I Gonzaga e Mantegna
La Camera Degli Sposi del Mantegna a Mantova
I Gonzaga e Mantegna
Andrea Mantegna, pittore, incisore, scultore, architetto, uno dei massimi geni europei del primo Rinascimento, nacque a Isola di Carturo verso la fine del 1431 in una famiglia molto umile proveniente da Mantova. Verso i 10 anni si trasferisce a Padova dove entra nella bottega di Francesco Squarcione. In questa città, a quel tempo, operavano artisti come Paolo Uccello, Filippo Lippi e Donatello quindi un panorama culturale ricco e stimolante per un giovane artista come Mantegna.
Fino al 1460 quando Mantegna si trasferì a Mantova come pittore di corte per Ludovico III Gonzaga, realizzò capolavori come il Polittico di San Zeno per la chiesa del santo a Verona che è uno dei suoi massimi capolavori, il Polittico di San Luca per la cappella di San Luca nella basilica di Santa Giustina a Padova e partecipa alla decorazione della cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitari dedicata ai santi Giacomo e Cristoforo insieme a Niccolò Pizzolo, Antonio Vivarini e Giovanni d'Alemagna. Qua Mantegna eseguì tutte le scene con Storie di san Giacomo e la fascia inferiore delle Storie di san Cristoforo, iniziate da Bono da Ferrara e da Ansuino da Forlì. Il ciclo è andato quasi interamente distrutto l'11 marzo 1944 durante un bombarda 16516o1412q mento della seconda guerra mondiale: restano del Mantegna l'Assunzione e il Martirio di san Cristoforo.
A Mantova divenne artista di corte invitato da Ludovico Gonzaga che aveva sempre apprezzato e sostenuto il talento di Andrea Mantegna. Qui si dedica alla decorazione della Camera degli sposi nel palazzo ducale, per la quale idea una serie di grandi scene con punto di vista unico coincidente con il centro della stanza e una fonte di luce che corrisponde a quella reale. Per lo stesso Ludovico ha dipinto, in una sala del Castello San Sebastiano a Mantova, una delle sue migliori opere che è una rievocazione del mondo classico ed e costituita dalle nove telle che raffigurano su una línea continua il Trionfo di Cesare.
Al castello gonzantesco di Revere, nella sua decorazione si trova una porta a destra che segue uno schema decisamente rinascimentale, anzi michelozziano, di eleganza timida e gracile, con la ripresa di tenui note cromatiche fra il rosso veronese e il candido marmo del fregio a festoni, di qualita invero non eccelsa. E la porta opposta con una sottilissima inquadratura sagomata accoglie nel suo spessore elegante motivi di eco donatelliana, bensì tramite il gusto di Mantegna. Ludovico Gonzaga non era un committente di sicura sensibilità come altri principi del Rinascimento, ad esempio Federico d Urbino, ma era solo orgoglioso di valersi di campioni in segni di "novus ordo", fra i primi Donatello, il Mantegna, l Alberti, e non si peritò di fare edificare ed ornare il Castello da artisti di disparata qualità.
Un aspetto estremamente tipico della cultura di Mantova è un esclusivistico amore per le lettere greche. Quasi tutte le opere pittoriche del Mantegna, infatti tranne ovviamente quelle religiose - , sono ispirate a soggetti poetici e letterari greci. Non si tratta di un orientamento vago o generico, in quanto esso ha precisi termini cronologici e si conclude, curiosamente, allorché il Mantegna diventa il pittore favorito di Isabella d Este. Mantegna aveva conoscenze sulle lettere greche grazie al fatto che frequentò la bottega dello Squarcione che si vantava di aver fatto viaggi in Grecia, ai rapporti di amicizia mantenuti da Mantegna con l Alberti e l amicizia con Galeotto Marzio da Narni e con Giano Pannonio che erano usciti dalla scuola di Guarino Veronese. Mantegna dovette inoltre conoscere lo stesso Veronese, a Ferara, giacché egli ricorse a suo figlio Battista, nel 1490 per farsi raccomandare alla sua nuova sovrana, Isabella d Este.
La zuffa degli marini", nota da due magnifiche incisioni su rame, pensate per venire non solo affiancate ma incollate è una delle più interessanti composizioni di ispirazione greca del Mantegna. Questa è inserita, insieme ad altri motivi mitologici nella Pala di San Zeno.
Il Palazzo Ducale di Mantova è rimasto celebre grazie proprio a Isabella d Este, moglie di Francesco II Gonzaga, che portò con se la gentilezza ferrarese ed è sotto gli auspici di Isabella che la corte di Mantova divenne una delle più acculturate d'Europa. Per lo Studiolo di Isabella, dopo una primitiva decorazione costituita essenzialmente da imprese e divise, infatti, intorno al 1495 la marchesa aveva concepito un nuovo progetto decorativo, aggiornato sulla sua passione per l'antichità classica, la tematica amorosa e quella musicale, commissionando dunque, tra 1496 e 1505-1506, vari dipinti a Andrea Mantegna, Perugino, Lorenzo Costa e Giovanni Bellini. Per questo Andrea Mantegna dipinse Il Parnaso, Minerva caccia i Vizi dal giardino delle Virtù, Madonna della Vittoria, dipinti che sono stati poi venduti al cardinale Richelieu e si trovano oggi al museo di Louvre.
Nel castello di San Giorgio, iniziato al limite settentrionale di Mantova, quasi a specchio del lago del Mincio, da Bartolino da Novara, le nobili masse geometriche ancora gotiche, s imparenterano con altri analoghi edifici, che, risalendo dal fiume, incontriamo nel Veronese. Però i Signori di Mantova vi accolsero la Rinascita precisamente nella struttura di alcune sale al primo piano dell edificio, ornate di porte e di camini scolpiti, e vollero aggiunte nel cortile le nobili archeggiature che furono ritenute di Luciano Laurana e che ora si attribuiscono verosimilimente a Mantegna.
Il Castello è stato progettato a pianta quadra, con quattro torri angolari e controtorri che difendono le tre porte di ingresso munite di ponti levatoi. Il Castello non fu adibito solo a scopo difensivo, ben presto cominciò a diventare parte integrante del più ampio Palazzo Ducale.
Nel Palazzo Ducale, proprio nel castello di San Giorgio si trova la più famosa opera di Andrea Mantegna: La Camera degli Sposi o La Camera Picta.
La destinazione della Camera abbastanza recente s è asserito essere le figurazioni mantegnesche in esame motivate dal fidanzamento di Federico Gonzaga con Margherita di Baviera, donde la denominazione di Camera, anzi di Sala degli Sposi.
La Camera divenne meta a visitatori illustri, attrati in pari grado e dai dipinti e dai cuoi cordovani che si stendevano sulle due pareti non istoriate. Nella Camera degli Sposi nel 1498 era ricevuto Lodovico il Moro (Ludovico Maria Sforza era il quarto figlio maschio di Francesco Sforza e di Bianca Maria Visconti. Divenne duca di Milano nel 1450 succedendo alla famiglia materna. Fin da bambino fu soprannominato il Moro probabilmente a causa della carnagione scura e dei capelli neri), e negli stessi anni il locale veniva saltuariamente abidito come sala da pranzo. Poì si trasformò in deposito di opere artistiche. Poì, più tardi nel 1800, si apprende che faceva parte dell archivio dei Notari, i quali vi avevano "residenza". Dal 1915 la Camera inizia una nuova e più degna vicenda nell ambito della Galleria sistemata in Palazzo Ducale.
La Camera degli Sposi comprende una piena attualità dello spettacolo, il tempo è quello "presente", il discoso è diretto. Qui l artista non si pone più fra i spettatori e il mondo che vuole rappresentare, raccontandolo; ci fa assistere direttamente allo spettacolo; e tanto ci porta in medias res che noi ci troviamo non solo davanti allo spettacolo, ma per entro allo spettacolo, a colloquio coi personaggi, a contatto coll ambiente nel quale essi agiscono. Novità inaudita, invenzione potente, mediante la quale il genio del Mantegna crea una immagine della realtà carica di concretezza: oltre che visibile, quasi tattibile.
Realtà colta con pronta vivezza, espressa frescamente e francamente, a cominciare dalla spregiudicata confessione del rachitismo della casa Gonzaga (quella maledizione del rachitismo era entrata nella famiglia Gonzaga con Paola Malatesta, sposa di Gianfrancesco 1444 - e durò per generazioni. Essa veniva a cogliere, improvvisa, giovani fino allora sanissimi e, perfino, bellissimi, deformandoli atrocemente, come era accorso alla stessa Paola dopo le nozze), spietamente fissato in entrambi gli episodi nei quali si articola, sulle due pareti figurate, il racconto della Camera degli Sposi, diviso poì in 3 scomparti per ciascuna, quasi pannelli di trittico. I due racconti vengono nominati L Incontro e La Corte.
Si è cercato un preciso significato alle scene per riferirle a qualche determinato fatto storico; un punto fisso è la data di compimento dell opera, 1474, alla quale corrisponde abbastanza l età dei personaggi, a cominciare dal principe, il marchese Ludovico, effigiato su entrambe le pareti, e che proprio in quell anno toccava la sessantina, deve trattarsi, dunque, di fatti occorsi da poco.
La scena dell Incontro richiama, perciò, qualcuno dei ritorni del cardinale Francesco da Roma a Mantova, probabilmente quello del 1471 o 1472. Ancor meno storicamente precisa è l altra scena, sulla parete destra, una ipotesi sarebbe una riunione della Corte per il ricevimento solenne di qualche gran personaggio. Possiamo interpretare entrambe come una libera rievocazione della vita di Corte, nella quale fatti realmente accaduti sono adombrati per suggerimenti la verità artistica invece di quella obiettiva.
Il tema è, dunque, la vita dei principi, sceneggiata intorno a due motivi salenti: uno, quello sulla parete di sinistra, espone i rapporti della famiglia con la curia romana, onorando specialmente la figura del secondogenito del marchese, Francesco, al quale il Papa Pio II concese la porpora, suprema dignità che inorgogli la famiglia ma anche tutti i mantovani; il secondo, sulla parete di destra, dove sono radunati la famiglia Gonzaga e personaggi della Corte, il motivo della Corte.
Nella storia dell Incontro il paesaggio si apre al di là dei tre archi della stanza, e il terreno esterno si stende come una continuazione del parapeto su cui posano i pilastri, al medesimo livello della piana superiore, sicché il pavimento della stanza figura come ribasso, e alcuni dei personaggi, avanzando dal mondo di fuori, vengono a posare il piede sul parapetto stesso. Il mondo esterno trabocca così nell interno della Camera. Un paesaggio tipico del gusto mantegnesco, saturo di episodi, complicato e perfino tormentato, specialmente nel primo scomparto: dagli agrumi lussureggianti del Garda, ai monti forati, alle rupi pericolanti, ai castelli turriti. Questo così vario immobile fisico e architettonico è animato da un altrettanto spesso e vario popolo di viventi: donne, soldati, uomini, a piedi e a cavallo, formicolando per le strade, anche lontanissime, pastori, cacciatori, scalpellini che lavorano nella cava e che sono uno dei simboli tematici del Mantegna, tipica e forse inconscia espressione allusiva al gusto petrigno.
La descrizione dei singoli elementi della scena è molto insistita e particolareggiata, tale quel modo personalissimo del Mantegna di rappresentare la vetustà fatiscente delle muraglie di cinta cittadine. Il tipo delle fortificazioni, cinte urbane, torri, castelli, sembra ancora perfettamente medioevale, con inseriti di avanzi romani.
La storia della parete destra, La Corte, si svolge in due soli scomparti, il centrale e il destro, poiché il primo, dove si apre una finestra, è tutto occupato da una finta tenda calata, mentre in tutti gli altri le tende risultano in vario modo scostate per aprire la visione sull esterno. Il marchese in posizione centrale rispetto ai visitatori che stanno per giungere dall altra parte, è evidentemente il protagonista. Però l interesse sembra concentrarsi ancor più su una seconda persona seduta (tutti gli altri sono in piedi), quella massiccia della marchesa Barbara, e ritto dietro a lei sta Rodolfo, il quatrogenito figlio, da lei prediletto. E ciò, pur senza voler fantasticare di sensi nascosti e segreti, ci suggerisce il pensiero che questa storia possa assumere un suo significato in paralello con la scena dell Incontro, e contenere una discreta allusione ai rapporti di Mantova con il potere civile, con l Impero, a cui la famiglia Gonzaga, s era legata nella persona della stessa marchesa Barbara, nata Hohenzollern.
Anche qui è immaginato uno sfondo paesistico, del quale appare solo un piccolo squarcio da un sollevamento della tenda a destra dell ultimo scomparto, rallegrato da una di quelle scenette piccanti che non infrequentemente i pittori nascondono in qualche piega del paesaggio a stuzzicare la curiosità degli spettatori di gusto più grosso.
Ad allargare lo spazio, che risulta assai ristretto per le cinque file di persone, Mantegna usa quello che sarebbe facile giudicare pedantescamente una licenza prospettica: la disposizione degli scalini obliqui in pianta rispetto ai pilastri e non paralelli come si penserebbe, la quale e doppiamente efficace, sia perché questi scalini, presentandosi per primi, definiscono e stimolano il dinamismo della composizione da destra verso sinistra, dove siede il protagonista, sia perché questa obliquità a ventaglio suggerisce una rotazione: a seconda il moto circolare della gente che viene dal di fuori, invitando il spettatore a seguire questo moto.
Un aspetto della struttura architettonica immaginata nella Camera degli Sposi è il mondo teatrale, oltre che per l immediatezza della rappresentazione, ch è il motivo primo e il carattere generale dell opera, per una quantita di richiami particolari come per esempio il largo uso dei simulati tendaggi che aprono e chiudono la scena.
I motivi ornamentali nascono dalle candelabre e si arrampicano e diramano sulla volta, fingendo un lavoro di stucco sul fondo di tessere auree, con un rigoglio prodigioso di invenzioni che sbocciano l una dall altra. Gli elementi della decorazione sono attinti al repertorio classico, l erudizione offre i temi alle figurazioni nei penacchi e nei lacunari: storie mitologiche di Ercole, Orfeo, Arione, busti dei primi otto Cesari. Sorge così una contrapposizione che distingue non solo differenti aspetti formali, ma anche una diversa intima ispirazione dei due momenti: una lingua morta e una lingua viva. La grande conquista che il Mantegna compie e l assunzione in campo figurativo del volgare a lingua d arte.
La luce è un elemento unificatore della pittura ed ha il fine di rilevare l attualità dell immagine una comprensione tutta nuova del colore, non più dissociato e stridente alla forma.
La volta dorata vede nella sua parte centrale una ricerca di spazi aperti, amplificata e arricchita da un'ottima conoscenza della tecnica della prospettiva; una balconata interrompe infatti la volta rilanciando la visuale verso un cielo luminoso tanto fittizio quanto realistico. Dalla balconata s'affacciano angeli, putti, dame (probabile esaltazione del prestigio dinastico) e personaggi di incerta identità (volto muliebre acconciato come la marchesa Barbara e testa di moro) e sporgono un cesto floreale e un pavone. Il resto della volta è monocromatica e sostenuta da putti che reggono medaglie degli imperatori romani (ulteriore omaggio e riferimento alla cultura classica). Il raccordo tra le pareti e la volta infine è ottenuto tramite vele e lunette che riportano alcuni miti greci e alcune imprese dei Gonzaga.
Andrea Mantegna muore il 13 settembre 1506 ed e sepolto nella Basilica di Sant Andrea, la più grande chiesa di Mantova. Edificata nel Medioevo in luogo di un monastero benedettino (i cui unici resti sono il campanile gotico e un lato del chiostro sul lato destro), l'edificio venne rimaneggiato a partire dal 1472, su progetto di Leon Battista Alberti, su istanza di Ludovico III Gonzaga. La prima cappella a sinistra ospita la tomba di Andrea Mantegna ed è stata decorata sulla base di suoi disegni ad opera del Correggio; opera incompiuta dell'artista padovano è il bel Battesimo di Cristo sulla parete destra. Sulla sua tomba dove si trova un busto bronzeo che lo ritrae, sta scritto:
Esse parem hunc noris, si non praeponis, Apelli,
Aenea Mantineae qui semulacra vides."
"Tu che guardi il volto bronzeo del Mantegna, puoi renderti conto
che è l uguale di Apelle, se non consideri che è anche meglio di lui"
Indice
Contenuti:
Andrea Mantegna vita e lavoro prima di Mantova
Andrea Mantegna lavoro a Mantova (I Gonzaga)
Palazzo Ducale
Castello San Giorgio
Camera degli Sposi (L'Incontro e La Corte)
Morte di Andrea Mantegna
Bibliografia:
Arte, pensiero e cultura a Mantova nel primo Rinascimento in rapporto con la Toscana e con il Veneto , Convegno Internazionale di Studi sul Rinascimento, Sansoni, Firenze 1965.
Valoarea artei in renastere , Alexandru Marcu, Editura Meridiane, Bucuresti 1984.
Vietile pictorilor, sculptorilor si arhitectilor , Giorgio Vasari, Editura Meridiane, Bucuresti 1968.
La camera degli sposi del Mantegna a Mantova , Luigi Coletti, Rizzoli Editore, Milano 1976.
Arte Mantovana Il Castello di San Giorgio
https://www.mynet.it/mantova/arte/sgiorgio.htm
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