso e pulito, grotte e scogliere altissime, faraglioni e spiagge dalla sabbia finissima e nera, solfatare e montagne di bianchissima pomice e tutto il fascino degli ambienti isolani.
Qui si arriva totto l'anno con navi ed aliscafi e la facilità dei collegamenti è uno dei motivi del decollo turistico. Da Napoli ci si può imbarcare anche con la macchina e senza dover raggiungere la Sicilia. In estate gli aliscafi, con svariate corse giornaliere, collegano le isole a Reggio Calabria, Gioia Tauro, Messina, Palermo, Cefalù, Sant'Agata di Militello, Patti, Capo D'Orlando, Giardini e Milazzo. E', inoltre, in progetto la costruzione di un poccolo aeroporto a Lipari.
Il clima è temperato e in invierno il termometro non scende mai sotto i dieci gradi e anche fuori stagione, sono possibili permanenze piacevoli. Le estate non sono torride perchè mitigate della brezza marina. In primavera, la vegetazione che ammanta le fertili isole è un'esplosione di colori e di profumi. Un tempo erano ricoperte da fitti boschi ma, oggi, la macchina mediterranea ha preso il sopravvento. L'uomo ha disboscato quasi ogni centimetro disponibile per coltivare viti, ulivi, capperi, legumi ed ortaggi. I diffusi terrazzamenti, oggi abandonati, attestano il grande lavoro umano nel corso dei millenni.
L'uomo e le caraaatteristiche geografiche hanno dato un'impronta diversa ad ogni isola.
Filicudi ed Alicudi sono un "rifugio antistress" dall'ambiente incontaminato.
Panarea è l'isola alla moda, meta di un turismo d'èlite.
Stromboli e Vulcano, aspre e selvagge, attirano un turismo goivanile un po'bohemien.
Salina, la verde, con le sue montagne gemelle, per la sua tranquillità è la prediletta da tante famiglie con bambini.
Lipari, l'isola maggiore e più abitata, sede del Comune da cui dipendono tutte le altre isole (esclusa Salina), offre, a chi ha esigenze di confort e di ampi spazi, tutti i servizi, compresi un ospedale attrezzato e un porto riparato.
CRONOLOGIA DELLE EOLIE DALLA PREISTORIA AGLI ARABI
NEOLITICO MEDIO
Ultimi secoli V millennio a.C.: Prima fase del Neolotico eoliano. Facies culturale del Castelarro Vecchio.
Primi secoli IV millennio a.C.: Seconda fase del Neolitico eoliano. Periodo della ceramica tricromica. Abitato sul castello di Lipari.
Intorno metà IV millennio: Terza fase de Neolitico eoliano. Periodo della ceramica meandro-spiralica.
Seconda metà IV e inizi III millennio a.C.:Cultura di Diana.
ENEOLITICO
Prima fase delle'Eneolitico
Prima metà III millennio a.C.:Facies culturale di Diana - Spatarella.
Eneolitico medio
Intorno metà III millennio a.C.: Cultura di Pianoconte (che inizia comunque a manifestarsi anteriormente alla metà del millennio, probabilmente intorno al 2700-2600 a.C.).
Eneolitico superiore
Seconda metà III millennio a.C.: Cultura di Piano Quartara.
ETẢ DEL BRONSO
Prima età del Bronzo
Ultimi secoli III millennio a.C. - 1430 a.C.: Cultura di Capo Graziano.
Media età del Bronzo
1430 - 1270 a.C. circa: Cultura del Milazzese.
Tarda età del Bronzo
1270 - 1125 a.C. circa: - Ausonio I.
Fine XII - fine X o inizi IX sec. a.C.: Ausonio II.
Fine X, inizi IX sec. - 580 a.C. circa: L'arcipelago eoliano risulta completamente disabitato con l'eccezione di Lipari, dove, secondo quanto riferisce Diodoro Siculo, all'arrivo dei Greci vivera un esiguo nucleo di indigeni.
ETẢ GRECA
580 - 576 a.C.: Grupi di abitanti di Cnido e Rodi, superstiti della sfortunata spedizione di Pentathlos nella Sicilia Occidentale, approdano a Lipari sotto la guida di Gorgo, Tèstore ed Epiterside e fondano la colonia di Lipàra.
VI sec. - 474 a.C.: Conflitti sui mari con gli Etruschi e numerose vittorie attestate dalle donazioni nel Santuario di Apollo a Delfi. Probabilmente nel terzo decennio del V sec. a.C. - Lipàra viene anche per breve tempo conquistata dagli Etruschi che sacrificano ad Apollo uno dei suoi più strenui difensori, Theodoros.
476 a.C.: Cessa la minaccia degli Etruschi per Lipari a seguito della loro sconfitta a Cuma da parte di lerone di Siracusa. Nel corso del V secolo Lipàra impianta stabili nuclei abitativi, a carattere soprattutto agricolo, in altre isole nell'arcipelago.
427 - 426 a.C.: Alleata di Siracusa contro Atene durante la guerra del Peloponneso, subisce incursioni ateniesi (e dei Reggini, alleati di Atene).
397 - 396 a.C.: Durante la guerra ha Cartagine e Siracusa Lipàra viene conquistata dalla flotta cartaginese al comando di Imilcone che impone alla città una taglia di 30 talenti.
393 a.C.: L'arconte (supremo magistrato) di Lipàra, Timasiteo, restituisce a Roma il cratere d'oro (decima parte della presa di Veio) che una nave romana, assalita dai pirati liparesi, stava portando in Grecia al santuario Delfi.
389 a.C.: Durante il conflitto fra Dionigi di Siracusa e gli italioti, Tearide, fratello di Dionigi, si impossessa nelle acque di Lipari di dieci navi della flotta do Reggio.
304 a.C.: Lipàra viene assalita a tradimento da Agatocle, Tiranno di Siracusa, che impone una taglia de 50 talenti; le navi siracusane che transportato il bottino (ex voto di Eolo ed Efesto dal pritaneo delle città) sono però affondate da una tempesta che viene ritenuta segno de la collera divina.
264 a.C.: Durante la prima guerra punica Lipari stinge alleanza con Cartagine contro Roma e diventa base operativa dell'ammiraglio cartaginese Annibale.
260 - 257 a.C.: Le acque di Lipari sono teatro di importanti episodi del conflitto fra Cartaginesi e Romani che tentano invano due volte di conquistare l'isola.
252 - 251 a.C.: Lipari è distrutta e conquistata dai Romani al comando del console Aurelio Cotta.
ETẢ ROMANA
218 a.C.: Durante la secunda guerra Punica nove triremi Cartaginese si rifugiano a Lipari.
Prima metà II sec. a.C.: formazione di Vulcanello.
69 a.C.: Lipari, civitas decumana (cioè con l'obbligo di versare la <<decima>>), subisce, insieme a numerose altre città siciliane, le angherie di Verre, propretore di Sicilia, riferite da Cicerone nella sua seconda Verrina.
37 a.C.: Ottaviano, durante la guerra civile con Sesto Pompeo, figlio de Cneo Pompeo, deporta i liparesi a Dicearchia in Campania perchè favorevoli a quest'ultimo. Poco dopo, comunque, Sesto Pompeo impianta basi strategiche nelle Eolie, soprattutto a Lipari.
36 a.C.: La flotta di Ottaviano, comandata da Agrippa, riporta nelle acque fra Lipari a Milazzo una prima importante vittoria su Sesto Pompeo, che nello stesso anno verrà definitivamente sconfitto nella battaglia navale di Nauloco, non lontano da capo Peloro.
Plinio il vecchio (23 - 79 d.C.) nel libro III della sua Naturaliz Historia menziona Lipari come oppidum civium romanorum, cioè un <<municipio romano>> i cui abitanti avevano la cittadinanza romana e godevano l'autonomia administrativa.
205 d.C.: Plautilla, moglie dell'imperatore Caracalla, viene confinata a Lipari con fratello Plauziano.
417 d.C.: Attalo prisco, già niminato imperatore da Alarico, viene confinato a Lipari dall'imperatore Onorio.
ETẢ BIZANTINA
506 - 511 d.C.: Teodorico confina a Vulcano il curiale lovino denunciato per omicidio.
543 d.C.: i Goti, dopo la conquista di Napoli, impiantano una base navale nelle Eolie.
Già nel VI secolo d.C. sono conservate a Lipari le reliquie di S. Bartolomeo (testimonianza di S. Gregorio di Tours).
Prima metà VIII sec. d.C.: Eruzione del Monte Pelato.
838 d.C.: Lipari viene saccheggiata e distrutta dagli Arabi. Le reliquie di S. Bartolomeo vengono traslate a Benevento.
Tratto da "Archeologia viva" n.46
Edito dalle Edizioni Giunti
Le datazioni delle fasi della Preistoria Eoliana sono curate da Luigi Bernabò Brea
e Medeleine Cavalier.
ARTE E STORIA DAL PERIODO ROMANO AI NOSTRI GIORNI
La prosperità di cui Lipari godette nei due secoli di influenza greca, ebbe fine con la conquista romana. L'isola, piccola ma indiependente, averva raggiunto un livello di ricchezza attestato dalla produzione locale di raffinate ceramiche e da un abitato di proporzioni insolite per l'epoca.
Alle distruzioni, alle stragi e alle deportazioni romane segui un luogo periodo di miseria: divenne una cittadina di provincia senza importanza, soggetta ad una guarnigione stanziatasi nel Castello.
Diventò Municipio in età imperiale, luogo di deportazioni e confino.
Dal III secolo, sotto l'influenza bizantina, fu forse sede vescovile e meta di eremiti in cerca di rifugio. La comunità cristiana riconobbe come proprio patrono San Bartolomeo le cui reliquie divennero oggetto di culto.
Gli scavi, che hanno portato alla luce i resti di un'arena, di terme e di strade, dimostrano che Lipari, nel V secolo, era tornata all'antica vitalità. Nel 543 i Goti impiantarono a Lipari una base navale.
Nell'Alto Medioevo, Lipari decadde rapidamente sia a causa della ripresa dell'attività vulcanica del Monte Pelato e della Forgia Vecchia nel 729, sia a causa dei continui attacchi degli arabi che nell'838, devastarono la città deportandone gli abitanti.
Le isole rimasero disabitate per due secoli, fino all'arivo dei Normanni che, nel 1083, insediarono nel Castello i monaci Benedettini che vi fondarono un monastero con annesso chiosto. Già nel 1091 il monastero aquistò la signoria feudale sulle isole Eolie con una Bolla di Papa Urbano II. L'abate del manastero, il monaco Ambrogio, promulgò, nel 1095, il "Constitutum", un documento che concedeva ai cittadini e ai loro eredi la proprietà della terra che coltivano. Allo scopo di colonizzare Lipari, la proprietà venne concessa anche ai forestieri, ma solo dopo aver coltivato i fondi per tre anni e con l'obbligo, in caso di vendita di alienarlo agli abitanti del luogo.
Fu attuata una concreta opera di rinascita delle isole mediante il ripopolamento e il conseguente sfruttamento dei terreni abbandonati dopo l'incursione saracena dell'838. Una riproduzione fotografica del documento si può visionare nella XXVI sala del Museo di Lipari. La cattedrale, dedicata a san Bartolomeo, fu costruita accanto all'abbazia benedettina, dopo un secolo dall'arrivo dei Normanni, con materiali provenienti dalle mura greche, sulle rovine di quella protocristiana che a sua volta aveva forse sostituito un tempio greco - romano. La grandiosità della cattedrale dimostra che nuovamente la città era tornata a vivere.
I commerci rifiorirono anche grazie ai privilegi fiscali (libera esportazione di zolfo, allume e pomice) che i re Angioini e Aragonesi concessero ai Liparesi. Nel 1544, il pirata saraceno Ariadeno "Barbarossa", alleato dei francesi contro Carlo V, attaccò Lipari con una flotta di 150 navi e la saccheggiò dopo un luogo assedio. Ne bruciò le case e la cattedrale e deportò 8000 abitanti, l'intera popolazione, come schiavi. Grande fu lo smarrimento nel mondo cristiano. Carlo V, sovrano spagnolo di Napoli, fece costruire mura più imponenti attorno alla cittadina e, mediante esenzioni fiscali e privilegi, favori il ripopolamento di Lipari (dove si trasferirono principalamente spagnoli e campani).
Tuttavia, le isole continuarono a vivere sotto il terrore delle incursioni e, nel 1589, vennero annesse Regno delle Due Sicilie. Bisogna attendere la fine del 1700 perchè, con la scomparsa della pirateria turca, la città torni ad espandersi, prima sotto gli Spagnoli, poi sotto i Borboni, i Savoia, gli Austriaci ed infine nuovamente sotto gli Spagnoli fino all'Unità d'Italia.
VULCANO
Vulcano è la prima isola che incontra provenendo da Milazzo, da cui dista solo 12 miglia. In prossimità del porto, si è stupiti sia la bellezza del luogo sia dall'acre odore di zolfo che impregna l'aria. Il fenomeno, cui ci si abitua presto, èdovuto alle "fumorale", esalazioni ad alta temperatura di vapore acqueo, zolfo e anidride carbonica che si sprigionano dal cratere o da fessure del terreno. Le fumorole ci rammentano che il vulcano è sempre attivo.
L'isola deve il suo nome all'imponente attività vulcanica che ha sviluppato nei millenni. Con Stromboli è l'unico vulcano ancora attivo e il più giovane dell'arcipelago eoliano, (90.000 anni Vulcano e 100.000 Stromboli). Agli occhi di greci e romani, quest'isola, oggi frequentata dai turisti, dovette fare grande impressione se la deniminarono Terasia (Terra calda), poi Thermessa (Calda), la consacrarono al Dio del Fuoco, Efesto per i greci e Vulcano pei i romani, e la considerano un'isola sacra (Hierà).
Il ritrovamento di diecine di grotte scavate nel tufo presso il Piano a sud dell'isola, forse tombe rupestri denominate Grote dei Rossi, suggerisce che la sacralità del luogo derivava dall'usanza di inumare i morti vicino al Dio Vulcano. Una posizione privilegiata per il viaggio nell'aldilà.
Non sappiamo se la fucina degli dei si trovasse qui, ma è sicuro che da tempo immemore sull'isola abitavano solo i forzati e gli schiavi, costretti all'estrazione di allume e zolfo.
La scenario doveva essere quello di un girone dantesco, tra le esalazioni sulfuree che toglievano il respiro e il vulcano periodicamente in attività con esplosioni e lanci di massi incandescenti. Lo sfruttamento minerario continuò per secoli sino a divenire una vera e propria industria sotto i Borboni.
Caduti i Borboni, l'isola fu acquistata da un inglese, tale Stevenson, che continuò l'opera dei predecessori non solo ingrandendo la miniera ma anche piantando i primi vigneti al Piano.
La sua villa, ancora oggi denominata il "Castello dell'inglese", si trova nel pianoro di Vulcano, accanto ai fanghi.
Nel 1888 si è avuta l'ultima eruzione che ha fatto saltare dal cratere "il tappo", constituito dal materiale magmatico sedimentato e ormai consolidato di un' eruzione precedente.
L'inglese fuggi atterrito dalla caduta di grandi blocchi di materiale magmatico ancora fuso, "le bombe a crosa di pane", che si raffreddavano a contatto con l'aria crepandosi. I pochi abitanti rimasti, forse i coloni di Stevenson, si diedero all'agricoltura e alla pastorizia al Piano, zona verde pianeggiamente, o alla pesca nel picolo borgo di Gelso.
Il resto è storia recente; decenni de silenzio in un'isola bella e disabitata, sino a quando nel 1949 il registra Dieterle girò a Vulcano il film omonimo interpretato da Anna Magnani e l'interesse per l'isola si risvegliò. Cosi anno dopo è diventata meta del turismo internazionale attirato dal vulcano, dai fanghi terapeutici e dal suo mare cristallino.
LIPARI
Lipari è la più grande e popolosa isola dell'arcipelago. La sua cittadina si estende ai piedi della imponente rocca del Castello, l'antica acropoli greca, e lungo le insenature, a Nord e a Sud, di Marina Corta e di Marina Lunga. Le abitazioni si arrampicano fin sotto i bastioni e la via Garibaldi ne segue l'andamento circolare, da piazza Mazzini alla deliziosa Marina Corta. Quest'ultima è il luogo di ritrovo abituale, animato dai sempre affollatissimi bar - gelaterie La Vela, II Gabbiano, Al Pescatore con i tavolini all'aperto e i coreografici grandi ombrelloni, il ritrovo Alta Marea ed II Caffè del Porto (si consiglia di assaggiare le granite...titte).
Marina Corta è collegata con un istmo ad una penisola dove sorge la chiesetta delle Anime de Purgatorio e dove giungono gli aliscafi. A protezione dell'approdo, sono stati costruiti dei moli che hanno un po' cambiato l'aspetto neturale del luogo. Comunque, conserva ancora, specialmente fuori stagione, il fascino del borgo di pescatori immigranti ad inizio secolo da Acitrezza, con le variopinte barche tirate a secco sulla piazza e le reti da riparare nei momenti di sosta. La statua di San Bartolo, patrono di Lipari, da' il benvenuto ai turisti che, appena arrivati, sono attorniati da negozi che offrono guide, cartoline e souvenir.
A Marina Lunga, nel porto di Sottomonastero, approdano, invece, le navi. Lipari o Meligunis, come veniva chiamata dai greci per il suo dolce clima, sorprende per la varietà dei paesaggi, dovuti alla complesittà geologica del territorio. Ben dodici vulcani hanno modellato, nei millenni, l'isola. La sua natura vulcanica è evidente nella Valle Muria, dalle rocce rosse, e nella costa nord - orientale, coperta da una vasta colata di pomice che nasconde rovine romane del IV sec. d.C.. su questa bianca montagna di panna si intersecano le tre colate di ossidiana della Forgia Vecchia, delle Rocche Rosse e quella più antica a nord di Canneto. Pomice e ossidiana, il bianco e il nero. Sono entrambe vetrose e costituite da silicio ma diversi sono il peso specifico, la modalità con cui è avvenuta l'eruzione ed il raffreddamento del magma, la presenza di acidità e il grado di viscosità del magma stesso. La lamine e le punte, prodotte con la preziosa assidiana, hanno determinato, prima dell'Età del Bronzo, la ricchezza di Lipari, in quanto merce di scambio con i popoli che ne erano privi.
Oggi, i giacimenti di pomice si estendono per otto chilometri quadri e sono la seconda risorsa dell'isola, dopo il turismo. Da più di un secolo, la pomice viene sfruttata intensivamente per i suoi molteplici impieghi nella concia delle pelii, nell'edilizia e come rivestimento ed abrasivo.
IL CASTELLO
La prima meta del nostro itinerario è visibile da ogni parte del città perchè la sovrasta con le sue poderose mura cinquecentesche. E' la fortezza naturale della rocca del Castello, una struttura geologica di origine vulcanica, che domina i due approdi dell'isola ed è stata quasi ininterrottamente popolata per seimila anni.
Ogni età ha sovrapposto le proprie testimoniaze: dal neolitico sino all'acropoli greca, alla città romana, a quella normanna e alle attuali fortificazioni della città spagnola che nascondono i resti delle cinte precedenti.
Al Castello si accede dalla piazza Mazzini in fondo a via Garibaldi.
La fortificazione di età normanna, eretta all'epoca di Ruggero II, proteggeva l'intero lato settrentionale della rocca. L'ingresso è costituito da una torre - porta che ingloba 23 filari di blocchi della torre greca dell'inizio del IV secolo a. C..
La porta normanna introduce in una galleria la cui uscita era protetta, in caso di pericolo, da una saracinesca di ferro e da una caditoia.
Si passa sotto una breve galleria ad archi ogivali in stile neogotico, realizzata nel XIX secolo, giungendo dinanzi ad un'altra poderosa torre, forse parte di una fortificazione di età tardo romana o del primo medioevo.
Un ultima porta di probabile età aragonese (XIX secolo), con un grande stemma dipinto sull'architrave, introduce nella via del Castello. Qui ha sede, dal 1954, il Museo Archeologico Eoliano. Abbiamo indicato, numerandoli sulla pianta del Castello, i vari edifici che compongono il complesso museale che si passono visitare dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00. tutta la zona del Castello contiene preziose vestigia del passato: sia all'aperto, negli scavi archeologici, sia all'interno dei padiglioni.
A destra, la prima Chiesa è quella di Santa Caterina, XVI - XVIII secolo, oggi chiusa al culto.
Più oltre la piccola Chiesa dell'Addolorata con una facciata barocca, il cui primo impiato risale al XVI secolo, con ricchi altari lignei e stucchi dorati; la grande Chiesa dell'Immacolata, eratta nel 1747, dalla liscia facciata. A sud della chiesa di S. Caterina e dinanzi all'Immacolata, si aprono due aree archeologice con resti di capanne relative a quattro abitati dell'Età del Bronso e parti dell'impianto urbano dell'età ellenistico - romana (un "decumano", via principale, intersecato da "cardines", vie secondarie).
Nei pressi delle aree archeologice dei tabelloni didattici, evidenziano, con planimetrie e sezioni in diversi colori, la sequenza delle fasi cronologiche.
Adiacente agli scavi vi è la scalinata chimata Via Del Concordato, costruita all'inizio del 900 per mettere direttamente in comunicazione la Cattedrale con l'abitato. La scalinata ha, però stravolto l'assetto originale della rocca, recando danni alle stratificazioni archeologiche. In fondo a destra della scalinata si estende il parco archeologico dove sono stati sistemati i sarcofagi di età greca provenienti dalla necropoli della contrata Diana. Nel 1976 è stato construito, su un modello greco, un teatro all'aperto con una stupenda scenografia naturale. E' un'oasi di pace e serenità. Una quinta chiesa, Santa Maria delle Grazie, è stata realizzata tra il XVII e XVIII secolo su un edificio culto preesistente.
La Cattedrale di S. Bartolomeo si erge maestosa con accanto il campanile in stile neo - barocco.
Gravemente danneggiata nel 1544 durante l'incursione del pirata Barbarossa, fu totalmente riconstruita ed abbellita più volte. Della chiesa normanna ad una navata conserva il transetto e il presbiterio. La riconstruzione iniziò nel Cinquecento in stile gotico e fu completata nel Seicento in stile barocco. L'interno è a tre navate con volte a crociera, affrescate nel '700 con episodi tratti dall'Antico Testamento. Dietro altare è posta una statua in argento di San Bartolomeo del '700. Dall'interno si accede al pregevole chiostro dell'antica Abbazia Normanna. Se ne conservano solo tre lati, perchè uno è stato inglobato nella navata destra della Cattedrale dopo l'ampliamento.
Gli ambulacri del chiostro sono suddivisi in campate con volte a crociera ed hanno colonne con capitelli dorici, recuperate dagli atrii delle case greco - romane distrutte dai saraceni, e colone dai fusti lisci con capitelli decorati con foglie stilizzate, figure di volatili, mostri, colombre, ecc. Il chiostro si apre su un giardino interno.
La successiva construzione del Palazzo del Vescivo ha utilizzato gli spazi del portico murando le colonne e i capitelli e cosi facendo li ha ben conservati per 800 anni. Se ne era persa la memoria sino al recente restauro che ci ha restituito un'opera d'arte.
SALINA
Salina ha in serbo tante sorprese, tanti doni. Il senso di serenità e belezza, che ispira quest'isola, ha affascinato profondamente anche Masimo Troisi che qui ha girato II Postino, suo ultimo film. Non mondanità e luci di riflettori che si accendono solo quindici giorni l'anno ad uso e consumo di frettolosi turisti, ma isola viva che coltiva ancora i suoi campi e incrementa la produzione della malvasia. Nel mondo questo "nettare degli dei" è conosciuto come "Malvasia degli Lipari" e viene si prodotto nelle isole Lipari, ma principalmente a Malfa di Salina. I capperi sono un simbolo per le Eolie ma solo qui vi sono vaste coltivasione. Isola viva che ha saputo promuovere e far istituire la riserva naturale che protegge due vulcani spenti e ammantati di una fitta vegetazione: Fossa dellee Felci e Monte Porri.
I Greci la chiamavano Didyme (gemelli) per la presenza di questi particoari relievi vulcanici, separati dall'altopialno di Valdichiesa, che contraddistingono l'isola. L'attuale nome deriva, invece, dalla salina, oggi laghetto salmastro, che si protende vicino alla costa verso Lipari. Il sale, qui prodotto, era indispensabile e veniva utilizzato per conservare il pesce e i capperi.
I principali centri abitati sono tre e corrispondono ai tre comuni di Santa Marina, Malfa e Leni.
Tre pinacoteche ed un museo, in un'isola cosi piccola, sorprendono solo chi non conosce la storia e le vicende di Salina. L'intraprendeza e la laboriosità hanno sempre contraddistinto i suoi abitanti, tanto è vero che a fine '800 la sua flotta mercantile contava 150 velieri.
Un breve tratto di strada con qualche curva poprta da Santa Marina a Mulfa, sulla costa settentrionale, dopo aver attraversato campagne coltivate a vigneto e burroni scoscesi nel primo tratto. Malfa è il comune più abitato dell'isola ed è adagio sulla valle di Giovi che dagrada verso il mare tra il Monte Porri e il monte Rivi.
Il suo nome deriva, probabilmente, da Amalfitani, qui emigrati nel XII secolo, attirati dalle agevolazioni e dalle concessioni date dai normanni per ripopolare le isole. Si coltivano i vigneti di malvasia, i caperi e viene anche prodotta l'uva passa (la passulina). Ci si dedica da sempre alla pesca e da qualche decennio si ricevono i turisti che ogni anno diventano più numerosi. Il piccolo porte detto Scario Galera è agibile solo alle barche di poco pescaggio. Vi è un scivolo di cemento dove vengono tirate a secco le barche dei pescatori. La notte si S. Lorenzo si illumina di mille colori, sono i bellissimi giochi pirotecnici in onore del patrono.
Proseguendo da Malfa la strada sale per superare le pendici del Monte Porri e, dopo ultima curva, ci appare l'altopiano di Pollara con le sue piccole case sparse: è un anfiteatro naturale a strapimbo sul mare dove la stratigrafia della lunga perete denota la sua natura vulcanica. E' quantro rimane del più vasto cratere delle Eolie, con un diametro di più di 1 km. Una conca fertile, baciata dal sole e delimitata dal Monte Porri. La risorsa principale per i 60 abitanti è la raccolta dei capperi che avviene da maggio ad agosto.
La baia è chiusa a nord dal "Perciato" un promontorio forato dal mare che franhe instancabilmente. Sono visibili i magazzini e i rifugi delle barche scavati nel tufo dai pescatori.
Sullo scenario il mare con il Faraglione, ultimo frammento a testimonianza dello sprofondamento geologico e sullo sfondo Filicudi e Alicudi.
Per raggiungere la spiaggia, forse la più suggestiva delle Eolie, occorre girare dietro la chiesa e percorrere a piedi un chilometro di strada in parte asfaltata, tra ciottoli e arbusti.
E' in progetto, da parte del Comune di Malfa di intitolare a Massimo Troisi la nueva strada che porterà a mare.
Nel 1994 è stato ambientato a Pollara il film Il Postini, tratto da un romanzo di Antonio Skarmeta ed ispirato all'esilio di Pablo Neruda. Le riprese sono state effettuate nella casa del pittore Pippo Cafarella, utilizzata quale dimora del poeta cileno interpretato da Philippe Noiret. La casa, ogni anno, è meta di tanti visitatori affascinati dal film, dallo stormir del vento e dalla tranquillità del luogo. Completano il paesaggio le ginestre, le eriche e i fiori di cappero con i loro odori e colori.
Ultima tappa del nostro itinerario sono Rinella e Leni.
Leni, dominata dai greci Lenoi, dal nome dei contenitori per la pigiatura dell'uva che, evidemente, già allora veniva coltivata. Si estende sull'altopiano tra i due vulcani e gode di un clima collinare che consente comunque, ai turisti d'estate, di giungere in pochi minuti alla spiaggia di Rinella. Oggi il paese di Rinella si è molto sviluppato, ma alcuni decenni orsono contava solo poche case di pescatori, lo scalo marittimo e i rifugi per le barche scavati nel tufo lungo la costa adiacente alla spiaggia.
FESTE RELIGIOSE E TAVOLE IMBANDITE
E' millenario il culto della "Madonna del Terzito", diffuso soprattutto a Salina, nelle altre isole e tra gli eoliani sparsi per il mondo. Le origini risalgono ai primi secoli del Cristianesimo. Si tramanda che un monaco orientale, per sfuggire alle persecuzioni, si fosse rifugiato nella flota boscaglia di Valdichiesa. In questo luogo, dopo la morte dell'eremita, fu ritrovata un'immagine della Madonna e edificata una chiesetta.
L'apellativo "Terzito" deriva dallo spagnolo "tersillo", il triplice sono della campanella che scandiva e scandisce le preghiere che, secondo il racconto popolare, alcuni boscaioli udirono, nel 1622, nella vallata dove è sorta la nuova chiesa dedicata alla Madonna, sui resti della prima, dopo secoli di dimenticanza ed abbandono.
Nell'isola, questa devozione è testimoniata anche dalla presenza di piccole chiesuole ed edicole votive lungo stradine e sentieri e dagli "ex voto", quadri ad olio e pitture su vetro, risalenti all'Ottocento ed ai primi del Novecento, oggi conservati nel Santuario di Valdichiesa.
Il 23 luglio di ogni si svolgono, con grande partecipazione e fervore religioso, i festeggiamenti in onore della Madonna del Terzito. Il simulacro della Madonna è portato in processione lungo le strade del borgo e la piazza del Santuario è piena di luci, di voci, di bancarelle e di gente.
Il 10 agosto è il giorno di festa dedicato a San Lorenzo., patrono di Malfa. Un tempo, le vie principali del paese erano adornate con archi di fiori, bandierine e luci multicolori che si armonizzavano con i colori della campagna, dei giardini e delle case sparse sull'altopiano di Malfa.
Ancora oggi, la banda musicale percorre le strade dell'abitato e, allo scoccare del mezzogiorno, preceduto da uno scampanio festoso, i devoti del Santo scavano ritualmente nel terreno con le mani, alla ricerca di pezzettini di carbone. San Lorenzo, infatti, è stato bruciato vivo sulla graticola e, quindi, tale rinvenimento è considerato un segno miracoloso. La processione sino alla piazza della chiesa parrocchiale e poi i consueti fuochi artificiali, che illuminano la notte, concludono la festa.
Oggi anno, in onore di San Giuseppe, a Malfa il 19 marzo e a Leni il 10 maggi, per tradizione si allestisce nella piazza della chiesa "a tuvuliana": un lungo tavolo ricolmo di pietanze.
A Malfa la tradizione risale 1835, anno in cui alcuni marinai si rivolsero a San Giuseppe per essere salvati durante una tempesta in mare.
Giunti sani e salvi a terra, decisero di fare dono ai poveri di pasta e ceci, cucinata in grandi e capienti pentoloni di rame, "i quadari".
L'usanza si è perpetuata nel tempo ed oggi tutte le famiglie del paese preparano le pietanze: piatti tipici eoliani, pasta e ceci, frutti di mare, aragoste, carne, vino, dolce e frutta.
Un piccola orchestra accentua l'atmosfera festosa mentre San Giuseppe, la Madonna e Gesù Bambino, in costume d'epoca, partecipano alla manifestazione, e' una festa singolare perchè intorno al banchetto, sul sagrato della chiesa, vi è tutto il paese riunito: l'intera comunità.
La sagra del cappero
A Pollara, durante il primo week-end di giugno, si svolge la "Sagra del Cappero" organizzata dall'associazione culturale "Didyme '90" e dalle amministrazioni comunali dell'isola.
La manifestazione si articola in due giornate e prevede gare sportive, giochi in piazza, spettacoli folkloristici e musicali.
Il vero protagonista è il cappero: capperi in insalate, con la pasta, con la carne, col pesce, con le fantasie di ortaggi e verdure selvatiche, con gli stuzzichini o, semplicemente, da solo. Vi è un'esposizione di prodotti tipici locali con degustazione di decine e decine di piatti tradizionali della gastronomia isolana preparati dai ristoranti e dagli abitanti.
Alla festa, che si svolge nella piazza della chiesa di Sant'Onofrio, partecipano ogni anno i turisti, meravigliati e stupiti dall'atmosfera che si respira. Sembra proprio di essere quasi in famiglia, grazie alla cordialità e all'allegria che regnano e fanno da cornice alla buona e genuina cucina eoliana ricca di profumi e di sapori.
PANERA
La più piccola delle Eolie ma per fascino e bellezza davero unica. Ogni volta che una nave o un aliscafo giunge al malo del piccolo porto di San Pietro, si ripete un rituale. Centinaia di persone, tra villeggianti e abitani, sono li per vedere chi arriva o per salutare chi parte. Si ha la senzatione di conoscersi un po' tutti, anche perchè ci si incontra più volte al giorno per le stradine dell'isola, perccoribili solo a piedi (le auto sono bandite) o con "motoape" utilizzate per il transporto dei bagagli.
L'isola è meta di un turismo di buon livello; i turisti hanno, negli ultimi trent'anni, anche acquistato dagli abitanti terreni e ristrutturato vecchi ruderi, con cura particolare ma in maniera indiscriminate. Lo stile eoliano era caratterizato anticamente da un'essenzialità delle linee, grande economia di mezzi e dall'uso di materiali reperibili in gran parte sul luogo.
L'elemento più tipico, il bianco, è relativamente recente: infatti, le pareti rimanevano senza intonaco, sia per risparmiare sia per mimetizzarsi agli occhi dei pirati che infestavano a flotte queste acque. Tanto è vero che una delle contrade prenderà il nome dal temuto pirata Draugh, che li era solito ormeggiare le sue navi.
Panera deve il suo nombre alle caratteristiche fisiche del terreno - Panaraia (tutta sconnessa) - che consentono comunque, delle piacevilissime passeggiate tra hibiscus, piante di capperi e buganvillee, con lo sguardo sugli splendidi isolotti che le fanno da cornice: Basiluzzo, Dattilo, Bottaro, Lisca bianca, Lisca nera, le Formiche, i Panarelli e, in lontananza, Stromboli.
Anticamente era chiamata Euonymos, testualmente "quella che sta alla sinistra", ovvero alla sinistra dei naviganti che da Lipari si dirigevano in Sicilia (Strabone).
STROMBOLI
"Un gigante nero" si staglia tutta la sua imponenza sul mare blu intensissimo.
Da millenni il cono vulcanico con il pannacchio ed i suoi "scatti", come sono chiamati i rimbombi delle esplosioni, è come un faro pei i naviganti.
A coloro che si avvicinaro all'isola, appena l'oriente comincia a scurirsi, diventana visibile la fiamma del vulcano, ad intervalli regolari di 15/20 minuti. Incute un timoroso rispetto questo giovanissimo vulcano di 100.000 anni, forse unico al mondo per le sue tre bocche in perenne attivita esplosiva; tra più alti Europa, 2400 metri tra cono e fondale: "Un vulcano a 5 stelle".
Gli abitanti convivono, da almeno tremila anni, con i rimbombi e le frequenti eruzioni. L'isola, inizialmente, è stata colonia agricola di Lipari ed abitata solo nel periodo della semina e del raccolto. Successivamente, intorno al XVI secolo a.C., si è constituito un primo insediamento umano in contrada San Vicenzo, dientri la chiesa.
Lo svilippo dell'isola è storicamente legato al mare e alla tradizione marinare. Stromboli era tappa obbligata per coloro che attraversavano il Tirreno.
Il mito di Eolo, che da qui controllava i venti, forse nasconde la tradizionale capacità dei marinai di Stromboli di interpretare la direzione e l'intensità dei venti dalla dispozisione dei fumi sul vulcano.
L'isola, nell'Ottocento, aveva una flotta di ben 65 velieri che navigavano nel Mediterraneo e, in particolare, collegavano la Sicilia a Napoli. L'introduzione della navi a vapore e l'inaugurazione del collegamento ferroviario tra Napoli e Reggio Calabria, misero in crisi l'economia isolana.
Agli stenti ed alle difficoltà si aggiunsero forti eruzioni. Nel 1930 il maremoto, con onde alte più di trenta metri, fece fuggire terrorizzata gran parte della popolazione.
L'isola dai 5.000 abitanti d'inizio secolo, è passata agli attuali 400, complice l'emigrazione e il miraggio di un nuovo mondo: l'Australia.
Poi, come per Vulcano, è un film a puntare i riflettori e a suscitare l'interesse del grande pubblico su Stromboli.
Nel 1949 il regista Roberto Rossellini gira "Stromboli", interpretato da Ingrid Bergman. In via Vittorio Emanuele vi è una targa che indica la casa dove, il registra e l'attrice hanno vissuto la loro storia d'amore.
Durante gli ultimi 40 anni Stromboli, si è in parte ripopolata perchè vi si sono stabiliti Campani e Siciliani.
In estate fervono le attività commerciali, che ruotano intorno ai villeggianti, che hanno in parte modificato i caratteri tradizionali della comunità del luogo.
Stromboli, per gli antichi, Strongyle (rotonda) ha due approdi.
Il primo denominato peruso (Pertugio) si trova sul versante sud - occidentale, nel villaggio di Ginostra. Qui l'aliscafo si ferma al largo ed un'imbarcazione fa la spola per accogliere i viaggiatori. E' il porto naturale più piccolo del mondo, c'è lo spazio per una sola barca.
Il secondo, ad oriente, senzo'altro comodo e meno romantico, è lo Scari (Scalo) dell'abitato di San Vicenzo. Da qui sino a Ficogrande e Piscità si alternano lunghe spiagge di ciottoli e sabbia nera finissima che caratterizzano l'isola.
FILICUDI
La primavera arriva presto a Filicudied è un'esplosione di fiori dai mille colori. E' bello, in questa stagioni, percorrere i tanti antichi sentieri che la attraversano. Sentieri e terrazzamenti, realizzati nel corso dei secoli per consentire la coltivazione dei terreni, sono un meraviglioso ed imponente esempio del lavoro umano. In terra battuta o lastricati in pietra, i sentieri hanno una larghezza di circa un metro, in modo da far passare gli asini ancora oggi insostitubili per reggiungere molte zone dell'isola.
Capperi e vigneti, ulivi e carrubi carraterizzano il forte paesaggio dominato dalle rocce rosse di diverso aspetto, segnate dal tempo e dalle tempeste. Rilievi e valloni creano un paesaggio non uniforme.
La macchia mediterranea, particolarmente flota nel versante nord copre l'isola per intero. Le coste non scendono ripide ma dolcemente, creando nel mare una varietà di colori che va dal verde, al blu e al violetto.
La Grotta del Blue Marino con la sua atmosfera mistica ed infinite La Canna, una roccia alta circa 70 metri: nera lama infissa in un mare blu.
Il clima, la luce abbagliante, la dolce violenza della natura mediterranea, il profumo della sua macchia ed il silenzio rendodo quasi unica questa isola.
Ancora oggi Filicudi è sentita come isola remota, anche dagli abitanti di Lipari. In affetti, ciò che la fa sentire lontana, non è tanto la distanza ma qualcosa di più profondo: è una distanza nel tempo, nel modo di essere dell'isola e della sua gente, è lontananza dal mondo comune.
Fidiculi non è solo mare o vacanza estiva, chi vuol veramente sentire e godere della sua peculiarità deve visitarne con calma l'interno, soprattutto nel periodo dell'anno che va da aprile a giugno e da settembre a novembre, quando finisce la confusione balneare.
E' emozionante camminare lungo sentire interni, nel silenzio più assoluto, accompagnati dal vento, è emozionante visione all'imbrunire quella di tante case diroccate che si stagliano contro il cielo.
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