Automobili ed energia alternativa.
La produzione di automobili aumenta in continuazione, le fabbriche effettuano una produzione ed un commercio continui, gli autosaloni propongono occasioni di auto usate ed effettuano una vendita indiscriminata, i negozi di accessori e di ricambi per auto offrono prodotti sempre nuovi, il mercato insomma è in continua espansione. Purtroppo però l'auto inquina ed è per questo che cerchiamo fonti di energia alternativa.
Progredire nella ricerca e nella tecnologia è condizione essenziale per poter sviluppare stili di vita più confortevoli, città più accoglienti e ritmi di lavoro meno faticosi. Ma compito prioritario del ricercatore è quello di non provocare alterazioni nell'ambiente nel quale è inserito e di non compromettere lo sviluppo delle future generazioni.
L'impiego a ritmi crescenti delle fonti di energia non rinnovabili è considerato una delle cause del degrado ambientale e, certamente, la principale alterazione degli equilibri del sistema Terra. Se appare indispensabile ridurre al minimo l'inquinamento, è altrettanto necessario che l'uso di combustibili fossili non sia indiscriminato e violento.
Le relazioni sociali fanno parte della natura stessa dell'essere umano e sono condizione imprescindibile per il suo sviluppo armonico. Ciò comporta il bisogno di aggregarsi, di vivere vicini, al lavoro, alla cultura, allo svago. Tuttavia la concentrazione di presenza umana nella città provoca anche concentrazione del consumo energetico e delle sue conseguenze, ovvero la produzione di elevato inquinamento localizzato.
Questa tesi sperimentale vuol essere un piccolo contributo allo sviluppo di una delle soluzioni che può consentire di mantenere la mobilità urbana individuale, riducendo il consumo di combustibili fossili e, soprattutto, eliminando allo scarico la concentrazione degli inquinanti: l'auto elettrica.
Gli ZEV (Zero Emission Veichle) sono stati indicati da più parti (per esempio, dalla legislazione della California) come l'unico strumento teoricamente disponibile per non penalizzare la mobilità individuale e, nel contempo, ridurre in modo drastico l'emis 12212i813m sione di sostanze nocive nell'ambito urbano.
Tuttavia lo sviluppo, la sperimentazione e l'utilizzo dei veicolo a emissione zero sono rallentati, e spesso compromessi, dai limiti prestazionali e dai vincoli di autonomia che finora hanno afflitto i vari prototipi costruiti. Ciò dipende, innanzitutto, dalla "inadeguatezza energetica" delle batterie sinora utilizzate. Ma dipende anche da una sorta di assuefazione e tendenza dei tecnici verso le grandi potenze, dall'abitudine e pigrizia degli utilizzatori verso i consumi facili.
Obiettivo primario della ricerca sviluppata in questo lavoro è dimostrare che, partendo da batterie tradizionali e lavorando esclusivamente sulla riduzione delle potenze assorbite, è possibile realizzare veicoli elettrici con prestazioni di assoluta eccellenza. In particolare con velocità massime paragonabili a quelle delle super car e con autonomia simili a quella dei motori diesel.
Da questa idea è partito il progetto ZER: l'auto elettrica più veloce del mondo.
L'acronimo ZER sta per Zero Emission Record e richiama la denominazione californiana dei veicoli elettrici assieme al traguardo finale del progetto. Esso è stato coniato dalla Stile Bertone, il centro studi del carrozziere torinese che ha accolto e sviluppato l'idea originale, costruito il prototipo e, fattore determinante, sostenuto interamente le spese.
ZER nasce come veicolo estremo, non commerciabile, non adatto alle esigenze di tutti i giorni. ZER è una pura astrazione di auto elettrica. Tuttavia fornisce due messaggi essenziali:
al suo interno indica le linee guida per lo sviluppo del veicolo elettrico e, in generale, di tutti i veicoli a motore: drastica riduzione delle forze resistenti (aerodinamiche e di rotolamento), limitazione delle forze di inerzia attraverso l'uso di materiali leggeri, impiego di complessi propulsivi ad alto rendimento (dispersioni complessive inferiori al 10 %);
all'esterno comunica, con il linguaggio delle imprese sportive, le nuove frontiere che si prospettano alla produzione di serie.
Per questo ZER nasce come puro veicolo elettrico. Nel senso che fin dalla prima linea tracciata sulla carta si è pensato ad un sistema propulsivo derivato da una macchina elettrica, alimentato da accumulatori e gestito da un azionamento elettronico. Al contrario la produzione di auto elettriche è tuttora vincolata alla trasformazione di carrozzerie nate per la propulsione termica, con i compromessi di volta in volta necessari per ospitare le batterie e predisporre i sottosistemi tipici dell'auto elettrica.
Dalle ipotesi alla costruzione
ZER è nata con l'obiettivo di diventare l'auto elettrica più veloce del mondo, ovvero di battere il precedente record sul chilometro lanciato, detenuto dall'americana Impact della General Motors, con 295 km/h.
Tuttavia particolari scelte effettuate durante la progettazione, derivate (ma non imposte) dai limiti energetici delle batterie, hanno consentito, in modo automatico, di ottenere un veicolo "versatile", la monoposto con il più basso consumo virtuale di energia sia per accelerare sia per marciare a velocità costante, capace di raggiungere e superare i 300 km/h, ma in grado di viaggiare per un'ora a 200 km orari.
Il "nodo energetico" da sciogliere, allorquando il serbatoio di energia abbia, come nel caso delle batterie, una massa consistente, è simile a un cane che si morde la coda: la velocità massima può essere raggiunta in un tempo teoricamente infinito che è limitato esclusivamente dal contenuto energetico. D'altro canto, il consumo totale di energia è tanto più elevato quanto più lunga è la fase di accelerazione, ovvero minore la coppia motrice.
Posto in altri termini, il problema si presenta come dilemma: aumentare la massa delle batterie per disporre di maggior energia o ridurla per spendere meno nella fase di accelerazione?
Gli esempi di prototipi americani e giapponesi costruiti dal 1992 al 1996, per battere il record di velocità, mostrano uno stesso itinerario logico nella scelta del serbatoio di energia: si parte da una massa del veicolo a vuoto di circa 1000 kg, vi si aggiungono 2000 o 3000 kg di batterie, si calcolano le potenze e le energie necessarie per raggiungere la velocità massima. Quindi si riempie il "vuoto" di energia con altre batterie, che, a loro volta, incrementano la massa e richiedono maggior potenza per accelerare e marciare a velocità costante. Si adegua nuovamente la potenza del motore alle energie disponibili e si ottengono ulteriori incrementi di peso. Alla fine si raggiunge l'equilibrio con una massa totale di circa 4,5 tonnellate, con potenze di centinaia di kW (difficili da gestire in termini di cavi, di connessioni, e di interruttori), con tensioni superiori a 500 volt (che pongono problemi di isolamento) e con "residui di energia" da smaltire che richiedono appositi scambiatori a liquido.
Come si diceva, tutti i prototipi presi in considerazione superano una massa complessiva di 4400 kg. Nella ZER, invece, si è cercato il punto di equilibrio verso il basso, partendo da un telaio di peso "trascurabile". Si è costruito quindi il veicolo attorno alle batterie, incaricate di muovere sé stesse.
I primi calcoli (e i regolamenti dei record) ci hanno indirizzato verso una "ipotesi di massa totale" non superiore a 1000 kg. Lo studio aerodinamico, nel frattempo intrapreso dalla Stile Bertone, indicava come reale la possibilità di ottenere un fattore aerodinamico (prodotto della sezione maestra per il Cx) dell'ordine di 0,08 m2. Infine la letteratura sui pneumatici riportava un coefficiente di rotolamento pari al 10 per mille.
Con tali valori è iniziata l'indagine nel mondo delle forze resistenti, delle energie assorbite, degli spazi percorsi per raggiungere, con accelerazione prefissata, la velocità massima. Poi abbiamo calcolato la potenza necessaria per mantenere costante l'accelerazione al crescere della velocità. Quindi abbiamo rovesciato il problema, verificando le accelerazioni ottenibili, ai vari regimi, una volta fissata la curva di erogazione della potenza da parte del motore.
Sono entrate in gioco, a questo punto, le variabili sottili ma determinanti, sconosciute e imprevedibili, capaci di spostare di 20-30 km/h la velocità massima: sono i rendimenti dell'elettronica, quelli del motore e della trasmissione, le variazioni del coefficiente di rotolamento dei pneumatici in funzione della velocità, quelle delle resistenza aerodinamica al variare della temperatura.
Da questi primi calcoli, riportati nel Capitolo 3, sono state ricavate le potenze e le velocità ottenibili, ipotizzando l'impiego di accumulatori capaci di fornire, nel tempo, determinate potenze specifiche e correnti specifiche (valori per unità di peso). In realtà, l'esperienza maturata in quattro anni di competizioni riservate a prototipi elettrici, con vari tipi di batterie, ci aveva già insegnato quanto tali parametri siano variabili in funzione del tempo di scarica e della temperatura delle celle. E ciò costituiva la variabile nella variabile.
Tuttavia, la prima verifica numerica portata a termine, utilizzando valori prudenziali, indicava sorprendentemente che un pacco di batterie al piombo da 600 kg era in grado di accelerare sé stesso fino a oltre 300 km/h.
È iniziata così la seconda fase, ovvero la definizione dei sottogruppi del veicolo: sospensioni, ruote, pneumatici e freni, per l'autotelaio; batterie, motore, trasmissione e modulo elettronico, per la trazione elettrica. In realtà tale fase è contemporanea e contestuale alla ricerca di aziende che, in collaborazione con la Stile Bertone, fossero in grado di preparare le componenti speciali di un prototipo "senza peso" e di fornirci di volta in volta i valori reali di funzionamento.
Dal Computer alla pista
Man mano che avanza la costruzione del veicolo, i calcoli di dimensionamento e delle prestazioni raggiungibili si fanno più precisi, grazie alla conoscenza delle masse reali e alla rimozione delle ipotesi semplificative introdotte all'inizio. Attorno alle batterie prende corpo un telaio della lunghezza di 4,2 m che alla fine, completo di carrozzeria, motore e trasmissione ha una massa contenuta di soli 280 kg.
Il Cx scende al valore limite di 0,115. Il modello, in scala 1:1, della ZER viene esposto per la prima volta da Bertone al Salone di Torino, nell'aprile 1994.
ZER è nata senza cambio giacché l'elettronica è in grado di gestire al meglio la coppia di un motore elettrico. Tuttavia, al fine di ottimizzare il funzionamento del modulo elettronico, la coppia erogata è stata prefissata e mantenuta rigorosamente costante. In altri termini ZER ha un solo rapporto al cambio. Lunghissimo. Dal momento che non si possono impiegare potenze superiori a 120 - 130 kW (dato il pacco batterie da 600 kg), ne consegue che ZER ha bisogno di uno spazio di accelerazione di almeno 6 - 7 km.
Si pone quindi il problema della lunghezza della pista per raggiungere la velocità massima e degli spazi di sicurezza per potersi arrestare a fine prova. In altre parole occorre un rettilineo di almeno 10 km. La scelta iniziale, ovviamente, era indirizzata verso il santuario dei record di velocità: il lago salato dello Utah, negli USA. Ma la spedizione a Salt Lake City, da preparare in un periodo ben determinato dell'anno (a cavallo tra luglio e agosto) in funzione del grado di prosciugamento della superficie salata, appare troppo costosa e prematura. Meglio iniziare le prove su una pista più accessibile.
Viene scelto il tracciato di Nardò, in provincia di Lecce. È un anello perfettamente circolare della lunghezza di 12 km, utilizzato dalla FIAT e da altre Case per prove di durata ad alta velocità. Possiede quattro corsie di marcia con pendenza crescente: quella più esterna ha un'inclinazione trasversale che consente di bilanciare l'accelerazione centrifuga a 240 km/h.
ZER è nata per correre in rettilineo, le sue capacità sterzanti sono molto ridotte (10° di rotazione del mozzo ruota), ha una carreggiata di soli 70 cm e pneumatici a sezione stretta, non pensati per sostenere accelerazioni laterali. Per girare a Nardò, il suo comportamento in curva, a veicolo già costruito, diventa una caratteristica determinante ma sconosciuta.
Nel frattempo, siamo nell'estate 1994, eseguiamo al computer un'accurata simulazione delle prestazioni e dei consumi energetici di ZER in un campo di velocità inferiore a 240 km/h. Ne ricaviamo un dato interessante: il veicolo è in grado di marciare a 200 km/h con una potenza alle ruote di 12 kW e che, con tale assorbimento gli accumulatori sono in grado di funzionare per 60 minuti consecutivi. Come dire che il precedente record dell'ora, di soli 113 km percorsi, era a portata di mano.
Si decide di approntare la ZER con una motorizzazione ridotta, che consentisse di raggiungere una velocità di 230 km/h, e di effettuare una settimana di prove a Nardò, a fine settembre 1994, da concludere con il tentativo di record dell'ora.
La conquista dei record
Per ZER si trattava della prima uscita in pista.
Dopo alcuni giorni, impiegati per affinare il comportamento delle sospensioni, per strumentare ciascuna batteria, e raccogliere dati su temperature e tensioni, e per predisporre il collegamento radio fra il pilota e la pista, Domenica 2 ottobre 1994, al primo tentativo, ZER percorre 199,882 km in un'ora. Appena qualche metro in meno delle previsioni del computer.
Ma il dato più significativo, raccolto nella settimana di prove (percorrendo le corsie interne, meno sopraelevate, della pista, a velocità di 170 - 190 km/h) consiste nell'accelerazione laterale (e conseguente deriva dei pneumatici) sopportabile dal veicolo senza problemi. Tale dato era determinante per poter calcolare la velocità massima raggiungibile sulla corsia più esterna, a parità di accelerazione laterale, in condizioni di sicurezza. Ed era fondamentale alla decisione di un eventuale tentativo di record sul chilometro lanciato, da effettuare sulla stessa pista.
I calcoli confermavano che sarebbe stato possibile marciare ad una velocità di poco superiore a 300 km/h, per un intero giro di pista, con un angolo di sterzata costante: quanto bastava per decidere di tentare, ancora a Nardò, il record sul chilometro lanciato.
Durante l'inverno '94-'95 si procedeva quindi ad un nuovo dimensionamento degli organi propulsivi (in particolare, elettronica, motore e rapporto di trasmissione), al fine di ottenere una velocità di punta di 320 km/h (raggiungibile in rettilineo).
Il 21 maggio 1995 si realizzava, così, la seconda grande impresa di ZER: superare, per la prima volta con un veicolo a batteria, il muro dei 300 km/h. Il chilometro lanciato veniva infatti percorso in 11 secondi e 84 centesimi, alla velocità media di 303,977 km/h (con una velocità di uscita di 305 km/h).
Per toccare tale velocità, lungo la curva infinita di Nardò, ZER ha assorbito 45 kW, meno della potenza di una utilitaria. È la conferma dell'assunto iniziale: un veicolo che abbatta drasticamente le resistenze ha potenzialità sorprendenti, che non si esauriscono con i record di velocità. Nata come machina da velocità pura, ZER possiede anche un'autonomia eccezionale: può marciare per più di 1000 km senza ricaricare le batterie, alla velocità costante di 70 km/h.
Da tale considerazione è nata l'idea di organizzare, assieme al Politecnico di Milano, una prova autostradale di autonomia: percorrere 500 km in poco più di 4 ore, come una qualsiasi autovettura moderna. Data prevista: settembre - ottobre 1996.
Per chiudere questa introduzione si vuole sottolineare un limite tecnologico di ZER, che ha però contribuito ad affinarne le peculiarità: la coppia elettrochimica su cui si basano i suoi accumulatori è quella tradizionale al piombo - acido, i cui primi impieghi risalgono a più di un secolo fa. È ancora l'unico accumulatore disponibile a prezzi accettabili, anche se la ricerca ha sviluppato nuove coppie elettrochimiche capaci di immagazzinare energia in quantità tripla (per unità di peso) rispetto al piombo. Nichel - cadmio, nichel - idruri metallici, litio - idruri metallici sono alcune delle coppie già prodotte industrialmente per la telefonia cellulare e per i personal portatili.
Con una eguale quantità di accumulatori litio - idruri metallici (600 kg) ZER è in grado di viaggiare per più di 24 ore alla velocità costante di 100 km/h, senza mai doversi fermare.
Con inquinamento allo scarico pari a zero.
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