Sotto frequenti, tiepide alluvioni -
pioggia su noi gocciolava, non ombra
dagli alberi - andavamo; e per la mano
ci guidava il passeggio a un monumento
votivo, ad un boschetto, un chiaro stagno.
Sacre ramosità, come ali o braccia,
tremavano, alla brezza dolce e piena,
di un'agonia che ci obbligava, cuori
troppo esitanti, ad appagarci in sogno.
Parole - cerchi magici di arena -
lasciammo indietro, e le piccole morti
d'ore mietute come da un inverno
sulle panchine immobili al passeggio.
da una stampa cinese
Non si svela il mio astro che alle risa
dei tuoi occhi, azalea, forma sorella
splendente come giada, che ti specchi
nel ruscello di seta e il piede esiguo
chiuso in conchiglia d'ostrica vi immergi.
La gioia m'incorona, o il mio pensiero
sopra il filo translucido dei sogni
si distende e s'allevia come un cirro
se coi draghi di bronzo e i liocorni
dei tuoi capelli scherzo un po' sdegnosa?
Strofina il fianco contro la tua spalla
la mia sete d'amore: grande bestia
che si allunga sul tuo collo e accarezza
la tua guancia con cadenza di sonno,
con la marea della notte negli occhi.
Chiusi i suoi grandi occhi insufficienti
dove essenze d'aurora e d'ideale
galleggiano, ha disteso il fianco ambrato
tra pioppi ed olmi anelanti all'altezza
l'ermafrodito; ha disteso il suo corpo
sull'erba, vinto dal meriggio fulvo
che impone una consegna di silenzio
e una riserva d'ombra ad ogni fronda
sospesa al dolce incanto
Sono strali nel fianco e nel mio cuore
le linee
fino ai capelli, attorti in arabeschi
simili a verdi draghi addormentati.
Forse il belletto aereo dell'aurora
ha tinto questa bocca, molle e gonfia
come un frutto dei tropici. Il suo riso
che ride alle ninfee m'intesse il velo
di una trapunta gelosia; mi apprendo
come un ape al suo labbro materiato
di piacere e di sonno, e vi suggello
solitudini lunghe e incontri rari,
stagioni d odio, d'amore e l'asprezza
della morte essenziale, e mi allontano
sull'ala ebbra e inquieta
L'ombra degli olmi immobile pendeva
sopra di me, ma non cadeva un'altra
ombra su me, con l'ombra della sera?
La sua fronte, più rigida che un'erma,
stava di contro a un ramo orizzontale:
silenzio intorno all'ansietà d'amore.
Fuga di perle rimbalzanti, un riso
non suscitò la mia sulla sua bocca?
E piagato di lacrime il mio labbro
non era, quando in groppa con la morte
l'anima tra le palpebre socchiuse
cavalcava, e la schiuma
non mescolava il tossico dei baci?
Casta luna, che complice tra i rami
mostrandoti mi illumini la guancia
di una femmina calda che i villani
dietro le siepi sforzano sull'erba:
la breve eclissi, il rogo alimentato
dai profumi di un labbro d'amaranto
non invidio, se all'onda immateriale
della tua grazia mescolo il mio sangue.
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