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IL LEGNO

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IL LEGNO



Lavorare il legno, aggiustare il legno, costruire con il legno: sono tutti capitoli della storia del fai da te che sembra avere nel legno uno dei suoi protagonisti principali. Questi capitoli, a loro volta, si suddividono in una serie infinita di paragrafi nei quali si raccontano le molteplici possibilità offerte dal legno a chi decide di affrontare piccoli e grandi lavori, che vanno dalla riparazione della gamba rotta di una sedia, alla costruzione di una libreria, al rivestimento di una parete e così via. È importante però che, prima di accingersi a qualunque operazione, si abbiano le idee ben precise su come fare, dove fare, cosa fare e con che cosa fare. In una parola bisogna procurarsi una attrezzatura necessaria e imparare a servirsene in modo corretto. Sarebbe assurdo farsi un corredo da professionista del legno e poi non sapere quale attrezzo usare al momento opportuno. La falegnameria è un'arte antica quasi come il mondo, che si avvale di molti strumenti, a volte estremamente semplici altre più complessi, che devono però corrispondere alle esigenze di ogni singolo lavoro. Però, ripetiamo, chi comincia da zero, o quasi, ha bisogno di pochi attrezzi, purché specifici, e di ottima qualità, da integrare eventualmente con altri, man mano che cresce la pratica e la voglia di fare cose nuove e più impegnative. Perché lavorare il legno può, alla fin 14514k1015o e, anche essere divertente e costituire un passatempo rilassante proprio perchè tanto diverso dalla routine (spesso stressante) della vita manageriale.
Nel momento in cui ci si accinge ad acquistare un'attrezzatura conviene sempre affidarsi (soprattutto quando si ha poca esperienza) alle marche migliori, senza la tentazione di risparmiare sul prezzo che, in genere, è proporzionale alla qualità. Il vecchio motto chi più spende meno spende vale anche in questo caso perchè una spesa di qualche migliaio di lire in più equivale a una maggior durata dell'attrezzo. Abbiamo detto attrezzi, ma non basta: bisogna che, per una corretta manutenzione, essi abbiano un posto adatto dove si possano riporre con ordine e trovare subito al momento dell'uso. L'ideale è un armadietto non troppo profondo, corredato di ganci, ripiani e cassettini di misure diverse (per chiodi, viti, tasselli, e così via) eventualmente etichettati così da poter individuare subito quello contenente gli oggetti che servono. Ci sono anche contenitori in plastica trasparente, dotati di molti cassetti nei quali riporre il materiale minuto (subito reperibile, grazie appunto alla trasparenza). In alternativa all'armadietto, può andar bene anche un piccolo scaffale o un pannello forato con agganciati dei supporti su cui appendere gli attrezzi più grossi. Chi ha la fortuna di poter disporre di un locale da adibire a laboratorio, può collocare scaffali o contenitori appesi alla parete, in posizione ben accessibile e vicino al tavolo da lavoro. È in un ambiente come questo, chi è veramente appassionato per il fai da te in legno può, via via con l'esperienza, costruire anche pezzi di un certo impegno.
Mancando il locale ci si può accontentare di un ripostiglio, di un angolo ricavato nel box o in uno scantinato purchè sia ben aerato e privo di umidità. E se non c'è il locale, il ripostiglio, il box, lo scantinato allora si può sempre rimediare con un tavolo pieghevole (ce ne sono parecchi tipi in commercio) o con una robusta asse (lunga da 1,4 a 2 metri e larga almeno 1 metro) da appoggiare sopra il tavolo della cucina o quello da stiro, nel locale guardaroba.
Sia il tavolo pieghevole, sia l'asse permettono di effettuare numerosi lavori non eccessivamente impegnativi, compresa la segatura di assi o pannelli semilavorati, oltre ovviaInente lavori di incollaggio, riparazione e così via. Durante il lavoro si deve avere l'avvertenza di proteggere sia il pavimento, sia il tavolo da lavoro su cui posa l'asse con giornali o vecchi panni, specialmente se si devono utilizzare delle vernici.

ACCORGIMENTI

  • Il locale dove lavorare deve esser ben arieggiato, specie se si usano solventi o vernici.
  • Deve avere una illuminazione (meglio se indiretta) che non stanchi la vista. Se manca la luce naturale si possono utilizzare speciali lampade al quarzo iodio.
  • Il pavimento deve essere perfettamente orizzontale e non sdrucciolevole.
  • L'isolamento acustico ben curato in modo da non disturbare i vicini quando si lavora.
  • Essere preferibilmente diviso in due zone (anche per mezzo di un mobile o di un pannello): una dove lavorare e una dove riporre i materiali.
  • Essere asciutto e avere una temperatura costante, anche d'inverno.
  • Disporre di un rubinetto per l'acqua.

ATTREZZI

Il tavolo da lavoro.

È bene fare subito una distinzione tra tavolo e banco: il primo è proprio quello che indica la parola, cioè un piano di legno o acciaio, robusto, con quattro gambe solide, sul quale si possono appoggiare anche oggetti molto pesanti e si può lavorare di martello, raspa, sega, trapano, senza timore che il tavolo ceda. Il banco da lavoro (fondamentale nell'attrezzatura di un artigiano, ma quasi superfluo in quella di chi si dedica ai lavori in legno solo per hobby) richiede innanzitutto uno spazio piuttosto ampio dove collocarlo, ha un solido piano di lavoro (la cui altezza varia da 90 a 110 centimetri) dotato di due morse, una a ganasce e l'altra scorrevole che servono per il bloccaggio dei pezzi da lavorare; inoltre ha una serie di fori quadrati, equidistanti, nei quali si inseriscono gli accessori metallici che servono per trattenere gli elementi di legno nel corso della lavorazione. Alcuni tavoli hanno il piano mobile rispetto al basamento, per facilitare l'avanzamento del pezzo di legno, mentre la macchina elettrica che lo lavora (trapano, sega, fresatrice) rimane fissa su uno speciale supporto. Questi tavoli, molto meno ingombranti dei banchi, sono estremamente funzionali e consentono peraltro lavori di grande precisione.

Per tagliare.

Trattandosi di legno, uno degli strumenti più utili per lavorare è certamente la sega. Ne esistono diversi tipi, con lama più o meno grande e con differente dentatura, secondo il taglio da effettuare.
Sega a telaio. Ha la lama lunga e sottile, tenuta in tensione da una funicella fissata nella par te alta dell'intelaiatura. È adatta per tagli diritti e curvi.
Segaccio. Con la lama trapezoidale e robusta impugnatura situata sull'estremità più larga, serve per tagli diritti anche su pezzi di un certo spessore. Non si può usare invece per tagli che abbiano un andamento curvo, poichè la lama troppo larga ha difficoltà a cambiare direzione.
Sega a dorso. È chiamata così perchè è tenuta rigida da un profilo a U situato appunto sul dorso; ha la lama sottile e la dentatura minuta che la rendono adatta per tagli corti su elementi piccoli, come ad esempio listelli di cornici per quadri.

Esistono anche altri tipi di seghe, ma a livello quasi professionale, quindi non consigliabili per i dilettanti. Per ottenere da questo strumento un'ottima resa bisogna far sì che la lama non subisca urti o pressioni eccessive e che non venga intaccata dalla ruggine (a tale scopo è prudente proteggerla con un leggero strato di grasso, da togliere al momento dell'uso e da rimettere a lavoro finito). Se, per usura o vecchiaia, la lama perde la sua affilatura, si può ripristinarla, bloccandola in una morsa e strofinandola con una lima triangolare. Questa va fatta scorrere in senso trasversale e con inclinazione costante nello spazio tra un dente e l'altro, prima su una faccia della sega, limando un dente ogni due, e poi sull'altra, operando sui denti non ancora trattati.

Per forare.

Se l'attrezzatura comprende un trapano elettrico (come ad esempio il Bosch, in uno dei suoi molteplici modelli) basta munirsi di punte adatte per il legno, che sono diverse da quelle che si usano per forare il muro. Buoni risultati, comunque si ottengono anche con piccoli attrezzi manuali che, anche se sono un po' più faticosi da usare, assicurano tuttavia un'ottima riuscita del lavoro.
Succhiello. Ha la punta a elica che, se fatta girare con una determinata pressione, riesce a bucare il legno sia parallelamente sia trasversalmente alle fibre. È adatto per piccoli fori.
Trapano a manovella. Adatto per fori più profondì, è dotato di un ingranaggio che trasmette il suo movimento rotatorio alla punta applicata al mandrino (parte forata che si trova sull'estremità inferiore del trapano nella quale appunto si introduce la punta, fissandola strettamente). La punta deve essere da legno.
Girabecchino (o trapano a collo d'oca). È forse lo strumento più versatile perché consente di forare qualunque elemento, dal più sottile al più spesso. Va dotato di punte di vario tipo (elicoidali, a tortiglione, estensibili) per fori di diametro diverso. Il girabecchino si usa tenendolo pressato fortemente con la mano sinistra sul pezzo da forare, mentre con la mano destra si ruota velocemente la manovella.

Per levigare.

Il pezzo di legno appena tagliato può avere la superficie ruvida, che deve essere quindi levigata. Per far ciò occorre la pialla che abbia una lama ben affilata. Ne esistono tipi di varia grandezza e di materiale differente.
Pialla. La più classica ha il corpo in legno e le altre parti in acciaio. Ma ci sono anche pialle tutte metalliche. La lama, inserita nel blocco di legno o di metallo, deve sporgere da questo da uno o due decimi di millimetro, se si devono piallare legni duri; da due a tre decimi per legni teneri. La sua posizione è regolabile con una vite che la blocca nel posto giusto. Secondo il tipo di lavoro e le dimensioni del pezzo di legno da trattare, si usano pialle diverse; se la superficie è grande occorre un piallone, con ferro largo, che serve per sgrossare il legno: questa fase va seguita sempre da un lavoro di rifinitura. La pialla di medie dimensioni (quella classica) serve per rifinire e livellare alla perfezione qualunque superficie. La pialla metallica serve, invece, per superfici ridotte, come bordi o coste di assi.
Per una accurata piallatura bisogna impugnare lo strumento saldamente con la mano destra e farlo scorrere, accompagnato dalla mano sinistra, sempre nel senso delle fibre, altrimenti la lama si inceppa e si rischia di scheggiare il legno. Il movimento del braccio deve essere ritmico e regolare: nella corsa di ritorno è consigliabile esercitare una pressione più lieve. È bene inoltre che la superficie da piallare sia sempre perfettamente orizzontale; anche quando si deve lavorare su una costa, si deve assicurare il legno con una morsa in modo che la costa resti orizzontale. Inoltre, quando si deve piallare un asse di testa, è buona norma fissare un altro pezzo di legno accanto a quello in lavorazione (con un morsetto), in modo che i margini di questo vengano annullati evitando così possibili scheggiature.

Per intagliare.

Lavorare il legno presuppone che si debbano praticare degli intagli, per inserire eventuali cerniere o serrature o per preparare delle unioni a incastro. Gli intagli vanno fatti con uno scalpello o una sgorbia.
Scalpello. È uno strumento composto da un manico in legno e una lama molto tagliente in acciaio temperato. Questa va appoggiata obliquamente (o perpendicolarmente) sul legno tenendo l'attrezzo con la mano sinistra, mentre con la destra si maneggia un martello (o un mazzuolo di legno) picchiandolo sull'estremità superiore del manico. Lo scalpello si può anche impugnare con le due mani, premendolo sul legno e asportandone piccoli frammenti. È importante che durante il lavoro il pezzo di legno sia saldamente fissato al tavolo con dei morsetti, perchè se si sposta, o se lo scalpello scappa di mano, si corre il rischio di farsi male seriamente. Bisogna fare la massima attenzione nel maneggiare questo attrezzo e non tenerlo mai rivolto con la lama verso il corpo: basta un falso movimento per trasformare lo scalpello in un'arma molto pericolosa.
Sgorbia. È un piccolo scalpello con lama sagomata a sezione curva, che serve per fare scanalature e raccordi curvi. A differenza dello scalpello, questo attrezzo non si percuote sul legno col martello, ma con colpetti leggeri dati con il palmo della mano. Bisogna usarlo con delicatezza, cercando sempre di seguire la direzione delle fibre. Per iniziare un lavoro di scalpello, si deve innanzitutto segnare con la matita da falegname i contorni dell'intaglio da fare, poi dare dei colpetti col martello, asportando piccoli pezzi di legno per volta. In tal modo si praticano tanti minuscoli intagli sulla zona da asportare e, successivamente, si ricomincia da capo, posizionando lo scalpello in senso perpendicolare alle intaccature già fatte. Bisogna poi procedere con colpetti leggeri, fino ad arrivare alla profondità desiderata.

Per lisciare.

Quando occorre smussare angoli, levigare margini scheggiati e preparare la superficie del legno a una successiva lisciatura, occorre utilizzare in genere raspe e lime.
Raspa. È costituita da una striscia di acciaio che, da un lato, termina con una coda (da inserire eventualmente in un manico) e dall'altro, con una estremità appuntita o mozzata. La superficie della raspa (su entrambe le facce) è resa abrasiva da una serie di tagli paralleli (ottenuti con il bulino) che producono dei denti allineati e più o meno sporgenti e fitti. Secondo il lavoro da eseguire si usano tipi diversi di raspe; ad esempio, per smussare angoli o rifinire intagli serve una raspa piatta; per livellare smussature del legno una raspa mezzotonda; e infine, per allargare o rifinire fori (praticati in precedenza con il trapano) una raspa a coda di topo.
Lima. Si utilizza per rifiniture accurate. Anche questo attrezzo, come la raspa, ha la superficie abrasiva, ma più piatta (ricorda la pelle del pesce) ottenuta con tagli paralleli incrociati che producono un numero di punte sottilissime e di numero variabile. Esistono lime che hanno sei punte per centimetro quadrato e altre che arrivano fino a seicento. Il numero delle punte per centimetro quadrato, determina il tipo di levigatura che si vuol ottenere. Ci sono molti tipi di lime (rettangoli, mezzotondo, a coda di rospo, triangolari) da usare secondo il tipo di lavoro in corso. La lima va passata sul legno seguendo il senso delle fibre, dopo aver saldamente fissato il pezzo in una morsa. L'attrezzo si impugna con la mano destra, e lo si strofina sul legno, tenendolo orizzontalmente al corpo e guidandolo con la mano sinistra che impugna la punta. La pressione deve essere uniforme e leggera.

Altro.

Oltre agli attrezzi precedentemente elencati, non devono assolutamente mancarne altri di uso più generico che, comunque, fanno già parte di solito dell'attrezzatura di pronto intervento presente in ogni casa.
Strumenti per misurare e tracciare. Sono il metro snodabile e il metro a nastro d'acciaio, avvolgibile in una custodia, che permette di misurare anche spazi angusti. Inoltre, la tipica matita da falegname a sezione ovoidale per tracciare sul legno l'andamento dei tagli da praticare; il righello metallico, che serve da guida alla matita, e una squadra da falegname di tipo fisso o regolabile.
Martello. È meglio averne due di peso differente (200 e 500 grammi) secondo l'occorrenza. È ovvio che quello leggero è riservato a lavori più delicati. Alcuni martelli hanno la parte opposta alla testa a forma biforcuta e sono utilissimi per estrarre facilmente i chiodi. È sufficiente infilare la forcella sotto la capocchia del chiodo e fare leva con il manico del martello.
Cacciachiodi. È un punteruolo con l'estremità inferiore incavata e serve per ribattere i chiodi e farli penetrare completamenie nel legno quando non devono vedersi (è opportuno ricoprirli successivamente con un po' di stucco).
Cacciavite. Ne sono necessari, anzi indispensabili, almeno tre o quattro di misure diverse, per poterli adattare alle teste delle viti da serrare (se il cacciavite è troppo grosso non entra nel filetto della vite, se è troppo piccolo non fa presa). Uno di questi cacciavite dovrebbe avere la testa a croce, cioè con la lama a doppio taglio incrociato. Molto pratico anche il cacciavite automatico la cui lama ruota muovendo il manico avanti e indietro.
Spatola. È una lama di acciaio flessibile con o senza manico e serve per livellare con lo stucco le imperfezioni del legno. Ne esistono di diverse misure che variano da 2 a 12 cm di larghezza.
Carta vetrata. È indispensabile per ogni lavoro di falegnameria e si acquista in fogli sul cui retro è segnato un numero che indica la grana. Quest'ultima è tanto più fine quanto più piccoli e numerosi sono i frammenti di vetro attaccati alla superficie. La carta vetrata serve per levigare stuccature, predisporre il legno alla verniciatura o alla lucidatura. In genere si comincia il lavoro con carta a grana grossa per finire con quella più sottile, man mano che la superficie trattata diventa più liscia. Per fare un buon lavoro occorre esercitare una pressione costante e avvolgere la carta su un pezzo di legno o altro materiale ad angoli smussati, di dimensioni abbastanza piccole per essere maneggiato agevolmente.
Morsetto a vite. Serve per tenere ben serrati i pezzi da incollare o limare.
Morsa portatile. Si usa quando non si dispone di un banco con morsa predisposta e deve essere fissata al piano di lavoro con gli appositi morsetti. È utilissima per tutti quei lavori nei quali occorre tenere ben stretti fra loro i diversi elementi.
Trapano. È certamente il più diffuso e il più eclettico fra gli strumenti elettrici necessari per il fai da te. Nato come strumento per forare, si è poi trasformato in un cuore motore al quale possono essere collegati vari accessori per gli usi più disparati: punte per forare, con diametro da 3 a 30 millimetri; frese, cioè punte di diversa conformazione per realizzare scanalature e profili; dischi abrasivi per raschiare e levigare; svasatori per allargare fori già eseguiti; sega a tazza per praticare fori da 20 a 100 millimetri; sega circolare per tagliare assi e pannelli spessi fino a 4 centimetri. Secondo il materiale è necessario usare lame a diverse dentature; piallatrice, dotata di lame robuste montate su un cilindro rotante. Si usa come la vecchia pialla a mano, solo con molta meno fatica. È però un più difficile da manovrare e richiede un minimo di esperienza (che si acquista ovviamente su pezzi di legno campione, prima di effettuare un lavoro più impegnativo), levigatrice orbitale o a nastro, utilissima per rendere il legno perfettamente liscio prima di lucidarlo o verniciarlo. Serve anche per togliere vecchi strati di vernice e incrostazioni di vario tipo. Esistono poi molti altri pezzi accessori che tuttavia non sono indispensabili per una attrezzatura di base.

ACCORGIMENTI

  • L'uso di qualunque strumento, sia manuale sia elettrico, richiede sempre una certa attenzione. Se può capitare di farsi male piantando semplicemente un chiodo, è facile immaginare come l'uso di un trapano elettrico, dotato di punte acuminate o lame taglienti che girano ad alta velocità, possa essere ancora più pericoloso, se non si adottano particolari precauzioni.
  • È buona norma lavorare in ambienti ben illuminati e con pavimenti non sdrucciolevoli.
  • Prestare particolare attenzione a che gli accessori del trapano siano perfettamente collegati alla base motore.
  • Evitare di lavorare indossando indumenti larghi o cravatte che possono impigliarsi nei meccanismi.
  • Tenere lontani i bambini mentre si fa uso del trapano.
  • Evitare di lavorare con le manni bagnate e controllare che spina e cavo siano sempre in buono stato.
  • Staccare l'apparecchio dalla presa di corrente prima di smontare i diversi accessori.

I MATERIALI

Conoscere il legno.

Lavorare il legno può essere, come si è detto, un'esperienza piacevole e divertente che, però, presuppone almeno una modesta conoscenza di questo materiale, per non commettere errori quando si decide di acquistarne un certo quantitativo per costruire qualcosa. Il miglior punto di partenza, per quanto riguarda l'acquisto, è quello di affidarsi a uno dei molti magazzini e supermercati del legno dove si trova una scelta vastissima sia del legname grezzo sia del legno semilavorato. Di fronte però a un assortimento così vasto è possibile rimanere disorientati se non si hanno già le idee abbastanza precise su cosa comperare.
Le varietà di legno sono moltissime, da quelle più tenere (come ad esempio il legno di balsa che, grazie alla sua leggerezza è particolarmente adatto per il modellismo perchè qualunque lama, anche la più sottile riesce a tagliarlo) al legno-ferro dell'America del sud, così duro da far concorrenza ai metalli. Ma tra il primo e il secondo c'è tutta una gamma vastissima che solo un esperto è in grado di riconoscere da alcune caratteristiche come la grana, la tessitura, la venatura, il peso, e così via. In questa sede non si vuole fare un trattato sul legno, ma semplicemente suggerire all'appassionato del fai da te quale tipo usare secondo che si voglia costruire uno scaffale, una recinzione, un mobiletto e altre cose del genere. E naturalmente aiutarlo a riconoscere il legno in base alle sue caratteristiche e al suo aspetto esteriore. Ecco qui di seguito quelli più usati per alcuni lavori di falegnameria.

Abete. Ne esistono diverse varietà: bianco (con venature rossastre) molto tenero ed elastico e con parecchi nodi. Si usa in genere per intelaiature. L'abete rosso, ha colore giallo chiaro e venatura diritta: è adatto per la costruzione di mobili di tipo rustico e si presta bene ad essere lucidato. Ha anche una caratteristica speciale: una particolare risonanza che ne fa il legno più indicato per gli strumenti musicali. L'abete Douglas, di colore rossiccio, con venatura compatta e senza nodi, è molto resistente e duraturo; per tale motivo è molto usato in edilizia, soprattutto per infissi e rivestimenti esterni (è ideale, ad esempio, per rivestire parte della facciata dello chalet di montagna). È adatto però anche per accessori di arredamento.

Acero. È un legno abbastanza duro il cui colore varia dal bianco-rossiccio al rosato al bianco-giallino. Si può lavorare agevolmente con tutti gli attrezzi (anche quelli di una modesta attrezzatura di fai da te). Può essere levigato e lucidato, assumendo un bellissimo aspetto setoso. Si mantiene bene all'asciutto, mentre l'umidità lo rovina. Adatto per mobili e impiallacciature.

Castagno. È un legno piuttosto leggero, non troppo duro, abbastanza resistente e facile da lavorare. È di colore bianco-giallastro o bruno con venature più scure. Si deteriora facilmente con gli sbalzi di temperatura, per cui è meglio usarlo per mobili o accessori che stiano dentro casa.

Cirmolo È un legno chiaro, di tono rossiccío senza venature. È piuttosto tenero, si può lavorare e segare in tutte le direzioni. Molto adatto per mobili (anche di tipo rustico), accessori d'arredamento (scaffali), giocattoli e anche per rivestire pareti.

Faggio. È un legno giallo rossastro, con struttura molto regolare, fibra diritta e pori molto piccoli. Pur essendo piuttosto duro e compatto, si presta a tutti i tipi di lavorazione. Esiste anche un tipo di faggio evaporato (che si ottiene sottoponendo il legname a una vaporizzazione in speciali celle) che è ancora più resistente del faggio normale. Con questo legno si possono fare mobili di ogni tipo, pavimenti, rivestimenti di pareti.

Frassino. Altro legno di uso molto comune, di colore bianco-avorio con leggere venature e specchiature madreperlacee. È duro, compatto, resistente, molto flessibile ed elastico. È adatto per mobili, impiallacciature e anche per articoli sportivi (ad esempio sci).

Larice. Legno pregiato, di colore giallo-rossastro molto compatto e resistente. Adatto particolarmente per rivestimenti esterni (sopporta bene l'acqua), travature, pavimenti, recinzioni. I tipici mobili tirolesi sono realizzati in larice.

Mansonia Legno duro, di colore variabile dal brunogrigio-giallastro al nerastro, adattissimo per costruire mobili, scanalature, porte. Poichè con il tempo tende a scolorire, si usa tingerlo con speciali soluzioni coloranti.

Mogano. Legno molto pregiato, dal colore rossastro che, se esposto all'aria, tende a diventare bruno con riflessi bellissimi. Ha grana fine, lucentezza serica; dopo la levigatura diventa brillantissimo. È inattaccabile dai tarli. Si lavora con molta facilità e viene usato per mobili e rivestimenti.

Noce. Ha colore bruno, più o meno carico, con venature di colore più scuro, diritte o ondulate. Si lavora con facilità, anche se è piuttosto duro. È resistente e particolarmente elastico; indicatissimo per mobili di vario genere.

Rovere. Fa parte della grande famiglia delle querce, è abbastanza duro e resistente, facile da lavorare. È di colore bruno chiaro, con fibre diritte e regolari, pochi nodi. È molto adatto per rivestimenti (per esempio pareti) e mobili di vario tipo.

Fin qui sono stati elencati i legni da utilizzare per costruire da soli accessori di arredamento. Naturalmente ne esistono moltissimi altri, come il teak, il palissando, il pino, la quercia, l'ontano e così via, ai quali non è stato fatto accenno perchè si tratta di legni impiegati quasi esclusivamente nell'industria e quindi non adatti a una lavorazione artigianale e casalinga. Non bisogna inoltre dimenticare che, nel campo della falegnameria, oggi vengono molto usati i pannelli di compensato che sono leggeri, indeformabili e, a parità di spessore, anche più resistenti del legno massiccio. Si possono usare sia per rivestimenti (nel tipo più sottile) che per mobili (nelle varietà a maggior spessore). Esistono anche i compensati placcati, cioè impiallacciati con essenze dure o talvolta pregiate, con la superficie già pronta per essere verniciata o lucidata, come se si trattasse di legno massiccio. In questi pannelli, la parte esterna, cioè quella che dovrà restare in vista, è priva di difetti, mentre l'altra può presentare delle irregolarità. Il paniforte listellare è un altro materiale molto resistente, più robusto e più economico del compensato, e indeformabile. Quest'ultima caratteristica lo rende particolarmente adatto per ripiani di tavoli o di scaffali per librerie (che debbano sopportare pesi notevoli) e antine di mobili. Come il compensato, anche il paniforte si trova già impiallacciato con essenze pregiate. L'uso di pannelli di paniforte listellare, però, richiede la rifinitura dei bordi che rimangono visibili, utilizzando ad esempio listelli di legno massiccio o apposite strisce di impiallacciatura.

OPERAZIONI

Dopo aver parlato del legno, dal punto di vista estetico e di tutti gli attrezzi necessari per lavorarlo si può ora vedere che cosa è possibile fare e come lo si può fare. In pratica di tutto, ma è ovvio che per poter sfruttare le infinite possibilità offerte da questo materiale, bisogna essere in grado di eseguire tutte le operazioni che consentono di trasformare un pezzo di legno grezzo o semilavorato in un oggetto finito.

Lavorare il legno.

È chiaro che bisogna procedere per gradi: fare cose semplici per passare poi, via via, in base all'esperienza acquisita, a lavori più impegnativi. In ogni caso è buona norma, prima di cominciare, avere le idee chiare sulle dimensioni che dovrà avere l'oggetto, sul tipo di legno che meglio si presta a quel determinato lavoro e, soprattutto, sul modo di collegare tra loro i vari pezzi.
È inoltre consigliabile fare un disegno in scala di ciò che si vuol costruire in modo da poter stabilire in anticipo il quantitativo di materiale che occorre. In base al modello si può far tagliare i vari pezzi necessari oppure riportare sul legno lo schema di taglio, in grandezza naturale, servendosi di una matita da falegname, riga e squadra. In quest'ultimo caso è necessaria la massima precisione per non trovarsi poi, a taglio effettuato, con pezzi di dimensioni insufficienti o addirittura diverse fra loro. Ecco come si procede. Tracciato il profilo delle varie parti si esegue il taglio (occorre una sega adatta e ben affilata) facendo attenzione di seguire sempre il senso delle fibre del legno. Una volta ricavati i pezzi delle giuste dimensioni si effettuano eventuali fori o intagli, secondo l'assemblaggio previsto per passare da ultimo al montaggio e alla successiva rifinitura. Queste, a grandi linee, le sequenze delle varie operazioni necessarie per dar vita a un piccolo mobile, a uno scaffale e così via. È opportuno comunque esaminarle una per una con maggiore chiarezza.

Tagliare.

Se non si acquistano i vari pezzi già tagliati in misura, è necessario procurarsi una sega perfettamente affilata e di tipo adatto al lavoro che si deve eseguire. Il pezzo da segare va tenuto ben fermo, usando preferibilmente dei morsetti e facendo attenzione che il lato che deve rimanere in evidenza sia rivolto verso l'alto; può infatti accadere che la superficie inferiore si scheggi rovinandosi leggermente. Si inizia a tagliare appoggiando la sega sullo spigolo di partenza e praticando una leggera incisione nel legno; la lama va tenuta appena appena inclinata rispetto al piano di lavoro, per poter seguire meglio il tracciato-guida. Solo quando la sega è affondata nel legno per oltre metà della lama, si può cominciare a disporla a 45°-60°. Occorre tener presente che, per le sue caratteristiche, la sega lavora quando viene spinta in avanti, per cui la pressione necessaria al taglio va effettuata nel movimento di andata, mentre quello di ritorno deve essere molto leggero. Occorre lavorare con regolarità, evitando di forzare o dare strappi che potrebbero scheggiare il legno. Verso la fine del taglio, è opportuno sorreggere con la mano sinistra il pezzo di legno che dovrà staccarsi per evitare scheggiature. Se, per un errore di impostazione, la lama della sega tendesse a deviare dalla linea di taglio tracciata, piuttosto di insistere nella stessa direzione, è meglio rivoltare il pezzo e iniziare il taglio dall'altra parte.
Per segare pannelli di compensato o paniforte, è bene usare una sega a dentatura fine. Tenendo la lama con una inclinazione proporzionale allo spessore del pezzo (più è sottile, meno la lama deve essere inclinata). Dovendo tagliare tavole di un certo spessore, è consigliabile tracciare prima, su ogni faccia, una linea di guida e inciderla con la sega, in modo che il taglio risulti guidato anche lateralmente. Infine, per tagli obliqui o profili sagomati, bisogna usare una piccola sega a dorso oppure, preferibilmente, una delle apposite guide per tagli obliqui.

Forare.

Per questa operazione occorrono strumenti manuali o elettrici (ad esempio un trapano Bosch, con le apposite punte del legno), che vanno usati a velocità sostenuta per fori di piccole dimensioni e a velocità, più ridotta per fori grandi. È ovvio che le punte devono essere in condizioni perfette e ben affilate (a tale scopo bisogna stare attenti a non farle cadere e evitare di utilizzarle per lavori diversi da quello cui sono destinate); per facilitare la capacità di penetrazione si può passarle con un po' di sapone asciutto o di olio minerale. Il pezzo da forare deve essere fissato al piano di lavoro con dei morsetti (per non rovinare la superficie, è buona norma interporre tra la morsa e il pezzo uno spessore di legno). Per evitare che la punta, nell'intaccare il legno, devii dalla posizione in cui il foro va praticato (precedentemente indicata con una matita) è consigliabile praticare con un punteruolo una tacca che serva da invito. Se si lavora con un trapano manuale (girabecchino) la punta va appoggiata perfettamente verticale alla superficie girando poi la manovella con una pressione piuttosto forte. Con il trapano elettrico la punta deve essere invece appoggiata quando il motore è già in moto, per evitare la possibilità di deviare dalla esatta centratura. La pressione in questo caso deve essere leggera. Dovendo forare due pezzi uguali, nello stesso punto, si sovrappongono perfettamente e si fissano tra loro mediante due morsetti, trapanandoli poi insieme. Se ciò non è possibile, perchè lo spessore dei due legni uniti supera la lunghezza della punta del trapano, basta forare il pezzo superiore e lasciare che la punta penetri leggermente in quello sottostante; la tacca così ottenuta è sufficiente per procedere col secondo foro. Se il foro è molto largo (e non si ha una punta adatta), si traccia prima con la matita la circonferenza, poi con una piccola punta si praticano tanti piccoli fori ben ravvicinati; quindi con un seghetto ad arco o un foretto si sega il legno rimasto tra un foro e l'altro, ottenendo quindi un'apertura a bordi dentellati che andrà poi rifinita con una raspa. Per fare dei fori ciechi, basta applicare sulla punta del trapano qualcosa che serva a segnalare quando è stata raggiunta la profondità voluta. Esistono in commercio degli indicatori di profondità molto pratici; in alternativa si può utilizzare un blocchetto di legno forato.

Piallare.

Anche se si acquistano legni già piallati, può capitare che la superficie o uno spigolo, debbano essere rifiniti o che si debba ridurre un pezzo di pochi decimi di millimetro. In tal caso si usa la pialla che va manovrata, tenendola saldamente impugnata con la mano destra sulla estremità posteriore, mentre con la sinistra si afferra la parte inferiore, per guidare l'attrezzo. La pialla deve essere fatta scorrere con regolarità avanti e indietro sulla superficie da levigare, esercitando una certa pressione all'andata e tenendo la mano più leggera al ritorno. Il pezzo da piallare deve essere ben fissato al piano di lavoro, con la superficie disposta perfettamente orizzontale. Prima di iniziare la piallatura, bisogna accertarsi che la sporgenza delle lame sia la stessa lungo tutta la lunghezza: per farlo basta regolarla con il controferro che la tiene fissata. Bisogna anche regolarla secondo il tipo di legno da lavorare: se si tratta di legno duro la lama deve essere poco sporgente poichè il lavoro è solo superficiale, mentre per i legni teneri, dove è necessario penetrare in profondità, la sporgenza dev'essere maggiore. Durante la lavorazione è bene controllare di tanto in tanto che non si stia asportando più legno del necessario, creando così concavità anomale. È importante, infine, che la pialla lavori sempre nel senso delle fibre del legno. Si suggerisce di fare un po' di pratica su un pezzo di legno di scarto, prima di iniziare il lavoro vero e proprio.

Scalpellare.

Lo scalpello è lo strumento specifico per realizzare incastri dove debbano essere inserite cerniere, serrature o maniglie. Deve essere perfettamente affilato, (attenzione quindi a maneggiarlo con cura) e va usato percuotendolo con il palmo della mano, oppure con un martello o un mazzuolo di legno, secondo la quantità di legno da asportare. Il pezzo da intagliare deve essere saldamente fissato e lavorato sempre seguendo il senso delle fibre. Si inizia intaccando i contorni della parte da asportare, già segnata con la matita: una volta tracciato il perimetro, si appoggia lo scalpello con la lama obliqua e si danno piccoli colpi con mano leggera, intaccando prima il contorno e asportando poi man mano il legno fino alla profondità desiderata. L'intaglio va quindi rifinito utilizzando la raspa.

La rifinitura.

I pezzi di legno che siano tagliati, forati, piallati, o scalpellati (e quindi ormai nella fase finale della lavorazione) si rifiniscono poi con raspe e lime per levigare la superficie. Gli attrezzi vanno passati con una leggera pressione nel senso delle fibre e, se possibile, guidati con entrambe le mani. Successivamente, e prima di passare alla verniciatura o alla lucidatura, il legno va preparato in modo adeguato, cioè ripulito da eventuali incrostazioni e imperfezioni, tipo fessure, scheggiature o piccolissime cavità. Per far ciò si riempiono le parti di stucco da legno (in vendita presso qualunque colorificio); una volta asciutto lo si ripassa con carta vetrata per togliere eventuali eccedenze. La carta vetrata si usa anche per lisciare la superficie; un piccolo trucco, suggerito dagli esperti del mestiere, è quello di non ritagliare il pezzo di carta del foglio nella quantità necessaria, ma di strapparlo, in modo che i bordi rimangano più morbidi, e successivamente stropicciarlo leggermente con le mani. La carteggiatura si esegue seguendo con cura le fibre del legno, per non intaccarne la superficie e provocare delle chiazze. Inoltre, il pezzo di carta vetrata va avvolto su un supporto (come, ad esempio, un pezzo di legno ad angoli smussati) in modo da poter esercitare una pressione uniforme. Per un lavoro a regola d'arte, dopo aver carteggiato, si consiglia di inumidire leggermente il legno usando una spugnetta o uno straccio imbevuto di acqua calda (attenzione a non bagnare troppo perchè il legno potrebbe deformarsi). Per carteggiare superfici ampie senza eccessiva fatica, è meglio usare la levigatrice orbitale (vedere nell'elenco degli attrezzi) il cui uso è molto semplice: si passa striscia per striscia seguendo la direzione delle fibre senza mai soffermarsi a lungo, per evitare di provocare degli avvallamenti.

Verniciare.

A parte motivi estetici, il legno deve essere verniciato anche per proteggerlo dall'umidità e dai parassiti e per impedire che lo sporco penetri nei pori, provocando poi macchie indelebili. Esistono in commercio moltissime varietà di vernici, adatte ad ogni tipo di legno, che formano una pellicola protettiva assai tenace e duratura. La verniciatura è assolutamente indispensabile per i legni destinati a rimanere all'aperto (panche, recinzioni, mobili da giardino); vi sono vernici apposite che formano una pellicola elastica e resistente a umidità e variazioni climatiche. Ci sono poi i prodotti cosiddetti impregnanti che proteggono il legno in profondità, senza formare pellicole superficiali. I sistemi di verniciatura sono diversi: per piccole superfici si possono usare le bombole spray; per quelle grandi, invece, è meglio utilizzare la pistola a spruzzo elettrica. Naturalmente si può utilizzare anche il pennello che deve essere molto morbido e di misura adatta alla superficie da verniciare.

  1. Verniciare a smalto. È consigliabile dare un fondo con pittura opaca, da stendere con un pennello a spatola. Quando è asciutta va levigata con carta vetrata molto fine. Lo smalto deve essere fluido al punto giusto, poichè se è troppo denso non si riesce a tirare bene e se è troppo fluido cola. Se si deve allungare, è necessario usare gli appositi diluenti, nelle proporzioni indicate sulle confezioni.
  2. Verniciare al naturale. Si usano vernici trasparenti, lucide o satinate che vanno diluite con acquaragia o altri prodotti similari. Se si devono applicare su mobili da esterno, richiedono un fondo di impregnante (che protegge il legno) sul quale si applicano due mani di vernice, una più diluita e l'altra più concentrata.

Vernici e smalti vanno stesi a piccole porzioni, senza impregnare tropp il pennello e formando uno strato sottile e uniforme. Il pennello si tiene in posizione quasi perpendicolare (sui piani orizzontali), esercitando una leggera pressione e incrociando le pennellate in modo che la vernice risulti uniforme. Se si devono verniciare delle superfici verticali si parte dall'alto, passando il pennello prima in senso verticale, poi in senso orizzontale e poi di nuovo in verticale, andando dal basso verso l'alto. Non interrompere mai il lavoro, senza aver finito di passare la prima mano di vernice; lasciare asciugare e iniziare con la seconda.

Lucidare.

Esistono in commercio alcuni prodotti specifici: sono colori all'anilina, in polvere, disponibili in numerose tonalità, che si applicano con un normale pennello, che va passato prima nella direzione delle fibre, poi in senso trasversale, in modo da impregnare tutta la superficie in modo uniforme. Prima della tinteggiatura il legno va trattato con una sostanza turapori, liquida o in pasta (da applicare con pennello o con tampone) e successivamente carteggiato.

  1. Lucidatura a cera. Si effettua con prodotti in pasta a base di cere animali e vegetali, sciolte in acquaragia. Occorrono due applicazioni, con un intervallo di 24 o 48 ore tra la prima e la seconda, e una lucidatura finale con un panno di lana.
  2. Lucidatura con vernice a base di gommalacca. La vernice, già pronta all'uso, è disponibile sia incolore, sia leggermente colorata. Si applica con un tampone avvolto in una pezzuola di lino o un batuffolo di stoppa. Il tampone va ripetutamente passato prima nel senso delle fibre del legno, poi in senso trasversale e infine, con movimento circolare, su tutta la superficie. Dopo l'applicazione del primo strato, si lascia essiccare almeno due giorni e si ripassa poi col prodotto un po' più diluito. A verniciatura ultimata il legno deve essere trattato con un tampone appena imbevuto di alcool.

Buoni risultati si ottengono anche con le vernici alla nitrocellulosa che hanno il vantaggio di asciugarsi molto rapidamente.

Costruire con il legno.

Portati a termine tutti i lavori indicati nelle pagine precedenti, e cioè la preparazione dei pezzi di legno, la rifinitura, la verniciatura e così via, non resta ora che mettere insieme l'oggetto che si deve costruire. Ma come? I pezzi di legno si prestano ad essere incollati, inchiodati, avvitati, incastrati tra loro. Si tratta di decidere quale sistema scegliere, in rapporto al peso che la struttura deve sostenere, alle caratteristiche che si desidera darle, e anche alla esperienza.
La giunzione mediante chiodi è la meno consigliabile, perchè i chiodi non hanno una buona tenuta (nettamente inferiore a quella delle viti) e tendono a sfilarsi dal legno. Si usa in genere per lavori provvisori.
Le viti danno migliori risultati, in quanto oltre ad assicurare giunzioni abbastanza solide, consentono, in caso di necessità, un veloce smontaggio dei pezzi. L'incollaggio è adatto di solito per pezzi di piccole dimensioni: spesso, tuttavia, è usato insieme ad altri sistemi. Il metodo di giunzione ideale è comunque quello dell'incastro.
Dopo questa breve premessa è utile esaminare le diverse possibilità, non senza aver suggerito prima di tutto di controllare attentamente le varie parti. A questo punto prima di assemblarle tra loro, è necessario accostarle (senza attaccarle) e assicurarsi così che tutti i pezzi combacino.

Inchiodare.

Anche se questo sistema è stato sconsigliato, è utile sapere come procedere in caso si decida di utilizzarlo per lavori modesti o per strutture nascoste. Si usano in genere chiodi in acciaio dolce a testa piatta, se la giunzione non ha problemi di eleganza; a testa conica o persa quando la chiodatura non deve essere visibile. Le misure più usate sono quelle comprese tra i 20 e i 50 millimetri. Piantare un chiodo nel legno è abbastanza facile; tuttavia, bisogna seguire alcune piccole regole assai importanti per ottenere un buon risultato. È innanzitutto necessario avere un martello adatto al tipo di chiodi da piantare, facendo attenzione che la testa sia ben fissata al manico (in caso contrario i colpi non possono avere la necessaria efficacia); lo si impugna quasi all'estremità del manico e si vibrano dei colpi facendo in modo che sia il polso sia il gomito seguano movimenti elastici. I colpi devono avere una direzione perpendicolare al chiodo ed essere inizialmente leggeri, fino a quando il chiodo è penetrato nel legno quanto basta per stare attaccato da solo mentre all'inizio dell'operazione va tenuto fermo con l'indice e il pollice della mano sinistra. Poi si aumenta l'intesità dei colpi, finchè il chiodo è penetrato completamente nel legno. Per chi è alle prime armi, è consigliabile tenere fissato il chiodo all'asse con una piccola pinza, oppure di infilarlo all'estremità di un pezzetto di cartone che lo tenga in posizione. Non appena il chiodo è penetrato per metà si può togliere il cartone, strappandolo con leggerezza.
Se il chiodo si piega, è meglio estrarlo e sostituirlo con un altro, piuttosto che tentare di raddrizzarlo con dei colpetti che possono rovinare la superficie del legno. Nell'unire due pezzi di differente spessore è opportuno che quello più sottile sia inchiodato sopra a quello più grosso, facendo in modo che il chiodo penetri nel secondo quasi completamente, dopo aver attraversato il primo strato. A tale scopo si consiglia di sovrapporre i due pezzi e poi di controllare, posando il chiodo accanto alle due coste sovrapposte, che la sua lunghezza abbracci entrambi i pezzi. Per lavori grezzi, dove si bada più alla solidità che all'estetica, è bene usare addirittura chiodi più lunghi dello spessore complessivo del legno: questi vanno poi ribattuti con il martello in direzione trasversale alle fibre, in modo che rientrino nel legno. Se invece la chiodatura deve essere invisibile bisogna ribattere i chiodi con un cacciachiodi, in modo da farli penetrare nel legno di almeno uno o due millimetri. I piccoli fori rimasti vanno poi livellati con dello stucco. Un ultimo consiglio: è bene evitare di usare chiodi troppo grossi che possano fendere il legno; meglio chiodi più piccoli piantati non troppo ravvicinati e a distanza sfalsata (infatti una chiodatura allineata può provocare una fessurazione delle fibre).

Avvitare.

L'uso delle viti offre notevoli vantaggi; innanzitutto si possono facilmente levare e staccare così i pezzi in caso di necessità. In secondo luogo, la filettatura delle viti si ancora saldamente alle fibre del legno e permette quindi un assemblaggio molto robusto. Sono invece da sconsigliare per i pannelli in truciolare, perchè troppo teneri e friabili. Esistono parecchi tipi di viti da legno; a testa piatta o bombata, in acciaio dolce. Hanno mìsure varianti tra i 15 e i 50 millimetri di lunghezza. Per applicare una vite, si consiglia di praticare un piccolo foro di invito, profondo circa la metà della lunghezza della vite, usando un punteruolo (in caso di legni teneri o di basso spessore) oppure un succhiello o un trapano con punta molto sottile. Una volta praticato il foro si inserisce la vite e si comincia a ruotarla con un cacciavite di misura adatta al taglio che si trova sulla testa della vite. Il cacciavite deve essere impugnato saldamente sull'estremità del manico, facendolo poggiare sul palmo della mano destra mentre, con la sinistra, si mantiene la lama in posizione corretta facendo in modo che possa ruotare tra le dita appena socchiuse. Se la vite fatica ad entrare, meglio non insistere, ma piuttosto estrarla, strofinare la parte filettata con un po' di sapone asciutto, e poi rimetterla in sede. Se questo accorgimento non basta, occorre allargare leggermente il foro di invito. Qualora si debbano applicare delle viti che, a lavoro ultimato, devono risultare invisibili, bisogna allargare con uno svasatore o una punta di diametro clicoidale, la parte superiore del foro di invito, facendo penetrare la vite quanto basta perchè al di sopra della testa resti un piccolo incavo che va poi mascherato con dello stucco.

Incollare.

Si usano colle viniliche; sono di consistenza lattiginosa, costituite da minutissime particelle di resine sintetiche disperse in acqua. Vanno spalmate con il pennello e, una volta asciutte, non lasciano tracce perchè diventano trasparenti. Se la colla è troppo densa la si può allungare con un po' d'acqua. Questo tipo di collante è adatto per legni destinati ad ambienti chiusi, mentre per quelli che devono rimanere esposti all'aria e all'umidità, è consigliabile usare collanti per esterno. Tali prodotti, però, per dare dei buoni risultati, devono essere mescolati con gli appositi indurenti che si acquistano a parte: il composto che si ricava va utilizzato entro breve tempo. L'incollaggio che si ottiene è robusto, resistente sia all'acqua sia al calore. Esistono poi gli adesivi a contatto, piuttosto densi, che vanno spalmati con una spatola su entrambe le parti da incollare e lasciati asciugare per 15-20 minuti prima di effettuare la giunzione. Bisogna fare ben attenzione in questa fase perchè, una volta attaccati i due pezzi, è difficile rimuoverli poiché la presa è istantanea e quindi la giunzione, se non perfetta, può risultare irregolare. Prima di attaccare due superfici bisogna ripulirle perfettamente da qualunque residuo di polvere, segatura o grasso; la colla va stesa in uno strato uniforme ma sottile, con un pennello o una spatola, secondo che le parti da unire siano piccole o grandi. Effettuato l'incollaggio, in alcuni casi, è necessario serrare i pezzi in una morsa, interponendo uno spessore di protezione in legno o cartone. Bisogna sempre attendere che la colla sia perfettamente asciugata prima di esercitare una qualunque pressione sui pezzi attaccati.

Preparare gli incastri.

Si è detto che per congiungere pezzi di legno si possono usare colla, chiodi (solo in pochi casi) e viti; ma, per un lavoro più accurato, fatto a regola d'arte, i migliori sistemi di giunzione sono senza dubbio gli incastri. Ne esistono parecchi tipi: ecco riportati i più comuni e diffusi utilizzati quando si vuole costruire un'anta, una porta, uno scaffale, un mobiletto, uno sgabello e così via.

  1. Incastro semplice di testa (o d'angolo). È il più facile da eseguire e si usa per unire due listelli a novanta gradi. Occorrono, per realizzarlo, un seghetto corto a dorso rinforzato e a denti piccoli oppure una sega a lama tesa e telaio in legno, una squadra, uno scalpello ed eventualmente un trapano. Prima di tutto si eseguono, con una matita, le tracce sui listelli, poi si inizia a tagliare con il seghetto o la sega. Perchè il lavoro risulti preciso, è bene fissare il listello in una morsa. Si rifiniscono poi i tagli con uno scalpello e, successivamente, con carta vetrata a grana grossa. Si sovrappongono quindi i listelli tagliati, si cospargono di colla le due parti da attaccare e si serrano in un morsetto. La giunzione va rinforzata inserendo due viti da legno a testa svasata, lunghe poco meno dello spessore del listello. Per introdurre le viti bisogna praticare un foro d'invito prima che la colla abbia fatto presa. Per ottenere una giunzione altrettanto resistente, si possono fissare i listelli con due spine tonde, (biette), ricavate da tondini di legno duro (si trova in commercio nei diametri di 6-8 millimetri). Per inserire le spine bisogna praticare, nei due listelli congiunti, dei fori di diametro leggermente inferiore di qualche decimo di millimetro a quello del tondino, in modo che le spine penetrino, forzandole, con l'aiuto di un mazzuolo o di un martelletto.
  2. Incastro a tacca. Piuttosto comune, serve sempre per congiungere listelli. Ecco come si realizza: con una matita si traccia su uno dei listelli il disegno della tacca, che deve avere le stesse dimensioni del listello da inserire. Poi si segnano quattro o cinque linee, parallele alle prime, e a distanza regolare. Lungo tali linee si praticano una serie di tagli con la sega e si lavora di scalpello, tenendo quest'ultimo leggermente obliquo e cominciando a lavorare lungo la linea di destra. Lo scalpello deve penetrare fino a un paio di millimetri sopra la linea inferiore della tacca. Dopo aver asportato tutta la sezione di legno compresa tra le linee esterne tracciate all'inizio, si lavora di raspa per raggiungere la larghezza e profondità stabilite. Nella tacca praticata si fa quindi penetrare il secondo listello, perfettamente combaciante. È importante che tra i due elementi dell'incastro l'intercapedine sia il più ridotta possibile, altrimenti l'incastro risulta debole. A tale scopo, i due pezzi da far combaciare devono essere all'inizio non accoppiabili: si rendono tali solo successivamente, lavorando di raspa e carta vetrata, con molta cura. Solo così si può essere certi di ottenere un incastro perfetto e di grande resistenza.
  3. Incastro a mortasa-tenone (femmina e maschio). Si usa sia per unire due listelli a 90 gradi, sia per realizzare una unione a T. La sedia da cucina, ad esempio, ha le mortase nei due elementi verticali che fanno da gambe posteriori (e reggono lo schienale) e nelle due gambe anteriori, mentre i quattro listelli che formano il sedile portano alle estremità un tenone.
    La mortasa non è altro che una cavità (in genere a fondo cieco) che si ottiene con due lavorazioni. Per prima cosa si tracciano le linee di larghezza e profondità, poi si pratica una serie di fori con il trapano (girabecchino o elettrico) provvisto di punta da legno di diametro quasi uguale a quello della mortasa. Una volta eseguiti i fori si ottiene una mortasa con i bordi interni muniti di una serie di cuspidi che devono essere eliminati con scalpello e mazzuolo: le pareti della mortasa vanno poi rifinite con la raspa. Conviene fare prima la mortasa del tenone perchè, se lo spessore della cavità risulta leggermente più grande del previsto, è più facile adattarvi il tenone, realizzandolo un poco più spesso, in modo da farlo combaciare perfettamente. Il tenone (ovvero il maschio) si ottiene segnando sul pezzo da incastrare le linee corrispondenti alla profondità e alla larghezza della mortasa; poi con la sega si praticano su due lati i tagli necessari a ridurre lo spessore del tenone a quello della mortasa e successivamente, sempre con la sega si asportano i blocchetti laterali, così da creare una striscia di legno perfettamente corrispondente alla mortasa. Questa porzione di legno va poi rifinita con la raspa. Si applica la colla sulle due parti dell'incastro e si fanno combaciare introducendo il tenone che, come tutti gli incastri, deve penetrare con una leggera forzatura e l'aiuto di un mazzuolo. Per rendere ancora più solido l'incastro si può bloccarlo con delle spine tonde, come spiegato per l'incastro ad angolo. Una giunzione a mortasa-tenone può sopportare anche pesi rilevanti.

Tra i molti altri incastri si ricorda anche quello a coda di rondine, usato in genere nell'industria, ma soprattutto nell'artigianato d'epoca; contrariamente a quanto si possa pensare è uno dei più complessi e per realizzarlo occorre una attrezzatura specifica e piuttosto varia.

Aggiustare il legno.

Tra gli inconvenienti più comuni, e anche più facili da riparare, che possono capitare a un tavolino, ad una sedia o a un mobiletto ce n'è uno che presenta particolari difficoltà.
Quando si rompe una gamba. La spaccatura può essere di tipo diverso: orizzontale oppure obliqua. Nel primo caso, con un apposito trapano e punta da legno, si pratica un foro in ciascuno dei due pezzi di gamba rotta, ovviamente nella parte centrale, avendo cura che il foro sia di diametro adeguato alla misura della gamba (è quindi assai più largo nel caso di gambe massicce). Occorre, inoltre, che i due fori risultino perfettamente allineati (tuttavia non va dimenticato che, all'occorrenza, uno dei due può anche essere leggermente ovalizzato per ottenere una coincidenza perfetta delle due parti). Si taglia poi, in un apposito tondino di legno, un tappo che abbia la lunghezza complessiva dei due fori, ma il diametro leggermente superiore. Si introduce metà del tappo, prima cosparso di colla, nel foro della gamba rimasta attaccata, facendolo penetrare a fondo eventualmente con l'aiuto di un martelletto. Quindi si incollano le due superfici del piede spezzato, facendo ben cura ai contorni, e si posa il troncone del piede sulla parte di "tappo" rimasta libera, infilandovela con l'accortezza che non si producano dislivelli tra le due parti (la giunzione deve risultare perfetta). Si lascia poi seccare la colla per almeno ventiquattro ore e, alla fine, se occorre, si rifinisce con un po' di vernice o con una lucidata a cera. Lo stesso procedimento si usa se la rottura riguarda il bracciolo di una poltroncina o di una sedia. Se la frattura è invece di tipo obliquo, la riparazione è un po' più complessa. Bisogna anzitutto incollare le superfici dei due pezzi rotti e farli combaciare perfettamente, serrandoli poi con una morsa e lasciando asciugare la colla per almeno ventiquattro ore. Poi, con un trapano e una punta di almeno 8 millimetri, si praticano due fori perpendicolari al piede, che lo trapassino completamente. Si inserisce quindi nei buchi della colla da falegname e si introducono due tappi (come quelli spiegati prima) che abbiano lo stesso diametro dei fori e una lunghezza inferiore di 3-4 millimetri allo spessore della gamba spezzata. Anche i tappi devono essere preventivamente cosparsi di colla. Ultimato il lavoro si lascia seccare la colla, poi si riempie con dello stucco la piccola cavità rimasta nel legno, alle due estremità dei tappi, e si rifinisce con carta vetrata per terminare con un po' di vernice o una lucidatura a cera.
Quando si rompe il cassetto. Può capitare che il cassetto di un mobile non si apra più bene, che si scolli agli angoli allentando la tenuta del compensato di fondo che così esce dalla guida. Ecco come risolvere questi problemi. Nel primo caso, occorre innanzitutto scoprire il punto di frizione del cassetto con il mobile. Per fare ciò si passa ripetutamente una matita a punta grossa sopra, sotto e sui fianchi dei bordi del cassetto. Si rimette poi a posto e si fa scorrere; il segno della matita sparisce nel punto in cui si è verificato l'intoppo. Basta allora strofinare la parte con carta vetrata, prima a grana media poi a grana fine, oppure con una lima, e poi ripassare tutta la zona carteggiata con del sapone umido o con della paraffina. Con questa semplice operazione il cassetto torna a scorrere come prima (e magari anche meglio).
Se i listelli laterali, sui quali il cassetto si appoggia o scivola sono rovinati o si sono assottigliati per l'usura, provocando un movimento anomalo del cassetto stesso, basta piallarli leggermente o passarli con una lima a grana grossa e poi incollare sulla parte limata delle striscioline di legno di spessore sufficiente per compensare sia la parte rovinata, sia quella asportata con la limatura. Prima di rimettere il cassetto a posto bisogna lasciar seccare la colla.
Quando invece gli angoli del cassetto, uniti tra loro con un incastro a mortasa-tenone o a biette (spine tonde) oppure ad angolo si aprono, bisogna ripristinare l'incastro per ridare al cassetto la sua forma originale. Dopo aver aperto completamente l'incastro, si lima il legno per asportare solo lo strato di colla vecchia (che non tiene più) e mettere una giusta dose di colla nuova, facendo combaciare perfettamente i due pezzi. A questo punto basta aspettare che la colla sia secca per rimettere a posto il cassetto. Può però capitare che l'incastro sia diventato lasco. Se la giunzione è con biette (spine tonde), basta allargare il diametro dei fori in cui sono alloggiate e sistemarne delle nuove di diametro maggiore. Ma se si tratta di un altro tipo di incastro, che ormai non regge più, è inutile qualunque elemento di rinforzo, non resta che spessorarlo o ricostruirlo interamente. Per l'incastro ad angolo il lavoro è più facile, perchè si tratta di asportare con una raspa un millimetro di legno da una delle facce, incollarvi sopra uno spessore dello stesso legno di un paio di millimetri e lasciare asciugare la colla. Fatto questo, si opera sullo spessore nuovo, riportando l'incastro a misura e provvedendo quindi alla incollatura delle due parti.
Nel caso più complesso di un incastro a mortasa-tenone bisogna allargare la mortasa vecchia, inserirvi (previa incollatura) un pezzo di legno duro opportunamente sagomato che la riempia completamente, che deve penetrare con un certo sforzo. Una volta che la colla ha fatto presa, si pratica nel pezzo di legno, inserito nella vecchia mortasa, un nuovo alloggiamento, leggermente più stretto del precedente. Si riduce quindi il tenone alle dimensioni della nuova mortasa, si incollano le due parti, si fanno combaciare e si attende che la colla diventi secca. Questo nuovo incastro risulterà solido e resistente. Naturalmente, prima di ripristinare definitivamente gli incastri, occorre rimettere in posizione nelle apposite corsie il fondo del cassetto, in modo che a lavoro finito risulti perfettamente alloggiato. Se il compensato si è deformato e risulta più largo del necessario bisogna sostituirlo con uno nuovo.

Le piccole costruzioni.

Dopo aver acquisito un po' di esperienza e di confidenza con il legno, arriva il momento in cui viene voglia di creare qualche oggetto con le proprie mani. In genere si comincia con costruzioni semplici, come scaffali, tavolinetti, telai o cavalletti, per passare via via a lavori più impegnativi. La prima fase di qualunque costruzione è quella delle giunzioni, di cui si è parlato nel capitolo precedente. Una volta ultimato questo lavoro si può passare alla messa in opera iniziando con la costruzione più facile, quella del telaio.

Telaio.

È l'elemento base per realizzare anche dei mobili. Ne esistono due tipi.

  1. Telaio a incastri semplici. È composto da quattro listelli e da un traversino, quando i lati più lunghi superano il metro. Il materiale più adatto per realizzarlo è il faggio evaporato, che si trova in commercio in liste di varie sezioni, è facile da lavorare e non si deforma. All'estremità dei quattro listelli si praticano incastri d'angolo, poi si incollano e si fissano (per rendere la struttura più solida) con due spine tonde, del diametro di 7-8 millimetri, per ogni incastro. Per inserire il traversino centrale (necessario solo se il telaio è lungo oltre il metro) bisogna praticare due tacche e farlo combaciare, dopo aver incollato le due parti delle tacche. Il telaio, a questo punto, è pronto per l'uso.
  2. Telaio chiodato. È più facile da costruire rispetto al tipo precedente, ma meno robusto, anche perchè, lavorando con i chiodi bisogna usare un legno dolce, come l'abete o il pioppo. Per questo telaio, i listelli vanno sagomati con un taglio obliquo che formi un angolo di 45° e lo stesso sistema adottato per le cornici e per il quale è utile usare l'apposito tagliacornici che serve a guidare esattamente la lama della sega, durante il taglio (mantenendola, nello stesso tempo, perfettamente verticale e quindi in posizione corretta). I quattro angoli del telaio si congiungono mediante speciali chiodi multipli che si possono acquistare nei negozi specializzati e in quelli di ferramenta ben forniti. Per dare maggiore solidità al telaio si applica un traversino obliquo, tagliato alle due stremità a punta di freccia e di lunghezza corrispondente alla distanza tra due angoli opposti. Anche il traversino viene fissato con i chiodi multipli. Come si è detto, il meccanismo per la costruzione di questo telaio è lo stesso usato per le cornici, i cui angoli vanno tagliati a 45°. Naturalmente per le cornici si usa legno di tutt'altro tipo, più duro, e la giunzione tra i listelli si realizza con colla e spine tonde (una per angolo) disposte obliquamente.

Cavalletto.

Indicato per attrezzare un tavolo d'emergenza (ne occorrono ovviamente due), è abbastanza facile da costruire. Occorrono dodici liste di abete (oppure pioppo o pino) spesse un paio di centimetri e larghe 10. Otto di queste liste devono essere lunghe 75 centimetri (altezza del tavolo) le altre quattro, invece, 40 centimetri. Servono inoltre: sega, viti di ottone, cacciavite, succhiello, due lunghe cerniere ad angolo, quattro cerniere a compasso in ottone da mettere nella parte bassa dei cavalletti per tenerli aperti e fissati. Usando poi due liste, una lunga e una corta, si realizzano delle strutture a U, praticando in corrispondenza degli incroci delle liste un incastro a mortasa-tenone e fissandoli con della colla. Una volta pronte le quattro strutture si uniscono, a due a due, nella parte alta (cioè quella chiusa) con una cerniera ad angolo lunga almeno 40 centimetri. Così facendo le estremiià superiori del cavalletto sono assemblate: non resta ora che applicare sulla parte opposta, a circa 25-30 centimetri (distanza calcolata da terra) le quattro cerniere a compasso in ottone, la cui funzione è quella di tenere aperti i cavalletti e poterli piegare quando non servono. Il legno si può quindi rifinire, carteggiandolo e verniciandolo secondo le esigenze. Sono così pronte due solide gambe su cui posare un ripiano e creare così un tavolo delle dimensioni desiderate.

Scaffale.

È costituito da due montanti in compensato multistrato spessi un paio di centimetri e profondi dai 20 ai 40 (l'altezza e la larghezza della scanalatura può variare rispettivamente dai 100 a 200 cm e dai 60 agli 80) e da un numero di ripiani proporzionale all'altezza. Dapprima si tagliano i montanti (se non si sono già acquistati in misura), i ripiani (vale lo stesso discorso), e gli eventuali listelli su cui applicarli. A questo punto si decide come deve essere lo scaffale. Ecco due soluzioni.

  1. Scaffale a tre ripiani fissi. Dopo aver predisposto i montanti (o piantane) e i ripiani, si suddividono i primi in tre parti uguali, segnando delle linee con la matita sulla faccia dei montanti che rimane rivolta verso l'interno, e badando che corrispondano alla perfezione su entrambe le piantane, altrimenti i ripiani possono rimanere storti. Si incolla poi la costa di un ripiano e la corrispondente porzione di montante; si avvicinano, tenendo il ripiano verticale e posandovi sopra il montante in posizione orizzontale, e si fissano con delle viti incassate. Queste vanno introdotte dall'esterno del Montante ed essere abbastanza lunghe in modo da poter abbracciare lo spessore di quest'ultimo e almeno tre centimetri di ripiano. Lo stesso tipo di giunzione si può effettuare con delle spine tonde. Naturalmente, per inserire le viti o le spine, occorre fare prima dei fori di invito prima con un punteruolo, poi con un trapano. La parte in cui si trovano le viti o le spine, va mascherata con un po' di stucco e levigata in modo che dopo la verniciatura o lucidatura non si noti alcuna imperfezione. Nello stesso modo si applicano gli altri ripiani.
  2. Scaffale a ripiani mobili. Può essere di lunghezza superiore al precedente (due metri e più). In tal caso i montanti vanno collegati alla sommità e alla base (a 5 cm da terra) con due ripiani fissi e giunzione a biette o a mortasa-tenone. Successivamente si suddividono i montanti in parti uguali o irregolari, a seconda della distanza che si vuol dare ai ripiani, e si fissano in corrispondenza dei listelli di sostegno, mediante colla e viti di ottone. Assemblato lo scaffale, questo va fissato alla parete con squadrette di metallo a L e tasselli di gomma. La scanalatura può essere progettata a giorno, cioè senza parete di fondo, oppure chiusa con un pannello di compensato (da 3-4 millimetri) che va fissato con colla e viti nella parte posteriore. Da ultimo, si inseriscono i ripiani.

Tavolino.

Quello più facile da costruire è il tavolino con gambe a crociera. Il ripiano è quadrato (centimetri 80x80) l'altezza da terra è di circa 40 centimetri. La base è costituita da due elmenti piani incastrati tra loro; ogni elemento ha due fori nei quali vanno inserite spine tonde o biette che devono penetrare in altrettanti fori situati nella faccia inferiore del ripiano del tavolo. Per incastrare gli elementi di base occorre praticare con la sega, nella parte centrale di ciascuno, due tacche che abbiano la profondità di mezzo elemento. Come materiale è consigliabile usare compensato multistrato oppure un legno semiduro per le gambe e un truciolato incorniciato in costa per il ripiano. Si rifinisce con le operazioni di carteggiatura e verniciatura.

Quando si rompe la tapparella.

Di solito il guaio si preannuncia con un tonfo violento della tapparella (o avvolgibile) che precipita e si richiude di colpo, mentre la cinghia di avvolgimento, con la quale si stava alzando o abbassando la tapparella, si spezza (in genere per usura e vecchiaia). In casi come questi l'intervento di un esperto è quasi superfluo, dato che la riparazione è abbastanza semplice. Occorrono naturalmente una cinghia nuova (è bene, pertanto, tenerne in casa sempre un rotolo di una decina di metri, adatto sia per finestre normali che per portefinestre) e una scala per poter raggiungere il cassonetto. Per aprirlo (di solito non ha né maniglie né viti su cui agire) occorre estrarlo dagli incastri nei quali è inserito, facendo leva sul bordo inferiore o semplicemente sfilarlo. Tolta la paratia anteriore del cassonetto, si estrae per prima cosa la cinghia rotta, allentando la vite o il nodo che la fissano al rullo, lasciandola cadere a terra (in attesa poi di staccarla all'altra estremità). Si arrotola poi completamente la tapparella, operando sul rullo con entrambe le mani e avvolgendola lentamente (se possibile, meglio farsi aiutare da un'altra persona che sollevi la tapparella dal basso, accompagnandola piano verso l'alto mentre, chi si trova sulla scala, la riavvolge). A questo punto, per evitare che cada di nuovo la si blocca, infilando tra il bordo del cassonetto e il rullo un lungo cacciavite che tenga fermo quest'ultimo. Si introduce ora un'estremità della cinghia nuova attraverso il passafune a rulli, situato normalmente nella parte inferiore del cassonetto, e la si fissa alla puleggia con un nodo, meglio se doppio, oppure con la apposita vite, se c'è. Si raccomanda di osservare con attenzione, nel momento in cui si sfila la vecchia cinghia, come questa è fissata alla puleggia. Tenendo ora la cinghia nuova tra le mani, molto saldamente, sì toglie il cacciavite che blocca il rullo e si fa scendere lentamente la tapparella a fondo corsa, mentre la cinghia si riavvolge sulla puleggia. Si passa poi alla parte bassa della finestra dove è situato il rullino avvolgitore. Si allentano le due viti che tengono la piastra portarullo e la rispettiva mascherina fissate al muro, e si estrae tutto il blocco con il rullo che, a causa della rottura della cinghia, ha ormai perso tutta la carica. Si stacca la corda rotta dal rullo, allentando la vite che ve la tiene fissata, e la si elmina definitivamente. Si taglia la cinghia nuova a circa 20 centimetri sotto la fessura d'ingresso della piastra: la si infila dentro tale fessura e, successivamente, si pratica un foro (con una forbice o un piccolo trapano a mano) all'estremità che va fissata al rullo, mediante la vite. A questo punto si inizia la manovra forse più complessa di tutta l'operazione; e cioè la ricarica della molla del rullo (attenzione a non lasciarselo scappare di mano, perchè si rischia di farsi male). La si fa ruotare in senso contrario a quello dell'avvolgimento, finchè non oppone una decisa resistenza. A questo punto, tenendo il rullo ben bloccato (contro se stessi) si procede a fissare la cinghia con l'apposita vite. Poi, con molta precauzione, e senza mai abbandonare la presa del rullo (e della piastra portarullo) si fa in modo che questo assorba il lasco della cinghia. Si rimettono quindi rullo e piastra nella propria sede, riavvitandoli.
È utile segnalare anche un altro inconveniente che può capitare alla tapparella: e cioè la rottura di uno dei nastri che tengono l'avvolgibile attaccato al rullo. Ci si accorge del guaio perchè la tapparella cede nella parte alta e si storta. È necessario quindi abbassarla completamente, aprire il cassonetto, come spiegato prima, e staccare il nastro rotto dalla tapparella, sostituendolo con uno nuovo, non senza avere ben verificato come sono fissati gli altri. È importante, inoltre, che il nuovo nastro abbia la stessa lunghezza di quelli intatti, in modo che la distanza dall'avvolgibile al rullo sia perfettamente uniforme su tutta l'estensione della tapparella (che, in caso contrario, resterebbe storta).


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