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LEGGERE FA BENE ALLA SALUTE!

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LEGGERE fa bene alla salute!

Leggere è bello. Leggere fa bene.



Leggere è una delle ginnastiche celebrali più efficaci: leggendo ci si tiene in forma divertendosi. Dipende, ovviamente, da cosa si legge e da come si legge. Si dice spesso, infatti, che per imparare a scrivere bisogna leggere: leggere quotidiani, settimanali, manuali di scrittura, saggi di cultura civica, ecc. Vero, naturalmente. Tutto vero. Ma io vorrei aggiungere che una qualsiasi forma di ginnastica deve essere in qualche modo anche piacevole, così ci si rinforza i muscoli senza sfibrare la vita. Questa estate, ad esempio, per colpa di un'inopportuna ernia inguinale, non ho potuto dedicarmi al mio sport preferito, la bicicletta. Per tentare di tenermi decentemente in forma, ho dovuto ripiegare sul nuoto che sollecitava meno la parte menomata. Vasche, su vasche, su vasche... sempre con la testa giù, a rimirare il fondo eternamente uguale della piscina. Noia, su noia, su noia. Non va: così ci si tiene in forma, ma ci si tedia, si consuma un pezzo di vita. Spero di risolvere al più presto i miei problemi fisici per poter ritornare alla bici, e alle salite, ed ai tornanti alpini: pedalate, su pedalate, su pedalate... ma anche un paesaggio che cambia, l'aria via via più profumata, l'inebriante sensazione di leggerezza che si prova elevandosi sopra le miserie urbane.

Deve essere così anche per la ginnastica mentale. Se un genere di lettura ci annoia, finisce per farci più male che bene. Ecco perché ai miei studenti dico sì di leggere quotidiani, riviste impegnate e saggio culturalmente profondi, ma anche - e soprattutto - di leggere racconti e romanzi (e poesie). Perché di solito ci si diverte di più a seguire qualche intrigante intreccio. E non è detto che ci aiuti di più a riflettere sulla vita (e a fare i temi) un manuale di economia politica piuttosto di un bel romanzo di Salinger, Pennac, Kundera, Sepulveda eccetera eccetera.

Leggere è anche un piacere fine a se stesso. Ed è un piacere molto individuale, come il buon vino, la buona cucina, lo sport. C'è chi prova piacere accompagnando il cinghiale arrosto con il lambrusco di Castelvetro, e chi preferisce il Morellino di Scansano. C'è chi ama i pizzoccheri ed i tortelli di zucca, e chi non può fare a meno del sushi e delle polpette di riso. E c'è pure chi ama il nuoto in piscina, ovviamente.

Ma lo studente dovrebbe cercare di coniugare piacere a dovere. Il dovere di imparare. Imparare a leggere sempre meglio, ad esempio. Imparare a scrivere. Imparare a riflettere. Imparare nuove strategie comunicative. Imparare ad imparare.

Impara, quindi, a leggere con intelligenza. Leggi dove vuoi, e nella posizione che preferisci: sdraiato sul letto della tua cameretta, o sulla poltrona davanti al caminetto, o sulla spiaggia... ma cerca ogni tanto di avere con te una matita, per sottolineare le descrizioni più efficaci, le riflessioni più interessanti, gli aggettivi più coinvolgenti, gli stilemi più intriganti. Solo così il libro che leggi diventa veramente tuo.

Capiterà, magari per colpa del tuo insegnante, di dover affrontare letture faticose, persino noiose. E allora ripensa alle centinaia di tediosissime vasche in piscina che ancora mi ostino a percorrere nonostante la chirurgia abbia risolto i miei problemi inguinali. Perché? Perché ho imparato che un'oretta di nuoto ogni tanto aiuta a sconfiggere la ruggine ed alcuni acciacchi dell'età. Ma, soprattutto, ho imparato che anche una stoica sofferenza può generare piacere: il piacere di raggiungere un obiettivo, il piacere di sentirsi in pace con se stessi, il piacere di sentirsi bene, il piacere di dilatare altri piaceri. Un allenamento intenso è faticoso, ma ti permette di andare più avanti, di vincere, di superare nuovi ostacoli, di provare nuove sensazioni.

Leggere i Promessi Sposi - ad esempio - può sembrarti talvolta un allenamento difficile, noioso, faticoso. Ma è comunque un allenamento. Un esercizio sistematico che amplifica le tue potenzialità e le tue possibilità. E che ti rende via via più autonomo, più consapevole. E quindi più libero. Senza contare che come qualcuno ama il nuoto in piscina, qualcun altro potrebbe persino amare l'allenamento scolastico fatto da letture-esercizi proposti dall'insegnante-allenatore.

Ricorda però che si impara a scrivere leggendo, ma soprattutto scrivendo. Così, magari in un secondo momento, nell'ovattata tranquillità della tua cameretta, rileggi quello che hai sottolineato o appuntato, e trascrivi quello che ti pare più importante su un taccuino cartaceo o analogico. E piano piano, quasi senza accorgertene, scivolerai piacevolmente dal mondo della lettura al mondo della scrittura.

Un mondo affascinante e potente, al di là del presunto dominio della civiltà iconica. Non credo, infatti,   alla dipartita del mondo letterario né alla vittoria delle immagini sulle parole.

Il potere deduttivo della parola non è tramontato. E non tramonterà. Anche se rischia di diventare un piacere d'élite, un godimento raffinato per pochi eletti. I giovani d'oggi si sono abituati alla facile e consolatoria banalità della televisione e della "cultura" di massa. E così rischiano di perdersi il meglio.

Ma come la divulgazione dissennata di Coca Cola, birrette e vinacci gassificati non ha eliminato del tutto i buongustai (che sanno apprezzare un Brunello, un Barolo, un Nobile...), così la marea montante di paccottiglia pseudomultimediale non affogherà tutti i veri buongustai della letteratura. Tocca a te scegliere: uomo libero dal palato raffinato, o uomo massa dai gusti standardizzati?

Ecco: ho aggiunto queste poche pagine sulla narrativa anche nella speranza che qualcuno rifletta su il piacere della lettura. E magari approdi lentamente al piacere della scrittura.

Leggere e scrivere non sono un dovere. Sono un diritto. Ma soprattutto sono un piacere. Un piacere sottile, raffinato, profondo, emozionante...

Tocca a te

Ti propongo ora l'analisi di alcuni testi prodotti da studenti. Era stato loro chiesto di stendere un breve articolo per un giornalino scolastico che affrontasse in maniera personale questo argomento:

Il romanzo è un oggetto magico dai mille poteri: fa ridere e piangere, ricordare e dimenticare, sognare e riflettere... Esso ci distoglie dal mondo quotidiano per immetterci in un mondo fittizio talvolta più reale del reale.

Prima però di giudicare il lavoro altrui, cimentati tu stesso ne 929x233j ll'impresa.

Leggi attentamente la traccia e

sottolinea le parole chiave.

Prova quindi a "buttar giù" una lista disordinata delle idee (o un grappolo associativo)

Ordina le idee secondo un percorso discorsivo (fai la scaletta!)

Confronta il tuo lavoro con i testi seguenti (correggi i passaggi che ti sembrano errati svolgi gli esercizi proposti in coda ai testi)

NB: come puoi facilmente notare di fianco agli elaborati ho lasciato alcuni centimetri di margine: servono per le tue correzioni, le tue osservazioni; al limite usali per segnare con un semplice + le idee e le argomentazioni che ti sembrano particolarmente carine ed interessanti, mentre evidenzia con un - i passaggi scontati, sciocchi, sbagliati.

Buon lavoro.

"Leggere ti fa volare".

Era lo spot pubblicitario di poco tempo fa ed era accompagnato dall'immagine di un bambino che leggeva disteso sulla nuvoletta di un cielo limpidissimo.

Il romanzo è un oggetto magico che riesce a farci evadere dal mondo reale... Ed entriamo in un mondo fantastico capace di farci vivere mille emozioni diverse, mille avventure; capace di farci tralasciare i problemi quotidiani. Ma la realtà è pur sempre la realtà e non si può dimenticare. Non è vero.

"...per immetterci in un mondo fittizio, talvolta più reale del reale." Esiste un mondo vero? Esiste ancora il principio della sincerità? Ormai siamo in un'epoca falsa, dove solamente con la falsità si riesce a vivere. Non ci si può più fidare di nessuno, neanche della propria famiglia.

Quindi, l'unico rifugio sicuro che ci resta è il romanzo, dove tutto è vero perché è inventato. (C. F., classe prima)

Prova ad esprimere un giudizio su questo elaborato, tenendo conto delle seguenti domande:

L'elaborato è aderente alla traccia?

L'elaborato presenta una struttura organica, lineare, efficace?

L'elaborato è ricco di idee?

Motivazioni ed argomentazioni sono adeguate ed approfondite?

Il testo è originale e personalizzato?

La forma è corretta?

Il lessico è ricco e pertinente?

Altri aspetti positivi:

Altri aspetti negativi

Fin dai tempi più lontani, l'uomo ha sempre sentito il bisogno di tramandare (oralmente o per iscritto ) miti, racconti e leggende che lo facevano sentire felice per un lieto fine, angosciato per uno scioglimento tragico. Anche oggi gli uomini amano i romanzi, questi oggetti magici dai mille poteri, con cui si può evadere con l'immaginazione e la fantasia.

Nel mondo moderno il romanzo è un ampio componimento narrativo, fondato su avvenimenti fantastici o avventurosi, su grandi temi sociali o ideologici, sullo studio dei costumi, dei caratteri e dei sentimenti. Ma l'aspetto che caratterizza e caratterizzerà il romanzo resta il fatto che leggendolo si possono provare emozioni; si può ridere, piangere, sognare, riflettere... Si può persino rivivere i ricordi già sotterrati nello scantinato buio e cupo del nostro cuore.

Il romanzo è una struttura complessa e ne esistono di svariati tipi: c'è quello d'avventura, dove si nota la prevalenza dell'intreccio sulle altre strutture narrative; poi c'è quello rosa, dove compaiono zuccherose vicende d'amore sempre a lieto fine; quindi c'è il romanzo nero, che provoca cupe sollecitazioni nel lettore con storie truci e tragiche; ecc..

Un racconto si può leggere dove si vuole e con chi si desidera: basta avere un po' di tempo a disposizione.

"Il romanzo ci distoglie dal mondo del quotidiano per immetterci in un mondo fittizio, talvolta più reale del reale!". Questa affermazione è molto affascinante perché esprime con parole semplici, concetti immensi. Infatti il romanzo può davvero farci scoprire verità che prima consideravamo false; o viceversa. Senza contare che questo insieme di fogli scritti può essere un amico con cui si combatte la solitudine o la noia. In fondo, leggere un romanzo richiede solo tempo, ma in cambio si ricevono emozioni. Provaci! (M.M. , classe prima)

Esprimi un breve giudizio su questo tema e concludilo con un voto:

Ammirazione e meraviglia nascono davanti all'opera di un artista che ha dentro tanta bravura da coniare un'idea, portarla fuori da sé, materializzarla in modo da colpirmi e forgiare i miei sensi. Il romanzo è l'opera di un artista; un'opera che in ogni momento può diventare il biglietto di un lungo viaggio.

Non ho mai visitato Trieste, ma Svevo mi ha fatto passeggiare per la sua città: ne ho avvertito l'antico profumo, ne ho udito i privati brontolii, ne ho intravisto la fievole luce... E, quando penso a Silone, sento l'avvolgente caldo del Sud, il sapore della polvere, il sudore di quei piccoli cafoni... Verga, invece, mi immerge nelle viuzze di Aci Trezza, nella atavica calura, nel dolore dei Toscano...

Alcuni autori hanno catturato la realtà e ci hanno giocato. Come Calvino, che narra di città invisibili e di uomini dimidiati, di magici castelli e di vite sugli alberi. O Kafka, che ci trasforma in scarafaggi, ci abbandona in labirinti senza fine e ci soffoca con la polvere da sempre accatastata su pile di scartoffie. O, ancora, Pirandello, che ha lacerato la mia razionalità sbattendomi in faccia i miei mille volti interiori... Geni che, mescolando parole sulla pagina, creano immagini che saranno sensazioni e sentimenti in un'altra persona.

Il romanzo è una macchina fantastica. Può essere l'affresco di un'intera epoca o l'istantanea di un fuggevole evento. Può farci riflettere sul presente, o farci rivivere le sensazioni del passato. Può farci ridere o piangere... Il romanzo può darci tante cose che altrimenti non avremmo.

Possiamo leggere per conoscere; possiamo leggere per crescere. Spesso, però, io leggo per dimenticare.

Esprimi un breve giudizio su questo tema e concludilo con un voto:

Non potrei immaginare la mia vita senza libri. Già nello sfogliare, sfiorare le pagine, c'è qualcosa di misterioso. Qualcosa che mi fa pensare al vibrante rituale di due amanti che si fondono. Leggere, è far penetrare dentro di me quel fiume di parole. A volte dolci e romantiche; a volte irruenti e cariche di rabbia; oppure tragiche, tediose, calde, sensuali...

Ancora più emozionante, poi, è cercare di trattenerle dentro di me, morbosamente, gelosamente... Nella speranza, quasi, che ridiventino un mia creatura.

Come non cedere al fascino di un invernale pomeriggio di lettura, avvolti nel calore del camino scoppiettante. Come resistere all'attrazione fatale di un tiepida giornata primaverile, vissuta mollemente dentro un libro di avventura.

Lo scrittore è un artista. Le parole sono i suoi strumenti. Il vizio e la virtù sono i suoi materiali. Il romanzo è la sua creatura: un corpo che deve diventare un tutt'uno con il nostro, o non esiste. Il romanzo ci deve sedurre, circuire, possedere.

Un romanzo d'amore può farci volare con la forza del sublime o può annegarci con un fiume di amarezza. Un thriller può annientarci col terrore. Il "Grande Meulnes" mi fatto rivivere l'adolescenza. Agatha Christie ha dipinto nella mia mente uno sfondo di indelebili villaggetti inglesi. E Dorian Gray mi ha accompagnato fra i profumi di un malato "fin du siècle"...

Anche la durezza di un racconto di vita vera, di vita vissuta, può essere molto forte e coinvolgermi emotivamente. Quando ho letto "Tutto il pane del mondo" - il racconto autobiografico di Fabiola de Clerq, che narra il caso straziante di un'anoressica - ho provato una rabbia impotente, un'angoscia profonda, un disgusto per la vita. Lo stesso disgusto che provo, talvolta, leggendo qualche demenziale storia di Bukowski, con il suo immancabile corredo di macabro sarcasmo, di squallidi dettagli, di putrefatta emarginazione. Come vorrei, in questi momenti, allontanarmi dalla vita. Come vorrei tornare bambina e lasciarmi cullare dal magico incanto delle fiabe. Perdermi in un bosco misterioso; abbuffarmi con una casetta di marzapane; danzare fra fiori giganti; indossare la mitica scarpetta di cristallo e...

Il racconto, dunque, può contenere di tutto, può parlare di tutto, può tutto. Può farci ridere e piangere, ricordare e dimenticare... Può farci sognare, volare, evadere dalla realtà... Ma alla fine, nel cuore e nella mente, qualcosa di concreto ci rimane: un'occasione in più per riflettere: una chiave di lettura in più per leggere il reale.

Ti è piaciuta l'introduzione? Perché?

L'alunna ha fatto bene a citare alcuni romanzi? Perché

Ne ha citati pochi, troppi...?

Sono bastate queste citazioni per dimostrare la sua sensibilità e la sua cultura narrativa?

Esprimi un parere motivato sul lessico: l'alunna ha usato termini appropriati? Ha fatto delle ripetizioni? Ha sfoggiato un lessico (molto, poco, abbastanza...) ricco?

L'elaborato è perfettamente aderente alla traccia? E' entrato sostanzialmente in merito al rapporto fra narrativa e realtà?

L'elaborato è troppo corto? Se sì, quale parte avresti ampliato?

Il testo è facilmente leggibile? I periodi sono troppo corti?

Esprimi un breve giudizio su questo tema e concludilo con un voto:

Il romanzo è un viaggio meraviglioso alla scoperta di mille piaceri. Già lo scorrere dei fogli fra le dita, il profumo della carta stampata, l'incanto dei caratteri stampati mi riporta ad entusiasmi infantili.

Preferisco leggere alla sera, quanto tutto è quieto ed ovattato. Adoro calarmi nel tepore del letto, all'ombra di una vecchia lampada dalla luce edulcorata. Sotto gli occhi incuriositi sfilano lente le parole del romanzo prescelto. E subito divento l'unica spettatrice di un grande teatro. Le parole, e le frasi, ed i punti continuano a sfilare, a volta un po' sterili ed impacciati. Poi, la testa si rilassa sul cuscino, le parole acquistano colore, e l'emozione sottile s'impadronisce di me. E, come per magia, da spettatrice divento attrice e personaggio.

Riconosco me stessa, le mie paure, le mie emozioni. Ripercorro il mio passato, vedo il mio presente, sogno il mio futuro. E' incredibile come, a volte, ritrovi i miei pensieri e le mie sensazioni attraverso parole scritte da altri. Scrittori lontani, sconosciuti, che per un qualche strano potere hanno attraversato il mio cuore e la mia mente per riportare a galla riflessioni e sentimenti. Il romanzo, spesso, è dunque un viaggio dentro noi stessi. Ma è anche un viaggio dentro altre persone, assieme ad altre persone. E così vedo il mondo, la realtà, attraverso tanti punti di vista, tante culture, tante morali... e mi arricchisco.

Talvolta questo viaggio ci porta lontano; lontano dal nostro mondo, dal nostro misero quotidiano. Ci fa evadere, dimenticare i nostri problemi... Ma, anche, ci incuriosisce, ci spinge a guardare oltre il nostro cortile, oltre il nostro confine, oltre il nostro limite. Ecco! Il romanzo è anche questo: la possibilità di infrangere confini, norme, consuetudini, regole.

Confronta questo tema con quello precedente: quale preferisci? Perché?

Ti è piaciuta l'introduzione? Perché?

L'alunna ha fatto bene a non citare romanzi particolari? Perché

Nonostante la mancanza di citazioni, è riuscita lo stesso a dimostrare la sua sensibilità e la sua cultura narrativa?

Esprimi un parere motivato sul lessico: l'alunna ha usato termini appropriati? Ha fatto delle ripetizioni? Ha sfoggiato un lessico (molto, poco, abbastanza...) ricco?

L'elaborato è perfettamente aderente alla traccia? E' entrato sostanzialmente in merito al rapporto fra narrativa e realtà?

L'elaborato è troppo corto? Se sì, quale parte avresti ampliato?

Il testo è facilmente leggibile? I periodi sono troppo corti?

Esprimi un breve giudizio su questo tema e concludilo con un voto:

Da bambino non amavo i libri. Genitori e parenti me ne regalavano a sacchi, ma i vari "Zanna bianca" e "Cuore" finivano su scaffali polverosi, dimenticati dopo poche righe di svogliata lettura. A tredici anni comprai, per caso, un romanzo di fantascienza della collana "Urania". Cominciò così una travolgente avventura che dura tuttora.

Lessi avidamente quelle pagine, sognando astronavi luccicanti e l'immensità del cosmo. Divenni un fan della fantascienza avventurosa e divorai in breve tempo i classici del genere, passando senza sosta dagli imperi di Asimov alle truppe spaziali di Heilnein.

In seguito la scuola mi fece scoprire Verga e D'Annunzio, Calvino e Pavese... Ma solo qualche anno dopo capii cosa significa veramente leggere un libro, lasciarsi prendere dalle emozioni ed immergersi totalmente nel mondo fantastico delle pagine. Il merito va a "Cent'anni di solitudine" di Marquez. Penso di averlo letto cinque, sei volte. Ed ogni volta il testo mi faceva riflettere su qualche aspetto nuovo della realtà, della vita, dei suoi drammi quotidiani. Dalle malinconiche vicende della famiglia Buendìa, ho imparato a non prendere troppo sul serio il mondo; ho imparato che la vita è una tragicomica beffa; ho imparato ad affrontare la fatica del vivere con un sorriso ironico.

In quegli stessi anni m'innamorai anche di Conrand. Fu un film, tratto da un suo racconto, a favorire l'incontro con un autore tanto affascinante. Rimasi folgorato soprattutto da "Cuore di tenebra", con le sue splendide descrizioni e la sua capacità di dare un'anima anche al paesaggio... Ma non potrò mai dimenticare nemmeno "Tifone", "Al limite estremo", "I duellanti" e lo stupendo "Freya delle sette isole": la struggente storia di un amore impossibile: una dolorosa metafora del sogno irrealizzabile che si scontra con la gretta meschinità del vivere quotidiano e che lascia all'uomo solo il rimpianto e la disperazione.

Ogni tanto, tra un libro di Miller o di Kafka, di Kerouac o di Sartre, tornavo alla prima passione, alla voglia del fantastico assoluto, del sogno celeste o dell'incubo ancestrale. Non rincorrevo più, però, le astronavi ruggenti di Silverberg, ma le paure quadridimensionali di Ballard, le mostruosità devastatrici di Muatenson e Dick, le estasi inquietanti di Bradbury.

La vita proseguiva e con essa la passione per i romanzi. Solo nei romanzi, ormai, potevo incontrare i miei più intensi desideri; solo i romanzi, ormai, mi potevano dare brividi profondi; solo dietro il paravento dei romanzi, ormai, potevo dar sfogo alla mia tristezza infinita. Quante volte un romanzo è venuto incontro alla mia disperazione! Quante volte un romanzo mi ha fatto varcare i confini angusti della mia prigione.

I libri vivono con me, scandendo fugaci vittorie ed eterne sconfitte, attimi di gioia ed anni di dolore. Mi hanno aiutato a capire, a crescere, regalandomi sogni ed affetto. E domani, qualunque cosa accada, ci sarà sempre un libro pronto a regalarmi cinque minuti di tregua, un respiro per rendere più sopportabile la vita. Perché l'avventura continua, malgrado tutto. (Luca B.)

In questo caso l'alunno ha fatto molte citazioni (e forse alcuni nomi di scrittori non sono del tutto corretti!!); ha fatto bene? Perché?

Ti è piaciuta l'introduzione? Perché?

L'elaborato è perfettamente aderente alla traccia? E' entrato sostanzialmente in merito al rapporto fra narrativa e realtà?

Esprimi un breve giudizio su questo tema e concludilo con un voto:

Che cosa si cerca in un romanzo? La breve evasione da un mondo che non ci aggrada? La possibilità di provare sensazioni interiori che una vita solitamente troppo vuota non può trasmetterci? O, semplicemente, il desiderio di arricchire la propria cultura? Tutto questo, probabilmente.

Ma si cerca anche qualcosa di più, qualcosa che è difficile da definire, a cui si può andare molto vicino con il concetto che segue: desiderio di onnipotenza. Strano? Non troppo, a pensarci bene. E' il lettore che dà, letteralmente, la vita al romanzo. Basta aprire il libro, leggere le prime parole e già siamo catapultati in un mondo nuovo. La storia, poi, si dipana sotto i nostri occhi e siamo noi a dar forma ai personaggi, viviamo in noi i loro sentimenti, le loro emozioni, gioie, paure... Si parla di altri. ma in realtà siamo noi. L'immedesimazione - almeno per me - con il ruolo di uno dei personaggi maschili, è naturale, subitanea. Non è onnipotenza, questa?

E poter viaggiare nel tempo, nello spazio? Nessun luogo, nessun periodo storico, nessun anfratto della memoria umana ci è precluso. Possiamo racchiudere secoli nel nostro pugno. Possiamo vivere la storia di intere generazioni, con relative nascite, morti, amori, matrimoni, passioni, tragedie, sogni, quotidianità. Ed essere noi, noi soli, a dominare su tutto e tutti. La macchina del tempo non serve inventarla, l'abbiamo già. Non è onnipotenza, questa? Non è, forse, provare, toccare l'eternità, l'immortalità?

Ho letto, recentemente, un romanzo che suscita esattamente queste sensazioni: "Queen" di Alex Haley. E' la storia, certamente edulcorata ma perfettamente verosimile, della famiglia dell'autore. Dalla metà del XVIII° secolo ai nostri giorni. Da quando il suo avo, James Jackson, scappò dall'Irlanda in seguito alle persecuzioni politiche inglesi e si trasferì in America. Passiamo attraverso duecento anni di storia: ricchezza, schiavitù, guerra civile, miseria. E viviamo tutto "nei" personaggi, nell'interno più intimo, a volte, del loro inconscio. E' come una corrispondenza di amorosi sensi. A volte la sensazione di sentire esattamente ciò che sente il protagonista si fa, senza esagerare, struggente. E' questione di attimi, ma tu non sei più sulla tua poltrona, col libro in mano: tu sei là, là dove ti dice l'autore e dove, forse, vorresti veramente essere.

E' un'emozione che ho provato leggendo "Una questione privata" di Beppe Fenoglio. Quando, durante la Resistenza, il partigiano Milton, preso dalla nostalgia, torna a visitare la casa dove abitava lei... la ragazza di cui si era totalmente, disperatamente innamorato. Ma lei, Fulvia, non c'è più: è tornata a Torino, dalla sua famiglia. Entrando prima nel cortile, poi nella stanza dove loro due erano soliti ascoltare musica e parlare per ore ( era un rapporto casto), comincia, nella mente di Milton, una tempesta di ricordi, di dialoghi, di immagini. La rivede sul vialetto, o sotto il ciliegio, o accovacciata nell'angolo preferito del divano. ne ascolta la voce, rivede i suoi occhi, quegli occhi... E risente quella canzone - Somewhere over the rainbow - che entrambi amavano... Una canzone che anch'io sentivo. Perché anch'io, in quei momenti, ero là. Con Milton. Anzi, ero lui. Quella stanza la vedevo, ne sentivo l'odore. ero un partigiano, in guerra. Ma lì, in quella stanza, la guerra non c'era, non entrava, scavalcata, sovrastata da quell'amore assoluto che, forse, soltanto la nostalgia ci può dare.

Ma ho scoperto un'altra forte emozione data dalla lettura. A volte, infatti, il romanzo può esprimere una bellezza ed una grandezza superiori a quelle date dalla visione della natura stessa. Un esempio? Le pagine in cui Ippolito Nievo, nelle "Confessioni di un italiano" descrive il magico spettacolo del tramonto sulle colline friulane. Carlino, il protagonista - ancora fanciullo al momento della scena - rimane attonito di fronte a tale maestosità. Era sempre vissuto all'interno del castello. Non aveva mai visto le colline dall'alto; non aveva mai visto il sole incendiare quel pezzo di mare che da lì si scorgeva. Per la prima volta lui, ancora bambino, si sente pervadere da una sensazione di armonia divina, che lo fa crollare in ginocchio.

Una commozione che io, forse, non sono mai riuscito a provare in presenza di spettacoli naturali. Ma che lui, Carlino, è riuscito a trasmettermi. Il romanzo è vita.

Esprimi un breve giudizio su questo tema e concludilo con un voto:

In aereo, sulla pista di decollo, quando il tempo è già fermo e l'inevitabile fluire degli eventi va avanti senza di me, il "paradiso degli orchi" mi aiuta a rimanere nel limbo con i suoi personaggi grotteschi che mi sembra sempre di vedere, ma che non riesco mai ad acchiappare.

Finalmente atterro e con Stefano Benni mi accorgo di nuovo di avere i piedi sul pianeta "Terra" dove la realtà copia la fantasia, dove le ore di luce non mi fanno desiderare altro che il mondo ovattato della notte, del mio giaciglio, del mio angolino, della mia postazione.

Sono pronto, sto decollando di nuovo. Chissà, forse sarà l'ultimo dei miei viaggi. O forse no. Non importa: adesso ho un compagno simpaticissimo, fresco, giovane e con tanta voglia di apprendere. Si chiama J. Livingstone e vuole che io gli racconti una storia. Decido di raccontargli l'infinito con i suoi mondi paralleli fatti di mille colori e di spruzzi d'acqua. Jonathan è veramente entusiasta, vuole che io vada avanti.

Purtroppo il comandante di volo, un certo Céline, mi interrompe per dare un messaggio: "La vita è come un .... fritto!"

Lo schianto è enorme, Jonathan si volatilizza, io cado al suolo. Fortunatamente mi rialzo con solo qualche ammaccatura. (Alessandro Storchi)

Come ti sembra questo elaborato? Troppo corto? Troppo superficiale?

Oppure, nonostante la sintesi stringente, l'alunno è riuscito ad esprimere un congruo numero di impressioni (sensazioni, emozioni)?

Doveva, forse, argomentare più ampiamente certi spunti riflessivi? Come?

Sono bastate queste citazioni per dimostrare la sua sensibilità e la sua cultura narrativa?

Esprimi un breve giudizio su questo tema e concludilo con un voto:

Esercizio finale:

Qual è, allora, il testo che ti è piaciuto di più? Perché?

A cura di Agati Mario - [email protected] - www.agatimario.it -

Il fascino indiscreto della narrativa

Ora parlo ci provo io! No, non preoccupatevi, non mi metto a fare un tema (anche perché ho paura di sfigurare); ma questo titolo è abbastanza intrigante e così...

così ora provo a buttar giù più o meno di getto una lista più o meno disordinata di idee più o meno pertinenti. Leggile attentamente perché poi...

Mia suocera ...

non legge libri, né giornali, né riviste. Non va a teatro, non gioca a bridge e non frequenta i salotti. D'estate, quando i lavori incalzano, non va nemmeno in chiesa a sentire la predica del curato e le chiacchiere delle beghine sul sagrato. E' una lavoratrice instancabile: si alza che è ancora notte, va nella stalla, cura il pollaio, fa le faccende di casa, va nei campi (dove vale per due uomini)... prepara il pranzo, lava i piatti, si siede dieci minuti... poi torna nei campi, nella stalla, cura l'orto, il pollaio... prepara da mangiare... Le sue uniche preoccupazioni sembrano essere i pomodori, le angurie, le barbabietole, i vitellini, il vitellone (cioè il figliolo trentenne perennemente in bilico fra un presente da farfallone ed un possibile futuro da serioso commercialista)... Eppure, cascasse il mondo, alla domenica sera, poco prima delle nove, si piazza davanti alla televisione per seguire l'ennesima puntata di "Beautiful", il mieloso teleromanzo di marca americana che fa impazzire le donne (e qualche uomo?) di mezzo mondo.

Mia madre, casalinga e sarta quasi in pensione, riposa, dorme, scopa, stira, cuce... con lo schermo perennemente sintonizzato su un qualche "Dallas", "Quando si ama", "Sentieri", "General hospital"... e quant'altri polpettoni sentimental-avventurosi propinino le diverse emittenti.

Come sarebbe la vita di mia suocera, di mia madre, di mia zia Onorina... di milioni di donne (ma anche uomini), senza la dose quotidiana di lacrime e baci?

Qualcuno riesce ad immaginarsi la vita senza TV? E la TV senza sceneggiati, serials, telenovelas, ecc.?

E una volta? Come facevano una volta? Come facevano nell'Ottocento?

Semplice: non c'era la TV, ma c'erano i feuilleton: buoni e cattivi, verginifanciulle e crudeli seduttori, vittime e carnefici, tradimenti e vendette, inganni ed agnizioni, hotels e squallide locande...

Dalle mie parti, tanto tempo fa...

i vecchi e i bambini portavano le mucche al pascolo.

Io passavo intere giornate, nei campi o vicino al bosco, con cinque mucche, un libro e la nonna. Leggevo storie di dame e cavalieri. Mia nonna mi raccontava storie di martiri e santi.

Di notte, qualche volta, dormivamo all'aperto,

sul prato, vicino al vecchio ciliegio. Noi piccoli guardavamo le stelle e ascoltavamo le storie dei grandi: la guerra, e Mussolini e Gigi Sega che era morto schiacciato dal carro, e l'Emerina che era scappata...

E quando i nostri grandi erano piccoli, d'inverno, si scaldavano al tepore della stalla raccontandosi storie di re e di regine, di caccia e di lavoro...

Vivere è raccontare. E raccontare è vivere.

Le storie sono vitali, sia per chi si sente gratificato da Joyce e Musil, sia per chi fugge con London o Liala. La vita è un viaggio fra le storie.

Caratteristica del viaggio è che si sa quando e dove si parte, ma non si sa quando, dove e se si arriva. Potremmo perderci in un labirinto senza uscita. Potremmo perderci nell'immensa biblioteca di Babele (troppo facile scomodare Borges?). Non sempre, infatti, un viaggio fra le storie assicura lo scioglimento consolatorio del lieto fine; ma, non è detto che tutto il piacere consista nell'arrivare alla meta.

Meglio non farsi prendere dall'ansia di arrivare a tutti i costi: ci si può fermare, di tanto in tanto, a dare un'occhiata anche ai paesaggi più comuni... e scopriremo, magari, un incanto insospettato, un colore, un'emozione.

Non esiste un vascello

Non esiste un vascello

veloce come un libro

per portarci in terre lontane

né corsieri come una pagina

di poesia che si impenna -

questa traversata

può farla anche il povero

senza oppressione di pedaggio -

tanto è frugale

il carro dell'anima

(E. Dickinson)

La sola parola ROMANZO rievoca

una realtà familiare carica di gradite connotazioni:

Maigret, James Bond, Marlowe, Poirot...

viaggi, rapimenti, agnizioni, complotti, passioni...

l'intimità di una camera, l'amaca sotto gli alberi del giardino, la sabbia e il sole, il freddo e la stufa...

una vecchia soffitta zeppa di... un cassetto pieno di sorprese... la ricerca di un tesoro...

il mondo brulicante di Guerra e Pace, la Commedia Umana, la ricerca del tempo perduto... eroi fittizi, personaggi storici... battaglie, guerre, rivoluzioni... ambizioni, aspirazioni, filosofia...

Romanzo > tempo libero > riposo del corpo e della mente > OTIUM (Petrarca e le sue valli, Ariosto...)...

piacere > divertimento = ci distoglie dalla vita reale per immeterci in un mondo fittizio (più reale del reale?)

In principio era il racconto

letterature orali

(leggende... animali, eroi, forze della natura, imprese guerresche e contadine...)

il mito le fiabe [la mitologia, la Bibbia, le Mille e una notte... (la lett. orale si confonde, alle origini, con la religione)]

l'iniziazione il giovane eroe che passa attraverso una serie di prove (Ercole, Teseo e Arianna, Pinocchio, J. Sorel, Renzo, 'Ntoni...)

il viaggio e l'infilzamento (Ulisse, Orlando, Don Chisciotte, il picaro...)

Perché si leggono romanzi?

Leggete romanzi? Perché? Cosa chiedete ad un romanzo?

Da un'inchiesta > il r. deve raccontare una storia (azione, svariate situazioni, caratteri, eroi, odissee...), ma deve anche comprendere il suo tempo ed esprimerlo

> forma di evasione o di conoscenza (specchio fedele della realtà)?

> arrivare alla realtà per ritrovarcisi o sfuggirle?

Racconta ancora, dice il bambino...

l'ora della fiaba (un'importanza magica):

far provvista di sogni prima del sonno?

lasciarsi calmare dal potere suggestivo delle parole?

si ascoltano e si inventano storie (il bimbo inventa un suo mondo... il tempo è raramente vuoto per lui...)

il racconto si identifica, alla sua origine, con la fantasticheria... sembra il prolungamento di uno stato interiore...

le vocazioni del narratore nascono probabilmente da questa attività immaginativa...

I sogni si spengono con la vecchiaia (o si diventa vecchi quando non si sogna più?)

L'uomo maturo soffoca le sue favole (paura del ridicolo, la scuola che intellettualizza, il peso delle preoccupazioni - economicamente - serie, fannullone!!!) ma rimane sensibile al fascino delle storie che si inventano per lui...

I cicli (i bimbi amano sentirsi raccontare le stesse storie con poche varianti...)...

La sorpresa e la puntata: "In quel momento la porta si aprì. La baronessa lanciò un grido e svenne. (Continua)

Il r. diventa un oppio. (assuefazione) (evasione) (anche nel senso: leggo X addormentarmi)

Sostituzione della monotonia della vita (avventura, amore, lusso...) anche per chi scrive (ex. mio romanzo). L'identificazione (superman - Clarc Kent).

Si leggono r. per compensare lacune dell'esperienza (comportamenti che a lui sono impediti dalle convenzioni, dalla morale, dalle censure...)

la lettura ci libera e ci rivela (da forma alle nostre paure e ai nostri desideri)

la solitudine, l'intimità (la storia infinita) - la capacità di isolarsi anche sull'autobus affollato

"il bisogno di evasione che anima il lettore, che cerca di sfuggire all'aggressione del mondo quotidiano, sostituendo ad esso un mondo fittizio non necessariamente bello e seducente, ma anzitutto coerente..." (Coerente? e Joyce?)

Shahràzad avrà salva la vita se la storia che racconta durerà fino al levare del sole

"Il tempo della lettura, come il tempo dell'amore, dilata il tempo della vita"

In poche ore ho vissuto tutti gli anni di A. Karenina ("Oh, il ricordo di quelle ore di lettura rubate sotto le coperte alla luce di una torcia elettrica! Come correva Anna Karenina verso il suo Vronskij in quelle ore della notte! Si amavano, quei due, ed era già bello, ma si amavano contro la proibizione di leggere e questo era ancora più bello!" Pennac)

Emma Bovary sostituisce alla tetra routine di un villaggio normanno gli amori al chiaro di luna, le raffinatezze dei bei cavalieri, i viaggi in Italia, gli audaci rapimenti... lo straordinario diventa realtà > il suo mondo >

il r. crea solitudine e, nello stesso tempo permette di uscirne

"A cosa servono i libri se non ci riconducono verso la vita, se non riescono a farci bere ad essa con maggiore avidità? La speranza di tutti noi, prendendo un libro, è di incontrare un uomo secondo il nostro cuore, di vivere tragedie e gioie che non abbiamo il coraggio di provocare noi stessi, di fare sogni che rendano la vita più appassionante, fors'anche di scoprire una filosofia dell'esistenza che ci renda capace di affrontare meglio i problemi e le prove che ci assalgono" (Henry Miller)

Definizione?

Il r. tende ad assorbire tutti gli altri generi (persino le arti)

Satira (Candide), Epopea (Guerra e pace), romanzo poetico (Le grande Meaulnes), affresco impressionista (Goncourt), cinema (rom. americano), psicamalisi (Joyce, Svevo...), filosofia (Nietzche, D'Annunzio...), lotta di classe (Malraux... )

Spesso il r. diventa una summa, una enciclopedia...

Un genere dal carattere aperto

pronto ad incorporare documenti, saggi, favole, riflessioni filosofiche, precetti morali, canti poetici, descrizioni, pubblicità...

Un genere senza frontiere > lunga vita al r.

> rischioso ogni tentativo di definizione

Il r. è racconto (il teatro è rappresentazione) (però... in Pirandello, anche il racc...)

Il r. racconta una storia (una successione di avvenimenti concatenati nel tempo) FABULA

Il r. taglia, cuce, scarta, inverte, monta... tesse... compone una storia nell'intento di produrre un certo effetto sul lettore (tenerlo desto, commuoverlo, spingerlo a riflettere...) INTRECCIO

il r. compone una storia fittizia (VS biografia, autobiografia, racconto di viaggi...) MA...

impossibile concepire un romanzo puro (tutto completamente inventato; tutto completamente distaccato dalla realtà) (e viceversa? un'autobiografia, un racconto di viaggio...)

il r. gioca continuamente sull'ambigua frontiera del reale e della finzione

il r. è una struttura autonoma, che risponde a SUE regole (il tempo del r., lo spazio del r...)

il r. è costituito da un fascio di forze dinamiche che interagiscono fra loro (e poi, se mai, con la realtà)

è un universo a sé,

un microcosmo autonomo (anche indipendente?), distinto dal mondo reale e di cui occorre cercare il significato attraverso le forme che lo costituiscono.

Leggere allunga la vita?

Leggere, dunque, è importante.

Certo non si può dire che la lettura, in Italia, abbia molti seguaci (secondo le statistiche siamo il fanalino di coda dell'Europa!). Eppure basta riflettere un momento per convincersi che leggere, oltre ad essere spesso divertente, è utile, anzi indispensabile. I libri aiutano a maturare. I libri stimolano la creatività. I libri appagano le nostre curiosità intellettuali. I libri ci aiutano a migliorare il nostro status sociale. Ma, soprattutto, i libri allungano la vita.

"Quando oggi si leggono articoli preoccupati per l'avvenire dell'intelligenza umana di fronte a nuove macchine che si apprestano a sostituire la nostra memoria, si avverte un'aria di famiglia. Chi ne sa qualcosa riconosce subito quel passo del Fedro platonico, citato innumerevoli volte, in cui il faraone al dio Toth inventore della scrittura chiede preoccupato se quel diabolico dispositivo non renderà l'uomo disadatto a ricordare, e quindi a pensare.

Lo stesso moto di terrore deve aver colto chi ha visto per la prima volta una ruota. Avrà pensato che avremmo disimparato a camminare. Forse gli uomini di quei tempi erano più dotati di noi per compiere maratone nei deserti e nelle steppe, ma morivano prima e oggi sarebbero riformati al primo distretto militare. [...]

Che cosa ha guadagnato l'uomo con l'invenzione della scrittura, della stampa, delle memorie elettroniche?

Una volta Valentino Bompiani aveva fatto circolare un motto: "Un uomo che legge ne vale due". Detto da un editore potrebbe essere inteso solo come uno slogan indovinato, ma io penso significhi che la scrittura (in generale il linguaggio) allunga la vita. Sin dal tempo in cui la specie incominciava ad emettere i suoi primi suoni significativi, le famiglie e le tribù hanno avuto bisogno dei vecchi. Forse prima non servivano e venivano buttati quando non erano più buoni per la caccia. ma con il linguaggio i vecchi sono diventati la memoria della specie: si sedevano nella caverna, attorno al fuoco, e raccontavano quello che era accaduto [...] prima che i giovani fossero nati. Prima che si iniziasse a coltivare questa memoria sociale, l'uomo nasceva senza esperienza, non faceva in tempo a farsela, e moriva. Dopo, un giovane di vent'anni era come se ne avesse vissuti cinquemila. I fatti accaduti prima di lui, e quello che avevano imparato gli anziani, entravano a far parte della sua memoria.

Oggi i libri sono i nostri vecchi. Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all'analfabeta (o a chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissute moltissime. Ricordiamo, insieme ai nostri giochi d'infanzia, quelli di Proust, abbiamo spasimato per il nostro amore ma anche per quello di Piramo e Tisbe, abbiamo assimilato qualcosa della saggezza di Solone, abbiamo rabbrividito per certe notti di vento a Sant'Elena e ci ripetiamo, insieme alla fiaba che ci ha raccontato la nonna, quella che aveva raccontato Shahrazàd. [...]

Il libro è un'assicurazione sulla vita, una piccola anticipazione di immortalità. All'indietro (ahimé) anziché in avanti. Ma non si può avere tutto e subito." (Umberto Eco su L'"Espresso" del 2 giugno 1991)

Dunque...

Ora tocca a te:

Attenzione:

rileggi velocemente questi appunti più o meno disordinati e...

tenendo conto della tua personalità e della traccia solita (Il romanzo è un oggetto magico dai mille poteri: fa ridere e piangere, ricordare e dimenticare, sognare e riflettere... Esso ci distoglie dal mondo quotidiano per immetterci in un mondo fittizio talvolta più reale del reale.) "seleziona le 10 "idee" che ti sembrano più appropriate per un bel tema.

Aggiungi alle idee selezionate alcune tue riflessioni.

A questo punto metti le 10 idee (+ le tue riflessioni) in ordine (scaletta!) in modo da ipotizzare un percorso discorsivo pertinente, coerente, efficace e piacevole.

Quindi procedi alla stesura del testo (che non dovrebbe essere più lungo di 2/3 facciate di foglio protocollo).

Infine confronta il tuo elaborato con quelli che hai analizzato e valutato precedentemente: esprimi un giudizio sintetico e concludilo con un voto.

Micro-bibliografia

Ti è piaciuto questo argomento? Sì? Perché non provi allora ad approfondirlo? Eccoti alcuni consigli per gli acquisti. Esistono ovviamente decine di libri che offrono l'occasione per una riflessione sulla narrativa (e la narratologia); mi limito a pochi consigli per gli acquisti. Cominciamo da una piccola chicca, un libretto agile, fresco... che si legge come un romanzo...

Pennac, Come un romanzo, Paravia (ma anche Feltrinelli). Lo studente curioso e che coltiva già intriganti velleità intellettuali, potrebbe provare anche con l'interessante (e non difficilissimo):

Bourneuf-Ouellet, L'universo del romanzo, Einaudi. Facile e discorsivo il manualetto di Freedman, Il romanzo, Mondadori (1978). Interessante e carino: Cotroneo, Se una mattina d'estate un bambino, Paravia (ma anche Frassinelli). Più maturi, ma anche più impegnativi: Calvino, Perché leggere i classici, Mondadori; Scholes-Kellogg, La natura della narrativa, Il Mulino; Auerbach, Mimesis, Einaudi.

Nelle prossime pagine ti propongo qualche assaggio dei testi citati... e di altri. Buona lettura!

leggere per scrivere. scrivere per leggere

Abbiamo visto che leggere è bello, oltre che importante; ma abbiamo più volte sottolineato che anche scrivere è importante oltre che bello. Diventa oltremodo utile abituarsi a scrivere di ciò che si legge. Un po' quello che ti fanno fare sempre i tuoi insegnanti: commenta il tal racconto o la tal poesia; fai una relazione sulle tue letture estive; elabora un resoconto critico sul romanzo pinco pallino; eccetera eccetera. Ripeto: questo tipo di attività è fondamentale per la tua carriera di studente e di uomo. Ogni volta che leggi un racconto, una lettera, un articolo, un romanzo, un fumetto intelligente... dovresti proprio compilare una scheda di lettura; e, pian pianino, raccogliere tutte le schede in un contenitore (meglio ovviamente se usi qualche supporto digitale!). Non è qui il caso di insistere sulle tecniche da utilizzare per analizzare (e quindi realizzare i relativi resoconti critici) i testi narrativi e non, perché i tuoi libri di scuola sono sicuramente pieni di consigli ed esempi in proposito. Voglio solo mettere in risalto in questa occasione l'importanza di una tipologia testuale intrigante: la recensione. Scrivendo recensioni - di libri, di film, ecc. - gli studenti si sentono più adulti, più protagonisti. Elaborare una recensione, infatti, significa esprimere un giudizio personale, e non ripetere pedissequamente una sequenza di attività suggerite a viva forza dall'insegnante (leggere il brano, dividerlo in sequenze, sottolineare i tempi verbali, individuare le figure retoriche, eccetera eccetera). Ma cos'è esattamente una recensione? Rispondo utilizzando - con alcune varianti - le pagine di un agile e fresco testo scolastico: Cozzi/Virno, Lavori in corso, Loescher.

La recensione

La recensione è un testo di sintesi e di valutazione di un romanzo, un racconto un film, un'opera teatrale, con cui vogliamo fornire alcune informazioni fondamentali (la sintesi) e il nostro personale giudizio (la valutazione) sull'opera in questione.

Più spesso di quanto si pensi capita di fare recensioni. Quando un amico ci chiede com'era il film che abbiamo visto, ecco che noi, alla buona, ci comportiamo come un giornalista: glielo presentiamo, raccontandogli un po' la storia, e gli diciamo il nostro parere consigliandogli o meno di andarselo a vedere.

Non è facile però decidere cosa dire cosa non dire, e con che ordine procedere, non è facile spiegare, per esempio, perché quel film che parla d'amore come tanti altri è però molto diverso e originale, spesso poi la cosa più difficile è giustificare proprio il fatto che ci è piaciuto o che ci ha lasciato indifferenti. Così qualche volta va a finire che l'amico che ci ha chiesto il parere resti frastornato, senza aver capito bene di che film si tratti, e magari anche un po' annoiato per il modo banale e prolisso con cui gliene abbiamo parlato.

Limitiamoci ora al caso di una recensione di un testo narrativo (romanzo o racconto).

Esempio: recensione di La zona morta di Stephen King. Il testo riportato qui di seguito è stato scritto come compito in classe da un alunno della tua età (Giorgio Bottara della II E dell'ITIS «Marie Curie» di Milano nel 1993). Lo abbiamo trascritto nella sua forma originaria: si tratta di un buon lavoro, piuttosto ricco e vivace, buon esempio di quello che si può fare. Qualche specificazione che arricchisse il discorso, posta dove abbiamo messo la freccia, lo avrebbe reso «perfetto».

Basato su una storia chiaramente fantastica, questo libro ci fa riflettere su alcuni aspetti del nostro mondo.

John Smith, insegnante, è legato sentimentalmente a Sarah, anche lei insegnante nella stessa scuola. Una sera vanno insieme al Luna park, cominciando bene una serata che finisce in tragedia: Johnny ha un terribile incidente di macchina. Apre gli occhi quattro anni e mezzo dopo ma il mondo attorno a lui è completamente cambiato. Sua madre è in preda a un fanatismo religioso che rase,90 la follia, Sarah si è sposata e il suo lavoro è andato perduto. Ma anche Johnny è cambiato. II coma ha risvegliato in lui un tremendo e incontrollabile potere: può leggere nell'inconscio di una persona e conoscerne il futuro con una semplice stretta di mano. Sarà un tormento per lui ma la salvezza per il mondo intero. Il protagonista viene sconvolto da questa capacità perché ora nessuno vuole più avere rapporti con lui e comincia a pensare che è stato maledetto da Dio, ma al momento giusto saprà cambiare la sua convinzione e sacrificarsi per il bene di tutti.

Uno dei messaggi di questo romanzo è che il mostro non è il «diverso» ma chi lo umilia, chi lo fa diventare un fenomeno da baraccone, -

Lo stile di questo libro è abbastanza scorrevole, con poche ma accurate descrizioni che lo rendono piacevole. Quel geniaccio di King riesce ad appassionarci dalla prima all'ultima pagina con accelerazioni e rallentamenti improvvisi, cambi di scena, di personaggi e così via.

Uno dei punti di forza maggiori di questo romanzo sono appunto i personaggi molto ben costruiti e ve ne accorgerete quando entrerà in scena l'assassino di Castle Rock, magistralmente caratterizzato da King. Odierete questo personaggio. E avrete paura di lui.

Comunque in questa storia vengono toccate tematiche di scottante attualità: dall'estrema facilità discutibile e immorale, all'importanza dell'educazione impartita da un genitore per il futuro del figlio.

Bello, veramente bello e avvincente.

Stephen King mette a segno un altro colpo vincente dopo «Shining» e «Le notti di Salem». Se avete qualche soldo da spendere per un libro, vi consiglio caldamente questo con un'ultima raccomandazione: tenete a portata di mano i fazzoletti. Possibilità di qualche lacrimuccia nei momenti in cui c'è di mezzo l'amore o in cui Johnny si comporta da eroe disperato e solitario.

Analizzando il testo appena letto, potrai individuarne le principali caratteristiche. Queste ti vengono comunque presentate e precisate qui di seguito, con alcuni suggerimenti.

Nelle recensioni per lo più troviamo:

1. una parte informativa, che ha la funzione di far conoscere in modo molto sintetico:

gli elementi essenziali della vicenda, cioè la trama, e il genere a cui l'opera appartiene (giallo, avventura, realistico ecc.);

la fisionomia dei personaggi principali;

la struttura e lo stile;

i temi, cioè le questioni che tocca, gli

spunti di riflessione che fornisce ecc.;

eventualmente, notizie sull'autore;

2. una parte valutativa, in cui chi scrive esprime il proprio parere dicendo:

se ha trovato interessante, bella, gustosa ecc. l'opera per i contenuti, per il modo in cui vengono presentati, per certe atmosfere, per la simpatia di un personaggio e così via;

se vi sono delle critiche da fare (l'argomento poco stimolante, qualche parte noiosa per le troppe descrizioni, un linguaggio poco piacevole o troppo complesso, una conclusione banale ecc.);

3. tendenzialmente uno stile vivace (perché si possa interessare e catturare l'attenzione di chi legge), che si ottiene evitando le espressioni più banali e ripetitive (ad esempio «Questo è un libro di Conan Doyle. Questo libro di Conan Doyie racconta una storia gialla ... »), selezionando con cura il lessico, eventualmente usando qualche frase nominale (non «La vicenda è ambientata a Milano nel dopoguerra», ma «Milano, dopoguerra») e qualche interrogativa retorica (invece che «il libro è molto interessante e va letto», «Perché dobbiamo leggere questo libro? Perché è molto interessante»), ed eliminando le osservazioni inutili, in modo che il discorso sia agile e essenziale.

L'ordine delle parti non è obbligatorio: si può iniziare con un proprio commento, con l'enunciazione dei temi, con l'indicazione dei genere, o anche, se particolarmente significative, con le caratteristiche dei protagonista; nei procedere l'informazione e la valutazione si possono tenere separate o possono essere intrecciate. Si tratta di scelte personali, tuttavia probabilmente all'inizio ti sarà più utile costruire la recensione come proposto, ovvero prima informando e poi esprimendo i tuoi giudizi.

Quattro ultimi consigli:

ricorda che chi legge una recensione non conosce necessariamente il testo di cui scrivi e che perciò non devi dare per scontate informazioni essenziali (anche il tuo insegnante leggerà la tua recensione come se non conoscesse il testo in questione o effettivamente non conoscendolo);

non dimenticare che in certi casi non bisogna raccontare la conclusione in modo troppo esplicito, perché lo stesso autore ha giocato sull'originalità e sulla sorpresa dei finale (pensa in particolare ai gialli); perciò devi trovare il modo per dire il necessario senza rovinare la lettura agli altri (potrai scrivere: «Assolutamente imprevedibile la soluzione alla quale l'investigatore arriva», ma non «Aperto il testamento dei padrone di casa si scopre che è lui l'assassino»);

è meglio usare i verbi al tempo presente: non è obbligatorio, ma rende l'esposizione più immediata e più agile e ti permette di evitare qualche errore sintattico (osserva la differenza tra «Due uomini si incontrano e decidono di fare una rapina: il giorno successivo rubano una macchina e partono per l'impresa» e «Due uomini si incontrarono e decisero di fare una rapina: il giorno successivo, dopo che ebbero rubato una macchina, partirono per l'impresa»); - evita di «appiccicare» particolari tecnici che non siano motivati e che da soli non aggiungono niente di significativo al tuo discorso (non scrivere soltanto «Nel racconto ci sono molti dialoghi», ma «il racconto è costruito quasi esclusivamente sui dialoghi, perché così possiamo sentire i personaggi più vicini a noi»).

Attento infine a due questioni:

le tecniche indicate per fare una recensione valgono sia per la produzione scritta, sia per l'esposizione orale, per esempio durante un'interrogazione;

a volte può esserti richiesta solo una presentazione di un testo. In questo caso la parte valutativa non dovrà comparire, ma dovrai limitarti a dare le informazioni nel modo più obiettivo possibile.

Eccoti l'esempio di una recensione

Patricia D. Cornwell, Postmortem (rec. di R. Olivieri, dal «Corriere della sera», 3 febbraio 1994).

Un paio di anni fa i lettori italiani scoprirono una giovane scrittrice americana di thriller, Patricia D. Cornwell, che con Oggetti di reato si era imposta all'attenzione per l'asciuttezza dello stile e l'abilità con cui era riuscita a raccontare l'omicidio di una scrittrice e la scoperta del colpevole attraverso l'indagine accurata della protagonista del romanzo, la dottoressa Kay Scarpetta, capo dell'ufficio di medicina legale della Virginia.

A distanza di un anno, secondo successo, con Quel che rimane, fosca sequenza di delitti atroci commessi da un «serial killer». E così Mondadori, per la traduzione di Marco Amante, ha dato alle stampe Postmortem, il romanzo di esordio (1990) della Cornwell, che a suo tempo vinse due premi prestigiosi, I'Edgar negli Stati Uniti e quello dell'Associazione inglese degli scrittori di polizieschi.

Postmortem, per chi conosce i due romanzi già pubblicati, confermerà l'abilità di Patricia D. Cornwell, la sua conoscenza dei mezzi tecnici e scientifici che gli investigatori americani hanno a disposizione durante le indagini. Bisogna considerare che l'autrice - 37 anni - ha avuto due esperienze fondamentali: è stata cronista di nera e poi analista presso l'Ufficio di medicina legale della Virginia. Forse è la dimestichezza con strumenti sofisticati e apparecchiatura elettroniche ad averle dato, da una parte, vantaggi indubitabili e, dall'altra, la tendenza a strafare. Al punto che, in qualche circostanza, tende a oltrepassare il limite del lecito e soprattutto del credibile.

É il caso di Postmortem: quattro delitti orripilanti, quattro donne violentate, strangolate e seviziate con un coltello a lama lunga. La dottoressa Scarpetta, come negli altri romanzi, è affiancata nelle indagini da un detective, Pete Marino, anche lui di origine italiana, brusco, inelegante, sospettoso. Un particolare accomuna tutti gli omicidi: accadono di sabato, prima dell'alba, e il maniaco sanguinario penetra sempre nella casa delle vittime attraverso una finestra lasciata aperta. C'è una parte del romanzo che il lettore non esperto di computer tenderà a sorvolare perché incomprensibile, tuttavia ne subirà il fascino, il fascino delle cose misteriose.

La storia scorre via senza intoppi, come un convoglio ad alta velocità su un binario rettilineo. Anche se la conclusione ha qualcosa di artefatto, di voluto, chi legge starà con il fiato sospeso, come si dice, perché la stessa protagonista, alla fine, si troverà il volto incappucciato dell'omicida a un passo da lei, nella camera da letto, il coltello in mano, senza via di scampo. E la dottoressa Kay-Scarpetta sarebbe la quinta vittima, se...

Anche delle presentazioni brevissime sono utili. Eccone degli esempi (i primi cinque sono tratti da «la Repubblica» dei 17 giugno 1994, l'ultimo da «L'Espresso» dei 29 aprile 1994) .

Susanna Tamaro, Va' dove ti porta il cuore.

Tre generazioni di donne narrate nel diario di una ottantenne colpita da un ictus. Gioie e dolori nel racconto alla lontana nipote.

Herman Hesse, Siddharta.

Il protagonista di questo notissimo romanzo è «uno che cerca» e intende dare un significato alla propria vita, passando di esperienza in esperienza.

Sveva Casati Modignani, Come vento selvaggio.

Un incidente sulla pista di Monza costringe in coma un pilota di Formula uno. Da qui prende sviluppo un «romanzo di personaggi» legati alla vita dello sfortunato protagonista.

John Grìsham, L'appello.

Una bomba fa esplodere l'ufficio di un avvocato impegnato per la lotta in difesa dei diritti civili. La colpa cade sul capo del Ku Klux Klan. Dopo venti anni a Chicago un giovane avvocato fa riaprire il caso.

Niccolò Ammaniti, Branchie!

Questo romanzo (opera prima) che inaugura la collana «De-Generazione Novanta» è uno sfrenato percorso di iniziazione alla rovescia, in forma di parodia sfrenata di usi costumi miti e balle dei giovani di oggi, assai vivace nel linguaggio e nelle idee anche se a tratti un po' ansimante per voler correre troppo, ma sempre sorretto da una sana ironia di fondo.

Se vuoi leggere altre recensioni stilate da professionisti della penna, basta che sfogli una rivista qualsiasi. Voglio farti leggere, invece, i lavori svolti da alcune mie alunne in occasione di una verifica scritta (una verifica scritta di 150 minuti nella quale le ragazze dovevano recensire un romanzo letto di recente). Alla fine dovrai fare qualche piccolo esercizio. Buon lavoro.

ORGOGLIO E PREGIUDIZIO, di Jane Austen

Quando penso alla Signora Bennet capisco perché il mio prof. d'italiano ha inserito questo romanzo nel settore "Donne sull'orlo di una crisi di nervi".

Sembra, infatti, che l'unico scopo di vita della sciocca e invadente moglie del Signor Bennet sia quello di trovare "uno scapolo ben provvisto di mezzi" per ognuna delle sue cinque figlie.

L'impresa non sarebbe di per sé così difficile se non fosse per un ambiente dove "la vanità è una debolezza. Ma l'orgoglio, laddove si tratti di una mente davvero superiore, l'orgoglio ha sempre la possibilità di essere ben guidato".

Fra tutte le signorine Bennet l'unica su cui si sofferma l'interesse dell'autrice è la bella e intelligente secondogenita Elizabeth, la cui travagliate relazione con il superbo e aristocratico Darcy affascina e trascina il lettore per tutto il corso del romanzo. E' questo un effetto reso possibile dall'incredibile abilità della Austen di non prendere mai posizione e di lasciare che sia chi legge a scoprire a poco a poco la vera natura dei personaggi, il più delle volte ricca di contraddizioni.

E' poi l'ambiente domestico che fa da sfondo a balli, feste e cene che dà al lettore la possibilità di entrare nel vivo dell'atmosfera inglese dei primi anni dell'Ottocento e di sentirsi coinvolto, come in poche altre occasioni, in dialoghi basati, non solo su orgoglio e pregiudizio, ma soprattutto su quella sottile comicità tipicamente inglese. Per questo motivo la lettura del romanzo, se in lingua originale, risulta ancora più piacevole e divertente, tanto che Henry James giudicò i libri della Austen rassegnati in una immobile primavera.

Tutti questi ingredienti, uniti a una visione del mondo squisitamente femminile che permette alle lettrici di immedesimarsi in una delle tante sorelle Bennet, fanno di "Orgoglio e Pregiudizio" un romanzo assolutamente indimenticabile.

"Ho letto ancore, per la terza volta almeno, il romanzo di Jane Austen..., scritto meravigliosamente. Quella giovane donna ha, nel descrivere gli eventi, i sentimenti e i caratteri della vita quotidiana il più meraviglioso talento che io abbia mai incontrato". Walter Scott. (Alice Sabatini)

DUE DI DUE, di andrea de carlo

"Pensavo a quanto le nostre vite erano state diverse in questi anni, e anche simili in fondo, due di due possibili percorsi iniziati nello stesso bivio..."

Il libro è incentrato sulle infinite probabilità che ognuno ha nella sua vita e degli spazi neutri che collegano i momenti più importanti di essa. Ma è anche crisi adolescenziali, delusioni, ribellioni, amore, sesso, amicizia, dubbi, sogni, matrimonio, figli, libertà, lavoro. Vita. E' la storia di due ragazzi qualunque, in una città qualunque ma in un tempo ben preciso.

Guido Laremi "è uno sguardo da ospite non invitato che prende distanza dai suoi stessi lineamenti, dal suo stesso modo di girare la testa a destra e a sinistra..." Mario sembra esserne l'ombra; sempre alla ricerca di sé: "odio il mio aspetto in generale, odio i vestiti che ho addosso e l'idea di essere qui in questo momento...".

Guido sarà la sua musa ispiratrice finché i ruoli si capovolgeranno. Mario troverà la sua stabilità; capirà ciò che vuole dalla vita, mentre Guido, inizialmente più sicuro di sé, tenderà all'autodistruzione ottenendo tutto ciò che non avrebbe mai voluto.

Ragazzi del '68, contestano tutto.

"Doveva essere nato allora il suo odio per i materiali e le forme innaturali, le gabbie architettoniche e le alterazioni chimiche degli elementi. Secondo lui l'origine di quasi tutto l'orrore del mondo era nella civiltà industriale, che aveva brutalizzato lo spazio e distrutto i ritmi e gli equilibri complessi della vita per adottarli a quelli delle macchine".

Non sopportano l'istituzione scolastica perché edificio chiuso nelle sue vecchie idee, vecchi professori e vecchi, vecchissimi programmi, e non il luogo dell'apertura mentale.

Tutti i giovani, o perlomeno quelli "skazzati" sono stati programmati a una certa insofferenza cronica verso la scuola. Alex e Holden si sentono oppressi dai voti ( "i cazzi di sette e sette e mezzo che da semplici strumenti sono diventati una specie di fine ultimo ?" ).

E noi, i ragazzi del '96? Cosa ne pensiamo? Rifiutiamo le stesse cose di Guido e Mario? in concreto cosa facciamo? Organizziamo pseudo-scioperi e autogestioni fantasma (durata massima tre giorni): ovviamente solo se il Preside vuole! Io per tre anni ho accettato passivamente tutti ciò, ma ripromettendomi che quest'anno non farò così (gli altri la pensano come me, o se ne fregano?).

Non dico che siamo del tutto stupidi o acritici, ma in concreto facciamo ben poco. Però siamo più realisti di Guido che proponeva di vivere in villaggi senza l'uso della moneta! Criticavano troppo.

Ah, dimenticavo, qualcosa sono riusciti ad ottenerlo: la riforma dell'esame di maturità! Sarà un bel traguardo? DIPENDE.

Ma adesso i tanti "Guido di quel tempo" sono al potere e cosa stanno cambiando? Per ora nulla. "Usavano la scuola come un contenitore di grandi discorsi e la lasciavano agonizzare tra i suoi relitti". Anche ora. (Francesca Tinti)

JACK FRUSCIANTE E' USCITO DAL GRUPPO, di enrico Brizzi

Alex, uno "skazzato tardoadolescente", "naufrago emerso da un fiume di Jolly Invicta e Mandarina Duck con giovani e foruncolose vite annesse, che ha imparato a cogliere i particolari e a difendersene" in un mondo in cui "non c'è niente che distingua il bugiardo che giura di essere sincero dal sincero del puro".

Aidi, "non una ragazza, ma un intero disco di Baglioni...". "Più di una persona, quasi un'idea come Jonathan Livingstone, ma anche vera, che arriva tardi agli appuntamenti e mette il maglione verde anche in Giugno...".

Una telefonata, un incontro davanti alla Feltrinelli e via... con la "pisquama sensazione che fosse cominciato qualcosa d'infinito".

Ad Alex "sembrava di conoscere Aidi da sempre, poiché quando si dice il sentimento, ragazzi".

Aidi - Per certi versi siamo ben oltre lo stare insieme, ti sento dentro Alex, ti capisco e mi piace...

"Due pirati sdraiati a letto, vestiti di tutto punto, abbracciati forte senza parlare; oppure lui solito roccioso, che la guarda mentre suona la chitarra con aria assorta, o loro due che intagliano le iniziali dei loro nomi, le friggono e la mangiano insieme. ... Colavano lenti e densi i pomeriggi di Maggio". "Quattro mesi d'amore senza baci e senza sesso" e poi, e poi... IL GRANDE VOLO di Aidi: "È la prima grande cosa che faccio io". "E' come mettere le basi per addomesticarti un po' di più. Farai più fatica a dimenticarti di me, così. Resteremo più attaccati ogni cosa in più che faremo. Io ho paura per l'anno prossimo. Bacerò cento ragazze, andrò a letto con gente di cui non m'importa, ma non sarà come uscire con te e non dirsi niente per tutto il pomeriggio. Io so già che l'anno prossimo farò le cose più facili più banali"; e uno dei due pirati se n'è andato: " e, adesso, qualcosa è come se stesse andando un po' via per sempre". Eppure anche Richard Bach in "Nessun luogo è lontano", dice:" Nessun posto è lontano. Se desiderate essere accanto a qualcuno che amate, forse non ci siete già?"

E' questo il libro dei giovani 1996!

La mutter che dice:" Pensi di vivere in un albergo?"

Tu che pigli e te ne vai. Cerchi, cerchi, ma forse "l'equilibrio interiore non è da cercare. Forse ce l'abbiamo già, e più ci muoviamo o agitiamo o altro, e più ce ne allontaniamo".

Alex ed Aidi l'hanno capito, hanno capito che bisogna uscire dal gruppo per restare in noi, ma non per tutti è così, per Martino no.

Neanche per Guido in "Due di due" è così. Loro non hanno saputo vivere senza il gruppo, ma nemmeno con, hanno invece scelto di vivere senza loro stessi, cioè NON VIVERE.

Eppure anche nel Piccolo Principe si dice che l'essenziale è invisibile agli occhi": bisogna saper vivere con ciò che si ha dentro.

Qui non c'è bisogno di "uscire dal libro" per dare un giudizio personale, perché qui il libro siamo noi, noi ragazzi con le nostre realtà quotidiane , i nostri "casini", le nostre storie, le nostre voglie di USCIRE...

Cosa dire del libro?

E' come guardare allo specchio la mia vita e allora, se non l'amassi, forse non sarei qui. (Federica Scaglioni)

LA MONACA, di Diderot

Se la mia vita fosse già stata decisa e tutte le mie mosse calcolate dalla nascita non potrei scegliere. Diventerei insofferente e come...

Per non parlare, a te Susanne, di maggiorascato e di nascite adulterine: la società ti ha emarginato e quel che è peggio la tua famiglia ti ha esclusa mandandoti in convento.

Bel posto il convento, "POPOLATO DA DONNE CHE SANNO VENDICARSI DI TUTTE LE SECCATURE DI CUI SEI LA CAUSA, DONNE CHE RECITANO PARTI SCIOCCHE, IPOCRITE".

Si potesse comprare al supermercato la fede... se non sei illuminato impazzisci, se "TI OPPONI ALL'INCLINAZIONE DELLA TUA NATURA".

Possono seminare cocci di vetro sul tuo cammino, flagellarti, "MA NON APPASSIRANNO MAI I GERMI DELLA TUA PASSIONE", vero Suzanne!

E' stata dura con te la società, non ti ha lasciato scegliere, ma non credere che fuori dal convento la vita sia facile...

Prendi le tue decisioni, sbagli e ti senti "UN POZZO DENTRO AL PETTO COME UN BUCONERO CHE POTREBBE RISUCCHIARTI" e intorno a te "TUTTO E' TRISTE COME LA BIRRA SENZ'ALCOL".

Pozzo... "QUANTE VOLTE NEL TUMULTO DEI TUOI PENSIERI TI SEI ALZATA BRUSCAMENTE DECISA A PORRE UN TERMINE ALLE TUE ANGUSTIE!"

Buttarti nel pozzo sarebbe stata una sconfitta, invece tu hai lottato con tutte le tue forze convinta che la tua situazione potesse migliorare...

Anche Madame Bovary voleva cambiare e aspettava invano di essere folgorata dall'amore che "COME UN URAGANO PIOMBA DAL CIELO SULLA TUA VITA".

Non era in un convento ma la sua vita le appariva "FREDDA COME UNA SOFFITTA CON IL FINESTRINO A SETTENTRIONE".

Sai Suzanne non sei l'unica a soffrire, anche "QUELLO SKAZZATO TARDOADOLESCENZIALE" del vecchio Alex D. innamorato di Aidi "PER CUI NON BASTA NESSUNA CANZONE, NESSUNA DEFINIZIONE". Si sente vittima della società.

La sua società è quella in cui vivo io "A QUARANT'ANNI TI TROVI CALVO E SOVRAPPESO... CON DUE FIGLI GEMELLI CON I CAPELLI A CASCHETTO IDENTICI IN TUTTO AI BAMBINI NAZISTI DELLA KINDER".

Mi piacerebbe Suzanne se tu vivessi nella mia epoca e fossi mia amica. Sicuramente non saresti finita in convento: non sai quanti figli di padri cornuti ci sono... e poi scopriresti com'è difficile vivere potendo scegliere!

Nel tuo racconto mi sembrava che la tua cella fosse la mia camera quando devo studiare, le tue punizioni assomigliassero al divieto di andare in montagna quest'inverno con i miei amici. Così divento lagnosa e capricciosa come Emma che spennava suo marito con le sue

Chissà se Madame Bovary usava "VALIGIE PIU' A BUON MERCATO" di quelle del Signor Alex D.?

(Serena Labia)

IL VECCHIO E IL MARE, di Ernest Hemingway

"Insistente è il movimento delle onde trasparenti che avanzano con la corrente. E' un continuo combattimento con l'altalena delle onde e il disperdersi dell'infinito. Anche il mare può apparire monotono, come la scrittura. In entrambi i casi l'elemento è primordiale la liquidità dell'acqua e dell'inchiostro che gioca tra le gamme di blu e di nero frastagliate di mutevoli sfumature". Ammiro molto l'autrice di queste parole Barbara Boschi, perché è con la semplicità delle sue parole che riesce a trasmettermi la sua grande passione per il mare. "Il vecchio e il mare", come "Maree", è riuscito a colpirmi nel profondo, a risvegliare in me la voglia di sentirmi parte dell'elemento più magico e affascinante della natura.

Ernest Hemingway racconta la vicenda di un vecchio pescatore, appassionato di baseball, che abitualmente si recava a pesca in compagnia di un ragazzo, al quale era molto affezionato. La fortuna non era dalla loro parte e i genitori del ragazzo hanno spinto il figlio ad allontanarsi dal vecchio. Così l'uomo, una mattina, si reca in mare ed è qui che si svolge tutta la vicenda.

Trovo che la convinzione, il coraggio e la forza d'animo del vecchio siano qualcosa di straordinario. Il protagonista dà animo e corpo per riuscire a catturare l'enorme pesce:

"Tenterò di nuovo, promise il vecchio, nonostante adesso le mani fossero molli e gli occhi vedessero soltanto tra i lampi. Raccolse tutto il dolore e ciò che gli restava della sua forza e dell'orgoglio da tanto tempo sopito e lo pose contro l'agonia del pesce...". Per catturare e poi salvare il meraviglioso animale dai pescicani stava distruggendo il suo corpo, ma nello stesso tempo stava fortificando in modo inspiegabile l'anima: "Mi stai uccidendo pesce, pensò il vecchio. Ma hai il diritto di farlo. Non ho mai visto nulla di grande e bello e nobile come te, fratello. Vieni a uccidermi. Non m'importa chi sarà a uccidere l'altro".

Il vecchio voleva bene al pesce: "Non gli piaceva più guardare il pesce da quando questo era stato mutilato. Quando il pesce era stato colpito era come se fosse stato colpito lui stesso".

Ho letto questo libro prima in inglese e poi in italiano e ho trovato che sia nella lingua originale che nella traduzione il lessico è molto semplice, caratterizzato da frasi brevi e aggettivi chiari. Un aspetto molto significativo è che l'esperienza del vecchio non è solo fisica, ma anche e soprattutto introspettiva: è un discorso trasmesso in una prosa calma e incalzante nello stesso tempo.

"Il vecchio e il mare" ha suscitato in me molto interesse, ma una cosa mi ha colpito in particolare: il fatto che Santiago ( il protagonista ) consideri il mare come una donna, che a volte concede grandi favori e altre volte no.

Non ho mai pensato al mare come ad una persona, ma l'ho sempre amato e non ho mai visto in esso alcuna avversità: non credo di aver mai temuto il mare.

Per me il mare non è solo sinonimo di estate, vacanze, amici... ma è anche motivo di riflessione: "semplicità, solitudine, intermittenze... ecco quel che il mare ci può insegnare". (B. Boschi)

"Les marées des septembres sont là. La mer est là, folle, folle de folie, de chaos, elle se débat dans una nuit continue." (M. Duras)

(Nadine Pepe)

MOLL FLANDERS, di Daniel defoe

Sono in libreria, devo prendere un libro, la copertina del romanzo di Daniel Defoe, "Moll Flanders", mi affascina. C'è un'elegante dama d'altri tempi che si fa vento mentre un'altra le bisbiglia maliziosamente in un orecchio. Lo compro: cosa avranno mai da dirsi?

Il romanzo si snoda nella prima metà del 1600 e la protagonista, Moll, narra di prima persona le sue vicissitudini. Nasce a Newgate, è per dodici anni una prostituta, cinque volte moglie, per sua sfortuna al suo stesso fratello, dodici anni una ladra, per otto una deportata criminale e alla fine diventa la ricca proprietaria di una piantagione in Virginia.

E' una donna concreta, forte, che resiste all'abbrutimento e al dolore, non si piega agli avvenimenti negativi, come un mercante programma e pianifica il suo futuro.

"E' per necessità" che lei dice di dover compiere azioni non proprio corrette, e su questo sono perfettamente d'accordo.

In una società londinese, discriminante e ipocrita è ammirevole che una DONNA, e per di più POVERA, riesca a provvedere a se stessa come un uomo.

Com'è diversa dalla Lucia manzoniana, pia, casta, devota fino alla fine, ... ma anche pitocca!

La valigia che porta con sé nel suo viaggio di ottanta anni, è carica del carattere di Jane Eyre, dell'orgoglio e dell'ostinazione di Hester Prynce (Lettera Scarlatta), dell'intelligenza di Marian, personaggio secondario di "Una donna in bianco".

Sembra però essere stata dimenticata da qualche parte quando Moll viene imprigionata a Newgate, carcere modello e alienante stile lager nazista.

"... il chiasso infernale, le grida, le bestemmie, il frastuono, il puzzo e la sporcizia si univano facendo di quel luogo quasi un simbolo dell'inferno, oltre che la porta per entrarci".

"Forse l'autore per ispirarsi ha letto il terzo canto della "Divina Commedia": "il gelo..., le grida..., van per l'aere senza stalle...".

Come la protagoniste di "C'è un punto della terra..." si tramuta in sasso, prima divenne stupida e incosciente, poi abbruttita e indifferente... alla fine le venne spontaneo trovarsi bene e a suo agio in quel luogo. Trattengo il fiato fino a quando non sono certa che la sua condanna a morte è stata revocata. Tifo per lei, è la protagonista del primo libro che leggo e vivo dalla parte del "cattivo", del "peccatore" che giudica sé stesso.

Si utilizza un linguaggio scorrevole, concreto, senza sfumature; niente metafore o similitudini ma attenti e abili spaccati di famiglie altolocate. Trovo splendide le parole utilizzate da Moll per descrivere le liti tra i componenti della famiglia del primo marito: "Tutti si stavano prendendo per i capelli... erano furibonde e scalmanate...".

Trovo, inoltre, che il linguaggio riesca a vivificare l'atmosfera di cui è permeato il romanzo: tetra e opprimente; sembra che il colore predominante sia il grigio e che l'aria sia satura di nebbie londinesi e del puzzo delle fogne a cielo aperto.

Un libro ottimo che consiglio a chi, come me, crede che una donna riesca a cavarsela in tutte le situazioni. (Giovanelli Giorgia)

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A cura di Agati Mario - [email protected] - www.agatimario.it


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