L'amore che di due visi fa uno solo
Ti dà la scienza della distanza infinita
La terza immagine immaginaria attualmente
Realtà è sempre in preda all'alterazione.
Sazi di storia a digiuno di avvenire
Si ricacciano ormai nella cronaca cieca
Stomaco e Sesso i due vecchi protagonisti
Ostentano soli una lugubre baldoria.
Il mare è il petto dell'uomo quando lo gonfia
La certezza incredibile che il mondo sia
Segno d'indubitabile i muri a piombo
Segnano invece il confine della follìa.
Roma un che tra il convento ed il postribolo
L'abbaiare di un cane da un'alta terrazza
Nella luce pomeridiana alla deriva
I platani e l'ansare degli autocarri.
La voce ferroviaria ammonisce dall'alto
«Più avanti signori! Troveranno posto!»
Che furia che impeto e che vecchia storia
La monotonia delle generazioni.
Caro volto conosciuto senza parole
Di' l'universo si tace tutto è ascolto
Ma in alto - senti - già voce di uccelli lacera
Una perennità che non è più cobalto.
Il viso la voce la vo 151b16b lontà la vita
Irripetibilmente è quanto t'identifica
Trepida minuziosa carne - la bellezza
Non è ornamento astratto è ciò che unifica.
È autunno e i gridi si fanno sempre più rari
Il travertino ha una tenerezza di rosa
Il notiziario delle morti è sempre in ordine
La libertà è un gesto obbligatorio.
Bizzarri proprio loro i visi i luoghi soliti
Eccomi qui è certo - e vado errando altrove
Guastafeste la verità non dirla odi
L'inaudito e godi in ogni addìo un inizio
Non è cenere sparso in un campo di rose.
Umanamente la città si decompone
Sazietà e inedia vagano lato a lato
Ognuno nel viso porta la sua funzione
Una falda di luce un rovescio di fuoco
Labile apocalissi non verità a fuoco.
Volentieri divulgano voglia di vita
I cantieri delle necropoli future
Prediletti oggi luoghi della fatica
Alacri certo finché la polpa
Non si attempi e al gusto
La corsa degli olmi prolunga la criniera
Nella memoria che ripropone la via
Di episodio ilare in storia guerriera
Di astuzia innocente in losco diletto
Il delirio onnìvago della ragione
Schianta le macchinazioni dell'intelletto.
Il viottolo di robinie e rose scempie
Rotola verità in fondo a questo maggio
Le tombe antiche che la nostra voce empie
La felicità che inventò questo viaggio
Scrutano nell'eterno le dolcezze empie
E su in alto quei fiori aforisma ad un saggio
Dove un calabrone porta il peso di un raggio.
Alla fine un braccio è uguale all'altro braccio
La rotonda solenne è l'unità
La vista è vischiosa l'udito è un laccio
La memoria è la vedova di un vagabondo
Il passato è un parassita della morte
La follia pia ed oscena nei suoi veli
Il presente è in questa infinità di porte
La purezza è il silenzio di Regina Coeli.
La voglia di vivere è una bocca che sugge
Sorride approvando e la realtà le sfugge.
Queste pietre e visi e oggetti e ricordi
Digradano nei sensi in gocciole di accordi
Dove fu un fatto d'armi ora è alta quiete
Dove uno stupro bambine giocano liete
Nello sterrato in cui il circo alza gli avvisi
Risero altri dal bombardamento uccisi
Qui dove giacciono quelli alla vita inetti
L'amore ebbe tante stanze e comodi letti
Là dove non c'è più coincidenza e trasbordi
È cielo d'ottobre e passaggio di tordi.
Zampilla uno zodiaco da ogni zero
Vieni vieni verso la via che va al vero
Unisci l'udito all'unanime universo
Tempera alla tastiera un tuo tema terso
Senti il suono che strappa sillabe semplici
Ripete realtà dalla radice rendici
Questua non è questa o querula questione
Paradiso prefigurato in un pavone
Offerta sì di olimpo ov'è oltraggio all'oggetto
Notizie native nemiche di un no netto
Moto che la magia del morire ha in mente
La libidine liberando lietamente
Incarnata in inganno inane e inavvertito
Hallalì hallalì ecce homo hai udito
Gridi gagliardi in un gorgo a gara gioiosi
Finito il furto e il furore infine festosi
Epitalamio encomio in eterno ti estrae
Docile dirada il danno e si detrae
Calunnia che ti carezzava con un cardo
Bene bisbiglia butta il bacio bugiardo
Amore avvera dov'era in auge l'azzardo
La scala perché non sale ancora più in alto
Avrei gettato anche me stesso nella forgia
Di rampa in rampa e di slancio in salto
Non fu un percorso un viaggio fu un'orgia.
Un confondersi di sussurri un richiamarsi
I complici congiunti infine per amarsi.
Dov'è la scala è superficie
L'azzardo è ancora là dov'era
La realtà non ha radice
Si spande a liquida cera.
L'amore non più a caso ecco ridiscende
Per orecchi ha il mare la luce per fronte
Gradino gradino il desiderio lo prende
Ogni cavo di mano svuota in orizzonte.
Non v'è sommità e squarcio di cieli immensi
L'uomo è lo squarcio e la realtà in tutti i sensi.
Parlaci di ieri raccontaci la gita
Ma nemmeno tu stesso ti stai più a sentire
Perché insiste a trovare una via d'uscita
Il corpo il medesimo per modo di dire
Sazio in pelle in pelle in fondo famelico
Le stagioni il cerchio labile al centro è l'anno
Gonfio di sesso ubriaco di amore angelico
È già gli avversari che lui diverranno
Le cose ancora in mano già una diceria
Perché insisti a cercare una via d'uscita
Non stai chiuso in una platea o in galleria
Sei negli occhi dentro agli orecchi della vita
Sei un altro da quello che provammo ieri
Chi può testimoniare dove in realtà eri.
Dicembre giallo il ballo delle tue foglie
Giorno o notte che importa diffondersi devono
Quale folata di lotte e s'ingegna intorno
Separati gli amanti sotto degna scorta
L'ultimo viso cedono e non per nascondersi.
I deliri ad arco acuto il patto dei muscoli
I maiuscoli crimini e non altro è un'epoca
Nel ballotondo l'amore ha passi di lupo
La miseria un'agilità ortopedica
Riscatto guarda ti aggiri è già ogni varco.
Tenebra fine d'anno su un ponte di vimini
Non lo brucia il lampo un suo simile vi penetra
Senza epigoni è il desiderio e vi ha scampo
Il passato prossimo lievi ustioni appena
Chi mai medica i trapassati eccoli illesi.
Subito adesso senza intermediari fossimo
In veemenza accesi e lacerati in distacco
Sconosciuti perché abili ad ogni anagrafe
Prolissi per un'epigrafe e inenarrabili
Parole il vortice delle foglie al vertice.
Al vertice le parole dicono vissi
Emigrano e già le traduce la vertigine
Sferisterio ha il nòcciolo dei fatti apposito
Indulge in mora il proposito a se stesso
Si rivolge e volge e il turbine è ancora in bòcciolo.
Anche i triangoli dei frontoni e del pube
Finzione è demonica non ti sta ferma
Volano in mente moltitudine agonica
L'estasi rovistano il commento sonoro
Oro è che rifulge al beccuzzare di forbice.
Dimmi perché mi parlavi prima di enimmi
Al vento in brividi si posa la fuliggine
Si sposa al chiarore del pensiero più vivido
Più ruvido e deciso di un colpo di lima
Con la testa pensi che hai veduto mozzare.
Con labbra aperte ad un grido
Un viso all'altro s'impone
Trofeo di capelli ambìto
Involucro di ogni nome
Rassomiglianza evidente
Bianco di calce che offende
Estirpa gli occhi alle immagini
Sangue violato da un embolo
Commenti dopo uno scempio
Non farne rapporto - tàcine.
Chiamo e il pomeriggio irrompe
Rosso la morte è una burla
La vena ti guardo in fronte
Deliziosamente assurda
Ma una risata ci spacca
L'espressione si fa esatta
Io non più ti riconosco
Splendono lontano i denti
Del nulla adunchi esempi
Di nuovo e la morte è a posto.
Eutanasia vanesia il tramonto e martella
Arteria occipitale ma mi fo solecchio
Vetri dopo uno scontro e li cantilla a salmo
La luce alieno il passante li scruta calmo
Giudica invece a raccoglierli m'apparecchio
Mentre a tonfo i ragazzi giocano a piastrella
Taglienti frammenti sopra voi m'inginocchio
Chicchi di sangue e so il vostro decorso
Nello spasimo che in cielo si pavoneggia
Spera d'ordine - già si dispone ogni scheggia
Nel granaio ove il battito offre un sorso
Ai curiosi chiusi nella scorza d'un crocchio
Martellami a pezzi fatuo tramonto lilla
Rovinio è il vero e non morte tranquilla.
Ben pochi tra i passanti si sentono imbelli
Mentre il trombettiere suona la ritirata
Chi non ha in mente un nibbio sazio di uccelli
Sogna i pesci in estasi intorno all'annegata.
Quinta Voce sfuggente
La luce è incenerita e con penne di starna
L'uomo antico tenta che ancora in noi si spaccia
Spaesato e in alto esala soffi e si scarna
Inerme - tanto ormai chiuso è il tempo di caccia
Crampi ha l'indugio l'interferenza una macchia
Molestia e pregusta uno spiraglio a speranza
Ma partenza è organica l'uomo si stiracchia
Calcareo il cielo pavimenta questa stanza
Televisivo alibi tic radiofonico
Sfrena il Caso e gli intimi trucchi scocca in marcia
Ma l'Ananke insiste l'oggigiorno è demonico
Nudamente e l'abito dell'attesa squarcia
Di paura scrupolo a scovolo di forno
Con gesti aggiranti ammucchietta fede e ubbìa
A ritmo l'atmosfera che qui urge attorno
Rileva la cenere e a pernice la strìa
Dal tramaglio i vecchi culti rifà libranti
Per meglio dare posto al calcare del volo
Sempre sottomano fazzoletto dei pianti
Da usarsi in comune per chi un momento è solo
E indirizza la sorte a pezzi in un trasporto
Predace sul luogo di nascita anzi attuale
Spoglio d'illusioni il vivo riveste il morto
D'un costume di nebbia che a solchi ora sale
Annuvola il soffitto lo rìvola a pioggia
D'immagini dove il quadro non è più quello
Verticale d'un tempo l'occhio vi si poggia
Altrove già radente assai più d'un uccello.
Furia e fretta ha la guerra ma poi non è rapida
Quarti d'ora ha eterni e fa che si accomuni
Dente ad unghia mentre navi in convoglio incensa
Tanfate d'odio unendo a inodori digiuni
Fila sì la pace a piene mani dilapida
Frane di bigio un polverone è l'epopea
Scorie celando e olande di monotonia
Dove latta di scatole squarciò l'immensa
Cavia all'inedia - la pace lei incombe e avvìa
Nuovi lutti all'evo ma quanti alibi crea.
Bunker non è il rifugio o belvedere a busti
Tra ippogrifi - in crocchi urbani anzi t'impicci
Con popolo che a spostare scandali pensa.
Scatenàti si sono dai loro feticci
Scosso è il fuso orario e le lancette raggiusti.
Chi fu il primo a dare l'allarme e fermo in forse
Stette chissà di nuovo non si fosse in guerra
No né s'era di giorno in un campo di corse
S'era di notte e gente a gruppi un gancio afferra
Pendono a piombo i piedi e svetta fumo in ciocca
Scampanandosi quanto quello d'una cicca
Accesa un pensiero in testa eguale rintocca
Poi nelle cervici a uncino si conficca.
In faccia stampato non ha quel che fece
Da fermo moltiplica i vari profili
Si ruota a tre quarti e l'effetto ora è invece
Di cote al lavoro che umida affili
La lama già usata perché sia tagliente
Così da esportare
Funziona da perno ed ecco è la gente
D'accordo nell'atto preciso di darti
Notizia che sei quell'uno tra i molti
Ottieni e ridai agli altri una spinta
Retrograda vedi si sono disciolti
Viluppo ora è chiaro non fu che per finta
Confronti i trascorsi procedi più avanti
E trovi che l'unico è fatto da tanti.
Ne avverti il fruscio seppure non tendi
L'udito a distanza - già qui è di casa
Quell'ilare battito è saliscendi
Che appunto apparecchia la tabula rasa
Ricolma di oggetti si offre alla vista
Vi affondi le dita a modo di sabbia
Quei grani allontani la transile pista
Addosso ti viene sebbene tu abbia
Deciso che l'ilare battito è gioia
Rimbalzo che apporta maggiore aderenza
Ma immagine a un tratto da te già si scuoia
A sagoma astratta di soma sei senza
Quell'ilare battito strega il fruscio
Euforico accogli per quanto restio.
Ritorci su sé l'Energia... sì pensi
Sconnetti il passato scaduto suh vai
Con slanci ch'è nulla ogni spasmo dei sensi
Fra te e il dappertutto non c'è alcun mai
Ma forse è illusione quest'alta pienezza
No è esperienza somatica esplori
Realtà d'ogni giorno quel cuneo vi spezza
Il nero per farne di tutti i colori
È pleroforia il vivere adesso
È vivere gli altri sei multipla folla
Quell'io che ti turba a volte e fa ossesso
È iride tremula su transile bolla
Pensare è adorabile coito d'amore
Tu fosti e contrai futuro anteriore.
Editi in volume nel 1986, i testi di questa raccolta furono in gran parte pubblicati sulla rivista «Botteghe Oscure» fra il 1953 e il 1954.
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