Cos'è il lavoro a tempo parziale
La norma di apertura del decreto recita:
"nel rapporto di lavoro subordinato l'assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo parziale".
L'enunciato contiene "l'importante affermazione della piena equivalenza sociale e giuridica dei contratti part-time e full time" . Il legislatore delegato intende in tal modo sottolineare che la tipologia contrattuale in esame non contiene alcun carattere di specialità, ma rappresenta solo una particolare modalità di organizzazione della prestazione lavorativa.
Il "tempo parziale" viene definito in relazione al "tempo pieno", laddove l'elemento discretivo e qualificante è costituito unicamente dall'inferiorità dell'orario di lavoro stabilito nel contratto individuale, e può articolarsi secondo tipologie già implicitamente ammesse dal legislatore del 1984:
· &nbs 646h78g p; orizzontale, in cui la riduzionedi orario è prevista in relazione all'orario normale giornaliero;
· &nbs 646h78g p; verticale, in cui l'attività lavorativa è svolta e tempo pieno, ma solo in predeterminati periodi nel corso della settimana, del mese o dell'anno;
· &nbs 646h78g p; misto, si sostanzia in una combinazione delle tipologie precedenti, il cui svolgimento deve essere utilizzato dai cntratti collettivi di riferimento che ne determinano altresì condizioni e modalità (art 1).
Regolarità, durata e volontarietà nel part-time
Il contratto di lavoro a tempo parziale deve essere stipulato in forma scritta, richiesta ad probationem, ed il datore ha l'obbligo di inviarne una copi alla Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio, entro 30 giorni dalla sua stipulazione. La forma scritta non è condizione di validità del contratto, ma rileva unicamente ai fini di prova della sua sussistenza , per comprovarne il contenuto, anche in funzione dell'adempimento delle procedure amministrative.
Il mancato rispetto del requisito formale comporta che su "richiesta del lavoratore, potrà essere dichiarata la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno, a partire dalla data in cui la mancanza della scrittura è stata accertata".
In altre parole il Decreto lascia al lavoratore la possibilità di scegliere se conserare il rapportodi lavoro a tempo parziale o piuttosto richiederne la conversione in full time
Per quanto riguarda i vincoli di contenuto, viene disposto che il contratto deve contenere "la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno" (art 2). La soluzione adottata nel testo della riforma chiarisce la necessità di specificare la distribuzione dell'orario di lavoro, inteso sia come durata, sia come collocazione temporale, in tutti i periodi di riferimento, senza lasciare sussistere margini di incertezza in ordine alla sua interpretazione.
La necessaria predeterminaione in forma c.d. rigida del connotato temporale della prestazione lavorativa è posta a tutela della programmabilità dei tempi di lavoro e di vita del lavoratore a tempo parziale, in un'ottica di valorizzazione della sua dimensione individuale. Sulla base della sentenza 11 maggio 1992 n°210 , il legislatore individua le sanzioni per la violazione dei prescritti vincoli di contenuto, disponendo esplicitamente che la mancata indicazione della durata o della collocazione temporale dell'orario non comporta la nullità del contratto (art 8). Le conseguenze sono differenziate a seconda dei casi: l'omissione della durata è sanzionata alla stregua della violazione del requisito formale, implicando la possibilità del lavoratore di richiedere che sia dichiarata la sussistenza di un rapporto a tempo pieno; l'omissione della collocazione temporale dell'orario comporta l'intervento del giudice, che provvederà a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione, sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi di riferimento o, in via equitativa, tenendo conto delle esigenze del lavoratore e di quelle de datore di lavoro (art 8).
"Per il periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un'ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno".
In realtà, deve ritenersi che l'intervento del giudice sia necessario anche nelle ipotesi di: mancata indicazione della durata (qualora il lavoratore opti per la prosecuzione del rapporto del rapporto a tempo parziale); mancanza di prova in ordine alla stipulazione del contratto; "incompiuta descrizione da parte dei tasti delle modalità temporali di svolgimento delle prestazione", nel caso in cui sia stata provata per via testimoniale l'esistenza dell'atto scritto
Il contratto di lavoro part-time: forma e contenuto
Come già visto in precedenza, il contratto di lavoro a tempo parziale deve essere concluso in forma scritta.
Il legislatore del
La nuova normativa ha dichiarato che la forma scritta del contratto è richiesta soltanto ai fini di prova e di conseguenza, ove essa manchi, è ammessa la prova testimoniale. L'eventuale mancanza o indeterminatezza circa la durata delle prestazioni cui è tenuto il lavoratore "non comporta la nullità del contratto"
Secondo il Ministero del lavoro "in un settore tradizionalmente dominato dal principio di libertà della forma e dell'autonomia delle parti, il legislatore ha voluto coerentemente stabilire la semplice forma del "documento" ossia del contratto, come strumento per raggiungere lo scopo che è quello di fissare in esso i contenuti del particolare rapporto di lavoro che lo stesso legislatore ha indicato e quindi di agevolarne l'accertamento in modo da evitare una utilizzazione non corretta dell'istituto. In definitiva la forma scritta è da considerare solo come requisito ai fini della prova, per cui oggi i contratti part-time stipulati senza l'adozione di tale forma, al pari di quelli risultanti da atto scritto, al regime giuridico stabilito per il part-time dal nuovo decreto" . In difetto di prova, sia documentale che testimoniale, la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno e non a tempo parziale potrà essere accertato in giudizio su richiesta del lavoratore. Ulteriore novità, rispetto alla disciplina del 1984, riguarda l'obbligo della comunicazione annuale da parte del datore di lavoro, alle RSA sull'andamento delle assunzioni a tempo parziale, sulla tipologia (verticale, orizzontale, misto) e sul ricorso al lavoro supplementare . Rimane invece l'obbligo della comunicazione dell'assunzione del lavoratore a tempo parziale alla Direzione provinciale del lavoro entro il termine di 30 giorni.
Infine, il legislatore, col decreto del 2000, sembra aver ufficializzato la possibilità di cumulare più rapporti di lavoro a tempo parziale in capo allo stesso lavoratore subordinato. Infatti, ci si doveva chiedere se il cumulo di contratti part-time potesse concretizzarsi nel superamento dell'orario "normale" di lavoro. La dottrina e la giurisprudenza hanno ritenuto inammissibile tale ipotesi perché, sia pure in assenza di una sanzione circa il superamento dell'orario normale a seguito di più contratti a tempo parziale, il superamento del normale orario contrasta con la normativa italiana in merito all'orario di lavoro. Infatti, il legislatore tramite tale istituto, sin dal 1923, mira a tutelare la sicurezza, la libertà, la dignità e la salute del lavoratore quali diritti costituzionalmente garantiti. La possibilità di sommare più rapporti di lavoro a tempo parziale è, quindi, concessa solo a patto che non venga superato il predetto limite invalicabile dell'orario "normale" di lavoro.
Diritti e doveri del datore di lavoro e del lavoratore
Il lavoratore a tempo parziale ha gli stessi diritti e doveri nei riguardi del datore di lavoro di tutti i lavoratori subordinati. Ha inoltre il diritto, se previsto dal contratto individuale, di precedenza nel passaggio dal part-time a full-time rispetto alle nuove assunzioni a tempo pieno, avvenute nelle unità produttive site nello stesso ambito comunale e per le stesse mansioni o mansioni equivalenti. Il lavoratore a tempo pieno ha invece il diritto a essere informato, anche con comunicazione scritta accessibile a tutti, dell'intenzione di procedere ad assunzioni a tempo parziale per poter presentare domanda di trasformazione. Il lavoratore affetto da patologie oncologiche ha il diritto di trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno quando il lavoratore lo richieda. Il datore di lavoro, oltre ai diritti e doveri tipici del rapporto di lavoro subordinato ha:
· &nbs 646h78g p; Il diritto a richiedere lavoro supplementare, straordinario e stipulare clausole flessibili ed elastiche secondo le modalità e nei limiti indicati dalla legge
· &nbs 646h78g p; Il dovere di informare le rappresentanze sindacali aziendali dell'andamento del ricorso al lavoro part-time
· &nbs 646h78g p; Il dovere di informare i lavoratori dell'intenzione di procedere a nuove assunzioni part-time e full-time e di trasformare il contratto ai lavoratori affetti da malattie oncologiche.
La disciplina del part-time prima e dopo il d. lgs n. 276 del 10 settembre 2003
La disciplina del part-time nasce nei primi anni '80 perché si avvertiva la necessità di una regolamentazione legale del part-time quale forma atta a garantire una migliore utilizzazione della forza-lavoro e l'emersione di parte dei rapporti occultati nei fenomeni di lavoro nero.
In questa ottica, si inserivano gli accordi trilaterali del 1983 e del 1984 che erano proprio finalizzate alla salvaguardia ed all'incremento dell'occupazione.
Nel 1984, il Governo, procede all'emanazione di una serie di decreti-legge, più volte non approvati in Parlamento, fino al decreto-legge n° 726 del 30 ottobre 1984, recanti "misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali" che, con alcune modifiche, diventa legge 19 dicembre 1984, n°863 . L'obiettivo del provvedimento nel suo complesso "è quello di passare dalla tutela dei lavoratori nel mercato del lavoro, quindi anche dei disoccupati. La legge si rivela come un ampio compromesso tra le forze parlamentari e sindacali". Il legislatore ha cercato di superare le vecchie rigidità al fine di dare una risposta, da una parte, al problema riguardante il sostegno dell'occupazione, dall'altro alle difficoltà di accesso al lavoro dei giovani che si presentano sempre più numerosi sul mercato. La norma interviene su due piani: il primo è quello del sostegno alla riduzione degli orari di lavoro in azienda, contrattata con i sindacati maggiormente rappresentativi; il secondo, più pregnante, è quello della "flessibilizzazione" dei contenuti del contratto di lavoro, in particolare di quelli che scandiscono il "tempo" della prestazione
Il lavoro a tempo parziale viene formalmente riconosciuto nell'ordinamento giuridico italiano con la legge 863/1984 . La disciplina contenuta nell'art 5 di tale legge, che trova applicazione alla generalità del settore privato , con l'esplicita esclusione dei soli operai agricoli[13], cerca di adattare le diverse esigenze di flessibilità dei datori di lavoro e dei lavoratori e superare le diatribe sorte su numerosi aspetti applicativi, specie di natura previdenziale. L'autonomia collettiva ha a lungo ostacolato la diffusione dell'istituto, per poi rivedere la propria posizione e richiederne una disciplina promozionale.
Il rapporto di lavoro a tempo parziale si configura come un normale rapporto di lavoro, salvo gli opportuni adeguamenti quantitativi conseguenti ad una minore durata oraria rispetto al "normale" rapporto full-time.
Ai sensi dell'art5, co. 1°:
i lavoratori che siano disponibili a svolgere attività ad orario inferiore rispetto a quello ordinario previsto dai contratti collettivi di lavoro o per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno possono chiedere di essere iscritti in apposita lista di collocamento. L'iscrizione nella lista dei lavoratori a tempo parziale non è incompatibile con l'iscrizione nella lista ordinaria di collocamento. Il lavoratore che venga avviato ad un lavoro a tempo parziale può chiedere di mantenere l'iscrizione nella prima o nella seconda classe della lista ordinaria nonché nella lista dei lavoratori a tempo parziale
La disciplina normativa non contiene una definizione esplicita del lavoro a tempo parziale. La relativa nozione può essere desunta dalla disposizione contenuta nel 1°co, dell'art. 5: requisito necessario per la qualificazione del rapporto, oltre al fatto che la prestazione deve essere svolta ad orario inferiore rispetto a quello ordinario, è la disponibilità del lavoratore a svolgere un'attività ad orario e retribuzione ridotta, nel senso che il tempo parziale deve essere liberamente voluto dalle parti e non imposto da circostanze o dal datore. L'elemento volontaristico è rafforzato dall'obbligo di un vincolo formale e di alcuni contenuti predeterminati nel contratto individuale, quali elementi per la validità dello stesso
La ratio della legge 863 è quella di favorire l'occupazione adattandola alle specifiche esigenze produttivo-organizzative e a quelle dei singoli lavoratori. A tal fine, il legislatore introduce criteri quantitativi di durata minima della prestazione lavorativa a tempo parziale:
· &nbs 646h78g p; orizzontale, quando la prestazione viene eseguita tutti i giorni ad orario inferiore rispetto a quello normale;
· &nbs 646h78g p; verticale o ciclico, quando la prestazione è erogata ad orario completo, ma con periodi di riposo durante la settimana, il mese o l'anno, con la permanenza del vincolo obbligatorio anche nei periodi di sospensione dell'esecuzione del rapporto di lavoro
· &nbs 646h78g p; biassiale o misto, che prevede una combinazione di entrambe le modalità.
Il contratto di lavoro a tempo parziale è, dunque, una tipologia negoziale in sé flessibile: i margini di tale flessibilità afferiscono al momento della stipulazione dello stesso, laddove datore e lavoratore possono accordarsi secondo i molteplici schemi indicati.
Nel 2000 il legislatore, considerata la necessità di adeguamento della previdente normativa alle nuove esigenze del mondo del lavoro, nonché ai dettami delle norme comunitarie, ha profondamente spiegato l'intera disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale. Ne è derivato un nuovo ed organico quadro normativo che ha determinato l'implicita abrogazione dell'art 5 della legge 19 dicembre 1984, n° 863, normativa cardine dell'istituto in esame.
Con il decreto legislativo 25 febbraio
2000, n° 61 l'Italia recepisce
La volontà delle parti sociali è, quindi,
quella di definire un quadro generale per l'eliminazione delle discriminazioni
nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di contribuire allo sviluppo di
tale tipologia su basi che siano accettabili sia per i datori di lavoro, sia
per i lavoratori .
Il legislatore comunitario detta "principi generali e prescrizioni minime" in materia di part-time, con una tecnica generica ed ampia, in modo da adattarsi ai diversi ordinamenti nazionali. L'obiettivo perseguito è duplice:
· &nbs 646h78g p; assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei part-timers e migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale;
· &nbs 646h78g p; facilitare lo sviluppo dell'istituto su base volontaria e contribuire all'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro, in modo da tener conto delle esigenze dei datori e dei lavoratori.
Il primo punto riguarda un generale divieto di discriminazione tra lavoro a tempo parziale e lavoratore a tempo pieno. Pertanto viene imposto l'obbligo in capo ai datori di lavoro di facilitare l'accesso a tutti i livelli dell'impresa, anche in riferimento alle posizioni qualificate e con responsabilità direzionali e ad adottare misure finalizzate a facilitare l'accesso ai part-timers alla formazione professionale per favorire le loro carriere.
Il secondo punto, invece, riguardano le disposizioni relative al perseguimento della promozione del part-time. Infatti viene imposto di rimuovere gli ostacoli di natura giuridica o amministrativa che possono limitare lo sviluppo del part-time. Viene, quindi, sancito il principio per cui il rifiuto del lavoratore di convertire il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale non costituisce motivo valido di licenziamento e vengono, inoltre, istituiti in capo al datore di lavoro una serie di obblighi quali, ad esempio, la diffusione di informazioni circa i posti a tempo pieno e a tempo parziale disponibili.
La legge 14 febbraio 2003, n° 30 (cd. Legge Biagi) interviene nuovamente in materia di lavoro part-time con l'obiettivo primario di rafforzare le potenzialità di detto contratto di lavoro subordinato, sia a vantaggio del lavoratore che dell'impresa. L'art 3 della citata legge delega il Governo a modificare ed integrare la precedente normativa prevedendo, da un lato l'abrogazione di qualsiasi norma contrastante con l'applicazione del part-time, dall'altro il ricorso a tale modalità lavorativa anche da parte di settori che vi erano poco abituati, nonché una politica di favore per strumenti quali clausole elastiche e lavoro supplementare. Il decreto legislativo di attuazione della legge n° 30/2003 concretizza la delega nell'art 46 il quale corregge, abroga e sostituisce talune parti del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n° 61 e successive modifiche ed integrazioni
La riforma del 2003 conferma che è a
tempo parziale l'orario di lavoro fissato nel contratto individuale che
risulti, in ogni caso, inferiore all'orario normale di lavoro (cd. "tempo
pieno"). Tale orario è oggi fissato dall'art. 3 del decreto legislativo 8
aprile 2003, n.
1. &nbs 646h78g p; di tipo orizzontale: la riduzione dell'orario, rispetto al tempo pieno, si effettua con riferimento all'orario normale giornaliero;
2. &nbs 646h78g p; di tipo verticale: l'attività lavorativa svolta a tempo pieno di fatto eseguita solo in alcuni periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese, dell'anno;
3. &nbs 646h78g p; di tipo misto: l'attività lavorativa viene organizzata combinando le due modalità di part-time orizzontale e verticale.
Ciucciovino S., Il principio di non discriminazione e la proporzionalità del trattamento nel rapporto di lavoro a tempo parziale, (2002), Quaderni- Cesri, ed. Luiss.
Qualora la scrittura risulti mancante è ammessa la prova per testimoni nei limiti di cui all'art 2725 cod. civ., ovvero solo in caso di smarrimento incolpevole del documento comprovante la conclusione di un contratto di lavoro a orario (e retribuzione) ridotto. Per i requisiti del contratto a tempo parziale, PUTATURO DONATI, La nuova forma del contratto di lavoro a tempo parziale, in Gui. Lav., n° 32-33, 15 agosto 2000; TIRABOSCHI M., La disciplina del mercato del lavoro a tempo parziale, un quadro comparato di sintesi, (2000), Il Sole 24 ore, Milano.
Il decreto risolve così i problemi applicativi e le diatribe dottrinarie e giurisprudenziali originate dalle lacune della disciplina previdente che spesso avevano portato conseguenze paradossali per il lavoratore.
Sono fatte salve le eventuali condizioni più favorevoli dei contratti collettivi di cui all'art. 1, comma3, decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, così come modificato dal decreto legislativo 26 febbraio 2001, n. 100.
Lo scopo dichiarativo della disciplina lavoristica e previdenziale è quello di portare alla luce le forme di lavoro "nero" a part-time e di stimolare la crescita dell'occupazione, specie di fasce peculiari della forma lavoro.
È il caso, oltre che del contratto a tempo parziale, dell'introduzione dei contratti di formazione e lavoro, previsti all'art. 3; per una ricostruzione v. D'Antona, Le tipologie "flessibili" del rapporto di lavoro, in Quad. Dir. Lav. Rel., n°2, 1987.
Tra gli innumerevoli contributi, si segnalano: Amato, La disciplina legale del lavoro a tempo
parziale: l'art. 5 della legge 19/12/1984 n°
Nel pubblico impiego il lavoro a tempo parziale sarà introdotto qualche anno più tardi, con l'articolo 7 della legge 554 del 1988. anche nel pubblico la disciplina è demandata all' autonomia collettiva. Tale articolo ha introdotto i contratti a tempo parziale ( e a termine) in gran parte del settore pubblico, diffondendo l' idea di un'articolazione tipologica del rapporto all'insegna della flessibilità anche nelle pubbliche amministrazioni. L'art. 8 disciplina il trattamento di quiescenza e previdenza del pubblico dipendente a tempo parziale in una prospettiva di maggior tutela del prestatore di lavoro.
Questo profilo è stato valorizzato dalla Suprema Corte che ha definito il part-time come la "volontaria contrazione dell'orario di lavoro con una consequenziale riduzione del corrispettivo contributivo" ed ha considerato "il requisito dell'atto scritto quale elemento costitutivo del contratto". Cfr., Cass, 21 aprile 1986, n°2797, in Riv. It. Dir. Lav., 1986.
Il part-time verticale su "base annua" era sospettato di aggirare vincoli al lavoro a tempo determinato con intento fraudolento di mascherare una serie ricorrente di contratti a termine, stipulati al di fuori dei vincoli previsti dalla legge 230 del 1962. Tuttavia, parte della dottrina e della giurisprudenza palesavano una tendenziale preferenza per la fattispecie, come alternativa alla stipulazione di contratti a termine in caso di attività con carattere stagionale per fronteggiare esigenze ricorrenti anche se straordinarie dell'impresa.
L'intervento viene adottato alla luce di alcune considerazioni generali, tra le quali spicca il riferimento al punto 7 della Carta Sociale del 1989 nel quale "la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella comunità europea"
La direttiva sancisce l'importanza del principio della volontarietà nella scelta del part-time, garantendo ai lavoratori a tempo parziale la stessa protezione accordata ai lavoratori a tempo pieno comparabili alla sicurezza e salute sui luoghi di lavoro; un trattamento proporzionale con riguardo alla retribuzione base. Si rinvia a DI MARTINO, la nuova disciplina del lavoro a tempo parziale, in Dir. Rel. Ind., 1995.
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