Assenteismo
Il processo decisionale connesso con l'assenteismo è ancora poco esplorato e le conclusioni che si possono trarre sono a livello intuitivo e quindi valide solo parzialmente per formulare delle ipotesi di gestione delle risorse umane.
Le aziende per contenere il fenomeno possono agire verso cinque direzioni:
Le aziende, avendo sempre meno spazio per agire sugli strumenti punitivi ed essendo fuori dalle proprie competenze le azioni di cui ai punti 3 e 4, possono, sostanzialmente (e nei limiti imposti dalla struttura dei costi), operare sulla razionalizzazione degli incentivi e sul miglioramento delle condizioni organizzative e psicologiche del lavoro.
La decisione di assentarsi dal lavoro, nasce da un vettore di incentivi (economici e psicologici) connessi con la prestazione lavorativa che, per i singoli individui, ha una valenza positiva che li spinge alla presenza al lavoro; esiste., però, una serie di situazioni "punitive" (strutture organizzative gerarchizzate, parcellizzazione dei compiti, scarsa partecipazione alle decisioni che coinvolgono il proprio ruolo, ecc) che hanno una valenza negativa e spingono l'individuo a fuggire dalla situazione di lavoro. Il lavoratore può inoltre subire stimoli ulteriori ad assentarsi, derivanti da mete - per lui - raggiungibili attraverso l'assenza (svolgere altri lavori od attività all'esterno, svago, ecc.).
Possono esistere le minacce connesse con l'assenza quali la perdita dei vantaggi acquisiti (sicurezza del posto, carriera, stima ,ecc.) che respingono l'individuo verso la presenza al lavoro, ma quando un elemento esterno porta il soggetto nell'area delle decisioni, egli effettuerà la scelta valutando valori positivi o negativi pur se un'azione rilevante verrà esercitata dal mantenimento di una certa autostima che spingerà l'individuo - con il proprio comportamento - a non entrare in contrasto con il concetto che egli ha dei doveri di lavoratore verso il proprio lavoro.
Incentivi
La definizione di un sistema di incentivi deve tener conto delle richieste di ruolo dell'organizzazione e della struttura motivazionale del lavoratore, nell'ottica di ottenere dei comportamenti richiesti dalla realizzazione delle funzioni o per il raggiungimento degli obiettivi.
Gli incentivi - nell'organizzazione del lavoro - seguono la logica del bilancio psicologico: l'individuo entra in rapporto con l'azienda, investendo le proprie potenzialità e sostenendo dei costi psicologici per l'ottenimento di ricompense che lo porteranno a migliorare la sua situazione motivazionale. Quando i risultati ottenuti, sia in termini economici che psicologici, sono inferiori agli investimenti ed ai costi sostenuti, l'individuo tenderà a ristabilire l'equilibrio psicologico, disimpegnandosi o abbandonando l'organizzazione, quando ciò sarà conveniente.
L'accresciuta sicurezza del posto di lavoro e lo sviluppo del livello di istruzione e professionale, hanno permesso l'affiorare di nuove motivazioni e l'elevazione dei livelli d'aspirazione degli individui rendendo cosi inadeguati i sistemi d'incentivi derivati dall'organizzazione scientifica del lavoro (c.d. incentivi di sistema risalenti al modello tayloristico - inizi '900), distribuiti in base all'appartenenza all'organizzazione, indipendentemente dal rendimento individuale (differenziazioni legate all'anzianità ed al livello gerarchico).
Le ricompense di sistema tendono a rafforzare la fedeltà all'organizzazione ma hanno scarsa influenza sul rendimento qualitativo e quantitativo. Di conseguenza, le aziende che basano la struttura degli incentivi prevalentemente sulle ricompense di sistema, possono avere il problema di un ricambio di personale, trattenendo nel proprio sistema individui scarsamente motivati e professionalmente non in condizioni di trovare alternative di lavoro.
Gli incentivi più efficaci per il raggiungimento ed il superamento degli obiettivi di rendimento, sono le ricompense con dinamica individuale, che sono pero di difficile applicazione; basarli infatti su una generica valutazione dell'efficienza, in riferimento a determinati parametri definiti dalle politiche aziendali, genera spesso contestazione ed una competizione deleteria, che agisce negativamente sulla coesione della struttura determinando altresì una diffusa insoddisfazione.
Molte aziende di grandi dimensioni, dove più difficile diventa la valutazione individuale anche in considerazione delle varie interrelazioni che legano le posizioni di lavoro, tendono a trasformale le ricompense individuali in ricompense di sistema, anche per effetto delle rivendicazioni sindacali in tal senso.
Invece, secondo l'opinione diffusa di tutti gli studiosi dell'organizzazione aziendale, gli incentivi economici individuali - anche per la funzione di veicolo di altre motivazioni non economiche che essi realizzano - possono svolgere un'importante funzione di mantenimento dei livelli di produttività a lungo termine - a condizione che siano gestiti nell'ambito di un chiaro processo di pianificazione dello sviluppo professionale dell'individuo.
E' quindi necessario rivolgere maggiore attenzione alla forza della motivazione intrinseca ed agli incentivi non esclusivamente monetari, connessi con l'esecuzione del compito.
Raggiungimento obiettivi (budget)
D'altronde il conseguimento degli obiettivi di un piano è inevitabilmente condizionato da un adeguato livello di efficienza del sottosistema umano. Il processo di pianificazione deve, quindi, tener conto delle condizioni di efficienza del fattore lavoro che dipende dalla combinazione moltiplicatoria del livello di attivazione motivazionale e del livello di professionalità. Quanto sopra trova sintesi nella seguente formula:
E = (Mo x Pr) Mo = motivazione Pr = professionalità
Sottolineando quindi che per raggiungere un adeguato livello di efficienza in relazione agli obiettivi del piano (budget) occorre incidere, oltre che sulla professionalità, anche sul grado di attivazione motivazionale, sarà opportuno articolare la pianificazione in un sistema di subobiettivi a diversi livelli, sino ad arrivare ai singoli operatori, predisponendo una costante azione di feedback, concedendo autonomia ed attenuando interventi gerarchici dall'esterno. In sintesi:
specificazione degli obiettivi (a tutti i livelli)
attuazione del feedback a livello di singolo operatore
eliminazione massima di ostacoli organizzativi (specialmente se frustranti)
miglioramento dello stile di leadership
Ultimo accenno, e concludo, alla pianificazione delle risorse umane: rendere disponibile, in tempo efficace, il personale nella quantità e nella qualificazione professionale necessaria, rendendo compatibile, nell'orizzonte temporale di riferimento, le esigenze dei piani d'attività con le motivazioni di sviluppo del personale medesimo.
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