Tutte le notizie che si hanno sull'origine del teatro greco vengono tratte dai resti archeologici, dalla pittura vascolare e dalle fonti scritte dagli scrittori del tempo. Si pensa che il teatro greco abbia avuto origine dalle feste religiose in onore del dio Dioniso. Dal VI secolo a.C., epoca a cui si fa risalire l'origine del teatro fino all'epoca ellenistica (III-I sec. a.C.) il teatro è connesso al culto di Dioniso. Durante queste feste, che si svolgevano in primavera, gli abitanti di Atene formavano delle processioni che facevano terminare con un sacrificio, davanti all'altare del santuario della divinità e durante le quali eseguivano canti ditirambici. Pare che il ditirambo si sia trasformato poi in tragedia, contenendo in sé tutti gli elementi esse 515k1010f nziali di essa, come la poesia il canto e la danza, e che questa trasformazione sia avvenuta ad opera di Tespi.
Durante le Dionisie cittadine o Grandi Dionisie
si faceva un concorso tra le varie tribù dell'Attica per stabilire quale fosse
il miglior cantico ditirambico e un concorso tra i
poeti Greci con in palio tre premi da assegnare: al miglior corega,
al miglior poeta e al miglior attore. Oltre alla tragedia, più tardi verso il
È ancora sconosciuta ad oggi l'origine della commedia. Secondo Aristotele deriva da komos, villaggio, e potrebbe voler dire canto del capro. Si ipotizza che fosse una sorta di rito propiziatorio che nei villaggi si usava in determinati periodi dell'anno. In queste feste, a scopo satirico, si usava portare il fallo e si usava provocare gli altri con battute di carattere piccante per esorcizzare l'impotenza ed altre situazioni sgradevoli legate al sesso o comunque ad argomenti bassi. Gli autori Greci di tragedie del VI sec. a.C. sono: Tespi, Cherilo, Pratina e Frinico. Di essi non conosciamo alcun dramma.
Si desume dalle poche fonti che i drammi, di argomento più mitologico che storico, fossero interpretati da un solo attore, il quale usava le maschere per cambiarsi di ruolo. Gli autori Greci di tragedie del V sec. a.C. sono: Eschilo, Sofocle ed Euripide. Gli autori Greci di commedie dal VI al V secolo a.C. sono:
Per i greci non solo il teatro è uno spettacolo, ma un vero e proprio rito collettivo, con funzione persino di purificazione. Infatti, secondo Aristotele, tutte le forme di teatro, ma prevalentemente la tragedia avevano una funzione catartica in quanto servivano a rappresentare l'inconscio umano. Si arrivo addirittura all'istituzione del theoricon, sussidio messo a disposizione dei meno abbienti al fine di accedere al teatro. A detta della Poetica di Aristotele, pare che la tragedia (da tragos cioè capro, l'animale che simboleggia Dioniso) tragga la propria origine dai cori ditirambici fatti in onore di Dioniso, che da spontanei assunsero via via forma letteraria di cantici da cerimonia, cantati dagli adepti sotto la direzione di un capo. Il teatro presentava sempre un altare a lui dedicato, e generalmente era collocato su una collina fuori dalla polis, al fine di migliorare l'acustica.
Si attribuisce a Tespi (uno dei primi autori drammatici del VI secolo a.C.)
la trasformazione del capocoro in attore che cominciò
a pronunciare parole di contenuto non più legato al mito di Dioniso, alle quali
rispondeva il canto del coro, che costituì poi il nucleo centrale del dramma.
Nell'antico teatro greco il coro era composto dal canto e dalla danza,
accompagnati dalla musica, ed aveva la funzione del narratore interrompendo
l'azione per commentarla e spiegarla. Si assiste allo spettacolo seduti sui
gradoni (cavea) che circondano la scena. L'edificio, all'aperto ed a forma di
semicerchio, consta, infatti, di tre parti:
Le notizie riguardo le scene e le macchine, utilizzate ne l teatro greco sono fornite da Aristotele, Polluce (sofista e grammatico greco del II sec. d.C.) e Vitruvio (trattatista latino). La scena greca si avvaleva delle tre porte della skené, una grande al centro per l'ingresso dell'attore principale, quella di destra per il secondo attore e quella a sinistra doveva rappresentare una prigione, un deserto o un tempio in rovina. C'erano numerose macchine teatrali che servivano a creare la scena e gli effetti speciali.
Per la scena c'erano dei prismi triangolari dipinti su ogni lato, girevoli, sistemati alle due entrate laterali. Per gli effetti c'erano le macchine per produrre suoni e fulmini, botole da cui spettri e spiriti facevano la loro apparizione, torri, piattaforme basse su rotelle, una carrucola con un gancio che serviva a sollevare e abbassare le divinità, gru per portare via in fretta i cadaveri, anche se nell'epoca più antica non potendosi mostrare le scene di violenza, esse venivano introdotte o raccontate da un messaggero.
A questo proposito, possiamo dire con tranquillità che la struttura del teatro greco è un esempio insuperato di acustica: anche nelle gradinate più lontane è possibile ascoltare i dialoghi come si fosse ad un palmo dal parlante. In grecia prese maggiormente piede la tragedia, mentre a Roma ebbe sorte migliora la commedia. Gli attori della tragedia avevano una lunga tunica e delle scarpe che li rendevano decisamente più alti; inoltre avevano delle maschere di legno, che esaltavano le caratteristiche dei personaggi stereotipati.
Gli attori della commedia si presentavano con tunica corta e calzari bassi.Gli abiti convenzionali degli attori Greci erano una tunica lunga dal collo fino alle caviglie, con le maniche lunghe fino alle mani, ornata da vivacissimi disegni colorati e figure simboliche, i colori dovevano servire a esprimere lo stato d'animo di un personaggio. Oltre la tunica gli attori indossavano un mantello. Naturalmente il re portava una corona, i vecchi si appoggiavano a un bastone e così via altri accessori per caratterizzare i personaggi.
Le calzature, di nome coturni, avevano un'alta suola di legno, spesso dipinta con colori simbolici, esse servivano a elevare l'attore per renderlo più visibile agli spettatori più lontani. Contribuivano a ergere l'attore anche gli onkos, delle parrucche molto alte. Riguardo le maschere abbiamo notizie da Polluce (sofista e grammatico greco del II sec. d.C.). Da lui si evince che le maschere usate dagli attori Greci fossero molte, fatte di stoffa gessata, corredate da parrucche, esse avevano la capacità di amplificare la voce come fossero dei microfoni. Naturalmente la maschera serviva a caratterizzare il personaggio, quindi era fatta in modo tale da indicare l'età, il ceto di appartenenza, lo stato d'animo e il carattere di un personaggio.
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