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Nozioni di Pesca Subacquea 1

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Nozioni di Pesca Subacquea 1



  737t1912h
Le norme per la pesca subacquea

Le norme di legge sono dettate principalmente nella Legge 14 luglio 1965 n° 963, Disciplina della pesca marittima, e nel suo regolamento d'esecuzione, il D.P.R. 2 ottobre 1968 n° 1639 (in particolare il Titolo III, Capo III, sezione "Della pesca subacquea"), e successive modificazioni. Vi sono poi le norme contenute nelle Ordinanze Balneari emanate dalle Capitanerie di Porto (che hanno efficacia nell'ambito del compartimento marittimo per la stagione balneare), nonchè i regolamenti delle zone protette e le norme di emanazione regionale per le acque interne.

Per esercitare la pesca professionale occorre la specializzazione di pescatore subacqueo, la pesca sportiva, invece, cioè compiuta a fine ricreativo e sportivo, in mare non richiede, generalmente, il possesso della licenza di pesca. Naturalmente, è vietata, sotto qualsiasi forma, la vendita e il commercio dei prodotti di tale tipo di pesca.

Sintesi della disciplina della pesca subacquea sportiva.

E' vietata la pesca subacquea:

· di notte (consentita solo dall'alba al tramonto);

· a distanza inferiore a 500 m dalle spiagge frequentate da bagnanti;

· a distanza inferiore a 100 m da impianti fissi di pesca, da reti, da navi all'ancora;

· in zone di mare di regolare transito di navi per l'uscita o l'entrata nei porti ed ancoraggi (determinate dal capo del compartimento marittimo);

· nelle zone protette.

È inoltre vietato:

· l'uso di apparecchi ausiliari di respirazione; è consentito però trasportare su un mezzo nautico fucili subacquei e apparecchi di respirazione della capacità massima di 10 litri, fermo restando il divieto del loro utilizzo contemporaneo. In tal caso, sul mezzo nautico deve restare una persona pronta ad intervenire in caso d'emergenza.

· tenere il fucile subacqueo in posizione d'armamento se non in immersione e transitando in zone frequentate da bagnanti;

· l'uso del fucile subacqueo ai minori d'anni 16. Chiunque cede o affida (se all'affidamento segue l'uso) un fucile o attrezzo simile a minore d'anni sedici è punito con S.A. da L. 500.000 a L 3.000.000.

È obbligatorio:

· denunciare all'Autorità Marittima il rinvenimento di relitti d'apparecchiature militari, armi, bombe ed altri ordigni esplosivi, oggetti d'interesse storico, archeologico ed etnografico;

· che il subacqueo si segnali con una boa visibile a 300 m; nel caso - sempre opportuno - che il subacqueo si appoggi ad una barca, può essere esposta su questa una bandiera (il che è obbligatorio se nessuno resta a bordo): quella bianco-celeste corrispondente alla lettera A del Codice Internazionale dei Segnali, o quella rossa con una striscia diagonale bianca, se si è in acque nazionali;

· che il subacqueo rimanga entro un raggio di 50 m dalla verticale del segnale (boa o mezzo nautico).

Limiti di cattura: per il pescatore sub sportivo sono gli stessi che per la pesca sportiva di superficie:

· 5 kg giornalieri, complessivi tra pesci, molluschi e crostacei (salvo il caso di un singolo pesce di peso superiore);

· 1 sola cernia al giorno, di qualsiasi specie.

Prede vietate:

- non si possono raccogliere "coralli, molluschi e crostacei". Il termine "molluschi" va inteso in senso restrittivo, rimanendo la possibilità di catturare molluschi cefalopodi (polpi, totani e seppie); è invece strettamente vietata la pesca dei datteri (lithofagus-lithofagus). La raccolta del riccio di mare è consentita solo in apnea, manualmente e fino a 50 esemplari al giorno.

AMBIENTE MARINO

  737t1912h CALENDARIO VENATORIO

I mesi si susseguono veloci, non sempre uguali anno dopo anno, e ognuno di essi riserva al pescatore subacqueo delle novità.

Abbandoniamo l'estate, ricca di sole e di caldo, di dentici e ricciole, e senza accorgercene quasi giungiamo all'autunno, prodigo di giornate tiepide alternate a capricciose perturbazioni atmosferiche, ma fertili sotto la superficie del mare.

  737t1912h Poi arriva il freddo inverno e mentre la tramontana sferza i litorali le grosse spigole fanno capolino nel bagnasciuga svegliando immediatamente i sub più pigri dal torpore sportivo in cui si può facilmente cadere.

Il corpo temprato alle variazioni di temperatura stagionali, alle sollecitazioni della risacca, alle manovre di compensazione, è pronto alla natura che sta per "esplodere": siamo in vista dei mesi estivi e un crescendo di vita, di mangianza, di luminosità consentono finalmente gli atleti di esprimersi con la massima efficacia strategica.

Questa rapidissima sequenza d'immagini accompagna l'excursus di chi ama la pesca sub e come un ipotetico annuario si snoda tra mesi prodighi di belle pescate e momenti meno favorevoli, attimi d'esaltazione e lampi di tristezza.

Il denominatore comune resta la passione che circumnavigando perturbazioni atmosferiche e solleoni africani, tramontana e scirocco, pioggia e siccità, ci fa vivere sempre emozioni grandissime.

Gennaio

Il freddo di gennaio è proverbiale e anche in prossimità dei litorali mediterranei, dove notoriamente il clima è mitigato dalla presenza del mare, bisogna stringere i denti.

Venti glaciali scendono a valle e s'insinuano dappertutto.

La vestizione all'aperto è un'impresa al limite della bronco polmonite assicurata e anche i pescatori più determinati trovano "lungo".

Ma con qualche precauzione termica legata all'ingresso e alla fuoriuscita dall'acqua si riescono a superare i momenti più critici.

C'è chi si cambia in macchina e chi in casa; chi sceglie l'androne di un palazzo e chi una cabina telefonica: l'inventiva personale non conosce limiti.

I percorsi di caccia si rivolgono prevalentemente ai fondali bassi, dove la fauna si concentra maggiormente e quindi state attenti a reperire un punto ridossato per immergersi. Zavorrati e coibentati al punto giusto tentiamo di insidiare la specie regina del mese: la spigola.

Si spinge sotto riva per riprodursi e la fame la costringe ad essere molto attiva. Ci sono atleti che ne vanno letteralmente pazzi e che in tutti i momenti liberi cercano di insidiarla.

Gli esemplari che hanno il ventre colmo d'uova si riconoscono per le dimensioni abnormi del ventre che appare tozzo e rigonfio. Il pescatore subacqueo si astiene nel premere il grilletto sulle femmine gravide (possiede il "potere" ecologico di scelta prima del prelievo finale) mentre attende fiducioso i grossi maschi.

Febbraio

La sapienza dei nostri vecchi non si smentisce: guardando le cime delle montagne imbiancate di neve si provano i brividi prima ancora di estrarre l'equipaggiamento.

Se gennaio faceva battere i denti questo mese non è da meno, anzi! Il gommone è parcheggiato al riparo ed è veramente arduo il pensiero di poterlo alare in qualche week-end felice!

Dappertutto si festeggia il Carnevale e tra carri allegorici e coriandoli c'è soltanto qualche sub coraggioso che si azzarda a programmare un'immersione. Magari nello zainetto ha infilato i dolcetti tipici della nonna che nel post caccia ritemprano con una botta di calorie il fisico provato da tre, quattro ore di mare.

Battendo le aree di grotto, le franate, le massicciate di qualche diga foranea potete imbattervi in raggruppamenti di saraghi che si stanno preparando alla frega. Si tratta d'esemplari generalmente corpulenti e basta fiocinarne un paio per garantirsi una cena con i fiocchi.

Talvolta s'intanano in luoghi facili, non impegnativi che spesso non consideriamo neppure. E' già successo, ad esempio in competizioni invernali, d'individuare pallonate di sparidi all'interno di calette brulle che solitamente non si degnano d'uno sguardo.

Le spigole sono ancora presenti e durante una scaduta di mare conviene dedicarsi alla pesca all'aspetto poiché oltre ai saraghi che volteggiano nella risacca potreste incontrare qualche serranide in caccia.

Marzo

E' considerato universalmente il mese della variabilità: il gelo è meno pungente e qualche bella giornata di sole alza la temperatura dell'aria e inizia ad illuminare efficacemente la flora sottomarina.

Sott'acqua la temperatura raggiunge i valori più terribili. I fiumi e i torrenti scaricano a mare l'acqua proveniente dallo scioglimento dei manti nevosi, dei ghiacciai e il termometro può precipitare sotto la soglia dei 10°!

La muta, i calzari, i guanti saranno piuttosto spessi: è l'unica soluzione possibile per nuotare tranquillamente senza accusare profondo disagio e conseguenti distrazioni.

La nota dolente si riscontra pure nell'osservazione subacquea poiché spesso il paesaggio è desolato, senza molti pesci in movimento: è facile provare un po' di delusione.

Eppure anche questo mese all'apparenza sterile e inospitale aiuta a mantenere alta la concentrazione e in un certo senso educa l'atleta a non abbandonare le speranze. C'è sempre la possibilità di sparare agli onnipresenti cefali, a spigole ritardatarie, ai saraghi stanziali, eccetera. A noi è capitato di arpionare diversi pesci San Pietro e qualche corpulento calamaro.

Ma i più contenti sono coloro che hanno la pazienza di esplorare i fondali rocciosi che in questo periodo ospitano molluschi di vario genere.

L'occhio vigile potrà evidenziare dietro un ciuffo di posidonie o dentro un avvallamento, le seppie perfettamente mimetizzate o intente a corteggiarsi mentre i polpi di generose dimensioni colonizzano vaste aree e grazie al fatto che non ci sono molti pescatori si trovano in numero abbondante.

Aprile

Sancisce l'arrivo della primavera e le prime uscite divertenti in gommone. Il battello è stato fermo per un po' di tempo e una controllata alla pressione dei tubolari, alle condizioni del motore, alle dotazioni di bordo è d'obbligo per non rischiare di restare in panne o di incappare in pesanti sanzioni pecuniarie.

  737t1912h Naturalmente i pallidi raggi di sole, le giornate più lunghe non devono mai fare abbassare la guardia riguardo ai capi protettivi da indossare: i raffreddamenti e le costipazioni sono in agguato visto che improvvisi acquazzoni e venti tesi sono sempre possibili.

  737t1912h Riusciamo a spingersi verso litoranei lontani, verso isolette non raggiungibili da terra e peschiamo in assoluto relax. L'acqua è ancora freddina ma la temperatura esterna permette di riscaldare la muta durante le pause di superficie.

Non ci sono specie animali che prevalgono su altre: il dato che colpisce principalmente il subacqueo è la diffusione di piccoli pesciolini dappertutto. Saraghetti, salpette, acciughette, piccoli muggini nuotano riuniti in branchi e gli unici pericoli sembrano derivare dagli uccelli marini che li rapiscono di tanto in tanto.

L'incontro con pesci predatori è raro mentre le esplorazioni in tana possono far incontrare animali insoliti come gattucci, astici migrati temporaneamente verso terra. Su certe volte d'antri riparati si osservano i grappoli d'uova deposti dai cefalopodi che attendono di schiudersi.

Maggio

Gli animi fervono perché maggio induce alla gioia con i giorni che si allungano sempre di più, con i periodi soleggiati che in regioni fortunate consentono le prime abbronzature.

L'estate si sta preparando, la natura è rigogliosa. Le piogge si sono diradate e le perturbazioni concedono un po' di respiro.

Alcuni sub che non temono il freddo risciacquano per bene gli spessi capi di neoprene da 6.5 o da 7 millimetri e li sistemano negli armadi.

Nelle borse compaiono le pinne lunghe, le mute da 5 millimetri, le maschere a volume interno ridotto e i primi fucili con le aste pesanti. L'acqua del mare si sta progressivamente scaldando e i 17/18 gradi non sono più un miraggio.

Gli apneisti tornano in attività copiosi e anche coloro che d'inverno sono sempre stati in piscina azzardano le prime uscite vere. I circoli di pesca organizzano frequentemente manifestazioni agonistiche e i carnieri si fanno più pesanti rispetto ai mesi precedenti.

I pesci ricompaiono nei luoghi conosciuti, taluni raggiungono batimetriche medio fonde, e tutti comunque allietano gli occhi dei sub. Le pallonate di mangianza, soprattutto quelle che attorniano le secche e le risalite al largo, non sono più tranquille: i grandi tunnidi si avvicinano ai litorali per la riproduzione e fanno man bassa di migliaia di corpicini.

Si provano i tuffi profondi nella speranza d'incrociare un pelagico su cui collaudare una nuova arma. Gli aspettisti sono eccitati anche dai primi timidi dentici che in certe zone del mediterraneo assommano per la fase riproduttiva. Chi è bravo inizia ad effettuare parecchie catture e affina i sensi per il mese successivo.

Giugno

Per chi è libero da impegni di studio o di lavoro è arrivato il mese d'oro. Una settimana dedicata esclusivamente alla caccia subacquea fa vivere in questo periodo splendide avventure.

Il caldo, le stabili condizioni meteo marine, l'abbondanza ittica rappresentano un richiamo irresistibile per tutti. Il tramonto giunge tardi e le ore per pescare sono tantissime. Il mare raggiunge in superficie la temperatura di 19° e il termoclino tende a scendere e ad assestarsi oltre i 15/16 metri.

I presupposti per attirare sotto costa la fauna ittica ci sono tutti. L'unico neo è rappresentato dalle ordinanze balneari che in molti luoghi di villeggiatura impediscono di svolgere l'attività venatoria.

La data fatidica media capita intorno al 15 del mese; è consigliabile recarsi nelle rispettive capitanerie di porto per conoscere i singoli dettagli legali che possono variare d'anno in anno. Attenti anche alle imbarcazioni dei turisti che scorrazzano su e giù senza prestare attenzione alle boe segnasub o alle bandiere regolamentari sistemate sulle barche.

La bellezza dell'ambiente marino è vivacizzato dalle famiglie di corvine che fanno la siesta vicino alle lastre appoggiate sulle distese di posidonie e con qualche pezzo che oltrepassa i due chilogrammi, dai branchi di muggini, dai gruppi di dentici che prendono posizione attorno alle cigliate, dalle ricciole che inseguono le timide aguglie, dalle lecce che braccano le occhiate, dalle cernie che appaiono alle pendici delle scalumate, alle pallonate di saraghi che mangiano in parete, alle tanute che nuotano sulla verticale dei cappelli, eccetera.

Tutti hanno la possibilità di divertirsi e la ressa costituita da torme di bagnanti e villeggianti non si è ancora manifestata appieno.

Luglio

E' arrivata l'estate e per qualcuno scatta la prima ondata di ferie. Le località di mare incominciano ad accogliere gente e per i pescatori è tempo di guardare l'orologio e agire di conseguenza.

Chi era abituato a partire da riva deve stare molto attento a tutte quelle aree in cui nuotano i bagnanti perché generalmente sono divenute off limits: solerti forze dell'ordine sono prontissimi a redarguirvi e nella peggiore delle ipotesi a multarvi.

Bisogna cercare dei punti sperduti e impervi da cui prendere il largo oppure alzarci di buon mattino, meglio qualche minuto prima dell'alba, in modo da poter pescare dappertutto senza restrizione alcuna.

La sera è altrettanto buona ma il tempo che intercorre tra la fine del divieto e l'oscurità risulta piuttosto risicato. L'unica consolazione è data dal fatto che il "pienone" turistico non è ancora ai massimi livelli e quindi la soluzione per qualche ora di caccia si trova sempre.

Con un gommone, invece, le possibilità di immergersi e di spostarsi si fanno numerose. Lo stato del mare è spesso calmo e la navigazione si svolge comodamente: si battono capi a picco sul mare, scogliere e franate, secche e isole. E' un piacere indossare capi di neoprene sottili e piombature leggere perché finalmente si può stare in acqua molte ore e il comfort totale è alto.

Tutta la preparazione psico fisica svolta durante i mesi precedenti viene testata a fondo: la trasparenza del mare, il suo tepore, la presenza di tutto il campionario di fauna ittica invogliano a stare in acqua il più possibile e per intere giornate. Al ritorno ci aspettano gli amici del campeggio e la grigliata si svolge festosa ma senza eccessivi clamori: le roulette e le tende non sono ancora appiccicate l'un l'altra.

Agosto

Tutti in ferie! E' scattato l'esodo e la confusione tocca i vertici. Lunghe colonne di autoveicoli si accodano in serpentoni infiniti.

Code paurose ai terminal dei traghetti, ai caselli autostradali, ai poli ferroviari. Lo stress del viaggio supera le previsioni dell'anno precedente ma la voglia di mare è incredibile. Hotel, pensioni, alberghi, camping, seconde case, si riempiono di gente stanca, desiderosa di abbandonarsi sulle spiagge e di ritemprare mente e fisico.

Gli arenili sono assiepati di popolazione variopinta e gli spazi da un ombrellone e l'altro si misurano col centimetro. In mezzo a bambini che giocano con il secchiello e la paletta e a genitori che li sorvegliano come gendarmi ci sono dei subacquei che armeggiando con fiocina e retino cercano i polpi: sono i cosiddetti pescatori di Ferragosto.

Al porto o allo scivolo della marina bisogna aspettare il proprio turno perché la fila di carrelli è lunga. Ci sono gommoni fiammanti acquistati per navigare giusto un paio di settimane e altri logori da molte ore di mare; subacquei attrezzati all'ultima moda e pescatori addobbati con consunte mute mimetiche.

Dopo le attese di rito si tocca finalmente il mare e inizia la ricerca di un luogo tranquillo. Dappertutto ci sono imbarcazioni e nei posti buoni per pescare è facile ci siano già un paio di palloni colorati.

L'acqua è quasi tiepida, si scorgono i fondali dalla superficie ma i pesci sono difficili e prontissimi a dileguarsi. Chi non riesce a sfruttare l'alba e il tramonto deve sudare un po' di più per procurarsi qualche pinnuto. A volte il pesce s'intana negli abissi e solo i più allenati riescono a far carnieri discreti. Dopo ferragosto assistiamo al grande ritorno e progressivamente il mare ritorna allo stato brado.

Settembre

L'estate si sta avviando al prologo finale senza regalarci prima settimane deliziose. Il mese della vendemmia e del ritorno alle attività lavorative è un periodo eccellente per i pescatori subacquei.

Il tempo è ancora stabile anche se le giornate si stanno accorciando sensibilmente e qualche perturbazione rompe anzitempo l'anticiclone delle Azzorre. L'aria si raffredda al mattino presto e alla sera, e compaiono le foschie. Le bonacce settembrine consentono di prendere il largo in modo celestiale e di esplorare tutti i luoghi che si desiderano.

La mangianza che si nota in mare è abbondantissima e gli incontri con i pelagici sono molto frequenti. Ogni ingresso in mare è un rito carico di aspettative e di belle avventure. Ricciole, Lampughe, palamite, tonni si abbandonano a vere e proprie razzie alimentari e rappresentano la meta ambita per molti cacciatori subacquei.

Tutto l'equipaggiamento non ammette debolezze perché settembre è il mese dei grandi incontri, della preda dei sogni e sarebbe assurdo vanificare una cattura prestigiosa a causa di un'attrezzatura inadeguata.

Ci sono manipoli di sub che si organizzano per una breve vacanza, non alterata da code chilometriche e prezzi gonfiati, e che si divertono un mondo. Il pesce è numeroso anche in prossimità dei litorali si fanno delle ottime pescate. I branchi di cefali compaiono dappertutto e anche chi sta imparando a pescare può verificare direttamente il grado di apprendimento raggiunto.

I più bravi potranno dedicarsi alla cattura dei dentici che ritornano numerosi sui cappelli delle secche, all'aspetto profondo ai dotti che offre grande piacere sportivo, alla caduta sui serranidi favorita da uno stato ambientale di quiete.

Ottobre

Siamo entrati nell'autunno e con esso giungono le perturbazioni atlantiche. L'area di alta pressione abbandona il bacino del mediterraneo e lascia che nuvole e piogge affliggano il territorio.

Se il ciclo che sta prendendo piede da qualche anno a questa parte continuerà a verificarsi ci sarà di nuovo il rischio di violenti fenomeni alluvionali. Le precipitazioni ingrossano i fiumi che a loro volta riversano in mare tonnellate di limo e acqua dolce.

Quando gli episodi rientrano nella normalità i pescatori subacquei possono sfruttare a loro favore queste situazioni poiché nelle aree interessate dagli estuari fluviali si concentra un'enorme massa di nutrienti con conseguente afflusso di parecchie specie ittiche.

Ottobre è il mese in cui riaprono le piscine al coperto e che moltissimi apneisti frequentano per mantenersi in forma e per associarsi amichevolmente. I fine settimana sono generalmente dedicati alla frequentazione di un località marina e di conseguente pescata comune.

Durante questo mese la frequenza di belle catture è ancora molto alta e in certi frangenti eccezionale: attaccati alla riva ci sono i drappelli di cefali intenti alle fasi riproduttive, la presenza di orate è diffusa così come quella di saraghi, palamite, lecce e affini, i dentici non si sono ancora eclissati, le cernie tendono ad assommare, eccetera.

La quiete è pressoché totale. L'acqua del mare conserva una temperatura ottimale e le immersioni sono ancora confortevoli con i capi estivi. Solo verso la fine del mese qualcuno sente il bisogno di incrementare lo spessore della giacca.

Novembre

Il mese che ci accompagna all'inverno segna il grande spartiacque tra chi sceglie la pesca subacquea come passatempo prettamente estivo e chi, invece, è determinato a scendere in mare durante l'intero arco dell'anno e tutte le volte che può. Le giornate uggiose si alternano a piovaschi intensi e alle prime nevicate in quota.

E' tempo di recuperare l'abbigliamento pesante e di usare i riguardi per non ammalarsi. C'è chi non ha più voglia di tuffarsi in mare quando il tempo peggiora, l'acqua inizia a raffreddarsi, fuori imperversano i gelidi venti del nord. E che dire poi dell'imbarcazione che espone i naviganti a urti continui sul mare formato, a correnti subdole, eccetera eccetera.

Il capannone di rimessaggio è la soluzione più appropriata fino all'anno venturo; per uscire basta la macchina. Ma i veri pescatori rinnovano la muta, indossano sottili guanti e calzari e si adattano alle nuove condizioni ambientali fiduciosi di effettuare delle cospicue pescate.

Qualche individuo gagliardo esce ancora in gommone raggiungendo posti che da mesi nessuno frequenta. Se nel mese precedente non si sono verificati dei grossi cataclismi troveremo un mare tutto sommato accogliente, temperato che non limita eccessivamente la permanenza in acqua.

Molte specie ittiche che compaiono in piena estate possono ancora frequentare gli ambiti costieri regalandoci vere e proprie sorprese: è il caso di branchi di ricciole, di tonni solitari, di oratone che vagano in poca acqua.

Possiamo trovare pure i primi branzini anche se difficilmente raggiungono pesi record. Se l'acqua si è raffreddata parecchio può capitare di osservare dei grossi pesci, come ad esempio dentici, che nuotano stranamente in bassofondo, quasi il gelo li avesse sorpresi all'improvviso.

Dicembre

L'inverno sul calendario inizia il 21 ma di fatto il freddo è già calato su tutte le regioni mediterranee.

Le giornate sono effettivamente più corte e verso le cinque del pomeriggio la luce naturale diminuisce sensibilmente fino a scomparire del tutto. Il tempo a disposizione è poco, il tramonto giunge repentino, e chi non vuole perdere l'avventura in mare deve programmare le immersioni nelle prime fasi del giorno o al massimo nelle ore centrali della giornata.

Ci attendono spesso risacca e schiuma e occorre una buona padronanza per destreggiarsi tra un onda e l'altra però in ambienti così agitati anche i pesci sono più vulnerabili.

L'incontro con le spigole diventa una piacevole costanza seguita da cefali, saraghi, salpe. Tra le rocce si scoprono polpi di svariati chili che se ne stanno immobili quasi il freddo li stesse congelando.

C'è chi legge riviste dinanzi al crepitio del caminetto, chi guarda video di pesca in compagnia degli amici di piscina, chi si diletta ad elaborare l'attrezzatura.

I garage diventano delle vere e proprie officine e su mute, maschere, pinne e fucili si esprime la fantasia del novello artista. Forse è un modo per "sentire" il mare anche a molti chilometri di distanza. Poi arrivano le feste, il Natale, e sotto l'albero scorgete uno scatolone basso e allungato: sarà un nuovo tipo di pinne o un bel fucile?

Aree Marine Protette ISTITUITE

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Aree marine protette

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Aree marine di prossima istituzione

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Parchi nazionali con superficie a mare

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Aree di reperimento

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Isola di Gallinara

Isole Pelagie

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Grotta e isola di Bergeggi

Capo Passero

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Golfo Portofino

Pantani di Vindicari

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Cinque Terre

Isole Ciclopi

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Secche della Meloria

Grotte di Aci Castello

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Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano

Isola Capo Rizzuto

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Monti dell'Uccellina, Formiche di Grosseto,

foce dell'Ombrone, Talamone

Porto Cesareo

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Secche di Torpaterno

Penisola Salernitana (grotte Zinzulusa e Romanelli)

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Isole Pontine

Torre Guaceto

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Ventotene e Santo Stefano

Isole Tremiti (parco nazionale del Gargano)

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Monte di Scauri

Torre Cerrano

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Punta Campanella

Parco marino del Piceno

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Regno di Nettuno

Costa del monte Conero

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Isola di Capri

Miramare

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S.Maria di Castellabate

Parco nazionale della Maddalena

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Costa degli Infreschi

Capo Testa-Punta Falcone

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Costa di Maratea

Isola dell'Asinara

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Isole Eolie

Capo Caccia - Isola Piana

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Monte a Capo Gallo

Penisola del Sinis, isola di Mal di Ventre

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Ustica

Isola di San Pietro

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Promontorio monte Cofano

Capo Spartivento - Capo Teulada

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Stagnone di Marsala

Capo Carbonara

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Isole Egadi

Golfo Orosei - Capo Monte Santu

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Isola di Pantelleria

Isola Tavolara - Capo Coda Cavallo

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.Isola dell'Asinara . Capo Caccia - Isola Piana . Capo Carbonara . Capo Gallo - Isola delle Femmine . Capo Rizzato . Isole Ciclopi . Cinque Terre . Isole Egadi . Diramare . Isole Pelagie . Porto Cesareo . Portofino . Punta Campanella . Penisola del Sinis - Isola di Mal di Ventre . Secche di Tor Paterno . Tavolara - Punta Coda Cavallo . Torre Guaceto . Isole Tremiti . Isola di Ustica. Isole di Ventotene e Santo Stefano . Santuario per i mammiferi marini . Parco sommerso di Baia . Parco sommerso di Gaiola

Aree Marine Protette di prossima istituzione

. Arcipelago della Maddalena . Arcipelago Toscano . Isole Eolie . Capo Testa - Punta Falcone . Costa degli Infreschi . Costa del Monte Conero . Golfo di Orosei - Capo Monte Sannu . Isola di Berteggi . Isola di Capri . Isola di Gallinara . Isola di Pantelleria . Isole Pontine di Ponza, Palmarola e Zannone . Parco marino del Piceno . Penisola Maddalena - Capo Murro di Porco . Regno di Nettuno (Isole di Ischia, Vivara e Procida) . S. Maria di Castellabate . Secche della Meloria . Torre del Cerrano

Area marina di reperimento

. Monti dell'Uccellina, Foce dell'Ombrone, Formiche di Grosseto, Talamone . Isola di S. Pietro . Monte di Scauri . Penisola Salentina (Grotte Zinzulusa e Romanelli) . Costa di Maratea . Grotte di Acicastello
. Pantani di Vindicari (isolotto di Vendicari) . Capo Passero (isola di Capo Passero) . Stagnone di Marsala (Isole Grande, S. Maria, S.Pantaleo) . Promontorio Monte di Cofano-Golfo Custonaci

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APNEA: LA RESPIRAZIONE

Vediamo adesso di dare alcune indicazioni utili sulla pratica dell'apnea. Mi sento di precisare che riguardo alla respirazione associata all'apnea sono stati scritti libri interi; sarebbe sciocco credere che in poche righe si possa sintetizzare tutto quello che c'è da sapere. Quelli che seguono sono solo alcuni cenni che probabilmente in futuro svilupperò con altri articoli specifici; ho preferito dare alcune "dritte" che potessero essere utili soprattutto per chi inizia, evitandogli di "partire col piede sbagliato"! IMPORTANZA DELLA RESPIRAZIONE PER L'APNEA

Il legame tra respirazione ed apnea potrebbe sembrare ovvio e banale, ed in effetti... lo è, ma forse non tutti sanno come respirare correttamente per prepararsi a trattenere il fiato.

La respirazione corretta ci fa ottenere vantaggi sia in termini di durata dell'apnea che, cosa assai più importante, per quanto riguarda la sicurezza delle nostre immersioni.

Giusto per dare alcuni cenni brevi ma significativi sul rapporto apnea-respirazione-rilassamento, ricorrerò ad un esempio che mi sembra molto esplicativo.

Il nostro corpo è come un'automobile.

Abbiamo un motore che consuma, che nel nostro caso sono le gambe (se pinneggiamo) o il cuore e gli altri muscoli su cui non possiamo intervenire direttamente (se facciamo apnea statica).
Abbiamo anche un serbatoio, dato dai polmoni, in cui facciamo il pieno della nostra benzina, che è l'ossigeno.

Se vogliamo percorrere più strada possibile, quali alternative abbiamo?
La prima è quella di procurarci un serbatoio più grosso (o allargare il nostro).
Sfortunatamente questo non è possibile, perché il volume polmonare che Madre Natura ci ha dato ce lo teniamo così com'è e non possiamo aumentarlo.

Attenzione, però!

Non è detto che sappiamo già sfruttarlo tutto ! Su questo possiamo intervenire. Può darsi (ed è quasi sempre così) che non sappiamo svuotarlo bene e che un po' di benzina rimanga inutilizzata al suo interno, oppure che non riusciamo a riempirlo al massimo, perdendo spazio utile. Le tecniche di respirazione che si imparano nei corsi di apnea servono proprio per questo. L'esame spirometrico vi darà, col passare del tempo, un utile riscontro. Ci sono casi, tutt'altro che rari, in cui si sono avuti incrementi superiori al litro e mezzo di capacità polmonare, solo perché si è imparato a muovere bene i muscoli respiratori.


La seconda alternativa disponibile per percorrere più strada con la nostra auto è quella di consumare meno, ottimizzando gli sforzi ed i movimenti.

Questo si ottiene imparando a rilassarsi ed acquisendo le giuste tecniche di immersione (pinneggiata, posizione, ecc.). Oltre a questo, anche l'allenamento fisico serve, perché permette di migliorare il rendimento del nostro motore.

Merita molta attenzione il discorso sull'iperventilazione, che è quella manovra che ci fa aumentare la quantità d'aria ventilata per ogni minuto (respirazione profonda e veloce).

NON DEVE ESSERE MAI FATTA PRIMA DI UN'APNEA

I motivi veramente importanti non li riporto qui, perché meritano di essere affrontati in maniera approfondita. Mi limiterò a dire che tale manovra non ci fa riempire di più il serbatoio; l'ossigeno che entra nei polmoni è sempre quello, anche se respiriamo più velocemente. Inoltre non ci fa partire col "motore al minimo", come dovremmo fare per stare in apnea; infatti, i movimenti respiratori rapidi e profondi dell'iperventilazione fanno affaticare, innalzano il ritmo cardiaco e la pressione arteriosa. Tutto ciò è assolutamente controindicato per l'apnea. Ripeto che i motivi reali per cui si sconsiglia l'iperventilazione sono altri e ben più importanti, perché riguardano la nostra sicurezza.
Per approfondire, vi rimando al prossimo articolo.

PREPARAZIONE ALL'APNEA

La respirazione più adatta a chi si immerge in apnea è quella che prevede un maggior ricambio d'aria con il minor sforzo. In altre parole, la respirazione dell'apneista deve essere la più efficiente possibile.

Divideremo la respirazione di preparazione ad un'apnea, sia essa statica o dinamica, in tre fasi.

PRIMA FASE

All'inizio della preparazione è molto più importante rilassarsi, perciò dedicheremo la nostra attenzione alla ricerca di un rilassamento fisico ottimale e del giusto stato mentale.
La respirazione sarà normale, fisiologica, in altre parole quella che ci viene spontanea senza pensarci. Sarà comunque lenta e tranquilla, come deve essere quando ci stiamo rilassando.

SECONDA FASE

Mai fare un'apnea dopo aver iperventilato

La respirazione non può essere slegata dal rilassamento e viceversa. Per raggiungere uno stato fisico e mentale ancora più adatto al nostro scopo, inizieremo la respirazione diaframmatica.

Questo tipo di respirazione prevede l'utilizzo del solo muscolo diaframmatico sia per l'inspirazione che per l'espirazione, mantenendo i muscoli toracici perfettamente rilasciati e sciolti. Così facendo si riesce ad avere un ottimo ricambio d'aria, poiché il diaframma interviene sulla parte bassa dei polmoni, la parte più grande e quella che, se non svuotata bene, ci causa un enorme ristagno di aria viziata. Inoltre il movimento di tale muscolo è un movimento molto meno dispendioso rispetto al movimento dei grossi fasci muscolari toracici.

Durante questa fase, avremo cura di non forzare troppo l'espirazione perché ci causerebbe un lavoro muscolare eccessivo. Per lo stesso motivo anche l'inspirazione non sarà massima. Inoltre, non volendo far intervenire il torace, non sarebbe possibile fare un'inspirazione massima solo col diaframma.

E' importante che il tempo dell'espirazione sia più lungo di quello di inspirazione; circa il doppio. Per esempio, se inspiriamo per un tempo di 8 secondi, dobbiamo espirare in un tempo di 16 secondi (circa). Questi sono tempi indicativi e validi per che è agli inizi; un apneista di alto livello può impiegare anche 1 minuto per un atto completo (20 secondi di inspirazione + 40 secondi di espirazione).

Per chi fa pesca subacquea il discorso sarebbe valido, ma in questo caso esiste il vincolo di ritornare sott'acqua prima possibile e di far durare la prestazione per alcune ore, perciò i tempi di preparazione e recupero sono più rapidi. Naturalmente, tempi a parte, il tipo di preparazione non cambia.


TERZA FASE

Negli istanti immediatamente precedenti all'apnea, dobbiamo sforzarci un po' di più, facendo intervenire anche il torace ed effettuando atti respiratori completi e profondi. Sono sufficienti 3 o 4 atti per essere pronti. In questa fase, quindi, sia l'inspirazione che l'espirazione saranno profonde, ma sempre senza irrigidirsi troppo. L'ultima espirazione è importantissima, in quanto ci fa eliminare l'aria viziata, facendo spazio per quella nuova che prenderemo, perciò deve essere particolarmente profonda, facendo risalire bene in diaframma verso l'alto. L'ultima inspirazione sarà leggera (al 60%) se dobbiamo fare apnea statica, un po' di più per la dinamica in piscina bassa. Se dobbiamo fare un tuffo profondo, invece, dobbiamo prendere più aria possibile, muovendo bene, in ordine: diaframma, torace, spalle e clavicole. Con l'esperienza si impara a tenere anche aria in bocca, che poi faremo scendere dopo i primi metri di discesa.

RESPIRAZIONE SUCCESSIVA ALL'EMERSIONE

E' importantissimo che il primo atto respiratorio dopo l'apnea sia piccolo; intorno al 30-40% del volume polmonare totale. Questo per una serie di motivi, tra cui quello di far passare meno tempo possibile prima che le prime molecole di ossigeno (anche se poche), prese con l'inspirazione, raggiungano i polmoni.

La cosa più sbagliata che possiamo fare appena emersi è un'espirazione profonda, anche se è questo che ci viene spontaneo fare. Dobbiamo evitarlo assolutamente.

Dopo il primo atto, allora sì che è importante ricambiare bene e velocemente tutta l'aria che abbiamo dentro. Questo è l'unico momento in cui possiamo accelerare il ritmo respiratorio, effettuando un'iperventilazione di recupero. Due cose fondamentali: l'iperventilazione di recupero deve durare poco (non più di un minuto) e prima della successiva apnea dobbiamo prenderci il tempo necessario per ristabilire le condizioni iniziali, effettuando da capo la preparazione che abbiamo visto.


MAI FARE UN'APNEA DOPO AVER IPERVENTILATO, ne va della vostra sicurezza.

ALLENARE L'APNEA del Prof. Mario Ciavarella

Isole Tremiti 7 Giugno 2003

La grandissima evidenza che oggi ha la pratica dell'apnea, trova il suo motivo più rilevante nella rincorsa ai record di profondità, ai quali abbiamo assistito tutti noi in questi ultimi anni. L'indubbio fascino e richiamo al mondo degli abissi é stato quindi amplificato sia dai media che da personaggi che ben hanno comunicato il loro amore per l'attività (Umberto Pellizzari è al momento indiscutibilmente il massimo esponente) del profondismo e del mare. Sono così aumentati, a dismisura, i praticanti che si sono avvicinati con passione ed entusiasmo al mondo dell'apnea. Questo ovviamente obbliga coloro i quali si occupano di trasmettere informazioni sull'attività, a fornire le più idonee e confermate conoscenze a riguardo. Conoscenze che rivolte ai più debbono chiarire ed informare sulle reali possibilità di ognuno, specificando le interconnessioni fisiologiche che l'immersione in apnea comporta, i mezzi (esercizi) più idonei per migliorare le proprie performance, al fine di acquisire non solo nuove possibilità psicofisiche, ma soprattutto per ampliare i margini di sicurezza.

Quindi trovare soddisfazione nel miglioramento delle capacità individuali per meglio (con più garanzia) godere delle coinvolgenti sensazioni che tale attività fornisce, andando aldilà della misurazione prestativa da perseguire, evitando pericolose tentazioni di imitazione dei campioni. Detto ciò, pensiamo sia chiaro che l'allenamento all'apnea proposto in queste pagine ha l'intento di fornire informazioni adatte alla bisogna della gran parte dei praticanti l'apnea, fornendo specifiche sulla metodologia più conforme allo sviluppo delle proprie capacità, evitando qualsiasi danno alla propria persona e/o agli altri. L'approccio è sicuramente parziale, vista l'enorme importanza che il fattore psicologico riveste nell'effettuazione della pratica dell'apnea, del quale per ovvi motivi di spazio non ci occupiamo in quest'ambito.

IL METODO TEORICO

Prima di tutto è opportuno chiarire qual'è il modello teorico al quale bisogna fare riferimento, cioè a quali caratteristiche bio-fisiologiche, e tecniche il praticante deve tendere per migliorarsi. Se partiamo dall'assunto che l'apporto energetico a qualsiasi attività fisiologica dell'uomo, dipende principalmente dall'intensità della richiesta energetica e non già dalle condizioni in cui si svolge tale richiesta, possiamo con certezza affermare che l'apnea é una pratica che si svolge utilizzando, in massima parte, il meccanismo energetico di risintesi aerobico

L'apporto e l'utilizzo dell'ossigeno disponibile è fornito essenzialmente dalla :

capacità polmonare;

efficienza cardiovascolare;

attività enzimatica;

capacità ossidative muscolari.

I meccanismi energetici di risintesi dell'ATP (il composto chimico formato da una molecola di adenina legata attivamente a tre molecole di fosforo, che é l'unico elemento capace di produrre energia), ad oggi conosciuti, sono tre: il Meccanismo Anaerobico Alattacido (che fornisce energia ad altissima intensità ma per pochissimo tempo 6/8"), il Meccanismo Anaerobico Lattacido (che fornisce energia ad intensità appena inferiori del mecc. precedente, ma per più tempo, circa 40"), ed infine il Meccanismo Aerobico, che svolge le quotidiane funzioni metaboliche del nostro organismo (fornisce energia a bassa intensità ma per moltissimo tempo). Quando il subacqueo si immerge utilizza per la quasi totalità il meccanismo aerobico (Elsner 1983) e

le sue possibilità di prolungare l'apnea dipendono essenzialmente dai seguenti fattori limitanti: capacità vitale, quantità di mitocondri, capacità degli enzimi specifici (SDH), composizione delle fibre muscolari, capacità di sopportare elevate concentrazioni di anidride carbonica nel sangue, ed efficacia dell'apparato cardio-circolatorio. Situazioni in cui si é registrato un utilizzo importante nella partecipazione del meccanismo anaerobico sono state, quando si sono svolte apnee estreme a più di 8000m di quota (Data 1988). Ricordiamo che la sensibilità alla mancanza di O2 è accentuata nelle cellule nervose che utilizzano, per il loro funzionamento sia il meccanismo aerobico che quello anaerobico, ma in un rapporto tra loro di 83 a 17. Perciò si può addebitare, in massima parte, alla carenza di O2 una mancata glicolisi ossidativa e conseguentemente un deficit della quantità energetica necessaria al funzionamento neuronale (dell'attività cerebrale), che sfocerà nella sincope.

In condizioni di ipossia, l'ossigeno a disposizione, vi ene riservato in particolar modo, per le funzioni cerebrali e per l'attività cardiaca. Il metabolismo aerobico viene supportato da quello anaerobico solo in condizioni limite di ipossia, dopo riduzione della circolazione ematica locale dovuta a vasocostrizione periferica. Il lattato prodotto é di lieve entità e viene smaltito alla fine dell'immersione con un aumento della ventilazione, che paga il debito di O2 prodotto. In questi casi ovviamente i tempi di recupero si allungano notevolmente.

Si é anche riscontrato che durante l'apnea i livelli del lattato e dei piruvati si abbassano notevolmente e tale abbassamento perdura anche dopo molto tempo dalla cessazione dell'apnea (Ficini ed al., in Med. Sub. e Iper., 3/1983, pg.119-135). Tale fenomeno si deve addebitare sia alla vasocostrizione delle arterie muscolari che alla diminuizione della frequenza cardiaca (bradicardia da apnea per ipertono vagale). Gli stessi autori hanno verificato, nella ricerca pubblicata, che l'aumento del lattato e dei piruvati riscontrato in una prova da sforzo è espressione dell'accelerato metabolismo sia anaerobico che aerobico, e che tale sforzo, interrompendo la bradicardia da apnea determina un accelerato lavoro del muscolo cardiaco, causa secondo gli Autori della produzione di lattato e piruvati. Tutto ciò serve a meglio comprendere la risposta fisiologica all'abbassamento della PaO2 che viene risolta, sia con la bradicardia, sia dall'esclusione della circolazione periferica (circolo di resistenza), sia dal blood-shift, che dalla conservazione dei livelli di O2 rilevato nelle arterie cerebrali.

Un'altro fattore di enorme importanza da considerare, è l'acquaticità, intendendo con questo termine la capacità acquisita verso l'adattamento all'elemento acquatico in modo da migliorare il rendimento biomeccanico (risparmio energetico) nei movimenti. Riassumendo i fattori che sono maggiormente interessati per il miglioramento della performance di un apneista sono:

- per l'apnea statica

capacità polmonare;

tolleranza all'ipercapnia (aumento PpaCO2);

tolleranza all'ipossia (diminuzione PpaO2);

capacità volitive;

tecnica di rilassamento;

- per l'apnea dinamica (oltre ai fattori summenzionati)

capacità di tollerare il lattato prodotto;

tecnica di pinneggiamento (rapporto tra ampiezza pinneggiata/metri percorsi, frequenza del ciclo di pinneggiata).

Tali elementi essendo i più importanti del modello bio-fisiologico e tecnico, possono già in via esemplificativa identificare i punti cardine che stabiliscono le basi di partenza per l'organizzazione di un piano di allenamento all'apnea.

PROGRAMMARE L'ALLENAMENTO

Si possono considerare quattro importanti fattori nel processo di condizionamento fisico e tecnico:

livello iniziale di partenza (test);

durata del periodo di allenamento;

frequenza degli allenamenti;

intensità degli allenamenti;

periodizzazione dell'allenamento.

Queste considerazioni portano alla costruzione di un piano di allenamento della durata di almeno un anno. A tal fine organizziamo due periodi di preparazione, il primo detto generale ed il secondo denominato periodo speciale; potremmo considerare anche un terzo periodo (quello agonistico) che si identifica nell'affinamento e nell'ottimizzazione delle capacità acquisite nei periodi precedenti. Nel nostro caso possiamo individuare tale periodo con il nostro allenamento a mare e/o lago, ove andremo a verificare le reali nuove possibilità fisico-tecniche. Ci sarà così modo di avere un'efficiente forma fisica, abbinata ad uno stato psicologico, che avremo parimenti curato nei periodi preparatori, tale da permetterci di godere appieno del fantastico mondo dell'immersione in apnea.

I test di partenza

La valutazione delle condizioni individuali di partenza sono un obiettivo imprescindibile di ogni programmazione dell'allenamento individualizzato. Per questo bisognerà organizzare batterie di test che valutino il reale valore al momento della testazione. Tali test devono essere poi riproposti a scadenze prefissate per verificare il lavoro svolto e permettere, eventualmente, di apporre modifiche, che dovessero risultare necessarie, al programma stabilito.

Si deve partire dai dati ricavati dalla visita medico sportiva per le attività subacquee che avremo cura di fare prima dell'inizio della preparazione. E quindi estrapolare la capacità vitale, il volume max di aria espirata ed inspirata, l'ECG a riposo e dopo sforzo e le relative frequenze cardiache rilevate. Nello specifico misurare il tempo di apnea statica dopo 4 atti respiratori completi ed i metri percorsi in un'apnea dinamica sempre dopo 4 atti respiratori completi. Inoltre per valutare le condizioni aerobiche iniziali, si farà effettuare un test di Cooper, che consiste nel nuotare per 12 minuti a ritmo libero, misurando la distanza percorsa nel tempo prefissato. L'immersione subacquea svolta in apnea ha come caratteristica fisiologica fondamentale l'utilizzo del sistema esoergonico aerobico. La muscolatura interessata per la traslocazione è quella degli arti inferiori, supportata dall'azione tensoria di appoggio dinamico dei muscoli addominali e del dorso (tab. n°1). In particolare nella pratica dell'apnea, è molto rilevante l'apporto dei muscoli respiratori perciò è necessario esercitarli adeguatamente.

IL PIANO DI LAVORO

Con le basi fisiologiche e biomeccaniche specificate e con la conoscenza del livello di partenza di ognuno, si può costruire un piano di lavoro mirato per la specialità subacquea.

Lo sviluppo delle possibilità aerobiche sarà il nostro primo obiettivo, il potenziamento degli arti inferiori il secondo, ed infine come terzo obiettivo ci sarà l'affinamento tecnico che andrà effettuato necessariamente in acqua.

1° obiettivo - il Potenziamento Aerobico (in acqua)

La corsa è ovviamente molto indicata per lo sviluppo delle capacità aerobiche, ma anche le attrezzature di cardiofitness, oggi disponibili in tutti i centri (runner, bike, stepper), possono essere utilizzate con le metodiche di allenamento previste per migliorare le qualità aerobiche, non tralasciando comunque l'incontestabile stato dei fatti, che solo con le attività svolte in acqua si ottengono miglioramenti specifici alla nostra disciplina.

Si inizierà il lavoro, quindi, da una esercitazione di endurance, (tecnicamente lungo e lento), con frequenza cardiaca mantenuta possibilmente costante a circa il 70 % del max (il calcolo più usato per conoscere orientativamente la FC max è 220-l'età del soggetto). L'obiettivo sarà quello di riattivare e potenziare le funzioni cardio-circolatorie e respiratorie, la capillarizzazione e le capacità di recupero. Inoltre in questa fase il nostro allievo avrà modo di conoscersi meglio misurando di prova in prova la sua frequenza cardiaca, riuscendo, nel contempo, a migliorare la sua capacità psicologica di sopportare sforzi prolungati. Arrivare a nuotare 20', 30' o anche 60' allo stesso ritmo con uguale o addirittura inferiore impegno cardiaco è indice di un notevole miglioramento delle capacità aerobiche.

Il passo successivo sarà quello di effettuare allenamenti a variazione di ritmo dove si alternano prove a ritmo di endurance (FC £ 70% del max) con prove ad intensità più elevata (FC ³ 80% del max). Successivamente se c'è il desiderio e la possibilità di applicarsi più intensamente, si può allargare l'intervento, facendo effettuare prove di interval-training (tab.n°2).

2° obiettivo - Il Potenziamento muscolare (in palestra)

L'apneista specie se gareggia in specialità quali l'immersione in costante e/o nel Jamp blue, nello svolgimento della sua attività non deve esprimere grosse capacità di forza, ma piuttosto conservare nel tempo, un livello di forza costante ed a bassa intensità.

Quindi bisogna concentrarsi sullo sviluppo della resistenza alla forza degli arti inferiori, non tralasciando di dare spazio allo sviluppo della forza massima che rimane sempre alla base di un miglioramento funzionale ottimale. Le attrezzature che utilizzeremo per ottenere i risultati attesi saranno la leg press, la leg extension, la leg curl, oltre a varie esercitazioni a corpo libero e con piccoli attrezzi (tab. n°3). Anche il lavoro alle gluteus machine può essere di valido supporto ed essere integrato a quello previsto per i piccoli attrezzi. Preferibilmente per lo sviluppo della resistenza alla forza si farà effettuare il circuit-training come piano metodologico. Il circuito sarà organizzato con stazioni alle macchine, a corpo libero ed ai piccoli attrezzi nell'ordine indicato dalla tabella, senza alcun recupero tra gli esercizi e max 2' di recupero tra i circuiti.

In questa fase di potenziamento muscolare, ovviamente, verranno parimenti sviluppati dal punto di vista organico generale, tutti gli altri distretti muscolari, in particolar modo i muscoli addominali e dorsali. Le esercitazione di stretching saranno mirate maggiormente ai distretti muscolari coinvolti più intensamente dalle fasi d'allenamento. I primi due obiettivi proposti si potrebbero organizzare in un piano di lavoro articolato in almeno 8/12 settimane, alla fine dei quali è possibile riproporre le batterie di test. All'interno di ogni settimana, verranno alternate sapientemente le fasi di maggiore e minore carico per favorire i fenomeni di supercompensazione previsti. In linea indicativa si consiglia di orientarsi su di un piano che preveda almeno tre sedute settimanali, di cui due dedicate allo sviluppo delle possibilità aerobiche (p.e.: il lunedì ed il venerdì ) e una (il mercoledì ) allo sviluppo della Fmax e della resistenza alla forza. L'evoluzione dei carichi deve essere moderata ed indirizzata sull'aumento del volume nella fase di preparazione generale, per poi spostarsi nel periodo di preparazione speciale verso l'intensità.

3° obiettivo - la Tecnica

Dopo le prime otto/dodici settimane di preparazione fisica siamo sicuramente pronti ad affrontare allenamenti specifici in acqua per migliorare la tecnica di pinneggiata, lo scivolamento, le tecniche di respirazione, l'apnea (sia statica che dinamica). Anche qui dedicheremo molto tempo a lunghe nuotate con le pinne per migliorare la nostra resistenza specifica, utilizzando le stesse metodiche indicate precedentemente, alle quali faranno seguito prove di nuotate contro resistenze create artificialmente. In questa fase della preparazione, della durata inferiore alla precedente (4/8 settimane), si cercherà di intensificare le modalità di esecuzione delle esercitazioni prescelte, diminuendo il volume complessivo del carico.

Ottenuto un buon livello aerobico, nonché un adattamento muscolare distrettuale, si potrebbe diminuire il tempo (volume degli esercizi) dedicato alla crescita delle possibilità aerobiche, mantenendone inalterata l'intensità delle esercitazioni e dedicarsi maggiormente allo sviluppo dell'acquaticità. Quindi si effettueranno in acqua tante esercitazioni specifiche. Ad esempio esercizi molto indicati per migliorare le capacità aerobiche distrettuali, sono:

con una tavoletta tenuta tra le mani con braccia distese in avanti, in modo da frenare l'avanzamento, effettuare traslocazioni pinneggiando sia in superficie che in immersione;

atro esercizio molto indicato è il pinneggiamento in verticale (mantenendo la stessa posizione) sostenendo il peso di 2/4kg di una cintura zavorrata per un periodo sempre più lungo (vedi tab. n°4);

nuotare con indosso una maglietta, o trascinando un secchio forato (opportunamente legato in vita).

La tecnica della pinneggiata (effettuata sia in modo ampio e lento, curando sia la fase discendente che ascendente, che con una pinneggiata frequente e poco ampia) dovrà ora essere curata particolarmente per concedere al subacqueo quella sensibilità acquatica che gli renda facile, divertente e sicuro immergersi.

PERIODIZZAZIONE DELL'ALLENAMENTO

Ma come possiamo fare in modo che la condizione evolva in modo costante e si concretizzi al meglio nel momento della gara? Bisogna di conseguenza, organizzare in periodi controllabili obiettivamente, l'intero periodo considerato.

Appena valutate le potenzialità di ognuno, si organizzeranno i carichi fisici rispettando una struttura temporale che rispetti le settimane come piccoli cicli compiuti (microcicli), che a loro volta si organizzano in cicli più grandi di due, tre, o più settimane (mesocicli). Più mesocicli costituiscono un macrociclo che caratterizza nel suo complesso l'indirizzo metodologico (es.:macrociclo di prep. generale, speciale, agonistica, ecc.). Guardando il grafico rappresentato (graf.n°1) è più semplice comprendere l'andamento ciclico dei carichi, che alterna ai momenti di crescita del carico, momenti di recupero. In linea di massima, possiamo indicare un aumento del carico fisico (si intende come carico fisico, il numero degli esercizi, i Km nuotati, il numero ed il tempo complessivo delle apnee statiche e dinamiche, i kg sollevati, ecc.) tra un microciclo ed un altro di una percentuale di circa il 10%. Il mesociclo solitamente composto da quattro microcicli, ne comprende sempre uno di scarico per permettere al suo interno una diminuzione del carico di circa il 20%, in modo da favorire i fenomeni di supercompensazione che sono alla base del concetto di allenamento. Cioè si deve intervenire con un carico (stressor) che determini nel recupero, fenomeni di adattamento che superino fisiologicamente le capacità iniziali.

La struttura del carico fisico, rappresentata per il periodo generale, é a crescita costante e risponde alla necessità di creare le basi fisiologiche per rispondere alle richieste più qualitative che si apporteranno nel ciclo speciale. Nel periodo di preparazione speciale, si inizierà con il carico del primo microciclo ad intensità più elevata di tutto il mesociclo, per poi diminuirlo gradatamente di un 10% nei microcicli seguenti. Questo sistema determina la possibilità di sfruttare al meglio (più intensamente) le capacità acquisite nel microciclo di recupero precedente.

Graf. 1. Andamento dei carichi in una periodiz. annuale semplice. I: intensità; Q: quantità; CF:carico

fisico).

La preparazione generale

Il periodo di preparazione generale (per esempio della durata di quattro mesi; Novembre-Febbraio) deve prevedere, per assioma teorico, organizzati al suo interno un elevato volume di esercitazioni che prevedono l'ampliamento di tutte le forme fisiologiche interessate dall'attività sportiva. Quindi bisognerà effettuare un gran numero di Km di nuoto libero e pinnato ad intensità medio-bassa, con frequenza cardiaca tra i 120 e i 160 bc per minuto (metodo dell'endurance), al quale seguiranno esercitazioni che a percorrenze effettuate a ritmi di endurance saranno inseriti piccoli scatti, di alcuni metri o per alcuni secondi (metodi della variazione di ritmo). Tali esercitazioni porteranno in un macroperiodo di circa due mesi al miglioramento della capacità aerobica (potenziamento dell'attività cardiovascolare, migliore attività enzimatica, vasta capillarizzazione, ed efficienza del sistema di produzione energetica per via aerobica)2. Successivamente le stesse esercitazioni si effettueranno con regimi di frequenza cardiaca più elevate (140/160 bc al minuto). In questo periodo si cureranno anche le tecniche di respirazione (addominale e toracica), di capovolta, di traslocazione e sostentamento in acqua con e senza attrezzatura, e di pinneggiata con l'utilizzo di varie modalità esecutive in modo da sensibilizzare ognuno al riconoscimento propriocettivo di queste importanti abilità ed adattarle al modello teorico. Le apnee saranno svolte sia in modo statico che dinamico, con pochi atti di preparazione, e con recupero completo tra una prova e l'altra. Anche qui si darà valore al numero delle prove e non alla qualità delle stesse. Si raccomanda di dedicare in ogni allenamento un spazio per esercitare i muscoli respiratori, con inspirazioni ed espirazioni forzate e lente, magari effettuate contro una piccola resistenza, come un sottomuta aderente.

Gli allenamenti effetuati in bici o correndo, servono certamente a migliorare le capacità aerobiche, ma vengono considerati aspecifici, perché completamente lontani dal gesto motorio che si vuole migliorare.

Questo ci porta a chiarire che nell'organizzazione dei carichi fisici si fa sempre riferimento alla specificità

che il carico comporta nell'adattamento dell'atleta all'esercizio cosidetto di gara. E niente allena meglio

quanto gli esercizi che riproducono in modo più fedele possibile quello che si intende migliorare.

Ne beneficeranno soprattutto i muscoli intercostali che non sono solitamente abituati a lavorare sotto carico, o semplicemente non sono preparati a sfruttare le reali possibilità fisiche. Tale educazione respiratoria è da sola sufficiente ad aumentare la capacità vitale e di conseguenza il tempo di apnea.

Per quanto riguarda la preparazione in palestra, essa deve prevedere un piano di condizionamento muscolare generale, indirizzato allo sviluppo di tutti i distretti muscolari (in particolar modo: i dorsali, gli addominali, i glutei e gli arti inferiori) con esercitazioni di resistenza (piccoli-medi carichi per un numero elevato di ripetizioni e serie, a velocità medie regolate dal ritmo respiratorio; flessione-inspirazione, distensione espirazione). Al termine di questo periodo è utile fare effettuare un re-test per poi confrontare i nuovi valori con quelli di partenza.

La preparazione speciale

La preparazione speciale seguirà quella generale in un processo di continuità che alterni le caratteristiche preparatorie, indirizzandole da una organizzazione basata sulla quantità ad una basata sulla qualità delle esercitazioni proposte. In questo periodo della durata inferiore al precedente (2 mesi;Marzo-Aprile), si cercherà un progressivo intensificarsi delle modalità di esecuzione delle esercitazioni prescelte, diminuendo il volume complessivo del carico. Per lo sviluppo aerobico il passaggio all'allenamento ad intervalli (interval-training) è ovvio, vista la grande possibilità che questa metodica fornisce nel modulare le richieste energetiche, considerando:

l'intensità dell'esercizio (% della max frequenza cardiaca) vedi fig.1;

durata dell'esercizio (in sec. o in distanza percorsa);

durata del recupero ( sia quello tra le ripetizioni che tra le serie);

numero delle ripetizioni (volume dell'esercitazione).

In pratica si cerca con questa metodica di effettuare ripetute tratti di nuoto (ora solo pinnato) ad intensità elevata, alternando ad ogni esercizio, momenti di recupero. Per lo sviluppo della capacità e della potenza aerobica (espressione della massima intensità effettuabile in regime aerobico; punto di soglia con il metabolismo esoergonico-anaerobico-lattacido) si eseguiranno percorrenze medie (50-100 m) con un impegno cardiaco di circa l'80% del max con recupero da 10" a 30".

Risulta chiaro che per modulare tale esercitazione è necessaria la presenza di un tecnico preparato; in via indicativa e di base, le metodiche specificate sono sufficienti per prepararsi con il metodo ad intervalli. Ottenuto un buon livello aerobico, nonché un adattamento muscolare distrettuale, si potrebbe diminuire il tempo (volume degli esercizi) dedicato allo sviluppo delle possibilità aerobiche, mantenendone inalterata l'intensità delle esercitazioni. Il tempo recuperato sarà a totale beneficio delle esercitazioni riservate al gesto speciale (apnea sia dinamica che statica). Si inizierà sin durante il riscaldamento, con vasche nuotate a ritmo costante nelle quali si inseriranno piccole apnee da recuperare durante la traslocazione stessa.

Le apnee statiche, da svolgersi sempre prima di qualsiasi impegno fisico, si articoleranno sia su una maggiore durata della prova con lo stesso regime ventilatorio di preparazione (mai superiore ai 2'), sia mantenendo un ritmo serrato tra una prova e l'altra (per abituare a sopportare alti quantitativi di CO2), che mantenendo lo stesso tempo di apnea con un numero inferiore di atti respiratori.

L'apnea dinamica deve invece predisporre, l'atleta/appassionato, a raggiungere sia un migliore rendimento nel muoversi in acqua (abilità tecnica) che gli verrà fornita da innumerevoli vasche percorse in profondità (secondo le possibilità della vasca), sia con recuperi completi, che con recuperi parziali. Altre esercitazioni prevederanno vasche effettuate a velocità maggiori e/o con sovraccarichi, il modo da allenare gli arti inferiori a sopportare accumuli di lattato muscolare (si consiglia che quest'ultime prove siano svolte in superficie). Si possono effettuare apnee che alternando percorsi identici sia in superficie (respirando) che in immersione; successivamente si potrà aumentare lo spazio in immersione diminuendo quello percorso in superficie. Avendo compreso il meccanismo guida delle esercitazioni si possono effettuare varie prove scaturenti dall'esperienza o dalla fantasia di ognuno.

L'allenamento in acque libere (da Maggio in poi)

Viste le premesse di quest'articolo, che si prefigge di fornire elementi teorico-pratici atti all'acquisizione di una migliore preparazione fisica alle immersioni in sicurezza, il passaggio alle acque libere deve essere, un godere soprattutto delle stesse possibilità già in patrimonio, ma con margini di salvaguardia decisamente superiori. In questo contesto, che riteniamo il più naturale, l'immersione in apnea si fonde ancor più con la rilassatezza, con il controllo psichico e con l'ambiente. In considerazione di questi fattori ad origine biologica, psicologica e filosofica, l'uomo si trova strettamente unito con il mare in uno stato di benessere unico, non descrivibile. E' per questo benessere che troviamo appagamento completo ai nostri sforzi. Cercare la profondità, il prolungamento dell'apnea, potrà essere un passo non determinante, non completamente appagante se non sarà confortato da una visione completa e complessa che ci viene fornita dall'immergersi in silenzio, senza stress prestativi, in pace con se stessi, in tranquillità. Le esercitazioni per i più tenaci e motivati, all'ottenimento del risultato sportivo, dovranno essere per forza speciali, protese all'effettuazione dell'esercizio di gara (apnea dinamica in assetto costante ed apnea statica). Si passerà da un congruo numero di apnee al 70-80% delle massime possibilità, alla prova migliore ipotizzata a non più del 90% del massimo conseguibile. Risulta necessario, per quest'ultimi, fornirsi di una logistica idonea alla incolumità di sé e degli assistenti (cosa che per i più è il reale impedimento ad una ricerca del successo sportivo).

Tutto quanto scritto risponde, solo in parte, alla comprensione della complessa struttura metodologica dell'allenamento, la quale necessita di ulteriori approfondimenti e conoscenze. Tuttavia lo sforzo orientato nel fornire le linee generali a cui bisogna attenersi per una preparazione fisica che abbia una logica di adattamento fisiologico all'attività sportiva, è sicuramente un primo, ma importante, passo per svolgere un ottimo programma di lavoro di preparazione fisico-tecnica all'apnea.

Ciò non è riduttivo rispetto agli altri importantissimi aspetti coinvolti (psicologici), perché educare il corpo con la mente e viceversa trovano in questa attività fantastica, una coesione quanto più vera e reale possibile. Una componente non può prescindere dall'altra ed entrambe si esaltano quando ci tuffiamo in acqua e sospendendo il respiro ci abbandoniamo tra le braccia dell'amico mare.

Prof. Mario Ciavarella

LA COMPENSAZIONE

Autore: Salvatore Rovella

Un sub compensa durante la discesa. Si noti la posizione della mano sinistra

Questa volta affrontiamo un argomento tra i più importanti e tra i più complessi che possiamo trovare nel nostro sport: la compensazione. In particolare, ci riferiremo alla compensazione forzata dell'orecchio medio, dato che esistono altri tipi di compensazione che ora non tratteremo.

PREMESSA
Darò per scontata la conoscenza l'anatomia dell'orecchio, perciò se qualcuno trovasse difficoltà sui termini usati, potrà scrivermi per avere chiarimenti o, più semplicemente, cercare su un qualunque libro di subacquea.

PERCHE' SI DEVE COMPENSARE?

Ricordiamo che l'orecchio medio è contenuto in una cavità ossea, quindi indeformabile (il suo volume non può variare), e piena d'aria.

Inoltre, l'unica via di accesso dell'aria all'orecchio medio, rappresentata dalla Tromba (o Tuba) di Eustachio, rimane solitamente chiusa e "isola" completamente l'orecchio medio dall'ambiente esterno. Spiegato in poche parole, accade che quando ci immergiamo la pressione esterna aumenta (un'atmosfera ogni 10 metri di profondità circa), mentre quella dell'orecchio medio rimane costante, essendo quest'ultimo indeformabile ed isolato. Tale differenza di pressione spinge il timpano ad introflettersi verso l'orecchio medio e, se non si ristabilisce l'equilibrio, con una differenza di pressione di 0,4 - 0,5 atm il timpano si rompe. Lo scopo della compensazione è quindi quello di riportare il timpano in equilibrio immettendo aria nell'orecchio medio attraverso la Tromba di Eustachio.

QUANDO SI DEVE COMPENSARE?

La compensazione va effettuata ogniqualvolta se ne sente la necessità. Non bisogna arrivare a sentire dolore, perché sarebbe troppo tardi, ma appena si avverte un leggerissimo fastidio è bene compensare. Oltretutto, più è bassa la differenza di pressione da riequilibrare, più è facile compensare.

MANOVRE DI COMPENSAZIONE

Esistono sostanzialmente tre diverse maniere di compensare, anche se apneisti ad altissimo livello stanno cominciando ad utilizzare anche nuovi metodi, soprattutto per i record No Limits. I metodi sono: Valsalva, Marcante-Odaglia (meglio noto all'estero come Frenzel), manovre di contrazione e movimento.


IL VALSALVA

Prende il nome da chi cominciò per primo ad utilizzare questa tecnica, anche se non per scendere sott'acqua. Consiste nel chiudere le narici con le mani e, tenendo chiusa anche la bocca, nel far aumentare la pressione polmonare, come se volessimo espirare.

L'aumento della pressione dell'aria in tutte le vie aeree, ed in particolare nella zona rino-faringea, fa si che le Trombe di Eustachio si aprano e consentano all'aria di raggiungere l'orecchio medio, ristabilendo l'equilibrio. Questa è la manovra più semplice da effettuare e, per i meno esperti, è anche la più efficace.

I difetti sono che essa costringe ad un grande impegno muscolare, che in apnea vorremmo evitare, e che, soprattutto, causa sbalzi di pressione ripetuti all'apparato cardio-circolatorio; questo, col passare degli anni, potrebbe causare qualche inconveniente.


IL MARCANTE-ODAGLIA (O FRENZEL)

Anche questo nome e derivato da chi per primo codificò questa manovra, sulla quale molti fanno confusione.

Si effettua anche questa con le narici chiuse e consiste nell'utilizzare la lingua come una pompetta per comprimere l'aria solo nelle vie aeree superiori. Non è facile descrivere questo manovra solo a parole. Dobbiamo chiudere le vie aeree inferiori (ed è proprio quello che facciamo stando in apnea) e muovere la lingua come quando deglutiamo; poggiamo la lingua sull'interno degli incisivi superiori, cercando però di tenerla staccata dal palato, in modo da contenere quanta più aria possibile in quella zona della bocca.

Un sub compensa durante la discesa. Si noti la posizione della mano sinistra

Poi avviciniamo la lingua al palato, finché non rimane più aria tra di essi, sempre senza staccare la punta della lingua dagli incisivi.

Tutta l'aria che prima era contenuta nella bocca si sposterà verso l'alto, ovvero verso il naso e, se le narici sono chiuse, ciò farà aumentare la pressione nel rino-faringe e spingerà aria nell'orecchio medio.

Fate attenzione che l'aria possa muoversi verso l'alto evitando di chiudere il palato molle (che ostruisce il passaggio dell'aria tra bocca e naso), come spesso avviene mentre siamo in apnea.

I pregi di questa manovra sono molti. Il primo è che l'impegno muscolare è minimo. Inoltre, si effettua molto rapidamente e, se si è pratici, si ottengono pressioni paragonabili al Valsalva. Ancora, il vantaggio di questa manovra si avverte quando si va profondi: il Valsalva, dovendo comprimere l'aria nei polmoni, diventa impossibile da effettuare quando questi sono già molto compressi dalla pressione idrostatica. Per questo in profondità si può utilizzare solo il Marcante-Odaglia.

Quando si prova questa manovra a secco può capitare di effettuare un Valsalva senza accorgersene; per essere sicuri che si sta effettuando il Marcante-Odaglia, invece del Valsalva, provate a compensare in completa espirazione. Se riuscite a compensare, sicuramente state effettuando la manovra di Marcante-Odaglia.

Per alcuni può accadere che la leggera pressione della maschera sul naso sia sufficiente a creare quel contrasto minimo in grado di consentire di compensare senza usare le mani. In questo caso, comunque, la manovra è sempre la stessa ed il passaggio dell'aria nell'orecchio medio è dovuto all'innalzamento della pressione del rino-faringe.

ALTRE MANOVRE

Alcuni hanno una particolare sensibilità nei muscoli che intervengono nella compensazione e riescono ad aprire le Trombe di Eustachio senza far aumentare la pressione nelle vie aeree.

Ciò può avvenire muovendo leggermente la testa o la lingua oppure contraendo alcuni piccoli muscoli del retro-bocca.

Se le Trombe di Eustachio si aprono anche solo per un secondo, questo basta per compensare, visto che comunque la pressione dell'aria nei polmoni e nelle vie aeree superiori è in equilibrio con l'esterno.

Queste sono le manovre che tutti vorremmo utilizzare, essendo poco traumatiche per l'orecchio, veloci ed economiche da effettuare e soprattutto perché non impegnano le mani. Nessuno può immergersi senza compensare, perciò se vedete qualcuno che scende senza portare le mani al naso, probabilmente compensa così.

Anche queste persone più fortunate, in ogni caso, è bene che si allenino a compensare con altri metodi, perché in particolari situazioni, o per discese più profonde, può accadere che senza mani non si riesca a compensare.

Un sub compensa durante la discesa. Si noti la posizione della mano sinistra

ALLENARE LA COMPENSAZIONE

Ebbene sì, anche la compensazione si può allenare e migliorare. Non solo, si può anche imparare a compensare senza usare le mani! Non è vero che o si sa fare per natura o non si imparerà mai. Certo, non è così rapido ed immediato, ma conosco molte persone che hanno imparato.
Come tutti i movimenti che possiamo effettuare, dalla corsa, al nuoto, al suonare il pianoforte, al pinneggiare, anche la compensazione si può allenare e migliorare.
La Ginnastica Tubarica (ginnastica per le Tube di Eustachio), introdotta da Apnea Academy nei corsi di apnea da alcuni anni, è senz'altro utilissima e consente, se effettuata con costanza, notevoli miglioramenti. Provare per credere!
COMPENSARE IN RISALITA?

E' ovvio che in risalita il fenomeno dell'aumento della pressione esterna che ci costringe a compensare si inverte.

La pressione idrostatica diminuisce ed il timpano tenderebbe ad estroflettersi.
Per riportare l'equilibrio......non bisogna fare niente! La differenza di pressione tra l'orecchio medio ("alta" pressione) e l'esterno ("bassa" pressione) fa sì che l'aria defluisca da sé.

Non bisogna tenere le mani sul naso e non bisogna fare nessuna manovra.
EVENTUALI PROBLEMI?

Ribadiamo che quando non si riesce a compensare in discesa e si insiste a scendere, il timpano si rompe. Non si può scendere forzando. Se si avverte che il fastidio all'orecchio aumenta troppo, si risale; non si deve mai arrivare a sentire dolore.

Se il timpano si dovesse rompere, si avvertirebbe ovviamente un forte dolore, ma soprattutto avremmo fortissimi vertigini e totale perdita dell'orientamento. Questo si verifica perché le strutture presenti nell'orecchio interno sono molto sensibili agli sbalzi di temperatura. Tra gli organi che vi si trovano, abbiamo appunto quelli che presiedono all'analisi dell'equilibrio e dell'orientamento.

Per chi va con le bombole è sufficiente fermarsi ed aspettare un po': quando l'orecchio interno si abitua alla nuova temperatura le vertigini si attenuano. E' evidente che in apnea una situazione del genere diventa molto problematica; dobbiamo risalire e il tempo a nostra disposizione non è poi tanto. Consideriamo anche il fatto che in questa eventuale situazione la nostra apnea si ridurrà drasticamente. Le manovre da eseguire sono lo sgancio della zavorra e la risalita seguendo il cavo, magari usando le braccia. Comunque, ripeto, basta non sforzare il timpano per evitare l'insorgere di questi problemi, che potrebbero avere anche conseguenze tragiche.

Se abbiamo difficoltà a compensare, perché siamo per esempio un po' raffreddati, può accadere che sforzandoci molto, riusciamo alla fine a far passare aria dalle tube.

Così facendo, però, corriamo il rischio di mandare, insieme all'aria, del muco nell'orecchio. Questo, in fase di risalita, rischia di ostruire il defluire dell'aria dalla cavità ossea e, potenzialmente, può portare alla rottura del timpano per estroflessione.

Vale, anche in questo caso, il consiglio di prima: non sforzate la compensazione. Se un giorno avete qualche difficoltà, prima di provare nuovamente, lavate bene le narici con acqua di mare, sempre che sia pulita (non fatelo in Bocca d'Arno!), così siete sicuri che non manderete muco nell'orecchio medio. Dopodiché provate nuovamente a scendere, senza forzare. Se non ci riuscite, credo che sia bene rinunciare all'immersione.
A volte può capitare che in discesa o in risalita si avverta una breve vertigine, che dura solo un secondo o poco più. Se è solo un fenomeno sporadico (e comunque momentaneo) si tratta di quella che viene definita Vertigine Alternobarica.

In pratica, si tratta di una momentanea differenza di pressione tra i due orecchi medi e questo, stimolando i centri dell'equilibrio in maniera falsata, provoca questo piccolo disturbo.

SE SI ROMPE IL TIMPANO?

Il timpano, fortunatamente, tende a rimarginarsi spontaneamente. Questo anche perché in genere esso non si sfonda completamente, ma piuttosto si stacca in qualche punto dalla parete o si lacera leggermente.

Naturalmente, in questi casi la visita dall'otorino è d'obbligo; egli ci prescriverà quasi certamente anche degli antibiotici, a causa dei microrganismi che sono penetrati nell'orecchio medio. In 15 giorni circa il timpano è rimarginato ed in un paio di mesi possiamo tornare un acqua. Può darsi comunque che rimanga una piccola cicatrice sul timpano, abbassando di qualche decibel il nostro udito relativamente a determinate frequenze.
LA MASCHERA

Come tutti saprete...già, anche la maschera va compensata. Non ve lo scordate!
Il palato molle, di solito, tende e chiudersi quando siamo in apnea e, isolando la zona del naso e della maschera, fa sì che essa inizi a diminuire di volume all'aumentare della pressione. Se si insiste e se la "depressione" nella maschera diventa elevata, a parte la possibile rottura di qualche capillare dell'occhio (colpo di ventosa), si ha l'impossibilità a compensare l'orecchio, rimanendo anch'esso isolato e quindi a pressione minore rispetto all'esterno e alle vie aeree inferiori.

I SENI

Le altre cavità ossee presenti all'interno del naso, ovvero i seni, di solito si compensano da sé; sono collegati con canali abbastanza grossi e quasi sempre aperti. Dico quasi sempre, perché in caso di raffreddore, rinite o sinusite, tendono a chiudersi. Se l'aria non entra nei seni mentre state scendendo, il dolore sarà così forte da farvi capire che non è il caso di andare oltre. Basta anche un metro per provare fitte terribili. Non confondete questo con qualche dolore ad un dente, causato magari da un'otturazione mal fatta. Nella maggior parte dei casi il dolore dei seni mascellari si propaga fino ai denti. L'ostruzione di un seno, comunque, è molto più probabile di un'otturazione fatta male.

SANGUE DAL NASO

Se forzate la compensazione, soprattutto per i seni, può capitare di rompere qualche capillare e di notare una perdita di sangue dal naso. Non allarmatevi. Se è solo dovuto a questo, non ci dovrebbero essere molti problemi. Comunque interrompete l'immersione e tenete sotto controllo il fenomeno. Nel caso sia alquanto consistente, fatevi visitare da un otorino.

SE AVETE PROBLEMI ALLE STRUTTURE NASALI

Non sono un otorino, ma ne conosco di molto bravi, e credo che la stragrande maggioranza dei problemi che si possono avere alle strutture nasali, come deviazioni del setto, speroni, ipertrofia dei turbinati, ecc., possa essere risolta con un'operazione ad hoc.
Abbiate però l'accortezza di rivolgervi ad un esperto del settore.

Non tutti gli otorini sono esperti di subacquea e molti possono non conoscere i meccanismi che entrano in gioco nelle immersioni.

Quindi, per la scelta... abbiate naso!

CURIOSITA'
Giusto per solleticare la vostra voglia di sapere, diamo qualche accenno alla tecnica di compensazione che alcuni degli atleti No Limits stanno cominciando ad adottare.
In questa specialità, gli atleti scendono a testa in alto, per cui la compensazione risulta più facile, in quanto l'aria, tendendo a salire, è facilitata nel suo percorso verso le orecchie.
Inoltre, la maggior pressione a livello del torace, rispetto al livello della testa, aiuta ancora un po'.

Questo è ovviamente vero solo a parità di profondità rispetto ad una discesa a testa in basso. E' chiaro che compensare a 130 metri non è proprio così banale. La densità dell'aria è 14 volte superiore e la pressione schiaccia decisamente. Cosa hanno quindi pensato? In pratica fanno così: a quote intorno ai 90 metri tolgono il tappanaso e fanno allagare le vie aeree superiori. Con la velocità di discesa che hanno, la pressione dell'acqua che entra nel naso riesce a spingere l'aria attraverso le Tube. Inoltre il fatto che una parte dello spazio all'interno del naso venga occupato da acqua (incomprimibile) fa sì che aumenti il volume d'aria a disposizione per la compensazione. Certo, questa manovra richiede un minimo di pratica......

ALLENARE LA COMPENSAZIONE PROFONDA

L'unico metodo per allenarsi a compensare quando si è in profondità è provare e riprovare a farlo. Un ottimo metodo è quello di scendere alla quota in cui abbiamo difficoltà non a pinne ma in assetto variabile, tirati da una piccola zavorra, oppure tirandosi giù a braccia lungo il cavo.

RILASSAMENTO E COMPENSAZIONE

Sarò chiaro e conciso: se sott'acqua non si è rilassati è molto difficile compensare. Non spiegherò ora i meccanismi che intervengono, ma sappiate che quello che ostacola o impedisce la compensazione quando scendiamo profondi è solo la mancanza di rilassamento e il non sentirsi a proprio agio a quelle quote.

Questo è un meccanismo inconscio di autodifesa del nostro organismo. Infatti, quando ci troviamo a quote a cui non siamo abituati e cerchiamo di scendere comunque perché siamo cocciuti, il nostro corpo ci impedisce di andare oltre bloccandoci la compensazione. Avete presente l'istinto di conservazione...

Il diaframma riveste un ruolo fondamentale in questo. Se ad una certa quota cominciamo a sentirci "strizzati" e non abbiamo più aria per compensare le orecchie, è solo perché non ci sentiamo a nostro agio; gli addominali si contraggono, il diaframma non si rilassa e non consente all'aria dei polmoni di andare verso le orecchie. L'allenamento delle tecniche di respirazione e di rilassamento, anche queste molto curate e sviluppate da Apnea Academy, insieme con un adeguato allenamento alla discesa, riescono a risolvere qualsiasi problema.

L'importante è fare tutto con gradualità e soprattutto sotto la guida di un istruttore esperto.

CONSIDERAZIONI PERSONALI

Ogni tanto, scrivendo, tendo a far percepire che raggiungere determinate quote sia piuttosto facile. Questo è vero, ma va fatto nella giusta maniera.

Non ci si improvvisa profondisti. Non si può andare in acqua da autodidatta. L'apnea non è un gioco.

Bisogna sempre e comunque stare bene in acqua e non si può scendere con la forza.
Apnea è, prima di tutto, benessere, rilassamento, sicurezza interiore, consapevolezza.
Sono stato anch'io autodidatta, anche perché un po' di anni fa non si poteva fare altrimenti, ma adesso che ci sono così tanti validi istruttori in giro, non ha più senso far tutto da sé.

L'istruttore vi insegna le tecniche di immersione, ma soprattutto vi trasmette quello che deve essere il giusto approccio ed il giusto rapporto con il mare.

Non si ricerca mai la profondità per il puro gusto di essere andati più giù degli altri. La profondità raggiunta non è la misura di quanto siete bravi. Questo tipo di mentalità è pericoloso e vorrei che sparisse. Soprattutto nella pesca subacquea, evitate la "corsa al profondo". Ha senso correre così gravi rischi per prendere qualche pesce in più? Quanti dei pescatori in immersione hanno un valido compagno d'acqua sopra la testa?

C'è chi ha fatto dell'apnea la sua ragione di vita, chi vive solo con questo, e pure non ha mai corso questo tipo di rischi.

SICUREZZA IN APNEA

Quelle che seguono sono solo alcune delle nozioni che dovrebbero far parte del bagaglio di conoscenze di ogni pescatore subacqueo, una sorta di "decalogo". Non si vuole fare del "terrorismo", ma ricordare che la sicurezza nel nostro sport viene prima di tutto il resto. Dato che non sono un medico chiedo scusa in anticipo per le eventuali inesattezze - sono certo che il messaggio è, nel complesso, corretto.

1. L'iperventilazione è pericolosa. Non è vero che più respiri fai più ossigeno accumuli : dopo tre o quattro atti respiratori profondi il livello di ossigeno nel sangue ha già raggiunto il livello di saturazione. Quello che fai continuando a ventilarti è eliminare dall'organismo anidride carbonica. Dato che le "contrazioni diaframmatiche" (prova a stare in apnea e ti renderai conto di cosa parlo) sono legate all'aumento dell'anidride carbonica e non alla carenza di ossigeno, DIMINUIRE L'ANIDRIDE CARBONICA = RITARDARE PERICOLOSAMENTE LE CONTRAZIONI, che sono poi una sorta di "campanello d'allarme" e RISCHIARE PERCIO' UNA SINCOPE ANOSSICA (= da carenza di ossigeno). Per una ventilazione corretta, rilassati più che puoi, respira lentamente curando bene la fase di espirazione (più lenta è più sei rilassato) e, quando ti senti pronto, fai due o tre respiri profondi in rapida successione e immergiti.Chiunque può raggiungere tempi di apneusi più che sufficienti per svolgere efficacemente l'azione di pesca. L'importante è non strafare e guadagnarsi i metri e i minuti necessari con il tempo, l'esperienza e l'allenamento.Non "tirare" le apnee in modo irresponsabile: meglio perdere un pesce (ce ne sono tanti ) che rischiare la pelle (ne abbiamo una sola).

2. Più profondità NON SIGNIFICA più pesce. Se pensi sempre ai metri, non prenderai neanche una acciuga, e soprattutto hai sbagliato sport : dovevi fare profondismo!! Il pescatore subacqueo non si immerge per riportare su un cartellino o un pugno di sabbia, ma le prede!! Se ti preoccupi dei pesci, ti accorgerai che anche in pochi metri d'acqua si possono fare catture di primordine! La profondità che viene con il tempo e l'esperienza non è pericolosa, quella cercata senza l'esperienza e la preparazione necessaria può costarti la vita.

3. E' sempre bene sottoporsi ad una visita medico-sportiva prima di intraprendere questo sport, perché si tratta di una attività che richiede il massimo sforzo cardiaco.Un qualsiasi problema può essere fatale.

4. Frequentare un corso di apnea o di pesca subacquea è senz'altro una buona idea.Si possono acquisire le conoscenze base relative al comportamento del nostro corpo durante l'immersione, al pronto soccorso, alle tecniche di immersione e pesca.

NON SI SPARA A TUTTO QUELLO CHE CAPITA A TIRO. Informati sulle principali prede per capire quando è il caso di premere il grilletto e quando è meglio lasciar stare.La dimensione di per sé significa poco o niente : una spigola di 2 Kg è una bella preda, una cernia dello stesso peso va invece lasciata stare, perché deve compiere ancora il suo primo ciclo riproduttivo.Non sparare a pesci che non hanno né valore sportivo né valore gastronomico ( esempio : pesce luna ).Non offrire argomenti a certa parte degli ambientalisti che invece di combattere le vere cause dell'impoverimento dei nostri mari se la prendono con noi, che siamo i più deboli.

ATTENZIONE ALLA ZAVORRA : esagerare con i piombi in cintura è un errore grave.Una zavorra eccessiva impedisce la corretta ventilazione e, soprattutto, ci ostacola nella delicata fase della risalita, quando le scorte di ossigeno si sono già ridotte al minimo.E' meglio fare un po' di fatica in più nella fase della discesa, in modo da ritornare positivi a 5-6 metri dalla superficie (salvo che non si peschi a quote inferiori). Ciò è importante ai finì della sicurezza : nella malaugurata ipotesi di una sincope - in agguato più che mai proprio negli ultimi metri della risalita - non ricadremo sul fondo ma verremo a galla, favorendo i soccorsi.

UTILIZZA SEMPRE la boa di segnalazione o la bandiera sul gommone., e non ti immergere dove non è consentito. Aldilà dei cospicui verbali cui si va incontro quando non si rispettano queste regole basilari (da 1 a 6 milioni).... si rischia la pelle. Chi è alla guida di un gommone non si aspetta di trovare un sub - ad esempio - all'imboccatura di un porto o a 200 metri da una boa segnasub: cerchiamo di rendere la vita tranquilla a noi stessi e agli altri fruitori del mare.

NON MANGIARE "PESANTE" prima di andare in mare, e ricordati che quando ti immergi devi avere terminato la digestione. Se durante l'immersione ti viene fame, tieni a portata di mano del miele o della cioccolata : sono "energia" di pronto utilizzo.

9. Con il mare agitato si creano buone condizioni di pesca, siamo d'accordo, ma stai sempre attento a non ritrovarti nei guai ! Controlla le previsioni del tempo e il bollettino dei naviganti la sera prima di andare a pesca. Se quando arrivi sul posto il mare sta già gonfiando o se le previsioni danno una perturbazione in arrivo, cerca per quanto possibile di tuffarti da un punto ridossato: avrai meno problemi ad uscire in caso di peggioramento delle condizioni meteo. Ricorda che in caso di situazioni estreme di mare grosso (es: una burrasca improvvisa e inaspettata) è più sicuro mantenersi a debita distanza dalla scogliera : per evitare di affaticarti usa la boa segnasub come un salvagente, e se la corrente è troppo forte o le onde troppo alte, non esitare a sganciare la cintura di zavorra. I soccorsi potrebbero non poterti avvistare se ti trovi a terra ( mi riferisco ovviamente a posti da cui non è possibile o agevole risalire la scogliera a piedi e raggiungere la strada ) e comunque non potrebbero prelevarti. Non pensare che queste siano situazioni che non si verificano mai. Il mare è meraviglioso, ma sa essere terribile : per questo è sempre meglio essere prudenti.

10. Nel caso ci si trovi ad operare a profondità rilevanti - la "rilevanza" della profondità è OVVIAMENTE soggettiva - è sempre consigliabile pescare in coppia con un compagno fidato, che dovrà essere in grado di operare alle nostre stesse quote e di capire immediatamente l'insorgere di una situazione potenzialmente pericolosa. In questo quadro si riconferma la utilità/indispensabilità di un corso di apnea e/o pesca subacquea che possa istruirci adeguatamente sulle regole dell'immersione in apnea e sulle procedure di emergenza. Purtroppo è accaduto più di una volta che qualcuno sia morto nonostante la presenza di altri subacquei in superficie perché questi ultimi non erano in grado di scendere a recuperarlo o non conoscevano le tecniche di rianimazione. Nelle situazioni di emergenza che possono presentarsi non c'è spazio per l'improvvisazione : l'emozione del momento rende ancora più difficile l'operazione di soccorso e il tempo gioca a nostro sfavore.....per questo è necessario avere quantomeno le idee chiare sul da farsi.

PROBLEMI DI APNEA

Anche se la pesca subacquea è uno sport tendenzialmente individuale è importante praticare la pesca in due: è la migliore garanzia di sicurezza. Molto spesso sono l'eccesso di sicurezza, l'impazienza o la fretta le cause di incidenti. Pescare in coppia non significa immergersi in due per poi separarsi senza più curarsi l'uno dell'altro. Il compagno di pesca dovrebbe avere una condizione fisica equivalente alla nostra ed essere in grado di pescare alla stessa profondità; non si deve essere in competizione per superare l'altro; non vergognarsi di mostrargli la propria stanchezza, una sensazione di malessere o la fatica a praticare l'apnea; si deve considerare la pesca in coppia come un elemento che accresce il piacere, l'efficacia e la sicurezza.

La Sincope

La causa che provoca spesso questo incidente è l'apnea troppo prolungata preceduta da una iperventilazione eccessiva. La sincope avviene il più delle volte in fase di risalita e consiste in una perdita di conoscenza. Per evitare l'annegamento è fondamentale il rapido intervento del compagno di pesca, dato che la ripresa degli atti respiratori rimane bloccata in maniera riflessa per qualche secondo, lasciando il tempo al compagno di riportare l'amico a galla. Si verifica una ripresa spontanea della respirazione che mette fine all'incidente, in caso contrario un semplice schiaffo può facilitare questa ripresa.

I Crampi

Un'attrezzatura troppo stretta, la fatica o la disidratazione possono contribuire a provocare i crampi. Appaiono all'altezza dei polpacci o delle cosce e rivelano una fatica muscolare o un allenamento insufficiente rispetto allo sforzo compiuto. Per far sparire un crampo si raccomanda un pò di riposo e un massaggio, in caso contrario sospendere l'uscita.

L'Annegamento

Consiste nell'arresto respiratorio dovuto all'entrata di acqua nei polmoni.

L'Ipotermia

Il freddo provoca delle reazioni nel corpo e si innescano diversi meccanismi fisiologici per aiutare a mantenere la temperatura. Per limitare al massimo gli effetti del freddo, il pescatore subacqueo deve dare all'organismo gli elementi energetici indispensabili e deve sapersi ventilare perfettamente perchè con il freddo aumenta il fabbisogno di ossigeno. A parte una buona muta su misura sarà molto utile indossare una cerata durante gli spostamenti con il mezzo nautico in giornate fredde.

I Barotraumi

Questi incidenti riguardano il timpano e talvolta i seni e sono causati dalla profondità quindi dalla pressione. Se non si riesce a compensare si deve rinunciare all'uscita in mare.

L'Idrocuzione

Spesso la differenza di temperatura eccessiva tra la pelle e l'acqua può provocare la perdita di conoscenza, talvolta preceduta da vertigini o nausea, e può condurre all'annegamento. In questo caso sono vietati i pasti eccessivi e le esposizioni lunghe al sole prima dell'immersione.

La Crisi Ipogligemica

E' il risultato di un'insufficienza di riserve energetiche durante lunghe e faticose battute di pesca.

Il Riflusso Gastro-Esofageo

E' una sensazione di bruciore favorita dalla classica posizione a testa in giù che il pescatore è costretto ad assumere.

NORME DI PRIMO SOCCORSO

E' buona cosa, per un pescatore subacqueo, sapere come comportarsi nel caso un suo collega venga colpito da sincope o comunque da un improvviso stato di incoscienza.

Il caso più difficile da risolvere è quando il malcapitato venga colpito da sincope durante l'apnea. Esso presenterà una insolita contrazione della mandibola, un colore bianco o blu (a seconda che sia stato colpito, rispettivamente, da arresto respiratorio o circolatorio), sarà immobile sul fondo, avrà le pupille dilatate (che non reagiscono al cambio di luminosità). Agiremo poi nel seguente modo:

1) Si scende a recuperarlo, nel più breve tempo possibile, e lo si afferra in modo da chiudergli la bocca (dopo avergli levato il boccaglio) per impedire che gli entri acqua nei polmoni. Dopo esserci assicurati di averlo preso saldamente, lo riportiamo in superficie, facilitandoci le manovra con lo sgancio delle rispettive cinture con i pesi.

2) In superficie gli leveremo la maschera, se siamo fortunati, il contatto con l'aria fresca gli basterà per riprendere conoscenza, in caso contrario lo scuoteremo noi.

3) Come ultima cosa, lo trascineremo verso la barca cominciando da subito la respirazione artificiale.

4) Una volta saliti nell'imbarcazione procederemo così:

> Mettiamo l'infortunato disteso su una superficie rigida.

> Poniamo le gambe in una posizione più alta rispetto alla testa

> Mettiamo il collo in posizione distesa, magari ponendo al disotto di esso un oggetto morbido (ad es. un asciugamano arrotolato).

> Togliamo gli eventuali corpi estranei dalla bocca, che impedirebbero il passaggio dell'aria.

> Chiusogli il naso, gli apriamo la bocca e, ponendo la nostra sopra la sua in modo che aderisca perfettamente, gli soffiamo dentro l'aria.

> Controlleremo anche che il cuore batta, mettendo l'indice e il medio all'altezza della carotide o del polso.

> Se il cuore non batte, si passa subito al massaggio cardiaco.

> Si devono eseguire almeno 80 pompate al minuto, distendendo le braccia e ponendo le mani incrociate all'altezza dello sterno. Bisognerà alternare una respirazione ogni 5 pompate (alternandosi se i soccorritori sono due) e verificare ogni due minuti se il soggetto si è ripreso, altrimenti si ricomincia.

> Una volta che il soggetto si è ripreso, si chiama l'ambulanza e nel frattempo lo si fa stare in posizione distesa, di fianco.

SICUREZZA IN SUPERFICIE

In superficie, il peggior pericolo per il subacqueo è caratterizzato dalle barche. Soprattutto d'estate, quando il traffico marittimo è intenso, o quando c'è scarsa visibilità per nebbia o altro, il sub deve fare attenzione a non essere investito, nelle fasi di permanenza in superficie o, comunque, quando si trova a pelo d'acqua. Si leggono, di questi tempi, molti più casi di pescatori investiti barche, piuttosto che per sincopi.

Il modo migliore per evitare questo tipo di incidenti (che è comunque insufficiente) è l'utilizzo di un pallone di segnalazione, di colore rosso e bianco (con la scritta "sub") oppure l'impiego di una bandiera, rossa con striscia obliqua bianca, da applicare alla nostra barca; in questo caso però dovremo rimanere nei paraggi di essa. Questi due metodi, che sono obbligatori per legge, sono comunque insufficienti; non bisogna mai credere che il pallone o la bandiera siano sinonimi di sicurezza. Basti pensare che ho, più volte, rischiato di essere falciato, nonostante l'uso del pallone di segnalazione e della continua supervisione dei miei genitori dal gommone, con regolamentare bandiera, che urlavano a squarcia gola a coloro che puntavano decisamente verso di me. Penso che ormai qualunque segnale non servi più a nulla; infatti, invece che allontanare le barche, la boa o la bandiera diventano dei punti di riferimento marittimi.

Colgo così l'occasione per esortare gli appassionati di pesca ad usare regolarmente uno dei due tipi di segnalazioni e mi appello ai naviganti, chiedendo loro di passare a largo di essi e di fare, comunque, attenzione anche quando si naviga lontani dalla costa, in quanto le ingiuste leggi, che prendono piede sempre di più, costringono i pescatori subacquei a pescare piuttosto lontani dalla riva.

Quando si è in superficie, poi, è necessario fare opportuna attenzione, in caso di forte vento, a pescare troppo vicino agli scogli; onde anomale potrebbero, infatti, farci sbattere contro di essi.

SICUREZZA DURANTE L'APNEA

Quali sono i principali pericoli che possono colpire il pescatore subacqueo durante l'apnea?

FENOMENI CHE INTERESSANO L'IMMERSIONE ED EVENTUALI CONSEGUENZE

Al momento dell'immersione, il subacqueo è soggetto a due fenomeni che interessano il suo organismo. Il primo è chiamato diving reflex; in questo caso, si ha una riduzione dei battiti cardiaci, che si accentua sempre di più quando si raggiungono profondità elevate e si prolunga la permanenza in apnea. L'eccessivo accentuarsi del fenomeno del diving reflex potrebbe fare aumentare, sempre di più, le possibilità del verificarsi di una sincope (il pericolo maggiore per il pescatore subacqueo), soprattutto se connesso ad altre eventuali malattie o, comunque, irregolarità, che interessano l'organismo del malcapitato.

Il secondo fenomeno è chiamato blood shift; Quando ci immergiamo, la pressione aumenta gradualmente, agendo, come una sorta di compressore, sul nostro corpo. Il fenomeno del blood shift comporta una concentrazione del flusso sanguigno a livello polmonare; così facendo viene impedito lo schiacciamento della gabbia toracica sui polmoni e quindi il loro collassamento. Al contrario, quando risaliamo, il flusso sanguigno viene gradualmente riequilibrato. Questo fenomeno comporta, soprattutto, un grande sforzo da parte del cuore, che permette questo meccanismo di compensazione con la pressione subacquea. Tale meccanismo potrebbe però incepparsi nella fase di risalita; infatti, nella fase discesa, viene interessata maggiormente la parte destra del cuore, che è più elastica e sopporta maggiormente lo sforzo. Nella fase di risalita è interessata maggiormente la parte sinistra del cuore, meno elastica e quindi meno tollerante: una risalita troppo veloce potrebbe portare all'innesco di alcuni problemi di insufficienza sanguigna, che sfocerebbero nel verificarsi di una sincope. Per questo è importante, nella pesca subacquea, non eccedere mai oltre i propri limiti; bisogna calcolare i tempi. Rimanere a profondità elevate troppo a lungo comporterebbe una salita rapida che potrebbe dimostrarsi molto pericolosa. Perciò è importante conoscere a fondo le proprie possibilità, farsi assistere magari da un amico o comunque pescare in coppia (per avere una persona che ci salvi in caso di pericolo) e pensare sempre che è stupido rischiare per un pesce, anche se fosse il più grosso mai visto.

LA SINCOPE

La sincope è un fenomeno che comporta lo svenimento, accompagnato dall'arresto della respirazione.

Principalmente, vengono distinte due tipi di sincope: anossica e riflessa. Nel primo caso il problema riguarda la carenza di energia, legata all'ossigeno, a livello neuronale. La cellule neuronali, infatti, entrano in uno stato in cui ricevono poco ossigeno; ciò li porta a bloccare alcune delle loro attività, in modo da risparmiare l'energia restante. Se però questo stato di risparmio dura nel tempo e non viene ristabilita la quantità necessaria di ossigeno, si avrà la successiva morte delle cellule neuronali. Se si riesce ad intervenire tempestivamente sul soggetto interessato, entro un arco di tempo che va dai 6 agli 8 minuti circa, rinormalizzando lo stato e la circolazione dell'ossigeno, il malcapitato riprenderà l'attività celebrale entro mezz'ora circa, senza riportare danni irreversibili a livello neuronale (cosa che accadrebbe se il salvataggio avvenisse dopo i 6-8 minuti dalla manifestazione patologica).

La sincope anossica si può dividere, a sua volta, in umida o secca.

Premettendo che la prima contrazione diaframmatica segna il punto in cui l'anidride carbonica aumenta sopra limiti accettabili, definiremo sincope umida l'insieme di quelle patologie di sincope anossica che si verificano a seguito di mancanza di ossigeno. In questo caso le contrazioni diaframmatiche non hanno importanza; infatti, quando la carenza di ossigeno (break O2) precede l'aumento di anidride carbonica (break CO2), il soggetto perde conoscenza prima delle contrazioni del diaframma. La sincope anossica umida può manifestarsi anche a seguito di forti emozioni (o stress) oppure da uno sbalzo termico eccessivo (ad es. entrare da uno stadio di temperatura calda in uno di temperatura fredda; come se, accaldati, ci buttassimo in acqua gelata).

La sincope anossica secca si innesca a seguito di vari fattori: o dopo un'apnea protratta per lungo tempo o negli ultimi metri di risalita, per la brusca diminuzione della pressione dell'ossigeno. In entrambi i casi si avrà un esaurimento delle riserve di O2.

La sincope riflessa invece è caratterizzata da un immediato blocco della circolazione cerebrale a livello arterioso, con probabile arresto cardiaco spesso connessi ad una diminuzione del flusso si sangue spinto dai battiti cardiaci. In questi casi si potranno avere situazioni di definitiva morte delle cellule a livello neuronale o di ripresa, da parte dell'organismo del malcapitato. In questo caso di sincope riflessa, la ripresa delle funzionalità circolatorie, da parte del soggetto, potrà avvenire grazie ad un salvataggio che avvenga entro tempi poco più lunghi di quelli citati per la sincope anossica.

Infine, esiste un terzo tipo di sincope, detto ipocapnico, che si manifesta in genere dopo una forte iperventilazione.

Concludo dicendo che non bisogna farsi spaventare da queste patologie; l'importante è sapere a quali pericoli si va incontro se oltrepassiamo, imprudentemente, le nostre possibilità di resistenza e che, comunque, si è sempre più sicuri se ci si fa assistere da un compagno.

SFONDAMENTO DEL TIMPANO

Uno degli altri pericoli a cui il pescatore subacqueo può andare in contro è lo sfondamento della membrana timpanica, o comunque la sua lacerazione. C'è poco da dire su questo argomento, tranne che spesso tale evento si manifesta a seguito di una cattiva compensazione. Questo incidente può costituire pericolo, in quanto comporta la perdita del senso dell'orientamento; solo una buona dose di sangue freddo e di esperienza può darci la concentrazione necessaria per raggiungere la superficie.

PESCA SUB: DEDICATO A CHI INIZIA

Autore: Corrado Natale

Corrado Natale con un bel carniere

L'estate ormai volge al termine e le coste si fanno sempre più deserte e riacquistano pian piano il fascino selvaggio dell'inverno.
Inizia sicuramente un periodo favorevole per la pesca subacquea, sia per la diminuzione dell'affollamento estivo sia per le abitudini di molte specie di pesce che si avvicinano alla costa e si fanno numerose.

In questo periodo vi sono tantissimi neo-pescatori che si sono lasciati affascinare dalle bellezze del mare ed hanno, magari per caso, iniziato a praticare la pesca subacquea.
Ad essi è dedicato questo articolo, che vuole essere un semplice elenco di pochi consigli, non esaustivo, teso ad offrire una prima guida a questo popolo di aspiranti subacquei. Naturalmente i consigli e le indicazioni che mi accingo a dare si basano sulla mia esperienza personale e sui ricordi delle mie prime esperienze di pesca.

Essi si propongono piuttosto di costituire una prima linea guida dalla quale poi, con l'aumentare dell'esperienza e della capacità, il pescatore potrà discostarsi per muoversi liberamente tra le infinite soluzioni di questo meraviglioso sport secondo le proprie personali inclinazioni.


PREPARAZIONE E SICUREZZA

Contrariamente a quanto accadeva qualche anno fa, tutti i pescatori sub all'inizio della loro "carriera" hanno oggi la possibilità di seguire dei corsi specifici sia di apnea sia di pesca subacquea. L'iscrizione ad un circolo subacqueo e la frequentazione di un corso di apnea potrà essere determinante nella svolta del neofita per la conquista di un livello immediatamente superiore.

L'impiombatura è il modo ideale di collegare il monofilo all'asta

Si potranno acquisire nozioni fondamentali che miglioreranno il nostro modo di andare sott'acqua e soprattutto si avrà l'opportunità di conoscere pescatori più esperti, dai quali riceveremo senz'altro preziosi consigli. Potremo quindi iniziare a bruciare le tappe, evitando il "fai da te" a tutto vantaggio della sicurezza e dei risultati.
Molti circoli inoltre organizzano uscite in mare e garette di pesca sociali, magari a squadre, proprio per avvicinare i neofiti alla vita di circolo e alla pesca subacquea. Saranno forse proprio queste gare promozionali a permettere ai neofiti di carpire principali segreti e tecniche della disciplina. Tutto questo, unito alle doti innate e uniche che ognuno ha dentro di sé e all'esperienza acquisita sul campo, formerà il vero pescatore sub.

Inoltre, inizieremo gradualmente a controllare emozioni ed ansie, nemici acerrimi dell'apnea che normalmente convivono con il desidero di avventura e scoperta di questo mondo nuovo.

ATTREZZATURA
Ecco uno degli argomenti basilari e sicuramente più interessanti per chi inizia.
Evito subito di elencare tutta l'attrezzatura necessaria per effettuare la pesca subacquea perché in questa sede voglio dare poche indicazioni che ritengo prioritarie in ordine alla boa segnasub ed al fucile. Dai siti, dalle riviste specializzate e dai manuali si possono facilmente apprendere le varie nozioni, ma io preferisco in questa sede suggerire a modo mio poche scelte da fare. Nella mia opinione, si tratta di scelte che possono risultare determinanti:
a) Pallone segnasub: è di vitale importanza per la nostra sicurezza.
Voglio subito dire che devono essere presi alcuni accorgimenti importanti per impedire che questo attrezzo influisca negativamente sulla nostra azione di pesca. Il pallone dovrà sempre essere trainato e dovremo avere la possibilità di sganciarlo velocemente in ogni evenienza.
Inoltre, dovremo assicurarci che almeno il tratto finale del sagolone non spaventi eccessivamente i pesci, che naturalmente non gradiscono questo cordone ombelicale. In particolare, dovremo legare il pallone ad un sagolone galleggiante (circa 10-15 mt), magari dotandolo sulla parte finale di un galleggiante piccolo e idrodinamico. A questo punto costruiremo la parte che unirà il sagolone al subacqueo immerso, utilizzando un tratto di nylon del 50 - 60 lungo circa 10 mt, in modo che sia invisibile al pesce che insidieremo. Il nylon così utilizzato terminerà in un moschettone a sgancio rapido che potremo collegare ad un pedagno (piombo) anch'esso sgancio rapido.

Io sono solito collegare la parte terminale del nylon ad un piccolo spezzone di sagola (della lunghezza di circa 30 cm) e poi al moschettone. Questo consente di controllare e maneggiare meglio il tutto che avrà meno probabilità di intrigarsi con i piombi.
Io sono solito collegare la parte terminale del nylon ad un piccolo spezzone di sagola (della lunghezza di circa 30 cm) e poi al moschettone. Questo consente di controllare e maneggiare meglio il tutto che avrà meno probabilità di intrigarsi con i piombi.
Potremo quindi iniziare la nostra battuta di pesca svolgendo circa 20 mt di sagola, in modo da avere il pallone alla giusta distanza di sicurezza evitando però che intralci nostra battuta di pesca. Ricordate che il pallone dovrà sempre essere munito della bandiera rossa con diagonale bianca che, normativamente, è il solo riconoscimento del subacqueo immerso. Un pallone sprovvisto di bandierina ci esporrà ad una contravvenzione di 1032 Euro.
b) Fucile: non essendo ancora sub specializzati e dovendo spesso iniziare a conoscere ed imparare tutte le tecniche, ritengo che il fucile ideale per iniziare sia un arbalete da 75 cm o al massimo da 90 cm. Utilizzeremo per il momento delle aste leggere da 6 mm. L'asta che ritengo ideale è la tahitiana da 6,3 mm, che ha una fattura ed un profilo idrodinamico molto vantaggioso ai fini del tiro. Chiederemo al negoziante o a qualche sub più esperto di consigliarci degli elastici buoni e veloci.

Inizieremo a collegare il codolo dell'asta ad un monofilo di nylon del 140-160 e lo fisseremo senza nodi con gli appositi rivetti in metallo in modo da avere la chiusura del cappio a circa 1, 5 cm dalla tacca di maggiore potenza (fig.1). Potremo inoltre fissare l'aletta con un piccolo OR da 5-6 mm in modo da non avere aperture accidentali dell'aletta in fasi cruciali di pesca che potrebbe spaventare la preda e mandare a monte la cattura.

Come collegare l'asta al fucile

Potremo inoltre collegare l'altro capo del monofilo di nylon ad un pezzetto di sagola in testata, che abbia con un nodo di facile scioglimento in caso di necessità (fig 4). Ogni volta che inizieremo l'azione di pesca dovremo tassativamente controllare che la sicura non sia inserita per evitare di vederci sfilare davanti un bel pesce a grilletto inchiodato. Inoltre, consiglio di eliminare dal fusto lo scorri-asta che fa da guida. Lo ritengo inutile e poi può influire negativamente sulla precisione del tiro. Potremo inoltre collegare l'altro capo del monofilo di nylon ad un pezzetto di sagola in testata, che abbia con un nodo di facile scioglimento in caso di necessità. Ogni volta che inizieremo l'azione di pesca dovremo tassativamente controllare che la sicura non sia inserita per evitare di vederci sfilare davanti un bel pesce a grilletto inchiodato. Inoltre, consiglio di eliminare dal fusto lo scorri-asta che fa da guida. Lo ritengo inutile e poi può influire negativamente sulla precisione del tiro. L'arbalete così armato potrà guidarci meglio nell'evoluzione da neofiti a "tiratori scelti" e potremo iniziare a prendere confidenza con i segreti della mira. Avremo la possibilità di vedere l'asta per intero e ciò ci aiuterà a diventare precisi più di quanto possa fare un oleopneumatico.
Per i più ambiziosi, potrà essere utile montare da subito un bel mulinello con almeno 50 mt di sagola.

SCELTA DELLA ZONA DI PESCA

Naturalmente varierà da Regione a Regione, ma secondo me dovremo iniziare nell'individuare un tratto di costa rocciosa caratterizzato da basso fondale (da 2 a 6 mt).
Dovremo avere la possibilità di scorrere sulla zona e individuare movimenti di roccia, magari intervallati da alghe e sabbia, dove noteremo quantomeno un certo "sottobosco" costituito da minutaglia e vari movimenti di vita.

COMPORTAMENTO ED ETICA

Ricordiamoci di evitare di catturare pesci piccoli e di mostrarli come squallidi trofei. E' molto più utile all'immagine del nostro sport uscire con il portapesci vuoto piuttosto che con prede di scarso valore etico e sportivo.

Rispettiamo il mare con il massimo impegno ed evitiamo sempre comportamenti irrispettosi delle normative in vigore sulla pesca subacquea, specialmente in presenza di bagnanti: solo dopo aver rispettato per primi regole ed etica potremo pretendere il rispetto degli altri.

TECNICA DI PESCA

Adesso viene il bello.

Per prima cosa, dovremo programmare la giornata di pesca tenendo conto delle condizioni meteomarine. Non saremo tanto imprudenti da recarci a pesca da soli o in condizioni di tempo incerto e prediligeremo giornate con vento di mare leggero e stabile che possa smuovere la costa con piccole onde.

Anche l'orario dovrà essere tenuto d'occhio e si entrerà in mare preferibilmente a sole alto con marea in movimento.

Appena entrati in acqua, dopo aver fissato il pallone alla cintura ed averlo sciolto per una lunghezza di 15-20 mt, caricheremo il fucile ed inizieremo a pinneggiare in direzione parallela alla costa su un fondale non superiore ai 5-6 mt.

Se riusciremo ad avere il sole alle spalle e a procedere in favore di una leggera corrente avremo iniziato bene la nostra battuta di pesca.

La tecnica che cercheremo di attuare sarà quella dell'aspetto.

Ancora non abbiamo doti di acquaticità tali da consentirci di attuare agguati o di avvicinarci ad una tana del sottocosta con la dovuta circospezione e, inoltre, sarà utile iniziare a perfezionare assetto, capovolta e apnea.

Pinneggiando in superficie dovremo cercare di scorgere sul fondo qualche avvallamento o qualche sasso più grande che ci possa servire da riparo.

La pinneggiata dovrà essere lenta e tranquilla e dovremo cercare delle sensazioni di profondo rilassamento e piacere in quello che stiamo facendo. La conoscenza del posto e la limitata profondità operativa ci aiuteranno in questo.

Nel silenzio del mare dovremo cercare di entrare in punta di piedi.pinneggiando e muovendoci senza inutili movimenti rumorosi e bruschi.

Anche la capovolta, che effettueremo dopo esserci sfilati il boccaglio, dovrà avvenire nel massimo silenzio ed armonia possibile.

Questo è il nostro primo obiettivo: diventare parte integrante dell'ambiente marino ricercando l'armonia con questo.

Effettueremo aspetti a profondità variabili dai 2 ai 4-5 mt, curando in modo particolare i movimenti e l'appostamento.

Gli aspetti dovranno essere portati ogni 10-15 mt di costa rocciosa in modo da percorrere un'idonea distanza, compatibile con la nostra preparazione fisica e mentale.

Prepareremo il tuffo evitando tassativamente qualsiasi manovra di iperventilazione (molto pericolosa) ma cercando semplicemente il rilassamento e la concentrazione.
La tecnica di respirazione diaframmatica potrà aiutarci in questo. Una volta giunti sul fondo cercheremo un appiglio con la mano sinistra e cercheremo di avere le pinne e tutto il resto del corpo schiacciato sul fondo. Il braccio destro dovrà essere piegato e non teso, in modo da dare al fucile un assetto più equilibrato e migliorare le possibilità di puntamento.
Adesso, fermi sul fondo, dovremo sentire tutti i nostri muscoli decontratti e dovremo assumere una posizione tale da favorire sia l'azione di caccia che il massimo rilassamento e la migliore concentrazione.

Prediligendo sempre appostamenti paralleli alla costa e in direzione di corrente, potremo iniziare a guardarci intorno senza avere timore di muovere la testa ma cercando comunque di ritrovarsi ad avere il massimo campo visivo per limitare i movimenti.
I pesci potranno venirci da qualsiasi direzione e prima riusciremo ad individuarli, maggiori saranno le nostre possibilità di successo.

Una volta individuata la preda in avvicinamento (sarà con molta probabilità un muggine, una spigola o una ricciolotta), dovremo restare calmi e iniziare a spostare verso il pesce la punta dell'asta del fucile per poi allungare il braccio in modo da allineare l'asta con la preda. Non appena avremo la sensazione e la sicurezza giuste, scoccheremo il tiro tenendo salda la mano.

Ben presto impareremo che ogni tipo di pesce necessita di un tiro particolare e che potremo aspettare che un muggine ci mostri il fianco, ma dovremo sparare "di muso" un sarago o un denticiotto.

Con questo metodo di pesca potremo imbatterci in qualunque preda e potremo fare conoscenza di muggini, spigole, saraghi, limoni e pesci serra.


Potremo anche "rischiare" di imbatterci in qualche preda di mole tipo una leccia spintasi a cacciare nel sottocosta.

Dovremo essere testardi e metodici, dovremo assolutamente evitare di arrenderci ai primi insuccessi e perseguendo questo sistema con la massima testardaggine potremo prima o poi avere successo.

All'inizio non vedremo un pesce, poi cominceremo a scorgere qualche preda e a fare le prime "padelle".

Ci sarà qualche delusione per aver mancato la cattura, così come qualche errore di valutazione, ma quando insagolerete una preda al termine di tanti sacrifici la pesca subacquea vi sarà già entrata nel sangue e sarà troppo tardi per ritornare indietro e rinunciare a questo meraviglioso sport.

IMPROVVISANDO UNA BATTUTA IN UNA ZONA SCONOSCIUTA

Data di pubblicazione: 10-04-2004

Il fascino di un nuovo luogo di pesca è sempre lo stesso, genera in ciascuno di noi una grande emozione e, soprattutto, ci spinge a sognare nuovi incontri e catture. Allo stesso tempo, però, il luogo sconosciuto fa sorgere interrogativi su come impostare la battuta in modo proficuo: che tipo di fondale troveremo? Che arma impugneremo? Quale tecnica darà i migliori frutti?

Quando si giunge in un luogo sconosciuto, la miglior cosa da fare è tentare di dare delle risposte ad una precisa serie di domande: tali risposte, infatti, ci permetteranno di dare un'impostazione di base alla battuta di pesca che andremo ad iniziare subito dopo. Per quanto possa sembrare un controsenso, in pratica dovremo improvvisare... pianificando il più possibile. Come? Per spiegarlo, diamo una risposta alle seguenti domande.

Cosa faccio quando sono sul posto?

Per prima cosa, volgeremo la nostra attenzione al panorama costiero e marino. Questa attenta osservazione può aiutarci a capire molte cose.

Cominceremo ad analizzare la morfologia della costa che ci siamo prefissati di esplorare, in quanto le caratteristiche della terra emersa ci portano a capire cosa possono offrire i fondali e, conseguentemente, quali prede potremo incontrare. Se a terra avremo granito, con ogni probabilità avremo granito anche sotto il pelo dell'acqua; in caso di rocce laviche a terra, sott'acqua troveremo con ogni probabilità un fondale di grotto; alle lastre di arenaria a terra, in acqua corrispondono con ogni probabilità lastre coperte di sedimento e posidonia.
Se dove impostiamo la battuta la costa si presenta frastagliata e granitica, ugual cosa troveremo sott'acqua. Se il punto presenta dei promontori le quote operative aumenteranno notevolmente, mentre se a terra vediamo lunghe spiagge e distese di sabbia e fango lineari o in cale, difficilmente porteremo a casa qualche preda significativa.

Quale può essere il punto di partenza ideale della mia battuta?

Il punto di partenza deve offrire già da terra quelle caratteristiche che vogliamo trovare durante la nostra battuta di pesca in apnea. Per tutti gli appassionati, in linea generale, risulteranno ideali le coste basse e frastagliate. Chiaramente, le scelte di campioni e veterani saranno diverse, in quanto questi ultimi potranno prediligere coste alte come promontori, isolotti lontani da terra e pareti a picco. L'esperienza, la capacità fisica e l'allenamento portano i più esperti verso questi luoghi, inaccessibili ai più, perché tali fondali offrono maggiori possibilità di incontri con prede di valore, ma non si deve mai dimenticare che questi stessi fondali presentano anche grandi pericoli per chi non ha sufficiente preparazione fisica e mentale, perché sotto i promontori o lungo le pareti le quote operative vanno ad aumentare considerevolmente. Bisogna valutare bene il da farsi mentre si è a terra, ed evitare di azzardare battute su fondali che ci porterebbero ad avvicinarci pericolosamente ai nostri limiti. Non bisogna mai azzardare, certi territori si conquistano col tempo e tanto sale sulla pelle.

Come posso sviluppare una strategia di pesca per una zona sconosciuta tenendo conto di fattori come il vento e le onde?

Nel pianificare la nostra battuta improvvisata, valutare attentamente il vento ci sarà di grande aiuto. Se il mare frange verso la costa, la visibilità può ridursi, e suggerire di impostare la pescata nel bassofondo, con uso delle relative tecniche. Al contrario, se il vento è di terra ed appiattisce l'acqua nei pressi della costa che vogliamo frequentare, difficilmente il bassofondo potrà offrirci prede di rango.

Quando le onde frangono, la schiuma ed i movimenti della marea innescano il meccanismo della "catena alimentare", che mette in movimento il pesce nel sottocosta. In presenza di mare grosso e formato, con onde che frangono violentemente a terra, i meno esperti dovranno necessariamente rinunciare alla battuta di pesca, e solo i più esperti ed allenati potranno immergersi e tentare qualche cattura.

I venti influenzano tanto le nostre scelte?

La risposta può essere solo una "Si". A seconda della sua intensità, il vento è in grado di smuovere e "far correre" le acque sia in superficie che in profondità. Il vento ci condiziona immancabilmente, e la sua possibile evoluzione va sempre messa in conto e valutata alla luce delle condizioni meteo: in base alla situazione, metteremo in pratica gli accorgimenti indicati nei punti precedenti e valuteremo attentamente ogni possibilità.
Come si può raggiungere una forma fisica adeguata, in grado di fare la differenza?
La vera palestra è il mare, con la sua imprevedibilità ed il suo fascino. Per chi si immerge saltuariamente, è consigliabile valutare da terra l'eventuale tragitto subacqueo che si intende percorrere durante l'intera battuta.

Prima di immergersi, in particolare, è bene farsi un'idea di quanto possiamo allontanarci dal punto di partenza, tenendo conto del nostro grado di allenamento e di fattori come il vento e la corrente; ogni nostra scelta dovrà sempre essere mirata al criterio della massima sicurezza per il massimo divertimento.

Se nella zona c'è una strada costiera, l'ideale è fare una perlustrazione con l'auto per vedere cosa offre la costa, verificando anche la presenza di eventuali sentieri a terra, che possono esserci di grande aiuto in caso di problemi dovuti all'intensità del mare, alla corrente o ad un malessere. Se non esiste possibilità di sfruttare l'auto, cercheremo comunque di guardarci intorno e, quando possibile, faremo una camminata lungo la costa per cercare di capire che tipo di costa incontreremo durante la pescata.

Quali attrezzature dovrò utilizzare?
La scelta dell'attrezzatura è di vitale importanza. Se le condizioni meteo e la costa ci offrono condizioni favorevoli per pescare "a patella", cioè in due spanne d'acqua, i nostri obiettivi principali potranno essere la spigola, regina del sottocosta, ed il cefalo. Durante la battuta potremo spesso incontrare dei branchi di salpe, ma la loro presenza potrebbe rappresentare un grande svantaggio in presenza della smaliziata orata, altra regina del bassofondo, in quanto il comportamento sospettoso delle salpe può spaventarla, impedendoci di portare a termine azioni di avvicinamento all'agguato. L'arma deve essere decisamente una medio-lunga, a seconda della visibilità che ci offre l'acqua. Ricordiamo che se frange l'onda l'acqua sarà meno trasparente, mentre con vento di terra avremo maggiori possibilità di trovare acqua limpida.
Operando in due spanne d'acqua sarà fondamentale calibrare bene la quantità di zavorra, che dovrà essere abbondante. Indossare uno schienalino ci permetterà di distribuire il peso su tutto il busto senza gravare solo sulla vita, dove la cintura ci avvolge. Si eviteranno eventuali dolori nella zona renale e lombare, che possono affliggere soprattutto chi è poco allenato.

Se la zona offre costa alta e promontori, al contrario, eviteremo di caricare eccessivamente la zavorra, e sarà preferibile lasciare lo schienalino a terra. La minore zavorra andrà a tutto vantaggio della libertà di movimenti, sia in fase di preparazione del tuffo che durante l'azione di pesca vera e propria; sempre per guadagnare in agilità, poi, ci orienteremo verso l'acquisto di una muta tecnica, elastica e confortevole. Nelle zone a costa alta, la possibilità di fare incontri con altre specie di pesci aumenta in modo considerevole, e con essa aumentano anche le possibilità di catture significative.
In caso di costa digradante o con tratti di bassofondo alternati a punte e pareti a picco, in presenza di vento di terra dovremo sempre cercare un buon compromesso tra le soluzioni appena descritte, ed optare per una zavorra "intermedia", che durante la battuta ci permetterà di spaziare dal sottocosta alle quote più impegnative. Questa alternanza di ispezioni del fondale a varie quote rappresenta una strategia spesso proficua, ed è una tattica ben nota ai razzolatori.

Come si può agire insieme a uno o più partner senza creare azioni di disturbo tra compagni d'avventura?

Il miglior consiglio è quello di concordare con il compagno il da farsi prima dell'ingresso in acqua. Una volta stabilito un programma di massima ed iniziata la battuta di pesca, non ci sarà spazio per iniziative solitarie: se si decide di variare quanto pianificato a terra si deve informare preventivamente il compagno delle proprie intenzioni, e desistere qualora la nostra idea non lo trovi d'accordo.


RICAPITOLANDO
Tutte le volte in cui ci troviamo ad improvvisare una pescata in un luogo sconosciuto, prima di immergerci dovremo osservare con attenzione l'ambiente circostante: più elementi saremo in grado di cogliere ed interpretare, più riusciremo ad anticipare gli eventi e ad essere pronti di fronte ad eventuali problemi. Questa "pianificazione dell'improvvisazione" ci permetterà di entrare in acqua più tranquilli, con tutti i benefici che ne derivano in termini di rilassamento e concentrazione.

Sia ben chiaro, però, che spensieratezza non significa assolutamente "abbassare la guardia", ma l'esatto contrario: liberare la mente da tanti pensieri ci permetterà di prestare maggiore attenzione alle prede e agli imprevisti. In altre parole, a concentrarci sull'azione di pesca.

Nella prima parte dell'articolo abbiamo visto quali domande dobbiamo porci quando ci accingiamo ad una battuta in un luogo sconosciuto, prendendo in esame quegli elementi che possono suggerirci delle scelte strategiche già prima dell'ingresso in acqua.

In questa seconda parte dell'articolo dedicato all'improvvisazione, passiamo ad analizzare indicazioni ed elementi che vengono in considerazione una volta in acqua.

Trovate le dovute risposte e memorizzate le 7 regole a terra, possiamo avventurarci nella zona sconosciuta in cerca delle nostre prede. Appena si mette il viso in acqua, bisogna subito far fuoriuscire tutta l'aria intrappolata nella muta durante la vestizione; potremo farlo immergendoci in posizione verticale e muovendoci per facilitare la fuoriuscita delle bolle dal cappuccio, principale via d'uscita dell'aria. In tal modo si eviteranno le sacche d'aria ed eventuali gorgoglii improvvisi, che immancabilmente si verificano nel momento meno opportuno e che potrebbero allertare i pesci durante le nostre azioni. Se non si è esagerato con le sostanze lubrificanti, l'effetto ventosa del neoprene sulla pelle sarà immediato, a beneficio di termicità e confort. A seguire, effettueremo delle brevi sommozzate per trovare il giusto assetto e per favorire la respirazione. Con queste operazioni si fa del vero stretching, che velocizza quel processo comunemente indicato con l'espressione "spezzare il fiato".

Appena saremo pronti per iniziare l'azione di pesca vera e propria, dovremo prendere in considerazione una serie di elementi.


Come si presenta l'acqua? Trasparenza e torbidità.

La prima verifica da fare riguarda lo stato di trasparenza o torbidità dell'acqua. Se l'acqua è trasparente è preferibile un'arma lunga (arba 90/100, oleo 96); al contrario, se l'acqua è torbida preferiremo un'arma medio-corta (arba 90/82/75, oleo 71). Valutata la trasparenza o torbidità, inizieremo il nostro tragitto procedendo "a fascia", cioè parallelamente alla costa.

E' importante verificare la temperatura dell'acqua?

Sicuramente. Se siete dotati di un orologio con termometro o un computer da polso, avrete modo di verificare questo fattore e, durante il percorso, a seconda delle stagioni, dovrete prestare attenzione alla presenza di eventuali variazioni consistenti della temperatura dell'acqua. A volte, uno sbalzo termico di due gradi in meno porta una zona a desertificarsi, esattamente come un'innalzamento della temperatura porta la stessa zona a caratterizzarsi per una maggiore presenza di pesce. Gli sbalzi sono dovuti solitamente alla presenza di rivoli d'acqua dolce, sorgenti sottomarine, sbocchi di rigagnoli piovani eccetera, ed influiscono enormemente sulla possibile presenza del pesce. In pieno inverno, la temperatura dell'acqua di mare si stabilizza su valori minimi di 13° circa, e le temperature inferiori sono dovute a fattori climatici e meteo. Oltre all'acqua dolce, che rimane "quasi" separata dall'acqua salata, dando luogo ad un effetto visivo caratteristico e ben riconoscibile, le differenze termiche sono correlate al tipo di costa e alla profondità dei fondali: ad esempio, le grandi cale naturali subiscono degli sbalzi termici superiori a qualunque costa a picco. Solitamente, lo sbalzo termico è dovuto all'influenza del vento e del sole; nel primo caso, soprattutto con mare mosso, si ha un raffreddamento anche consistente della superficie dell'acqua, mentre in assenza di vento e con tempo soleggiato la temperatura s'innalza, specie in condizioni di mare calmo. Maggiore è la profondità lungo le coste, minore sarà lo sbalzo termico; maggiore sarà l'estensione delle grandi cale con bassa profondità, maggiore sarà lo sbalzo termico. Questo insieme di fattori fa sì che generalmente avremo più probabilità d'incontrare prede di rango al di fuori delle cale: il pesce, infatti, si concentrerà maggiormente negli scogli isolati, nelle punte, nelle franate.

Prediligere la tecnica mista aumenta le chances di successo

Le maree influiscono sulla presenza del pesce?
La risposta per il bassofondo può essere solo una "SI". I movimenti di marea, combinati alla forza del mare e del vento, innescano la cosiddetta "catena alimentare". Nel nostro Mediterraneo abbiamo la grande fortuna di movimenti di marea doppi, che si alternano in cicli di sei ore. Quando la marea è alta, la forza del vento combinata a quella del mare difficilmente produce effetto, esattamente come non produce effetto la bassa marea in assenza di vento ed onde che frangono.

Se durante un movimento di marea la costa è battuta da piccole o grandi onde, la presenza del pesce è molto probabile. I migliori movimenti di marea sono quelli detti "medi", cioè le fasi intermedie dove le onde, col loro frangere, strapperanno dal fondo i micro e macro organismi che innescano la catena alimentare. Durante questi movimenti di marea combinati al frangere delle onde faranno la loro comparsa i piccoli pesci, che andranno a nutrirsi dei piccoli organismi in sospensione, attirando a loro volta i predoni del mare. Inoltre, i micro organismi assicurano approvvigionamento anche ad altre specie non predatrici, ma di sicuro valore venatorio.

Dove è preferibile passare in rassegna il fondale?

Come accennato, la miglior strategia da adottare nelle zone sconosciute è quella di procedere a fascia, cioè parallelamente alla costa. E' importante essere sufficientemente allenati e preparati nelle tecniche miste (come il razzolo), e dovremo saperci adattare a ciò che il posto sconosciuto ci offre. Nel passare in rassegna il fondale, è importante procedere a zig-zag, cioè alternando ispezioni più o meno vicine alla costa. Questa alternanza ci porterà ad adottare preferibilmente la tecnica mista di aspetto ed agguato, che offrirà molte probabilità di successo. E' inutile darsi alla sola pesca in tana o al solo aspetto, bisogna restare concentrati senza dare nulla per scontato e rimanendo aperti ad ogni eventualità. L'improvvisazione la farà da padrona, e presteremo attenzione alle tane solo in quei casi in cui il fondo presenta una morfologia particolare e risulta meritevole di attente ispezioni (es: franate, coralligeno, massi e pietre, lastre di arenaria).
E' importante pescare anche a "vista", cioè tentare di cogliere quei segni che possono rivelare la presenza di prede o le prede stesse nei pressi delle tane: solo dopo l'avvistamento di prede o segnali che ne denuncino la probabile presenza potremo dedicarci alla pesca in tana pura, altrimenti è preferibile procedere con la tecnica mista.
Equipaggiamento

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Equipaggiamento dell'Estate

Capi di Settembre

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  737t1912h VESTIZIONE E SVESTIZIONE D'INVERNO

Il pescatore in apnea che frequenta le località marine in pieno inverno è un soggetto che agli occhi di qualche osservatore locale può apparire un tipo strambo. Il fatto che uno sportivo imbacuccato con giaccone, sciarpa e cappello di lana improvvisamente si spogli, indossi un'attrezzatura da incursore militare e si butti in acqua sfidando il vento gelido di tramontana o il mare bianco di schiuma, da l'impressione che non tutte le "rotelline" cerebrali siano al posto giusto. Eppure la pesca subacquea svolta in questo periodo è un'attività bellissima, ricca di fascino e soddisfazioni venatorie, di contatto "vero" con la natura. Per certi apneisti i mesi invernali sono da definirsi i migliori dell'intero anno perchè si possono portare a casa dei pesci con la P maiuscola come spigoloni corpulenti, saraghi da chilo, orate giganti; inoltre risultano gli unici periodi dove ci si può tuffare dove si vuole, senza paura di beccarsi una multa elevatissima o di fare lo slalom tra le chiglie degli yacht. Il problema maggiore per chi ha l'intenzione di trascorrere qualche ora di pura passione, oltre a preoccuparsi per la logica protezione termica sotto la superficie dell'acqua, è rappresentato dai momenti delicati della vestizione all'aperto e soprattutto della svestizione al termine della pescata.

LA VESTIZIONE.

Ci sono aziende e artigiani che producono capi di 6, 6.5, 7 o più mm che calzano come dei guanti e una volta indossati fanno davvero dimenticare di essere sott'acqua d'inverno. La questione un po' più fastidiosa riguarda il periodo che intercorre tra l'abbandono del piumino o della giacca a vento e la calzata del soffice strato di espanso. Immaginatevi di scendere dall'autovettura con l'aria calda del sistema di riscaldamento tenuta a manetta ed entrare brutalmente in una cella frigo ventilata: i brividi si insinuano sotto il bavero della giacca, scendono lungo la colonna vertebrale, i piedi e in un istante...si annacquano tutti i buoni propositi! In uno stato del genere anche gli ardori più giovanili possono essere frenati sul nascere e poi c'è sempre il rischio di beccarsi un malanno, un torcicollo, un colpo di freddo che possono avere serie conseguenze per il futuro. Quindi, prima di giungere alla meta, riducete saggiamente la temperatura del condizionatore ed evitate sbalzi di temperatura di decine di gradi rispetto al clima esterno. Il nostro corpo deve abituarsi gradualmente alla nuova condizione termica. Poi bisogna trovare un luogo sufficientemente riparato dalle intemperie dove cambiarsi, come l'androne di un palazzo, un sottoscala, un muretto, il portellone di un'auto, eccetera. Il vento freddo è uno degli avversari più subdoli e quelli tipici del periodo spirano dai primi quadranti, a Nord, trasportando aria gelida; personalmente cerco di parcheggiare l'autovettura in modo da risultare sotto vento con una fiancata oppure con il retro, poi mi do da fare per cercare un buco dove infilarmi comodamente la muta. A volte è sufficiente aprire il portellone della station wagon per non beccarsi la pioggia direttamente in testa oppure infilarsi sotto una tettoia occasionale ma in certe aree prive di qualsiasi riparo la ricerca diventa una vera e propria caccia al tesoro. Reperito l'angolino giusto disponete a portata di mano i vari componenti dell'attrezzatura, così ottimizzerete i tempi di vestizione e non vagherete alla ricerca della maschera o dei guanti dimenticati chissà dove. Particolare attenzione ai vari sistemi atti a far scivolare il neoprene sulla pelle: i contenitori devono essere disponibili e la sostanza lubrificante offerta in giusta proporzione. Gli apneisti dotati di capi con fodera di nylon interna saranno molto veloci a calzare prima i pantaloni poi la giacca perchè la fodera in tessuto scorre bene e rapida sulla cute asciutta. E' utile stendere a terra uno stuoino o un tappetino in gomma traforato, facilmente ripiegabile, che risulterà comodo per non sporcarsi e raffreddarsi i piedi. Una volta rivestiti dallo spesso strato di neoprene potremo uscire allo scoperto e raggiungere ben coperti il punto d'ingresso in acqua.

Box rifugio occasionale.

Può capitare di andare a pescare in una zona assolutamente priva di "strutture" umane o naturali dove cambiarsi: nel raggio di miglia non si vede un'abitazione, un minimo riparo.   737t1912h Con un pizzico d'ingegno si può realizzare una specie di tendalino da applicare al portellone della macchina. Si fissa superiormente al portello della macchina con un elastico da pacchi e si tiene fermo a terra con dei sassi raccolti sul posto o con la cintura di zavorra, le cavigliere, lo schienalino opportunamente sistemati sul perimetro esterno. Offre un riparo mitico, assicura la privacy nel caso non vi mettiate il costume da bagno, e siete liberi di sistemarvi la muta nei minimi particolari prima di uscire "allo scoperto". Al termine delle operazioni di vestizione e vestizione si piega rapidamente il tessuto plastico e si ripone nel bagagliaio.

Box sostanze lubrificanti per infilarsi le mute in spaccato.

I capi realizzati con un neoprene spaccato micro o macro cellulare abbisognano di sostanze lubrificanti per impedire che l'espanso faccia attrito sulla pelle e non scorra più. Per lo spaccato rivestito di una spalmatura liscia termo riflettente scivolosa è sufficiente l'impiego di poco borotalco per calzare la muta: se la spalmatura è nuova o di un tipo molto compatto si può addirittura infilare senza nulla. Con rivestimento deteriorato, consunto e nel caso di tutti gli altri spaccati classici, si dovrà provvedere con molta polvere di talco oppure con una mistura lubrificante che crei un velo scivoloso adeguato tra pelle ed espanso. Bisogna, inoltre, perseguire l'obiettivo della rapidità di vestizione in modo da scongiurare lunghe esposizioni al freddo con perdita di concentrazione, e di calore prezioso. C'è chi si procura un thermos con acqua tiepida o chi mantiene una bottiglia avvolta in una pezza di lana: l'importante e non bagnare la muta usando acqua quasi ghiacciata.

Preferisco anche rimuovere le eventuali tracce di sapone idro solubile tramite l'immissione di altra acqua pulita (con certi capi sfrutto l'abbondanza di acqua a disposizione e non uso neppure saponi) al fine di non sentirsi la muta che "balla" sul corpo e incrementare così la protezione coibente.

Box luoghi dove cambiarsi.

Box indumenti.

Un aspetto da non trascurare per la conservazione ottimale della propria salute è il passaggio progressivo tra l'abbigliamento cosiddetto "usuale", quello tipico invernale, e la muta subacquea. Naturalmente bisogna recarsi a pescare con dei vestiti coibenti semplici e facili da rimuovere evitando cappotti lunghi e simili. E' meglio spogliarsi poco alla volta in modo da minimizzare le parti corporee esposte alla diminuzione della temperatura: si possono sfilare prima i pantaloni e infilarsi subito quelli della muta mantenendo il busto protetto. Un alternativa è quella di denudarsi all'interno dell'autovettura (una tuta da ginnastica in pile si sfila a meraviglia) e indossare un accappatoio pesante per risultare un po' più liberi nel mettersi la muta. Io ho un modello artigianale progettato da mia moglie Lucia e fatto da mia suocera; in pratica è stato creato sovrapponendo e cucendo insieme due accappatoi in spugna "normali": il doppio strato di tessuto non fa quasi filtrare l'aria fredda e isola a meraviglia.

La SVESTIZIONE.

Dopo qualche ora passata in mare giunge l'ora di ritornare al punto di partenza e di provvedere a sfilarsi la muta umida. Il momento è delicatissimo e una buona tecnica di svestizione è il segreto per conservare un buon stato di salute per tutta la stagione invernale. Scesi dal gommone o fuoriusciti da un sottocosta ciottoloso evitate la tentazione di sfilarvi il cappuccio della muta prima del tempo anche se splende un bel sole: la temperatura del corpo sotto sei o sette millimetri di neoprene è più calda del clima invernale esterno. La nostra testa deve stare al calduccio anche perchè i seni frontali, mascellari sono i più esposti al contatto con l'aria fredda e la compensazione è un'argomentazione assolutamente da privilegiare. Se vogliamo fare gli eroi e pensiamo di essere invulnerabili con i capelli bagnati esposti al vento compiamo un'azione poco lungimirante: sono sufficienti pochi minuti di raffreddamento per tornare a casa con mal di testa, naso chiuso, impossibilità a compensare.

Se proprio non si sopporta il cappuccio indossate un bel cappello marinaro calato sin sopra le sopracciglia. In qualche negozio sportivo si può acquistare il cosiddetto "cuculo" in pile, solitamente dedicato a chi va a sciare. Il pile è un tessuto di puro poliestere creato negli Stati Uniti per i militari che ha il pregio di tenere caldo anche quando è bagnato: è l'ideale per proteggere il capo umido, e il corpo, in tutte le condizioni. Nei pressi delle marine e dei porti più attrezzati talvolta c'è la possibilità di effettuare la svestizione sotto una doccia calda: qui si raggiunge l'estasi perchè la rimozione di una muta bagnata dopo ore e ore di acqua fredda è senza timore di smentita il massimo dei massimi. Ci sono alcuni sub che sono disposti a mettere un foglio di nylon o un vecchio asciugamano sui sedili dell'autovettura, dei fogli di giornale sul tappetino di gomma pur di andare a cambiarsi sotto una cascata di acqua calda (con la muta interamente liscia si bagna pochissimo l'interno dell'auto). Con un capo liscio bisogna abbondare sull'esterno in modo da facilitare lo scorrimento delle pelli mentre con una muta foderata l'operazione non ha bisogno di sostanze lubrificanti e il liquido caldo può essere interamente utilizzato per bagnare "l'interno". Non appena si sfila la giacca coprite il busto che "fuma" con un accappatoio spesso o con un grande telo da bagno. Se si compie l'azione senza esitazioni non ci accorgeremo quasi della temperatura esterna e godremo di un certo benessere. Dopo una frizione sul cuoio capelluto, sulle spalle e sul torace c'è chi calza subito la maglietta intima e poi un bel maglione e chi, invece, provvede a togliersi subito i pantaloni. Comportatevi come meglio credete badando sempre a non prendere una folata di vento freddo. Appena possibile si indossano tutti gli indumenti civili e si provvede a reintegrare i liquidi persi con una bevanda, e a fare uno spuntino ristoratore. Il sottoscritto, quando è vicino a casa, conserva un piccolo segreto; tornato da qualche ora di pesca subacquea procedo a svestirmi e poi mi infilo nel letto, sotto un piumone caldissimo, attendendo di sudare un poco: questo fenomeno di reazione vasodilatativa mi conserva in salute da moltissimi anni!

Box indumenti da asciutto.

  737t1912h In pratica ci sono indumenti leggeri e pratici che funzionano benissimo anche per il "dopo immersione". Una maglietta che mi porto sempre dietro da allora è una t- short in speciale tessuto doppio, spugnoso interno, in uso anche in campo ciclistico: ha la peculiarità di assorbire il sudore, o l'umidità residua sulla pelle nel nostro caso, e di trasmetterla allo strato tessile esterno. Subito dopo metto una dolcevita in pile e lana caldissima, poi un giaccone in pile con il collo alto dotato di fodera antivento. Per gli arti inferiori porto i pantaloni della tuta sempre in pile e dei calzettoni termici da alpinista o sciatore, acquistati nel solito negozio specializzato. Su capo c'è un fantastico cappello in pile, rivoltato sulla fronte, a cui ho rimosso il pon pon di serie!

L'EQUIPAGGIAMENTO DELL'ESTATE

L'estate si sta avvicinando a grande velocità e torme di apneisti attendono con ansia di poter dar libero sfogo a tutta la loro passione.  737t1912h Per moltissimi atleti questa è l'unica finestra, l'unica opportunità per concretizzare materialmente le fantasie venatorie represse. I mesi invernali e primaverili sono stati un intermezzo gradevole, per certi versi anche interessante ma ciò che promette il periodo estivo punzecchia profondamente e inesorabilmente l'entusiasmo di ogni sportivo. I sogni si rincorrono a perdifiato e le avventure vissute durante l'anno precedente (e purtroppo qualcuna sfumata amaramente) rimbalzano nel cervello come tante palline da tennis.  737t1912h Il sole si leva di buon ora e tramonta tardi garantendo di stare a bagno e di darci dentro per un arco di tempo estremamente prolungato. La temperatura dell'acqua e il clima temperato hanno convogliato intorno alle nostre coste una fauna copiosa e chiunque può pescare sfoggiando la tecnica di caccia e sondando la batimetrica ritenuta più congeniale, sperando in fondo al cuore di arpionare un bel pesce. Ma per approfittare appieno di queste congiunture favorevoli e non perdere la finalità del divertimento bisognerà mettere in atto alcune sottigliezze, bisogna trovarsi preparati all'appuntamento, in poche parole: si dovrà partire con un'organizzazione perfetta. In campo sanitario si dice che è molto meglio prevenire che curare e il motto calza a proposito anche per la categoria dei cacciatori: quante noiose seccature avremmo potuto evitare con un briciolo di accortezza, con una serie razionale di precauzioni tecniche, con un minimo impegno? Il discorso relativo all'equipaggiamento è di fondamentale importanza per un cacciatore ed è bene procedere con i piedi piantati per terra cercando di non ragionare secondo la regola semplicistica: " mi è sempre andata bene." E' sufficiente sondare i pareri e le opinioni di amici e conoscenti scottati brutalmente da qualche inconveniente subacqueo per rendersi conto che quando si parte per andare seriamente a pesca non si può ricorrere all'improvvisazione e alla faciloneria. I problemi si possono ingigantire a dismisura in molte occasioni ed è già capitato a parecchi di vedersi "svanire" sotto il naso delle ferie appena iniziate.  737t1912h Pensate a quei personaggi che partono per lidi meravigliosi senza aver sfiorato una sola volta l'attrezzatura adoperata l'estate prima e che appena toccano il mare si ritrovano con oggetti orribilmente deteriorati o irrimediabilmente compromessi all'uso dopo pochi istanti di caccia. Nei casi più pestiferi potrebbe succedere che un lacciolo della maschera corroso dalla salsedine si laceri o che la scarpetta della pinna si tagli implacabilmente nel bel mezzo di una battuta mandandovi all'aria la giornata.  737t1912h Oppure potreste girovagare in macchina o in motorino per ore e ore alla ricerca disperata di un ricambio qualsiasi perché vi siete accorti di non averlo portato con voi. Non parliamo poi di quelli che si spolmonano come dannati, e che poi mandano in fumo l'occasione miracolosa soltanto perché sparano con fucili non sottoposti ad alcuna forma manutentiva, con aste spuntate e collegate magari a sagole rovinate! Naturalmente in base alle mete vacanziere e al livello di bravura posseduto l'equipaggiamento dovrà essere scelto in modo da soddisfare tutte le esigenze e con un occhio di riguardo a tutte le complicanze negative possibili.  737t1912h Chi parte per una località straniera si dovrà maggiormente preoccupare rispetto a chi bazzica nel mare sotto casa poiché la difficoltà oggettiva di reperire un esercizio commerciale o un bazar dove trovare articoli subacquei e banali ricambi spesso si rivela un'impresa difficile se non impossibile. Diciamo anche che molti di noi possediamo delle attrezzature assai personali, scelte dopo innumerevoli prove ed è difficile adattarsi a elementi "estranei".  737t1912h Che cosa costa aprire gli stipiti dell'armadio o la cerniera del vecchio borsone fedele qualche giorno prima di partire e dare un'attenta controllatina a tutti le componenti?  737t1912h Una volta preparato il "terreno" e studiate le possibili opzioni strategiche ci recheremo nel cantuccio dell'abitazione dove i vari elementi dell'attrezzatura trovano pace per effettuare una scelta oculata. In caso riscontrassimo delle anomalie o sussistessero dei piccoli dubbi potremo andare dal negoziante di fiducia e correre velocemente ai ripari prima di iniziare l'avventura.

Abbiamo deciso di raggiungere dei nostri amici lontani e lo specchio di mare intorno alla penisola della loro bellissima patria non permette di sprecare un solo giorno d'immersione. Per ciò decidiamo di caricare il bagagliaio della station wagon con tutto l'equipaggiamento completo e soprattutto verificando attentamente che non sussistano o possano sussistere incognite future. La maschera fedele e con il volume interno ridotto è stata conservata in una scatola: il caucciù del facciale non gradisce schiacciamenti e le lenti di vetro avrebbero potuto scheggiarsi o frantumarsi a contatto con pesi o con parti contundenti metalliche. Poniamo la maschera sul viso e inspiriamo classicamente: l'effetto ventosa è sempre mitico e non c'è un angolo mangiato dalla salsedine segno che i risciacqui metodici con acqua dolce dopo ogni tuffo hanno sortito il loro effetto.  737t1912h

Questa manovra banale ci garantisce che anche se sottoporremo la mascherina ad un uso intenso saremo certi di non trovare brutte sorprese. Il cinghiolo è delicato e per assicurarci che non sia vicino alla rottura lo stiriamo con le mani e osserviamo che il materiale non presenti crepe o tagli superficiali. Il ricambio in silicone è meno delicato della gomma ma un micro taglietto può originare una frattura dai risvolti ugualmente funesti quindi, per ogni evenienza, prendiamo un'altra maschera identica poiché ci è già successo di perdere l'articolo in mare e ricordiamo di aver vagato come disperati, in un ferragosto infuocato, nella speranza vana di acquistarne una simile.  737t1912h Il boccaglio solitamente non riserva cattive sorprese e anche se l'abbiamo adoperato in piscina e in bellissimi week end invernali verifichiamo meticolosamente che il mordente sia integro e che il raccordo con il tubo rigido non faccia difetto. Per questo accessorio un buon "doppione" di riserva è sempre consigliabile: noi preleviamo uno snorkel accorciato perché d'estate e con il mare calmo ventiliamo meglio; ci sembra pure che al cospetto di pesci particolarmente sospettosi non sia troppo evidente. La muta spessa indossata fino a poche settimane fa lascia il posto all'indumento neoprenico sottile e morbido come un guanto. Riposta nell'armadio asciutto e appesa ordinatamente su una gruccia la muta estiva appare quasi nuova, senza grinze e compressioni deleterie del tessuto gommoso.

  737t1912h C'è chi si porta appresso la giacca da cinque millimetri e i pantaloni da tre e chi opta per una impalpabile tre e mezzo. Noi siamo soliti saggiare la consistenza delle incollature e la bontà del materiale intorno alle cuciture perché non vorremmo incappare nell'exploit negativo di un simpatico pescatore che fece ridere a crepapelle un intero campeggio corso. L'incauto villeggiante arrivò baldanzoso sulla battigia: estrasse dalla sacca una strana palla nerastra, la srotolò con fare aristocratico e la cosparse di liquido schiumoso. Infilò con precisione un braccio nella manica e poi subito dopo l'altro, fomentando una nuvola di bollicine copiose che fuoriuscivano allegre tra le varie pezze di neoprene, segno incontestabile che le giunture erano sul punto di cedere. L'uomo inserì la testa nel cappuccio e cercò di farsi scivolare addosso il resto del corpetto.  737t1912h Non ne ebbe il tempo: il capo vecchio e consunto si lacerò e si disintegrò progressivamente in più pezzi, lasciando il povero ominide letteralmente spiazzato. Un tubetto di mastice e qualche ritaglio di neoprene occupano pochissimo posto e in qualsiasi località potremo procedere ad una riparazione artigianale. I calzari sono sottili e accompagnati da un paio di calzettoni di spugna: quando l'acqua è calda vanno benissimo e la pelle del piede non si spella. I guanti di neoprene felpato da cinque millimetri sono stati fantastici ma ora è il tempo di cambiare registro: preleviamo degli articoli di stoffa molto resistenti che danno una protezione e una valida resistenza tra le pareti delle tane, sulle rocce, senza tralasciare il fatto che conservano una sensibilità ottima della falange sul grilletto.  737t1912h La cintura elastica della zavorra la ritroviamo arrotolata in un cassetto: è nuda, senza un piombo inserito e questo l'ha preservata nei migliori dei modi lungo il corso dei mesi. La stiriamo per vedere se appaiono striature e abrasioni verticali ma la gomma nera non evidenzia nulla di anomalo. La fibbia chiude e apre a meraviglia e per la nostra sicurezza questa prerogativa è un ottima cosa.  737t1912h Prendiamo cinque chili di piombo tra cui uno a sgancio rapido e li sistemiamo a dovere. Una mattonella è adornata da un anello di acciaio Sotto il sedile c'è il posto per un'altra cintura e qualche chilo di piombo: non è impossibile che su un tubolare traballante e instabile si slacci sbadatamente la cinta e che questa finisca irrimediabilmente a fondo.  737t1912h

Il coltellino da cintura ha un fodero semplice, a scatto, e la lama in acciaio inossidabile possiede una punta e un filo micidiali; forse quel velo di silicone passato abitudinariamente sul tagliente è stato provvidenziale. Qualche hanno fa avevamo un fodero dotato di anello di fermo in gomma e ad ogni inizio di stagione era meglio sostituirlo poiché in diverse occasioni smarrimmo il pugnale. In previsione di recuperi particolarmente sfiancanti o di tuffi ripetuti in profondità prendiamo il peso mobile e ci assicuriamo che l'anello inox sia un tutt'uno con la colata di piombo. La sagola di collegamento viene svolta interamente: è in robusto trecciato e non ci sono tratti spellati o parzialmente rovinati quindi la riavvolgiamo in santa pace sul raccoglitore di legno a forma di H. Siamo in dubbio se prelevare anche le cavigliere da due etti e mezzo e lo schienalino leggero o se lasciare tutto in garage ma poi, dopo un ripensamento capitoliamo positivamente: non è detto che con un po' di maretta montante o con una bella scaduta ribollente non scappi la voglia di tuffarsi nella schiuma!

Le pinne sono accatastate ordinatamente su un ripiano e finalmente possiamo prelevare i modelli leggeri e scattanti in composito. Scegliamo due paia performanti di diversa durezza e lunghezza e prendiamo un terzo ricambio di pale: le impacchettiamo meticolosamente in un borsone protetto da due lamine rigide laterali e da uno strato di plastica da imballaggio costituita da tante bollicine piene d'aria. Questa misura assicura un trasporto indenne da rotture anche nel caso dovessero essere spedite tramite l'aeroplano. Non vogliamo assolutamente incorrere in potenziali declabe e preferiamo dotarci di una scorta adeguata. Le scarpette non hanno segni di rottura all'attaccatura dei longheroni o sul tallone e un sottile velo di spray protettivo le ha preservate morbidamente. Un tubetto di colla cianoacrilica, due pezze di camera d'aria e un decimetro quadro di cartavetro rappresentano il kit di pronto soccorso. Nel caso si bazzichi quasi esclusivamente in poca acqua o che il grado di allineamento sia nullo o quasi, conviene acquistarne un modello a pala media, non esasperata, e provarlo sempre prima con un paio di calzari. Chi avesse paura di perdere gli attrezzi, magari per il piede "smagrito" e "consunto" dopo molte ore trascorse a mollo, può comprare dei ferma pinne, sempre validi.

Il cuore caratterizzato da battiti lenti e misurati inizia a scalpitare quando ci avviciniamo alla rastrelliera dei fucili: i nostri amati "bambini" sono in attesa di esprimersi al massimo e non c'è periodo migliore per testarli di quello che sta per incominciare. Fiondare la tahitiana sul fianco di un pelagico da una trentina di chili o trapassare un bel denticione azzurro sono esperienze che lasciano sempre attoniti e che alimentano quel quid magico che molti appassionati bramano ardentemente sentirsi scorrere dentro le coronarie.  737t1912h

E' tutta la stagione che non facciamo altro che sottoporli a delle attenzioni speciali: non passa giorno che non vengano rimirati, scrutati, coccolati. Non succede di certo che restino abbandonati all'incuria e che si ritrovino con gomme inservibili, frecce arrugginite, meccanismi inchiodati: per coloro che ritrovano i fucili in queste deprecabili situazioni non resta altro che dar mano al portafoglio e sperare di porre rimedio rapido e indolore. La panoramica delle armi e varia e per non fare ingiustizie di sorta prendiamo qualche arbalete e qualche pneumatico. Se la vacanza si profila assai intrigante ci assicuriamo un assortimento completo tale da non far rimpiangere la santabarbara di una corazzata.  737t1912h

Per le tane strette, il grotto, i buchetti affidiamo il compito di giustizieri ad un paio di fucili ad aria piuttosto corti, un cinquanta e un settanta. Il settantacinque, il novanta e il centoquindici ad elastici risolvono quasi tutte le altre vertenze, dagli spacchi lunghi alle prede in acqua libera mentre il centodieci oleopneumatico ha l'arduo impegno di accoppare i pescioni più grossi. I mulinelli sono specifici per ogni arma e tutti sono rigorosamente farciti di sagolino nuovo: guai a farsi trovare impreparati in previsione di un combattimento avvincente. Le frizioni si svitano liberamente e le bobine scorrono sul perno senza impuntamenti di sorta. Una matassa di monofilo di nylon dell'1.40 fa capolino da un cassetto e si fa spazio tra i ricambi insieme ai giunti stringi filo metallici. I carichini, gli arpioni, le alette, i ribattini e le fiocine li sistemiamo in una cassetta insieme a una serie di guarnizioni O Ring, un flaconcino d'olio, un tubetto di grasso, un paio di pistoni, svariate coppie di elastici, degli archetti, alcuni attrezzi meccanici elementari.  737t1912h

Le aste in acciaio inossidabile sono in numero triplo per ogni modello e sono infilate in due tubi di PVC con tappi a vite: abbiamo comunque la coscienza che potrebbero non essere sufficienti in previsione di incagli e molta sfortuna. Diamo una passata di lima alle punte e ci viene in mente quell'episodio incredibile capitato qualche anno fa. Stavo pescando con un pneumatico armato con una freccia dotata di uno scorrisagola sperimentale particolarmente idrodinamico, realizzato con uno speciale tecnopolimero addittivato (costosissimo). Sparai ad un serranide all'imboccatura di una fenditura senza ipotizzare che il tiro poteva passarlo comodamente da parte a parte; il dardo dopo essere fuoriuscito interamente dal testone dell'animale si conficcò sul fondo del budello.  737t1912h

Recuperai il pesce tagliando il nylon poiché la freccia si era incastrata malamente; provai in tutte le maniere a liberarla ma ogni tentativo si rivelò infruttuoso. Non mi diedi per vinto e dopo una lunga pinneggiata raggiunsi l'imbarcazione e la cassetta degli attrezzi. Mi armai di una pinza "grip" e ritornai sul pedagno lasciato appositamente in sito. Arrivai in prossimità dell'asta incagliata e riuscii a chiudere le ganasce delle pinze sul codolo. Dopo una decina di tuffi e parecchi minuti d'apnea e imprecazioni svitai il particolare e mi rimpossessai del prezioso scorrisagola. Il raffio accompagna le frecce e sta appiccicato ad uno dei cilindri tramite due fettucce di velcro: è un compagno inseparabile e ci ha aiutato a recuperare prede, a liberare aste.

La torcia necessita di una lieve lubrificazione della guarnizione poiché non l'abbiamo adoperata da molto tempo e appare opaca e secca; meno male che la parabola non era avvitata a fondo corsa e l'O Ring non è schiacciato. Il pacco accumulatori non si trova all'interno del corpo plastico e il pericolo di trovarsi di fronte a fuoriuscite d'acido e ad ossidazioni varie in questo caso non esiste affatto. Ci procuriamo qualche set di pile anche se sono di un tipo e di un formato facilmente reperibile internazionalmente e una lampadina di riserva che trasportiamo all'interno di un contenitore plastico per pellicole fotografiche. Per i modelli dotati di pacchi batterie ricaricabili è bene saper che tipo di presa è di voltaggio è in uso nel paese e correre ai ripari in un fornito negozio di materiale elettrico acquistando riduttori, spine, prolunghe, eccetera.

Fino a pochi giorni fa entravamo in mare con una plancetta auto costruita, fantastica base d'appoggio ma ora che andiamo in ferie con gli amici che possiedono un bel gommone l'abbandoniamo in un cantuccio a riposare. Una boetta gonfiabile è l'articolo giusto per segnalare la nostra presenza ai natanti a patto che la bandiera regolamentare sia ben visibile. Un drappo disegnato a proposito e collocato su un'astina in vetroresina d'altezza considerevole si è dimostrata un validissimo segnale, visibile da grande distanza. Lo stesso stratagemma si adopera sul natante per poter pescare in un raggio di cinquanta metri senza vincoli supplementari. Una piccola boa o una tanichetta adornata da qualche moschettone ad aggancio rapido potrebbero rivelarsi lo strumento ideale per stanare serranidi arroccati così come una serie d'elastici modello: "fissa bagagli". Il cestone coibentato per riporre giornalmente il pescato e i sacchetti per fare il ghiaccio sono stipati nell'autovettura insieme ad una borraccia termica, a dei prodotti energetici e a degli integratori salini. Il quaderno plastificato per rilevare e conservare le mire trova spazio accanto al binocolo impermeabile, a delle matite, al GPS portatile. Lucia prepara le valigie e i capi anti vento che potrebbero servirci in lunghi tragitti o in giornate uggiose. Per ultimo verifichiamo che la valigetta del pronto soccorso non abbia dei farmaci scaduti e che la borsa fotografica sia "farcita" di rullini, sperando di immortalare un momento magico e qualche panorama che meriti.

  737t1912h La preparazione fisica.

Chi legge con assiduità Pesca Sub sa perfettamente che la forma fisica e l'adattamento psichico al nostro fantastico sport si preparano con costanza, settimana dopo settimana, immersione dopo immersione, e che ogni spavalda forzatura si paga in termini di cocenti delusioni. Nessuna attività sportiva dove l'essere umano è pericolosamente impegnato si svolge con pressappochismo. Speriamo che le decine di pagine scritte con dedizione da tanti autori non siano cadute nel torbido e che tutti giungano al termine della primavera con un grado di allenamento sincero: è uno dei segreti per tuffarsi in completa sicurezza e divertirsi per davvero.  737t1912h

Non importa quale mezzo si impiega per abituare l'organismo a lavorare in debito d'ossigeno ma occorre che l'apnea sia un procedimento quasi istintivo, un'attività quasi abitudinaria. Il collaudo migliore dopo lunghi mesi di stagnazione è l'uscita in mare. Sono sufficienti un paio di fine settimana per verificare se il corpo è stato rodato per benino e se i muscoli degli arti inferiori lavorano speditamente. In caso contrario potrete trovarvi in panne di fronte ad un impegno apneistico ridicolo. Cercate di non pescare da soli e assicuratevi che il compagno sia un angelo custode soprattutto quando la voglia d'immersioni scalpita e il desiderio di far bene sconfini nell'esagerazione.

Pianificazione del viaggio

Premettiamo e consigliamo a tutti che per equipaggiarsi senza remore è bene conoscere anticipatamente il sito da raggiungere almeno sulla carta. Procuratevi una mappa nautica dettagliata delle zone praticate e fatevi un'idea delle isobate delle profondità, delle secche eventualmente presenti, della morfologia litoranea, eccetera: vi serviranno per affinare le priorità di scelta e conseguentemente vi aiuteranno a scegliere bene l'attrezzatura da portarvi dietro. Informatevi sui documenti necessari, sulla copertura sanitaria, sugli usi e costumi della popolazione. Una telefonata alla capitaneria di porto o alle autorità competenti della zona vi permetteranno di conoscere eventuali ordinanze balneari, divieti vari, limitazioni o regolamenti locali e non rischierete di vedervi appioppare delle sanzioni multi milionarie o di finire in un tratto dove non potrete neppure fare il bagno. Quando si è spaesati e non si sa che pesci prendere, o per trovare degli amici con cui condividere delle giornate felici, si può contattare qualche circolo subacqueo limitrofo confidando di trovare dei ragazzi e dei compagni per delle pescate tranquille e fruttuose: chi meglio dei sub del posto conosce i fondali del proprio mare?

CAPI DI SETTEMBRE   737t1912h

Abbiamo tenuto duro, anzi durissimo sotto il solleone d'agosto e tra un temporale e un'ondata di afa siamo sopravvissuti. La piscina estiva, qualche saltuaria uscita in mare ci hanno permesso di tenere il fisico allenato e il fiato non manca. La città si sta ripopolando di gran lena ma noi abbandonati i compagni di lavoro siamo pronti per una settimana esplosiva.  737t1912h Non è stato facile mettere d'accordo tutti, spiegare loro che sentiamo il bisogno di andare a pescare con una certa frequenza, che dobbiamo approfittare degli ultimi scampoli d'estate per chiudere un "discorsetto" che ci sta tanto a cuore. Dobbiamo ammettere che la fortuna ci arride e ricevuto il via libera ci siamo precipitati immediatamente dalla nostra amica Cinzia, commessa in un negozio fornitissimo di cartografia geografica e libri sul tema - viaggi -, e ci siamo buttati nel reparto dedicato al mare. La carta nautica del luogo scelto per i nostri giorni di vacanza è aggiornata di recente e mentre attendiamo il turno di pagamento alla cassa la squadriamo avidamente.  737t1912h

La scala è buona, con un rapporto di 1: 50000, e ciò ci consente di avere un ottimo ingrandimento con particolari ben evidenziati e circostanziati. Il tratto di costa rappresentato è breve ma ricco di spunti interessanti ed è più che sufficiente per il periodo scelto. Notiamo subito la propaggine rocciosa che troneggia sulla mappa e che sarà sicuramente meta dei nostri pellegrinaggi.  737t1912h

Il capo fuoriesce parecchio dalla linea costiera con un paio di punte intervallate da altrettante insenature. Una serie di crocette sparpagliate denota scogli affioranti e punti pericolosi per la navigazione, segno che la morfologia di alcune zone è movimentata nell'immediato sottocosta. L'altezza della montagna da cui si origina l'insieme è discretamente elevata, 560 metri, e ciò dovrebbe garantire un profilo subacqueo altrettanto scosceso e interessante. Le batimetriche, infatti, sono indicate con una serie di linee ravvicinate prova che il fondale precipita repentinamente, o con gradoni o con ripide franate. Chissà di che composizione sarà la roccia. Potrebbe avere una predominante granitica, oppure un'anima di arenaria; si potrebbe sfaldare in grossi blocchi o precipitare con una sequenza di fenditure verticali. In ogni caso un elemento così massiccio che prorompe in mare crea un habitat stupendo per i subacquei; rompe la monotonia di alcuni chilometri costieri rettilinei e attira certamente pesce piccolo e grosso. Troviamo anche due circoletti distanti da riva: sono due secche con i cappelli a 8 metri e a 15 metri. La prima sembra essere il naturale prolungamento di un cordolo roccioso della costa mentre la seconda è isolata su una base assai impegnativa. La mente corre a gran lena e l'immaginazione ci trasporta sott'acqua a fantasticare su ciò che troveremo nei paraggi. Corrente e pelagici, un connubio ideale tra i canaloni. Cigli e dentici, luoghi stregati per aspettisti dotati di ottima tecnica. Frane e corvine, probabile incontro per tanisti e agguatisti minuziosi.

Settembre è un mese accattivante per gli apneisti e la possibilità di frequentarlo anche se per poco tempo ci riempie di passione. Ci sono alcuni manipoli di sportivi convinti che, dopo aver trascorso le ferie classiche con la famiglia, e quindi obbligati a far quadrare il bilancio con la consorte e con i discoli pargoletti, si prendono un solitario week end lungo e si scatenano sott'acqua.  737t1912h Le capacità apneistiche godono complessivamente di una resa discreta visto che in un modo o nell'altro il contatto con il mare estivo si è realizzato. In poco tempo le performance atletiche prendono smalto e vigore. Per alcuni si tratta dell'ultima zampata del leone prima di riporre le armi e iniziare nuovamente a percorrere vasche su vasche.  737t1912h

Il pesce, e talvolta si tratta di pinnuti con la P maiuscola, ripopola i litorali improvvisamente "liberati" e il clima asseconda le uscite per poterli incontrare. Si potrebbe fare un paragone con giugno, mese altrettanto valido, ma obiettivamente entrano in gioco alcune variabili ambientali che di fatto lo differenziano abbastanza quali: la stratificazione del termoclino che all'inizio della bella stagione è ancora incerto mentre prima dell'autunno è stabile su quote medio fonde; la temperatura del mare di fine primavera è più fredda mentre ora è piacevolmente alta; la diversa tipologia di popolazione ittica presente in rapporto a nutrienti disciolti in mare, correnti differenti, cicli biologici eccetera.  737t1912h

L'estate sul calendario termina il 21 però, a prescindere dalle stagioni un po' ballerine di questi ultimi anni, il periodo di fine settembre è ancora bello. L'anno scorso ci sono stati dei giorni splendidi fino ad ottobre inoltrato e quindi speriamo nella buona sorte anche per i successivi. L'anticiclone delle Azzorre dovrebbe abbandonare il cuore del Mediterraneo ma scampoli "testardi" di alta pressione donano ancora mare calmo e tempo stabile. L'acqua è calda, oseremmo dire quasi tiepida, per via dell'intensa radiazione solare estiva e i 23/24 gradi si affrontano con una muta leggera.  737t1912h Naturalmente dovremo tenere conto delle quote di immersione perché se scenderemo a fondo sarà meglio vestire una giacca da 5 mm che proteggerà il corpo dagli sbalzi di termoclino. Per i pantaloni, i calzari, preferiamo optare per il 3 millimetri, più che sufficiente per proteggere piedi e gambe. Usciremo in gommone per cui dobbiamo garantirci l'accesso al mare: una telefonata alla società che gestisce il porto rivela la presenza di uno scivolo accessibile. Le miglia che separano lo scalo dalle zone interessanti sono una decina e ci auguriamo davvero di trovare una bella "piatta".

Terminato l'abbordaggio turistico il litorale marino ritorna ad essere tranquillo e si presta ottimamente a ricevere le visite dei cacciatori subacquei: si possono battere quelle zone che durante il clou dell'estate si rivelano dei veri outsider. Pescare sull'estremità di un capo in pieno agosto è spesso un'utopia a meno che non vi alziate alle cinque del mattino e vi fate una visitina rapida rapida oppure approfittiate del periodo che precede il tramonto.  737t1912h Il traffico nautico non vi da pace neppure se disseminate lo specchio antistante la punta con una decina di boe segna sub. Nelle prime ore del mattino c'è la processione dei trainisti che scapolano la propaggine con un panorama di esche artificiali o naturali da far rabbrividire il catalogo di Mister Fish. E il rischio di essere agganciati da un Rapala Magnum e poi ferrati con una 130 libbre non è da escludere a priori. Se provate a obiettare di passare un po' più in fuori vi sentirete rispondere che il mare e di tutti oppure udirete qualche frase meno educata.  737t1912h

A dire il vero non hanno tutti torti neppure loro ma quando il sole ha oltrepassato di una spanna l'orizzonte è meglio per voi abbandonare frettolosamente il sito perché l'orda demoniaca si profila serrata e super agguerrita. Non potremo mai scordare l'avventura penosa che abbiamo vissuto poco tempo fa in Costa Azzurra che ci ha visti risalire terrorizzati sull'imbarcazione e fuggire a più non posso: pescavamo fuori da un bellissimo capo nel periodo di Ferragosto quando verso le otto incominciarono a sfrecciarci da tutte le parti flotte di yacht e barche a vela. Transitavano dappertutto, tra il pallone e la boa, verso la parete a picco, dopo il gommone: un caos pericolosissimo. Abbiamo dovuto levare gli ormeggi e tornare a dormire anzitempo.

Non ne conosciamo il motivo ma scapolare una punta tenendosi il più possibile appiccicati alla parete sembra essere lo sport preferito dei navigatori. E la vostra plancetta segna sub sistemata appena dietro lo scoglio affiorante manco si vede. Quando state risalendo sentite quel maledetto ronzio che non si capisce bene da dove provenga e una sottile, quanto deleteria, sensazione di terrore vi assale. L'ansia consuma ossigeno prezioso e la vostra immersione apneistica perde i requisiti essenziali di tranquillità e relax. Come si può concepire un tuffo profondo se non si ha la certezza di fuoriuscire dall'acqua senza pericoli? Se pescate all'agguato e restate appiccicati alla riva è difficile che lo scafo vi centri in pieno ma se solo vi allontanate dal bordo.è preferibile non azzardare previsioni!

Settembre è un mese che concentra una popolazione fertile di mangianza: non è raro osservare le sardine appallate in superficie attaccate da tunnidi di vario genere oppure pesci volanti che si librano per decine di metri al transito dell'imbarcazione. Folti branchi di aguglie inseguono la minutaglia e le grosse ricciole non perdono l'appuntamento con il gustoso belonide. Il mare si riprende i suoi protagonisti. Abbiamo vissuto delle bellissime storie di pesca settembrine e guarda caso i promontori rocciosi hanno quasi sempre svolto un ruolo predominante. Il gommone compie una virata larga e effettuiamo alcuni passaggi di studio; l'ecoscandaglio conferma ciò che la mappa aveva descritto: a poche decine di metri di lontananza ci sono già una sessantina di metri di profondità caratterizzati da rimonte e rialzi verticali di alcuni metri.  737t1912h Ciò crea un gioco di correnti che incrementa l'interesse alimentare del posto e la catena alimentare può richiamare in successione dimensionale tutti i commensali. Ci fermiamo a ridosso di un piccolo golfo e l'ancora si arresta tra due blocchi di pietra. E' irreale il silenzio che pervade l'area e solo le urla degli uccelli che volteggiano sopra le falesie a picco spezzano lo sciabordio lento e un po' fuori luogo, indotto dalla chiglia. Un ambiente pienamente godibile non paragonabile al marasma vacanziero di un mesetto fa.  737t1912h Il magma di milioni d'anni fa ha disegnato splendide conformazioni rocciose e le colate di lava hanno dato vita a colori e striature meravigliose. Numerosi e vari sono gli esempi di architettura geologica: rocce rosse e lamine nerastre s'accavallano in dorsali gibbose, lastroni in sequenza si aprono a ventaglio producendo degli spacchi che con tutta probabilità si troveranno sott'acqua, pinnacoli dalle forme bizzarre spezzano le pareti e scivolano nel mare ricoperti di vegetazione.  737t1912h Mentre sciacquiamo la maschera guardiamo sotto e la trasparenza dell'acqua ci fa avvertire un brivido di emozione. Il mare sembra una tavola. Il fucile lungo monta un mulinello capiente e l'asta da 6.5 millimetri ha la cuspide affilata e appuntita per benino. Sarebbe sciocco trovarsi al cospetto con un pelagico e non riuscire a fermarlo per via dell'insufficiente penetrazione del dardo o per l'improvviso cedimento del nylon usurato. Anche i guanti hanno il palmo robusto perché nel caso riuscissimo a colpire il bestione da trenta chili vogliamo combattere senza rischi di lacerazione o danneggiamento serio della cute.  737t1912h

Cerchiamo di impostare la pescata con un certo criterio e ci dirigiamo verso gli scogli più esterni del capo, l'avamposto che taglia in due il promontorio. Lì le correnti si fanno ancora più intense, vive e s'incontrano spumeggiando, fanno vortici invisibili, si amalgamano, si separano, si uniscono: tanti spettatori assistono alle manifestazioni spettacolari della natura. Lo sguardo è calamitato dai banchi di castagnole che ombreggiano il fondale e dai gruppi di occhiate che specchiano d'argento a mezz'acqua. Ogni tanto giriamo la testa da una parte e dall'altra, scostiamo con un dito il cappuccio della muta ma non si ode nessun rumore.incredibile.siamo soli! Che bello, si può pescare senza rischi, ci si può ventilare in santa pace, si può riemergere senza assilli di paura, senza temere che un disgraziato attenti alla nostra vita! La prima capovolta è un'apoteosi di bolle e bollicine che fuoriescono dappertutto: le aiutiamo ad abbandonare l'intercapedine tra pelle e neoprene con dilatazioni di polsini e facciale. Il velo d'acqua che s'insinua sul corpo è piacevolmente temperato e l'operazione viene ripetuta per accomodare al centimetro la giacca. Grossi pietroni squadrati che cadono nel blu costituiscono la sommità della propaggine e l'istinto suggerisce una balconata in ombra dove portare l'aspetto. La respirazione è pacata, il diaframma espelle l'aria ricca di anidride carbonica e si abbassa per ossigenare a fondo i polmoni. I battiti del cuore sono rallentati e il busto si flette in avanti seguito dalle lunghe pale in composito. Pochi movimenti per contrastare la positività e s'incomincia a scendere liberamente. Le sensazioni che si provano qui, sono difficilmente descrivibili. Nello sbalzo accarezzato dalla corrente il cacciatore attende la sua preda. L'arma è appoggiata in una nicchia e il dotto di proporzioni giganti si profila frontalmente. L'incedere è lentissimo, misurato. Il gioco è tirato e la partita in palio non ha tempi supplementari ne ricupero. L'uomo abbandona il campo e mentre pinneggia con delicatezza guarda l'avversario che sfila in una crepa e s'eclissa per sempre. O forse ritornerà.   737t1912h

Pesci sui capi di settembre

Varie sono le tipologie ittiche che si aggirano nei paraggi dei capi. I serranidi che a settembre popolano di preferenza le franate profonde abitano i meandri più reconditi possono essere sorpresi in caduta mentre stanno in candela fuori tana oppure mentre scivolano tra un sasso e l'altro in compagnia di corvine. I dotti sembrano amare particolarmente la fine dell'estate e soprattutto al tramonto nel nostro Sud è possibile pescarli all'aspetto su agglomerati o cigli in corrente. I dentici di grosse dimensioni frequentano zone analoghe ma non è in frequente trovarli in parete mentre cacciano la minutaglia. Tutti i pesci di passo come tonni, lampughe, palamite, ricciole, lecce trovano l'habitat del capo un sito ideale per le loro scorribande che avvengono principalmente in superficie, a mezz'acqua e solo in alcuni casi a quote abissali. A pelo d'acqua un capo riserva incontri con saraghi e orate che spiluccano tra le pieghe delle pareti, con spigole che risalgono la corrente, con muggini che cercano riparo tra i passaggi delle rocce affioranti.

Daniele Colangeli del Team Sporasub durante una battuta improvvisata nel Golfo di Follonica

Perché prediligere la tecnica mista aumenta le chances di successo?
Come spiegato nei precedenti articoli di tecniche pure, la polivalenza è la caratteristica principale che distingue il vero pescatore in apnea. Dedicarsi ad una sola tecnica offre tante garanzie di successo nelle condizioni ideali... ma anche di insuccesso in tutti gli altri casi. Conoscere le tecniche permette di adattarsi ad ogni situazione, aumentando enormemente le probabilità di cattura.


Come si possono avere garanzie di successo?

In mare nulla è scontato, non si possono avere garanzie. Se avremo valutato attentamente tutti i fattori presi in esame in questo articolo, però, le probabilità di successo segneranno un'impennata notevole, e le chances di cattura aumenteranno moltissimo rispetto a qualunque entrata in acqua effettuata senza la preventiva verifica di tutti questi importanti fattori. E' la combinazione di tante regole che ci guida verso i pesci e le catture.

Dopo avere valutato tutto, quali altri fattori sono determinanti?

Nella parte conclusiva di questo articolo, possiamo ammettere che senza "istinto e determinazione" difficilmente riusciremo a vedere un pesce. L'abilità di un buon pescatore, infatti, sta anche nel vedere i pesci dove gli altri non li vedono. La differenza non è dovuta ad un fluido magico o solo ad una naturale predisposizione, ma sta principalmente nella capacità di osservare ed individuare i segni che indicano la probabile presenza di pesce. Una concentrazione di mangianza, ad esempio, deve portarci alla massima allerta, esattamente come un movimento di marea combinato alla presenza di onda che frange o la presenza del "termoclino". Se troviamo un sommo che si innalza dalla profondità e in acqua si presenta un'omogeneità di temperatura, sarà difficile catturare qualche predatore; a volte, nello stesso punto, è sufficiente uno sbalzo termico di 1°/2° gradi ed ecco che possono presentarsi anche i dentici.

La determinazione ci deve guidare nell'intera pescata: paragonando la nostra battuta ad una partita di calcio, non dobbiamo mai dimenticare che si fa goal anche in "zona Cesarini". Mai desistere e mantenere la concentrazione fino all'ultimo minuto sono fattori a dir poco "determinanti". Poi, chiaramente, spetta a voi premere il grilletto al momento giusto.

Mute subacquee - Presentazione

Il subacqueo in immersione si trova esposto ad una forte dispersione di calore, sia per la temperatura dell'acqua, più bassa di quella del suo corpo, sia per le caratteristiche termiche-fisiche di questo liquido.

L'organismo reagisce al raffreddamento con processi di compensazione: aumentando l'attività muscolare e l'attività metabolica degli organi interni, ed operando una vasocostrizione periferica che abbassa la temperatura esterna del corpo, tuttavia, una lunga permanenza in acqua fredda, porta ad alcuni disturbi da ipotermia che si possono evitare solo indossando vestiti specifici, le mute subacquee. Questi vestiti si definiscono umidi, o stagni, se all'interno restano bagnanti a contatto con il corpo, o completamente asciutti.

Cos'è uno scambio termico:

Lo scambio di calore è una trasmissione d'energia tra una zona a temperatura più alta ad un'altra a temperatura più bassa.   737t1912h Questo passaggio energetico azionato da una differenza di potenziale termico, non è regolato da un'unica relazione, ma da una combinazione di diverse leggi fisiche, in relazione ai tre modelli distinti nei quali si può realizzare lo scambio: conduzione, irraggiamento, convezione.

La dispersione di calore dal corpo di un subacqueo:

Il flusso di calore dal corpo di un subacqueo verso l'esterno, a differenza di quanto accade nell'aria, avviene su tutta la superficie cutanea e si trasmette, principalmente, secondo tre modelli: per conduzione attraverso lo strato di neoprene della muta, per convezione verso l'acqua del mare, sulla superficie esterna della muta, per convezione sulla superficie cutanea a causa delle infiltrazioni d'acqua.

Tra il corpo del sub e la muta non avviene alcuno scambio di calore per irraggiamento

Gli schemi della conduzione e della convezione sono retti da leggi particolari, che illustrerò separatamente, in modo da offrire al lettore l'opportunità di condividere le ragioni di certe soluzioni e d'alcuni rimedi che proporrò nei paragrafi successivi, per un miglior isolamento termico in immersione. Va rilevato, però, come la trasmissione di calore si svolga, contemporaneamente, secondo i tre modelli che contribuiranno alla dispersione termica complessiva del corpo del subacqueo verso l'esterno.te subacquee

CONDUZIONE

E' il passaggio di calore dal corpo del subacqueo (a temperatura più alta), ai materiali più freddi che si trovano in intimo contatto. Nella conduzione, l'energia si trasmette per contatto diretto tra le molecole senza che vi siano spostamenti relativi, macroscopici, tra i corpi in contatto. L'effetto della conduzione è il livellamento della temperatura dei corpi a contatto

LA CONDUZIONE

La quantità di calore Q scambiata dal corpo del sub, attraverso una superficie S di un

foglio di neoprene di spessore s,  737t1912h è determinata dalla legge di Fourier:

  737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h Q = k T ( t2 - t1) S/s  737t1912h (Kcal)  737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h (1)

Dove:  737t1912h   737t1912h

t1  737t1912h (°C) temperatura dell'acqua,  737t1912h   737t1912h t2  737t1912h (°C)  737t1912h temperatura del corpo,  737t1912h k (Kcal/m °C h) la conduttività  737t1912h termica  737t1912h del neoprene, T (h) l'intervallo di tempo nel quale avviene lo scambio di calore.

Sono buoni conduttori: i metalli. Sono cattivi conduttori: gli aeriformi.

Valori di k per alcune sostanze

Acqua

Aria

Gomma

All'interno del foglio di neoprene, assimilato ad una parete piana, la temperatura varia con legge lineare tra la superficie a contatto col corpo t2 e la superficie a contatto con l'acqua t1.

L'analisi della relazione (1) che regola lo scambio di calore per conduzione tra il corpo del subacqueo e l'acqua porta ad alcune considerazioni:

a)  737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h Più bassa è la temperatura dell'acqua t1, maggiore è lo scambio di calore e più rapidamente si raffredda il corpo del subacqueo.

b)  737t1912h   737t1912h   737t1912h Più lungo è il tempo T di permanenza in acqua maggiore è la dispersione di calore del corpo.

c)  737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h La quantità di calore scambiata è inversamente proporzionale allo spessore del foglio di neoprene s, quindi, una muta più spessa offre un miglior isolamento termico al subacqueo.

d)  737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h La superficie corporea S non è una variabile essendo determinata da statura e peso del subacqueo, ma a parità d'altezza disperdono meno calore le persone magre, anche se per la resistenza al freddo intervengono altre valutazioni di tipo metabolico e di composizione degli strati corporei sottocutanei che non è il caso di approfondire in questa sede.

e)  737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h Vernici riflettenti spalmate sulla superficie del neoprene, a contatto col corpo, non producono alcun effetto nel ridurre lo scambio termico che non avviene per irraggiamento!

Il fenomeno fisico della conduzione:

La teoria cinetica ipotizza che la temperatura di un elemento materiale sia proporzionale all'energia cinetica media delle sue molecole, definita: Energia Interna. La velocità di movimento (le vibrazioni) delle molecole determina la temperatura dell'elemento materiale, grandezza fisica facilmente misurabile che indica il valore medio della sua Energia Interna l fenomeno della conduzione termica è intimamente connesso a quello della conduzione elettrica perché dipende dal numero d'elettroni di conduzione presenti nell'elemento materiale, sede del flusso di calore. La similitudine tra fenomeno termico e quello elettrico si esplicita anche nella rassomiglianza tra legge di Ohm e quella di Fourier.

La legge di Fourier si può riscrivere introducendo

  737t1912h il concetto del flusso di calore nell' unità di tempo: j =Q/T,

  737t1912h la resistenza termica: l'inverso della conduttività r = 1/k

Dt =r . j . S  737t1912h   737t1912h   737t1912h (1)

del tutto simile alla legge di Ohm DV= R.I

Dove

Dt è il gradiente termico (equivalente alla differenza di potenziale elettrico DV)

r è la resistenza termica (equivalente. alla resistenza elettrica R)

j . S  737t1912h è l'intensità di flusso di calore che attraversa la superficie S (equivalente alla intensità di corrente I)

La resistenza termica r, perciò, segue le stesse leggi che regolano la resistenza elettrica R : più resistenze in serie si sommano

In pratica se un flusso di calore attraversa diversi strati di materiale, la resistenza termica complessiva del sandwich sede del flusso di calore è la somma delle resistenze termiche incontrate in ogni strato. Questa considerazione è interessante, nello specifico dell'isolamento del subacqueo, perché ogni materiale, o fluido che s'interpone tra la superficie cutanea e l'acqua ha una resistenza termica che può migliorare o peggiorare l'effetto coibente: ad esempio, se non entra alcun'infiltrazione d'acqua sotto la muta, a contatto con la pelle si forma un sottile film d'aria (fluido dall'alta resistenza termica) che produce un ottimo isolamento.   737t1912h Si produrrebbe lo stesso effetto, spalmando il corpo di grasso: anche questo materiale ha un'alta resistenza termica.

  737t1912h Si produce l'effetto contrario, invece, se sotto la muta s'infiltra uno strato d'acqua che, abbiamo visto, non è un isolante termico.

CONVEZIONE

E' la cessione di calore dalla superficie esterna della muta dovuto ai movimenti macroscopici di un flusso d'acqua che lambisce il neoprene. Le variabili coinvolte in questo modello di trasmissione del calore sono rette dalla legge di Newton:

Q = ac   737t1912h S (t* -  737t1912h t1 ) T  737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h   737t1912h (Kcal)

Dove

Q  737t1912h quantità di calore scambiata

ac  737t1912h coefficiente di convezione, o quantità di calore scambiata dalla superficie unitaria, in corrispondenza di una temperatura unitaria, nell'unità di tempo (Kcal/m2°C h).

S  737t1912h superficie dove si manifesta lo scambio di calore (m2)

t* temperatura esterna del foglio di neoprene (°C) ( vedi lo schizzo della conduzione).

t1 temperatura dell'acqua (°C)

T  737t1912h intervallo nel quale avviene lo scambio termico (h)

Valori di ac per alcune sostanze

Il fenomeno fisico della convezione:

Lo scambio di calore per convezione tra la muta e l'acqua del mare è provocato dal moto relativo dell'acqua rispetto la superficie di neoprene e può verificarsi sia per il nuoto del sub, sia per una corrente che lambisca la muta. Le particelle fluide che si trovano a contatto con il neoprene, tendono a porsi in equilibrio termico con la sua superficie, più calda, asportando calore. L'aumento della velocità relativa tra il flusso d'acqua e la muta porta ad una   737t1912h intensificazione dello scambio termico, il gradiente termico è massimo in prossimità della superficie esterna della muta La caduta della temperatura, perciò, è concentrata in prevalenza nello strato sottile della massa d'acqua che lambisce il vestito subacqueo ed il fenomeno termico è intimamente collegato a quello idrodinamico. Nel fenomeno della conduzione (il sub immobile in assenza di corrente), l'acqua più fredda tende all'uguaglianza termica con la superficie esterna della muta più calda, quindi, col tempo la temperatura dell'acqua a diretto contatto con il vestito subacqueo tende ad alzarsi. Nella convezione ciò non avviene perché il fluido che si è scaldato si sposta per il moto relativo, altro fluido a temperatura più bassa lo sostituisce, quindi, il gradiente termico tra il corpo e l'acqua è sempre il massimo possibile. Lo scambio termico nella convezione è influenzato dalle dimensioni e dalla forma del corpo del sub perché con queste due variabili cambia la velocità della corrente lambente, ma è ancor più importante il regime del moto dell'acqua sul corpo immerso, tale regime si distingue in laminare, quando i filetti fluidi scorrono paralleli gli uni sugli altri, mentre diventa turbolento se durante il moto si formano dei vortici. Nel moto laminare, lo scambio può ritenersi, quasi, un fenomeno di conduzione limitato al piccolo strato d'acqua a contatto con il neoprene, mentre nel moto turbolento il flusso di calore è maggiore e fortemente influenzato dalla velocità dell'acqua. La legge di Newton tiene conto del regime di moto dell'acqua, attraverso il coefficiente di conduzione ac che, nel moto turbolento è molto più alto, rispetto a quello del moto laminare. La convezione laminare si può verificare, ad esempio, quando il subacqueo si trova appostato sopra un cappello di roccia esposto alla corrente, o quando nuota lentamente nel mare calmo, mentre la convezione turbolenta si determina, ad esempio, quando il pescatore subacqueo pratica l'aspetto nel basso fondo con il mare mosso. In definitiva, si può concludere che con le condizioni di mare mosso la dispersione termica per convezione sia maggiore rispetto ad un'immersione con mare calmo.  737t1912h Per offrire, però, una valutazione quantitativa di questi scambi termici senza dover risolvere le equazioni di trasmissione del calore, nel caso reale di un pescatore subacqueo che svolga la sua battuta di pesca in condizioni standard (assenza di forti correnti e mare calmo), si può sostenere che la dispersione di calore avvenga, nella maggior parte, per conduzione, attraverso lo strato di neoprene.   737t1912h Solo una quantità modesta si disperde all'esterno della muta per convezione. Alcuni rilievi sperimentali dell'ing Errondosoro sulla muta di un sub immerso nell'acqua a 11.3 °C, dopo un intenso e prolungato lavoro muscolare, hanno fornito sulla superficie esterna della muta una temperatura di 21 °C, che a regime di riposo, dopo 10 min. si è ridotta a 12.5 °C. Dall'analisi di questi dati si può dedurre come, con attività muscolare normale, il gradiente termico tra la sup. esterna della muta e l'acqua sia moderato (12.5°C---11.3°C). Una modesta differenza di potenziale termico provocherà anche una ridotta dispersione termica. In effetti, anche nella verifica pratica e personale di ciascuno di noi, non si riesce ad apprezzare la differenza tra il raffreddamento in condizioni d'immobilità e quello durante il nuoto, mentre si avverte distintamente la differenza tra la temperatura dell'acqua sul fondo del mare e quella in superficie, al punto che nel passare il termoclino, possiamo percepire nello stesso istante la sensazione di avere la testa fredda e i piedi caldi!

Le infiltrazioni:

Un fenomeno convettivo che, invece, provoca una gran dispersione di calore è quella dovuta alle infiltrazioni d'acqua che agiscono direttamente a contatto con il corpo, con un gradiente termico molto alto tra la temperatura dello strato cutaneo e quello dell'acqua infiltrata.   737t1912h L'acqua che riesce ad entrare e occupare lo spazio tra la muta e la pelle raggiunge, rapidamente, una temperatura vicina quella corporea perché spostandosi sulla superficie cutanea asporta grandi quantità di calore: ad ogni capovolta, questa massa liquida, per gravità scivola verso la testa del subacqueo ed in risalita verso i piedi, intensificando lo scambio calorico per convezione.

Le eventuali infiltrazioni in una muta nuova sono da attribuire esclusivamente alla qualità del "taglio", quindi, ad una caratteristica sartoriale del vestito subacqueo che va assolutamente tenuto in gran considerazione ai fini dell'isolamento termico

Una muta "su misura" dal taglio perfetto lascia la pelle appena umida e nel caso d'impiego di borotalco per indossarla, dopo l'immersione, si può anche portare alla sorpresa di avere sulla pelle un velo di polvere bianca, ancora asciutta!

Un'abitudine da perdere:

Nella stagione invernale, è abitudine di molti pescatori subacquei orinare nella muta. Indossare pantaloni con bretelle, o un sottomuta, completo di pantaloncini, non consente al sub di svestirsi per espletare questa esigenza fisiologica, stimolata oltre i normali ritmi fisiologici da cause esterne, sia dalla bassa temperatura, sia dalla pressione idrostatica. L'urea inizialmente esce a temperatura più alta rispetto a quella quella cutanea, ma si raffredda subito a contatto con la muta per l'alta conducibilità termica dei liquidi (k=0.54) e per i fenomeni convettivi appena descritti, quindi, col tempo produce gli stessi effetti negativi di un'infiltrazione d'acqua dall'esterno. Non potendo trattenersi dall'urinare consiglio, allora, di salire su uno scoglio, o sul mezzo nautico d'appoggio e fare uscire il liquido dal bordo inferiore del pantalone, prima che si raffreddi, avendo l'accortezza di svuotare anche i calzari (di solito l'urina si raccoglie in questi accessori contribuendo a raggelare i piedi). Si risolve in maniera più pratica ed igienica questo problema fisiologico con una protesi per incontinenti (condor di lattice anallergico), reperibili in sanitaria in confenzioni da 20 circa e in tre misure differenti., si usano per chi non deambula, e sono muniti all'estremità di un corto condotto, cui si collega un tubo di quelli usati per la benzina dei motocicli e si può portare, in parte, all'esterno della muta attraverso un piccolo foro nel pantalone. Altra soluzione, è di munire il pantalone di una proboscide di neoprene, di diametro e lunghezza adeguati, nel quale inserire il pene, l'accessorio, poi si tiene sotto la coda di castoro della giacca. In entrambe le soluzioni, il subacqueo, urina fuori della muta e si hanno modeste infiltrazioni d'acqua dall'esterno

Il neoprene (N):

Il N. è stato il primo elastomero di sintesi, in pratica, la prima gomma sintetica. La denominazione chimica è: Policloroprene. E' un prodotto, gommoso/ spugnoso, nel quale sono rimaste imprigionate, in celle chiuse, delle bollicine di un gas (in commercio si trova anche un neoprene industriale, più rigido, impiegato per scopi diversi: come materiale coibente, ammortizzante). Il N. è un composto, sufficientemente omogeneo, di due sostanze dalla bassa conduttività termica, costituisce, perciò, un buon isolante per il calore, ed offre un valore complessivo di conduttività termica, piuttosto basso. E' opportuno, però, rilevare come la sostanza aeriforme, è quella che svolge la principale funzione coibente. In commercio si trovano differenti tipi di N. per mute, con bollicine gassose di diverso diametro, tecnicamente, i produttori lo suddividono in tre categorie, in funzione della grandezza delle bollicine, in ordine decrescente:

  737t1912h N. Macrocellulare, N. Mediocellulare e N. Microcellulare.

  737t1912h Il N. Macrocellulare è il più isolante ed offre al subacqueo la gradevole sensazione di conservare il suo calore corporeo, avendo un maggior volume di gas racchiuso nel composto, però, ha l'inconveniente di ridurre molto il suo spessore per effetto della pressione idrostatica, (aumentando la quota d'immersione, le bollicine di gas si comprimono, occupano un minor volume e la muta si schiaccia!). Indossare una muta il cui spessore tende a ridursi con la profondità, rappresenta un problema, soprattutto, nelle immersioni profonde, dove la temperatura è più bassa ed è necessario un maggiore isolamento, inconveniente, al quale si aggiunge la necessità di indossare cinture di zavorra molto pesanti (il N.macrocellulare è un foglio con basso peso specifico, rispetto agli altri tipi di N., immerso, porta ad una grande spinta di galleggiamento). Il N. Macrocellulare, perciò, trova impiego, prevalentemente, nelle mute destinate ad immersioni nel basso fondo.

Il N. Microcellulare, invece, con la pressione idrostatica si comprime di meno, ma è ritenuto da tutti i subacquei un "composto freddo" (meno isolante), proprio in ragione della minor percentuale dell'elemento gassoso al suo interno. E' più rigido in rapporto alla maggior quantità di gomma rispetto al composto gassoso. Il N. Microcellulare, attualmente, trova un impiego solo nel taglio di mute stagne ed, in generale, dei vestiti destinati a subacquei che operano in profondità.

La scelta degli attuali produttori di mute per l'apnea, si sta orientando verso la scelta di un N. Mediocellulare, con una gomma sintetica dalle caratteristiche elastiche contenute, in modo da offrire al vestito una buona consistenza geometrica.

La muta per un apneista deve garantire una certa aderenza al corpo e non deve slabbrarsi con l'uso.  737t1912h Una muta larga facilita le infiltrazioni e forma sacche d'acqua, elemento dall'alta conducibilità termica che raffredda rapidamente il corpo.

In definitiva, i vari tipi di neoprene forniscono diversi valori di conducibilità termica k, con differente coibenza del vestito subacqueo.

Neoprene foderato e monopelle:

Rivolgendo la mia analisi esclusivamente alle mute per la pesca in apnea, una particolare esposizione deve riguardare il tipo di superficie esterna ed interna che può presentare il foglio di N..

La Technisub, prima tra le ditte europee del settore presentò un foglio di N. accoppiato (incollato) ad una fodera in tessuto poliestere. Inizialmente, fu incollata una fodera spugnosa, all'interno della muta, per migliorare il confort del vestito subacqueo, solo in un secondo tempo si ricoprì col tessuto anche la superficie esterna della muta. Il foglio di N. nasce da una "placca madre", spessa un centimetro e mezzo circa, ottenuta per colata della gomma sintetica in uno stampo rettangolare le cui larghe piastre determinano il tipo di superficie della "placca madre": zigrinata o semplicemente liscia.

Le bollicine del composto gommoso, si ottengono:

  737t1912h   737t1912h per aver aggiunto nella mescola (soluzione liquida della gomma) particolari sostanze, additivi, che per effetto della  737t1912h pressione, o della temperatura, operano un passaggio di stato  737t1912h diventando aeriformi.

  737t1912h   737t1912h per aver soffiato dell'aria o del gas attraverso degli ugelli in una piastra dello stampo, l'aeriforme resta imprigionato della gomma liquida prima della sua solidificazione.

La placca madre così ottenuta è tagliata, successivamente alla sua solidificazione, con un getto d'acqua ad alta pressione in fogli sottili, di spessore differente, in funzione delle esigenze del produttore. Il taglio d'acqua crea una superficie grezza, che chiamerò "N. nudo" nel quale si evidenzia la struttura di questa gomma sintetica con i piccoli crateri dovuti al taglio delle bollicine di gas. Il N. nudo solitamente è accoppiato ad un tessuto, ma, in alcuni casi, si utilizza il foglio ottenuto dal taglio della placca madre più vicino alla superficie dello stampo che resta liscia e resistente al taglio (la superficie zigrinata è caduta in disuso), senza alcun accoppiamento. Si è instaurato l'uso di chiamare questo foglio Monopelle, ma, in effetti, il N. monopelle era il termine coniato per una placca di piccolo spessore nella quale entrambe le superfici erano lisce, oggi questo foglio non è più in uso!

  737t1912h Che vantaggio proponeva la fodera?

Rende il vestito più facile da indossare perché non crea attrito sulla pelle.

La fodera, nata per esigenze di vestibilità, successivamente, è stata adottata anche sulla superficie esterna del foglio di N., quello a contatto con l'acqua, per migliorare la resistenza all'abrasione: nell'uso, infatti, le mute si tagliano facilmente raschiando sulle asperità del fondo marino. La fodera, attualmente, impiegata sulle due superfici del foglio di N., allunga la vita della muta diventando facile da indossare, ma la minor elasticità del tessuto, unitamente agli adesivi impiegati per l'incollaggio al N., lo rendono un materiale meno elastico del N. nudo, e nonostante un buon taglio sartoriale, la muta rifoderata non resterà mai perfettamente aderente al corpo. La minore elasticità del N. bifoderato, inoltre, non consente la facile espansione polmonare per la ventilazione necessaria all'apnea e solo apparentemente non obbliga il subacqueo ad una manutenzione, perché i sali contenuti nell'acqua di mare restano imprigionati nel tessuto che asciugando diventa rigido, se non si sciacqua regolarmente, e non si provvede ciclicamente ad un risciacquo in lavatrice con un prodotto "ammorbidente". La fodera, perciò, nasce per esigenze pratiche di vestibilità e di durata.   737t1912h La muta in monopelle, infatti, si straccia facilmente nell'indossarla e nel toglierla dopo l'immersione, ma con la fodera migliora l'isolamento termico?

Affatto!

La muta rifoderata non essendo molto elastica, spesso, adotta delle cerniere per facilitare l'operazione della vestizione, accessori che creano facili vie di accesso alle infiltrazioni d'acqua, con le conseguenti dispersioni di calore per convezione.

Il N. bifoderato, inoltre, non aderisce perfettamente al corpo ed il tessuto a contatto con la pelle, forma una trama fatta di sottili canali che veicolano facilmente le infiltrazioni, inzuppandosi d'acqua. La soluzione fodera esterna, N. nudo sulla pelle, invece, ha dimostrato di essere un buon compromesso: non irrigidisce eccessivamente la muta, la superficie esterna del vestito è resistente agli strappi, mentre il neoprene a contatto con la pelle, nelle mute "su misura", crea un "effetto ventosa" che chiude le possibili vie d'acqua. Questa soluzione ha l'unico inconveniente, negli spostamenti del subacqueo fuori dell'acqua, di prestarsi al fenomeno fisico del raffreddamento dell'acqua dentro la  737t1912h "borraccia": la fodera inzuppata sottrae al corpo il calore di vaporizzazione dell'acqua, raffreddandolo. Si rimedia indossando sopra la muta dei vestiti impermeabili durante gli spostamenti in gommone.

La soluzione migliore, in termini d'isolamento termico per l'apneista, a mio avviso, è il N. monopelle senza cerniere: foglio di N. nudo a contatto con la pelle, col N. liscio all'esterno; offre grand'elasticità per la ventilazione, molta aderenza al corpo. Elastico e facile da indossare, ha il difetto d'essere delicato, sia durante la vestizione, per la trazione delle mani, sia all'abrasione contro le asperità del fondo del mare.

Personalmente, adotto, spesso, la soluzione del pantalone in N. monofoderato e la giacca in N. monopelle. Le gambe movendosi vicino alle rocce devono essere coperte da un materiale più resistente all'abrasione, mentre il materiale della giacca deve essere più elastico possibile per facilitare la ventilazione. Per rendere più facile indossare la muta in N. monopelle sono stati adottati differenti sistemi atti a rendere il neoprene più scivoloso:

a)  737t1912h   737t1912h Qualche anno fa, i subacquei usavano mettere il borotalco dentro la muta per ridurre l'attrito tra la pelle e la gomma, questa polvere, però, aveva l'effetto, di rendere la pelle secca e, attualmente, alcuni medici hanno avanzato dei dubbi sugli effetti salutari di quest'abitudine.

b)  737t1912h   737t1912h Più di recente si è preferita l'acqua saponata, ma anche i detersivi contengono un prodotto chimico che produce schiuma, dichiaratamente cancerogeno, e non conviene tenerlo a lungo a contatto con la pelle.

c)  737t1912h   737t1912h La soluzione più igienica è l'impiego di saponi privi di sostanze schiumogene, più difficili da reperire sul mercato, anche se in farmacia.si trovano!

d)  737t1912h   737t1912h Una scelta efficace è di spalmarsi il corpo con un olio specifico per la pelle, o usare un'emulsione d'acqua ed olio, o crema emolliente, che tuttavia, portano all'inconveniente di dover sgrassare la superficie di neoprene quando si devono eseguire delle piccole riparazioni con gli adesivi.

Mi auguro, a questo riguardo, che da parte dei molti medici pescatori subacquei, nel futuro, sia messo a punto un prodotto sano ed efficace.

Breve nota: come fanno i mammiferi a difendersi dal freddo?

La classe di mammiferi è composta d'animali omeotermi: la temperatura del loro corpo resta costante e non dipende dall'ambiente esterno. L'isolamento termico del corpo di un mammifero si realizza per la presenza di due strati coibenti:

-sotto la cute sono situati dei pannicoli adiposi caratterizzati da una bassa conduttività termica.

-la superficie cutanea è attraversata da peli che intrappolano l'aria e formano uno strato aeriforme altamente isolante.

  737t1912h I peli sono coperti da uno strato di sebo e compattandosi tra loro rendono impermeabile all'acqua lo strato cutaneo. Nei mammiferi acquatici, quindi, in immersione resta molta aria imprigionata sotto i peli, e si forma uno strato coibente, tecnicamente molto simile al neoprene. Gli animali appartenenti a questa classe, quando si bagnano, hanno il riflesso di scuotere la pelliccia con un movimento caratteristico, che ha la funzione di eliminare le gocce d'acqua rimaste intrappolata nei peli, per due ragioni:

- Non è un isolante termico.

- L'acqua evaporando, sottrae al corpo il calore di vaporizzazione necessario per il passaggio di stato, raffreddandolo.

Conclusioni

Osservando come in natura i mammiferi realizzano l'isolamento termico e dalla prefazione di Fisica Tecnica relativa allo scambio di calore, possiamo trarre alcune indicazioni su come dovrebbero essere costruiti i vestiti subacquei. L'adipe sottocutaneo, in parte, svolge la funzione di sostanza d'accumulo energetico, ma soprattutto quella d'isolante termico. La distribuzione dei pannicoli adiposi sotto la cute ad impedire la dispersione termica non è uniforme, si concentra in alcuni punti strategici: quelli dove il corpo ha bisogno di un maggior isolamento termico, ad esempio l'addome. Approfondendo ulteriormente la ricerca, si può osservare che il corpo dei mammiferi si può assimilare ad una caldaia con dei radiatori: il fluido termico è il sangue, la pompa è il cuore, i radiatori sono la rete capillare che giunge fino alla cute.

Non tutta la superficie del corpo è ugualmente vascolarizzata. Alcune zone, più irrorate di sangue, disperderanno la maggior parte del calore corporeo, obbligando l'organismo (la caldaia) a reintegrarlo attraverso i complessi meccanismi metabolici. Pochi anni fa è apparsa sulle riviste di settore una pubblicità di una ditta che reclamizzava le sue mute costruite con un particolare neoprene giapponese: "Yamamoto 46 Bio-termic". Mostrava le foto ad infrarossi (chiamate sulla pubblicità "foto termiche"), di un sub vestito con mute realizzate in tre diversi tipi di neoprene. Il messaggio pubblicitario era scientificamente errato per due ragioni: il neoprene che doveva essere più isolante, in effetti, metteva in evidenza una maggior dispersione termica (torace e addome di color rosso) a differenza della "muta convenzionale" di colorazione verde/blu, (la pubblicità, ovviamente, voleva sostenere il contrario!). In secondo luogo reclamizzava una speciale pellicola termo-riflettente, là dove il calore non si propaga per irraggiamento. A parte il "granchio" pubblicitario, le foto ad infrarossi mostravano come la dispersione termica del corpo umano non sia uniforme: è massima in corrispondenza alle ascelle, molto alta all'altezza del plesso e dell'addome, bassa sulle spalle, la parte alta del torace e la parte esterna delle braccia.

Attualmente le mute sono ricavate da un foglio di neoprene dello stesso spessore che offre un'uguale capacità isolante per tutti i punti del corpo, ma la necessità d'isolamento non è la stessa in ogni punto, perciò, le mute si dovrebbero ricavare da fogli di diverso spessore!

Verrebbe da pensare che è meglio abbondare nell'isolamento termico, piuttosto che scarseggiare, ma la spinta di galleggiamento di una muta è proporzionale al suo spessore e al tipo di neoprene; di quanta zavorra dovremo gravare il corpo del subacqueo per aver ecceduto nel suo isolamento?

Per una costruzione razionale e scientifica delle mute per apneista, dal punto di vista dell'isolamento termico, mi auguro che nel futuro: i mutai impieghino spessori di neoprene differenziati per isolare le diverse parti del corpo, soprattutto adottino di un neoprene macrocellulare per le parti del corpo a dove si verifica la maggior dispersone termica. Nell'attesa di avere in commercio, mute costruite con questo criterio, si può giungere ad un buon risultato in altra maniera, pur seguendo lo stesso indirizzo:

- Incollando uno strato supplementare di neoprene in corrispondenza dello sterno/addome che comprenda anche le ascelle.

- Indossando una cuffia di neoprene sotto il cappuccio della muta tradizionale: la testa è la parte del corpo più irrorata di sangue ed è anche sede di grandi dispersioni di calore, perché la scatola cranica è solida (alta conducibilità termica) e non ricoperta da strati adiposi.

- Indossando una sottomuta molto sottile (corpetto/ pantalone- mezze gambe) che, oltre a creare un ulteriore strato coibente (la cui resistenza termica si somma a quella della muta) frena gli spostamenti delle eventuali infiltrazioni d'acqua, con quella che in idraulica è definita una "tenuta a labirinto": un percorso lungo e complesso per i fluidi, che ne rallenta il moto per le resistenze idrodinamiche

Altri accorgimenti tecnici per migliorare l'isolamento termico della muta:

Una muta subacquea, come molti attrezzi impiegati dentro e fuori dell'acqua, invecchia rapidamente per l'azione degli agenti marini e atmosferici, perdendo le sue caratteristiche d'aderenza e di tenuta contro le infiltrazioni. Indossando ripetutamente una muta si produce, inevitabilmente, un allargamento dei fori attraverso i quali s'introducono le parti del corpo, punti nei quali i bordi del vestito subacqueo non sono più aderenti. Per ridurre i fenomeni convettivi dovuti alle vie d'acqua dall'esterno si possono adottare alcuni accorgimenti:

- E' necessario chiudere gli ingressi che si siano eventualmente slabbrati, come ai polsi alle caviglie, nel giro vita, nel cappuccio in corrispondenza dell'apertura per il viso.

A tal riguardo, possono risultare efficaci dei sottili elastici circolari da applicare sui polsi sulle caviglie o intorno al giro vita, mentre per il cappuccio, si può incollare una strisciolina di neoprene da 1 mm di spessore (ricavata da un vecchio sottomuta o richiesta ai produttori di mute su misura) lungo la parte a contatto della pelle, nell'ovale per l'apertura del viso.   737t1912h Si rivelano molto efficaci, come sistemi di chiusura, anche dei corti manicotti (ricavati tagliando le estremità di una muta vecchia) da indossare sopra i polsi e le caviglie: questi vanno aggiustati abbondantemente sopra i calzari ed i guanti (accessori che di solito hanno uno spessore inferiore alla muta), fino a coprire le articolazioni del polso e della caviglia.

- Nei punti di incrocio di tre pezzi nella sesta della muta: cappuccio, alla saldatura con il busto, manica, sotto le ascelle, pantalone, in corrispondenza del cavallo, alla lunga, per la sollecitazione di allungamento del neoprene, si formano delle fessure nell'incollaggio che, è necessario rendere stagne, applicando piccole toppe triangolari di neoprene da 1 mm di spessore.

Il movimento del corpo, soprattutto delle braccia e delle gambe, può aprire e chiudere queste fessure creando un varco alle infiltrazioni. Tirando e comprimendo il tessuto elastico della muta, poi, si esercita un'azione pompante per i moti convettivi dell'acqua infiltrata. Tutti gli incollaggi di toppe strisce di neoprene e le varie riparazioni vanno eseguite con adesivi bi-componenti. Da quando gli adesivi contenenti Tolluolo e Xilolo sono stati proibiti per gli effetti cancerogeni dei loro vapori, gli adesivi mono-componenti, consentiti per legge, non resistono alle alte temperature che le mute raggiungono quando sono esposte ai raggi del sole e le riparazioni durano poco.

E' buona norma spalmare uno strato di vasellina tecnica sulla superficie del N. monopelle per preservarla dalle screpolature prodotte dagli agenti naturali esterni.

L'autore, (Giorgio Dapiran) per quattro anni alla fine degli anni '70, ha diretto il settore" mute" nella ditta d'articoli subacquei: Technisub.

APPENDICE ALL'ARTICOLO SULLE MUTE - (come indossarle)

Un problema tecnico/pratico, spesso sottovalutato dai pescatori subacquei che indossano abitualmente una muta in neoprene liscio/spaccato o spaccato/foderato, è come riuscire ad indossarla da asciutta. Le mute con il neoprene liscio all'esterno, spaccato (cellula nuda) all'interno, sono state le prime a comparire sul mercato dei vestiti subacquei negli anni '50 e, da allora, sono stati impiegati diversi metodi per ridurre l'attrito tra la gomma e la pelle,  737t1912h per vestirsi senza lacerare il neoprene. Il primo sistema, storicamente impiegato, è stato di cospargere corpo e neoprene spaccato di borotalco, quindi, di indossare la muta nella maniera più accorta possibile, avendo cura di non pizzicare la gomma con le dita (le unghie accuratamente tagliate). Intere generazioni di subacquei si è "infarinata" prima dell'immersione, al punto che per sapere se un tratto di litorale, di recente, era stato frequentato da qualche altro pescatore, si cercavano per terra, nei punti vicini agli accessi al mare, le tracce bianche di un'eventuale vestizione .

Questo metodo, impiegato con continuità (posso dirlo per esperienza diretta),  737t1912h provoca una secchezza della pelle poco salutare, in più, una volta entrati nell'acqua, tra il neoprene e il corpo si forma una poltiglia schifosa, cui spesso si mescola l'urina. L'odore di questa miscela, anche dopo una doccia accurata, esala per lungo tempo nella traspirazione dei pori della pelle.

La muta in neoprene liscio/spaccato, per l'obiettiva difficoltà di vestizione e la facilità con la quale si lacerava, negli anni '60, è stata sostituita da quella in neoprene foderato a contatto con la pelle (nelle varie soluzioni: liscio/foderato, zigrinato/foderato, bifoderato).

Ricordo che la ditta Technisub per la quale ho lavorato per alcuni anni, prima al mondo, aveva accoppiato al neoprene spaccato una fodera, aprendo la strada alla realizzazione dei compositi: tessuto -neoprene, detti monofoderati o bifoderati.

Quest'ultimo materiale, certamente più pratico e più resistente alla trazione, però, è meno elastico e non garantisce le stesse proprietà coibenti: l'acqua che imbeve la fodera, in immersione, è un buon conduttore del calore. La muta foderata, perciò è meno isolante di quello in neoprene nudo, di pari spessore. In particolare, i pescatori subacquei restando diverse ore in mare, a differenza dei subacquei che praticano le immersioni con le bombole, disperdono molto calore ed hanno bisogno di una muta che offra il massimo dell'isolamento termico, unitamente, ad una grand'elasticità del vestito per consentire l'espansione diaframmatica e polmonare necessaria alla ventilazione.

Negli ultimi anni, perciò, la muta in neoprene liscio/spaccato, ma anche in neoprene spaccato a contatto del corpo e foderato all'esterno, negli spessori tra 3 mm e 7 mm, è ritornata in voga diventando la scelta più frequente per chi pratica la pesca subacquea in tutte le stagioni. Questo ritorno al neoprene liscio/spaccato, è stato accompagnato da nuovi metodi per vestirsi a secco e per sfilare la muta al termine dell'immersione (le lacerazioni del neoprene avvengono per lo più quando ci si spoglia!)

La soluzione pratica e confortevole, attualmente più adottata, è di bagnare la pelle e il neoprene che deve scorrervi sopra, con acqua calda miscelata ad un detergente liquido. Anche questo sistema, però, presenta qualche inconveniente in rapporto al tipo di detergente usato (i saponi liquidi, nell'uso corrente, non restano a lungo a contatto con la pelle, ma sono subito sciacquati via!) Restando a lungo imprigionato nelle cellule di neoprene, il sapone liquido agisce per diverse ore a contatto con la pelle, soprattutto attraverso alcune sostanze in emulsione, o in soluzione, nel liquido che non si possono definire salutari. E' risaputo, ad esempio, che il Lauryl Sulfate da solo o combinato con altri elementi, impiegato come schiumogeno, è una sostanza sospetta d'essere cancerogena (anche se alcuni test recentemente hanno escluso tale sospetto, almeno per l'uso corrente che se ne fa!).

Le irritazioni cutanee di chi impiega questo metodo per indossare la muta sono molto frequenti: alcuni subacquei denunciano pruriti insopportabili, mentre altri dopo l'immersione si accorgono di avere il corpo ricoperto da piccole pustole rosse.

Apro una parentesi nell'esposizione dei metodi di vestizione, per approfondire alcuni aspetti fisiologici relativi all'impiego di mute in neoprene spaccato a contatto con la pelle: Il corpo dentro il vestito subacqueo si muove contraendo e distendendo la muscolatura, così da produrre uno sfregamento tra la gomma e la pelle. Dopo l'immersione, tolta la muta, se osserverete con attenzione la superficie del neoprene che si è trovata a contatto con il corpo, vi troverete numerosi "gnocchi" (piccoli lembi arrotolati) di pelle morta, segni evidenti della frizione esercitata dalla gomma. Nei punti di maggior sfregamento, come la parte posteriore delle gambe, dietro il ginocchio, si può arrivare a vere e proprie piaghe, in tutto, simili a quelle da decubito! E' opportuno fare notare come il neoprene, questa gomma sintetica, non sia chimicamente sterile e come un contatto prolungato con la pelle possa provocare delle reazioni allergiche e dermatiti.

Svestendoci sotto la doccia, infatti, abbiamo l'opportunità di notare come l'acqua di risciacquo raccolta nel piatto sottostante abbia un colore scuro: in parte può essere sporcizia del nostro corpo e pelle morta, ma è più probabile che si tratti del nerofumo impiegato nella colorazione del neoprene. Non voglio scrivere dei lubrificanti impiegati dai produttori di neoprene per distaccare la "placca madre" dalla piastra di stampo, né dei prodotti tossici presenti negli adesivi necessari per assemblare le mute (il Toluolo e lo Xilolo, potenti veleni, per fortuna, oggi, sono fuori legge!): la nostra specie si sta distinguendo dalle altre per la gran tolleranza ai veleni presenti nell'ambiente e, nel prossimo millennio, probabilmente saremo selezionati dalla natura proprio secondo queste capacità. A questo punto dell'esposizione, è chiaro che bisogna cercare di isolare la pelle dal contatto col neoprene! Una strada interessante (per la salute della nostra pelle), poteva essere quella di spalmare la superficie del neoprene a contatto del corpo con un prodotto anallergico. La spalmatura, invece, è stata intesa dai costruttori di neoprene (per lo più asiatici) come l'applicazione di una vernice dall'effetto lubrificante che facilitasse, semplicemente, l'indossare la muta, e, come improbabile sostanza coibente (ho già approfondito quest'aspetto nell'articolo sulle mute). Questa vernice, attualmente, serve poco a facilitare la vestizione, ha una durata limitata nel tempo, più breve della vita della muta e, spesso, in alcuni punti come in corrispondenza della nuca, capita che si consumi lasciando solo lo strato di colla servito per il suo ancoraggio al neoprene cellulare, col risultato di avere una muta appiccicosa. Quali sono, allora, i metodi più corretti per favorire la vestizione della muta a cellula nuda sulla pelle?

- Ho visto adottare una prima soluzione apprezzabile, da Luciano Cottu (forte atleta del nostro recente passato agonistico), che ricavava un'emulsione d'acqua e crema emolliente per il corpo da spruzzare all'interno della muta con un flacone spray.

Un particolare mi aveva sorpreso nel suo modo d'indossare la muta: metteva una cuffia da nuoto sulla testa, per scivolare meglio all'interno del vestito e forse anche per preservare i capelli dallo stiramento e dal contatto con la crema. Lo "spruzzino", così soprannominato per il riferimento alla particolare funzione del contenitore impiegato, spruzza l'emulsione all'interno della muta nebulizzandola come una pistola ad acqua. Questo metodo ha il pregio di introdurre il concetto di inserire una crema tra corpo e neoprene a protezione della pelle.

  737t1912h - Un altro metodo si rifà all'uso di un olio protettivo per la pelle, o in emulsione con l'acqua da distribuire con lo "spruzzino", o spalmato direttamente sulla pelle.

Non bisogna eccedere nelle quantità d'olio spalmato perché c'è il rischio di far scivolare la muta dal corpo, come una saponetta, appena ci si siede sul tubolare del gommone. Quest'olio è impiegato per la cura della pelle dei neonati ed offre un confort innegabile, ma alla lunga imbeve le cellule del neoprene rendendo impossibile qualunque riparazione con gli adesivi specifici (l'adesivo non attacca sulle superfici oleose). Anche una pulizia con solventi quali la TRIELINA hanno mostrato l'inconveniente di aggredire la gomma indebolendo la sua struttura.

- La soluzione che preferisco e adotto attualmente, è di spalmare il corpo con una crema grassa idrosolubile e di bagnare l'interno della muta con acqua calda, eventualmente, con l'aggiunta con dermoliquido (detergente intimo) il cui PH sia compreso tra 3.5 e 5.5, quindi non troppo aggressivo per la pelle.

Una volta indossata la muta, si forma una poltiglia lubrificante che resta a  737t1912h   737t1912h contatto con la pelle per diverse ore, almeno per il tempo della battuta di pesca. Col risciacquo del vestito, i residui di crema si lavano via e, sul neoprene asciutto sono possibili eventuali riparazioni. Devo segnalare, di recente, l'offerta sul mercato di un prodotto specifico per indossare la muta. L'intenzione encomiabile deve, tuttavia, affrontare con maggiore zelo la composizione del prodotto e quale effetto i suoi ingredienti possono avere sulla salute della pelle.  737t1912h   737t1912h

MUTE BIFODERATE

LE FODERE: il foglio di neoprene viene accoppiato a caldo con una, o due, falde di tessuto sintetico di vario colore. La gomma espansa in questione non è un materiale molto forte e robusto: essendo porosa ha una struttura intima povera, non particolarmente compatta che privilegia soprattutto altre caratteristiche fisico -meccaniche. Ciò la rende fragile e soggetta a lacerarsi ampiamente se sottoposta ad eccessiva trazione o a tagli significativi. Per conferirgli un elemento protettivo si unisce a delle fodere elastiche che la preservano da abrasioni e danneggiamenti. Come fattori supplementari si possono applicare su alcune zone anatomiche dei riporti siliconici, poliuretanici, plastici.

Se la fodera è fissata su tutte e due le facce del foglio si parlerà di neoprene bifoderato: un sandwich così strutturato da origine alla muta più robusta che si possa acquistare.  737t1912h

Dal punto di vista pratico, un capo bifoderato non patisce quasi nulla: si indossa senza prestare troppa attenzione "all'ancoraggio" delle unghie, scivola sulla pelle normalmente e facilmente senza usare nessun tipo di lubrificante, non si strappa a contatto degli scogli, le cuciture "tengono" meravigliosamente per svariati anni, non subisce l'attacco dei raggi solari, dura stagioni su stagioni. Non sono tutte rose e fiori però: le due fodere limitano quasi sempre una gran parte dell'elasticità posseduta dal solo materiale nudo; dopo un periodo d'uso qualcuna può irrigidirsi, a causa del restringimento delle fibre tessili, trasmettendo al capo l'identico peggioramento; non sono caldissime come altri modelli che ne sono privi, perché la superficie del tessuto non consente l'attuazione piena di un'aderenza, con "effetto ventosa" del neoprene; assorbono dell'acqua restando più pesanti e umide a lungo.  737t1912h

Ultimamente hanno fatto la comparsa sulla scena mondiale delle fodere innovative che impiegano dei filati con caratteristiche molto interessanti: sono adoperate sia per la parte interna, a contatto con il corpo, sia per l'esterno per un fattore protettivo.

C'è una fodera termica, felpata, in alcuni casi "termo riflettente" per l'addizione di una mescola argentea, denominata "plush": il suo aspetto ricorda il pile (o polar, il materiale costituito da sottilissimi fili di poliestere nato per il settore militare, che scalda ugualmente anche se indossato bagnato) con la particolarità di uno strato spazzolato, variamente spesso, fino ad un paio di millimetri e più, composto da fili ritorti disposti caoticamente.  737t1912h

Si impiega naturalmente a contatto con la superficie corporea e rispetto al tessuto classico, raso, delle fodere tradizionali, mantiene più a lungo il calore. E' valida in inverno o quando la tecnica di caccia prevede tanti spostamenti a lungo raggio, con molte riemersioni e soste all'asciutto, sull'imbarcazione. Durante la permanenza in superficie, con la muta bagnata, non si provano molti brividi di freddo perché il tessuto simil spugnoso e conformato appositamente: assorbe l'acqua verso il suo interno minimizzandone il contatto gelido e sgradevole sulla pelle. L'inconveniente principale è che con il tempo tende a restringersi un po' rendendo la muta meno morbida e in alcuni casi anche più stretta di misura.

Ci sono fodere d'eccezionale elasticità per cui la loro applicazione non inficia quasi per nulla le qualità intrinseche del foglio di neoprene: sono filati sintetici speciali come il super tex, la lycra, il nylon jersey, ecc. Si stendono a meraviglia sia in senso orizzontale sia verticale, percentualmente variabile da tipo a tipo, con una capacità d'allungamento che per alcuni materiali è incredibile: sembra quasi che non limitino le proprietà della gomma su cui sono riportati ma anzi l'assecondino in tutte le mosse.

Criteri di Scelta della Muta

Scegliere un capo ideale alle nostre necessità pratiche presuppone un brevissimo esame di coscienza: quando facciamo le immersioni?  737t1912h

Dove? Quanti soldi possiamo spendere?  737t1912h

Ci tuffiamo solo da terra o utilizziamo anche l'imbarcazione?

La muta deve essere una seconda pelle.  737t1912h

E' necessario misurare la taglia scelta con una oculatezza esemplare: qualsiasi errore in sede di valutazione, sia con una misura abbondante, sia con una taglia striminzita, sia alla non adattabilità soggettiva alle tipologie di taglio sartoriale, si pagherà a caro prezzo.  737t1912h

Non riusciremo mai a conoscere il vero comfort in termini di calore e comodità. Se i modelli standard a disposizione non suscitassero piena approvazione tecnico-funzionale non esitate che pochi istanti: sulla rivista troverete indirizzi e particolarità dei molti laboratori artigianali che confezionano capi su misura. Una muta realizzata come un guanto, con materiali che sono adattati alle vostre specifiche esigenze (capacità di memoria, rivestimenti, fodere, colori, accessori, sezione, ecc...) costituirà "il punto di non ritorno".

Una valutazione importantissima riguarda lo spessore del materiale. Per un uso prettamente estivo o con acque temperate sopra i 20/22 C° darà una sufficiente protezione un capo da mm 3,5. Ricordiamo che se la temperatura di superficie è elevata non è detto che sia così anche per gli strati più profondi, dai 20 metri in giù. Si indossa con estrema facilità data la sottigliezza e l'elasticità.

  737t1912h Escludiamo il monopelle poiché in queste sezioni è così delicato che è quasi impossibile conservarlo intatto per diverse immersioni.  737t1912h

Il bifoderato va benissimo se non si è troppo esigenti in fatto di materiali tecnici mentre i garisti adottano il mono foderato. Per gli spostamenti con il gommone il neoprene liscio esterno si asciugherà in un baleno, invece nel caso della fodera esterna, si avrà un discreto margine di robustezza per un materiale così sottile.

Il 5 mm è lo spessore che si potrebbe definire universale: c'è qualcuno che lo usa durante tutto l'arco dell'anno, anche d'inverno. Noi consigliamo una muta di questa sezione da maggio/giugno fino a ottobre/novembre in acque con temperatura media compresa tra i 16/17 C° sino ai 20/21 C°.  737t1912h

Volendo strafare si può impiegare solo la giacca da 5 mm e i pantaloni da 3,5 mm: le gambe sono sempre in movimento e quindi si patisce meno il freddo mentre la giacca più spessa darà calore alle zone vulnerabilissime della nuca e della testa nelle discese profonde. Da questo spessore il monopelle rappresenta l'apoteosi di morbidezza e tecnicità. Per il monofoderato valgono le considerazioni sopra citate; mentre per il bifoderato si avverte una esigua differenza in termini di elasticità ma per chi abbisogna di un capo tuttofare stagionale, la scelta si rivela azzeccata.

Per le acque fredde, il mediterraneo da dicembre ad aprile/maggio (10/15 C°), è validissimo il 6,5 mm. I più freddolosi impiegano anche il 7 mm.  737t1912h

Questo spessore consente una permanenza prolungata nel sesto continente e il freddo si patirà più nell'ambiente esterno che nell'elemento liquido. Il problema pratico si sofferma sull'elasticità del materiale in quanto le quote di pesca non sono straordinarie e quindi della memoria di schiacciamento non ne usufruiamo. Lo sfoderato permette un'ottima libertà di movimenti ma è fragile se sottoposto a numerosi traumi nel bassofondo. La scelta si orienta verso un capo monofoderato, con la fodera esterna che lo rende caldo e sufficientemente morbido. Il bifoderato è più rigido e sia la vestizione che la mobilità risultano più impacciate.   737t1912h

Chi usa molto il fucile ad elastico non potrà che apprezzare il classico rinforzo sternale imbottito che adorna numerosissimi modelli:  737t1912h

sicuramente prolunga la durata della giacca e previene abrasioni cutanee.  737t1912h

La toppa è costituita da una speciale mescola gommata vulcanizzata.

I sistemi di chiusura applicati sulla coda di castoro sono di due tipi: gli alamari di plastica e la striscia di velcro.  737t1912h

Gli alamari possono essere singoli o doppi. Sono caratterizzati da una barretta a "T" da un lato e da una rondella di arresto fissa sulla porzione anteriore della giacca. La regolazione immediata è un po' macchinosa ed è meglio eseguirla all'asciutto, con calma. La distribuzione della tensione di ancoraggio è spesso affidata ad un breve tratto di sagolino. La robustezza è provata.  737t1912h

Il velcro non ha mai brillato per durata e qualità di fissaggio ma eccelleva in comodità e velocità di regolazione; fino a poco tempo fa quando è stato immessa sul mercato una famiglia di prodotti rivoluzionari: resistentissimi, garantiti per migliaia di strappi. I ruoli si sono invertiti e la partita è tuttora aperta.

Un'ultima considerazione la rivolgiamo alla differenza tra i pantaloni a salopette e quelli a vita alta: se si desidera che la giacca vesta come un enorme ventosa sulla pelle e non ci sia nulla che ostacoli ulteriormente la respirazione è meglio che non ci sia nessuna bretella ad alterare le questioni.  737t1912h

E' vero che le salopette spesso sono realizzate in neoprene differenziato sottilissimo e che non fanno, per forza di cose, arrotolare il bordo dei calzoni durante la vestizione ma sono sempre un qualcosa che interferisce con la perfetta aderenza.  737t1912h

Se invece il capo è bifoderato il dato passa in secondo piano.

Come si Indossano

Una muta subacquea bifoderata si veste alla guisa di una tuta ginnica: prima si calzano i pantaloni, poi la giacca.

I tessuti di rivestimento sono robusti e permettono altresì una sufficiente scorrevolezza.

Se ci sono dei bordini stagni questi si dovranno rivoltare verso l'esterno, come dei calzini per intenderci, se no si procederà intuitivamente.

S'introduce la punta del piede all'interno dei pantaloni neoprenici e si spinge, fino ad arrestarsi alla base della caviglia; poi si afferra il tessuto delicatamente con i polpastrelli e si tira verso l'alto con strappetti decisi e progressivi. Non si devono fare salsicciotti e accavallamenti di materiale se no la muta non avanzerà di un centimetro.

La manovra va svolta abbastanza celermente perché se si inizia a sudare diverrà tutto più complicato. L'assestamento del capo deve iniziare assolutamente dalle caviglie e dal polpaccio, proseguire verificando la giusta linea del ginocchio e del cavo popliteo, fino a sentire il materiale perfettamente aderente sul cavallo e sui fianchi.

La presenza di bretelle, se il pantalone è "a salopette", faciliterà intuitivamente l'ultimazione della vestizione mentre se è "a vita alta" si dovrà arrotolare il bordo come un salamotto lungo i fianchi e poi, una volta indossata la giacca si farà scorrere all'insù.

Per la giacca senza cerniera e con il cappuccio incorporato ci si comporta esattamente come infilare una felpa: anche in questo caso se ci sono polsini stagni vanno rivoltati, ed è consigliabile effettuare la medesima operazione anche per il fondo della giacca che scivolerà meglio nelle ultime fasi di assestamento.

I polsini vanno orientati in modo che le cuciture longitudinali o le sagomature dei gomiti si trovino nella posizione corretta e cioè verso l'esterno. Si calza prima una manica, optiamo per la destra, facendo fuoriuscire la mano fino al polso e si fa avanzare piano piano la muta, senza arricciature, fino a che giunge all'inizio dell'attaccatura del bicipite o almeno al termine dell'avambraccio.

La stessa operazione va svolta identicamente per il braccio sinistro; quando avremo la muta inserita per metà dovremo cacciare la testa nella predisposizione del collo e, piegando il tronco e il capo per facilitare la manovra, porteremo a termine l'azione con una spinta "d'imboccamento" decisa, nell'interno del cappuccio.

Il risvolto terminale verrà srotolato e sovrapposto perfettamente sui pantaloni. Potrà essere necessario completare la sistemazione del tronco o delle spalle con successivi aggiustamenti: un aiuto efficace lo potrà fornire una soffiata d'aria all'interno dei polsini, dilatati meccanicamente con le dita, perpetuata autonomamente o ancor meglio praticata dal compagno d'immersione.

La pattina del cavallo si aggancerà finalmente sulla battuta della giacca solo dopo che tutto sarà sistemato perfettamente.

Per togliersi la muta si procederà all'inverso anche se la manovra risulterà più difficile. La giacca è l'elemento più ostico: si sgancia la pattina, si rivolta il fondo senza fare pieghe accavallate e si colloca, tirandolo all'insù, più in alto che si può.

Piegheremo il busto anteriormente e cercheremo con una mano di ribaltare sulla schiena la coda di castoro. Già con una piegatura in avanti del corpo molto repentina dovrebbe sentirsi la fascia del sotto cavallo arrivare sulla nuca ma per le prime volte conviene aiutarla afferrandola ai lati e tirarla con una certa delicatezza, se no potrebbe strapparsi di brutto.

Stringendo e racchiudendo le spalle per non fare attrito, faremo avanzare, a strattoni decisi, il capo rivoltato e lo tireremo fino a farlo arrivare all'altezza del torace.

A questo punto si infileranno le dita delle mani nell'ovale del cappuccio e si introdurranno fino al sottogola; una breve apnea e poi si scollerà il cappuccio dal viso fino a farlo giungere sul mento. Ciò si effettua per liberare la testa velocemente senza offrire una resistenza supplementare allo sfilamento dell'intera giacca. Poi si riprenderanno saldamente i laterali della muta servendosi delle braccia incrociate sul davanti e li faremo avanzare sia sul torace sia sul dorso.

Giunti più o meno a livello dei deltoidi si tirerà con decisione: la muta scivolerà sugli avambracci liberandovi immediatamente la testa e la porzione superiore del torace. Con le ginocchia ci aiuteremo a sfilare una manica e poi l'altra. I pantaloni invece si levano come si sono indossati, senza fare pieghe su pieghe, altrimenti starete a tribolare per un bel po'.

Le mute in spaccato o in neoprene liscio non si mettono e non si sfilano se non le lubrificate per benino.

Risolto il problema principale non sussistono altri intoppi tecnici a parte una maggiore prudenza nelle azioni globali di trazione. Assoluta dedizione e cura per il monopelle.

Quali sono le sostanze atte a far scivolare meravigliosamente la gomma espansa sull'epidermide e sia per minimizzare l'attrito tra due medesimi materiali? In situazioni felici, ad esempio d'estate, va benissimo la semplice acqua.

Si deve però immergere completamente la muta nel liquido: infatti tanti apneisti si vestono e si spogliano direttamente in mare. Se si dovesse per caso asciugare il capo, o per il vento o per un'insufficiente bagnatura, non riusciremmo a fare scorrere il neoprene agevolmente e i rischi di rottura e di vestizione complicata si farebbero concreti.

Il secondo metodo che va per la maggiore è l'impiego del sapone.

C'è chi adopera un bottiglia di plastica con un po' di shampoo diluito e chi un thermos con del sapone liquido annacquato; chi spruzza sulla muta del detergente puro con un micro irrigatore per i fiori e chi lo sparge manualmente, prelevandolo da un contenitore standard.

Adeguatamente insaponata una muta in spaccato scivolerà ancor meglio di un bifoderato. Una regoletta da osservare è quella di non esagerare con la schiuma poiché l'indumento non deve essere annegato nel lubrificante ma solo umidificato leggermente: solo così potremo ottenere sin dalle prime battute di pesca un'aderenza immediata del sistema protettivo.

La muta non dovrà scivolare eccessivamente e se ciò dovesse attuarsi per un'esagerata insaponatura è consigliabile, se le condizioni termo climatiche lo consentono, far penetrare subito della copiosa acqua pura che eliminerà l'eccesso di lubrificante. Per la sola svestizione, invece, più schiuma ci sarà meno fatica complessiva si dovrà spendere.

Ricordate che un sapone neutro o a pH acido, eviterà potenzialmente dermatiti e allergie da contatto, possibili con l'impiego prolungato di sostanze scadenti e poco rispettose dell'equilibrio naturale della pelle. La terza soluzione è la polvere di talco. E' valida nel contesto invernale, quando l'immissione di liquidi freddi potrebbe suscitare rifiuti psicologici da parte dell'utente.

Non è scivoloso come il sapone e non si può applicare sulla muta bagnata precedentemente. Il borotalco va usato abbondantemente per non avvertire "impuntamenti" durante la vestizione e per questo deve essere di buona qualità. Il vantaggio tangibile e che l'aderenza della muta è subito efficace e permetterà un ingresso in mare molto dolce.

La Manutenzione

LA MANUTENZIONE: la muta presenta una durata, tutto sommato, non prolungata nel tempo. In mano ad un pescatore incallito che si tuffa quasi ogni giorno in acqua, un capo può durare al massimo un paio di stagioni.  737t1912h

Non sono i tagli, le abrasioni, a decretare la fine di una muta ma sopraggiungono fattori d'invecchiamento e di stress quali: l'assottigliamento del materiale, la perdita di un buona parte di capacità coibentante, l'igroscopicità, la secchezza dei collanti, la degenerazione del tessuto neoprenico.  737t1912h

Lo stesso prodotto in mano ad un'esordiente che frequenta il mare con molta più pacatezza avrà una vita maggiore ma per una buona conservazione dell'indumento si dovranno attuare alcune precauzioni.  737t1912h

Il neoprene si schiaccia con facilità e perciò non deve stare compresso e spiegazzato in cassetti angusti, stropicciato in borsoni minuti, lasciato per mesi sotto dei pesi. E' necessario curarsi anche delle eventuali tracce di umidità: il materiale foderato tende ad imputridire ed ammuffire mentre il liscio se collabisce tende ad incollarsi malamente.  737t1912h

Il luogo di stivaggio ideale è un armadio largo; un appendiabiti di plastica o legno con le spalle larghe e stondate terrà le giacche in posizione corretta di riposo. I long john seguiranno la stessa sorte mentre i pantaloni a vita alta potranno essere sospesi con una gruccia apposita per calzoni. Il luogo sarà arieggiato, protetto da eccessivi sbalzi di temperatura.  737t1912h

Le mute in spaccato o le sfoderate subiscono danneggiamenti precoci se lasciate esposte ai raggi del sole: verificate, dopo averle sciacquate con abbondante acqua dolce, che non vengano lasciate sotto i diretti raggi del sole; è sufficiente una leggera corrente d'aria per asciugarle bene. Il bifoderato dopo molti cicli di immersione può restringersi ed irrigidirsi lievemente a causa del comportamento delle fibre tessili.  737t1912h

C'è chi ravviva i tessuti lasciandoli immersi per una notte in acqua e ammorbidente da bucato, sembra che il metodo funzioni. In previsione di una lunga sosta di inattività è opportuno immergere la muta in una soluzione di acqua e sapone neutro per alcune ore: questo ripulisce e deterge da ogni residuo di materiale organico il neoprene.  737t1912h

Riguardo i classici tagli o buchi che inevitabilmente si determina sott'acqua, e le scollature di materiale, è necessario intervenire immediatamente per evitare che il tessuto si danneggi ulteriormente aggravando la situazione.  737t1912h

Per riparazioni di routine funziona egregiamente il notissimo mastice neoprenico acquistabile in tutti i negozi di attrezzatura subacquea. Noi personalmente abbiamo riscontrato che esistono piccole differenza fra i diversi collanti a seconda della casa produttrice, quindi consigliamo di testarne singolarmente la qualità. Come si incolla correttamente il neoprene?  737t1912h

I due lembi devono essere puliti e asciutti. Si stende un velo di mastice su entrambe le facce da appaiare e si attende che il solvente evapori (circa 10 minuti a temperatura ambiente). Testare con un dito "l'appiccicosità" (se non appiccica più è asciutto), una seconda mano seguirà lo stesso procedimento. A questo punto si procederà all'unione indissolubile delle parti.  737t1912h

Fate attenzione: l'adesività dei lembi, così trattati, è altissima, una volta appiccicati non si separeranno più.  737t1912h

Con questa metodica si risolvono quasi tutti i problemi che appaiono all'orizzonte subacqueo, comprese delle vere e proprie ricostruzioni strutturali di porzioni rovinate e irrecuperabili (ginocchia e gomiti, ad esempio); se volessimo aumentare il grado di rifinitura dei materiali, soprattutto i foderati, potremmo adoperare con successo l'Acquaseal.

  737t1912h CONSIGLI PER LA MANUTENZIONE DI UNA MUTA NUOVA

In queste poche righe cercherò di illustrare una serie di accorgimenti per preservare nel tempo una nuova muta e per aumentarne il "comfort".

Ci tengo a precisare che ho appreso questi "trucchi" del mestiere da persone più esperto di me e ho ritenuto giusto di condividerli con i visitatori del sito.

Le mie nuove mute che il buon Silvano Agostini, titolare della TOPSUB, mi ha confezionato su misura, sono efficaci e ben tagliate.

Nonostante ciò, ritengo che anche su capi di ottima qualità e fattura come quelli prodotti da tanti buoni artigiani del settore è opportuno adottare una serie di accorgimenti prima di indossare una muta per la prima volta.

Innanzitutto, consiglio a chiunque di adottare un sistema che consenta di urinare fuori dalla muta durante le battute di pesca.

Consiglio l'adozione di un tale sistema perchè in tal modo è possibile aumentare notevolmente la nostra permanenza in acqua.

Infatti, evitando di far rimanere l'urina all'interno della muta, diminuisce l'interscambio di liquidi tra l'interno della muta e l'esterno e pertanto si riduce la velocità di dispersione del calore corporeo.

Peraltro, l'urina raffreddandosi all'interno della muta ci stimola i sensori del freddo, rinnovando in noi lo stimolo di urinare e così via. Ci sono vari sistemi per ovviare a tale inconveniente. I principali sono il cosiddetto "pisciarino" e il "becco d'anatra" (Fig. 1).

Di quest'ultimo sistema, della sua forma e del modo di montarlo con disegni esplicativi, ne parlerò in un altro articolo in maniera approfondita.

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Fig.1: il becco d'anatra.

Un secondo accorgimento è quello di "fissare" i fili delle cuciture per evitare che col tempo le cuciture si indeboliscano: basta prendere del mastice di neoprene e metterne qualche goccia sui punti "sensibili" (come polsini, caviglie, cappuccio, etc..) e su tutti quei punti ove le cuciture si incontrano o finiscono (Fig. 2 e 3). Dopo aver ben fatto asciugare il nostro lavoro, e solo dopo qualche mese di utilizzo, ci renderemo conto del reale risultato ottenuto: "stop" alle cuciture che si disfano, "stop" al cambiamento di elasticità del neoprene provocato dal loro cedimento (infatti, quando le cuciture cedono il neoprene diventa troppo elastico e quindi meno aderente).

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Fig. 2: neoprene sul collo

Fig. 3: neoprene su cuciture

Infine, qualora aveste comprato una muta con pantalone "a salopette", vi consiglio di tagliare le "bretelle" e trasformarlo in un pantalone a vita alta, eventualmente restringendolo in alto se troppo largo. I pantaloni a vita alta sono preferibili alla salopette in quanto consentono una maggiore libertà di movimento e soprattutto facilita l'espansione della cassa toracica e quindi la ventilazione.

Nel tagliare le bretelle ricordate di tagliare i pantaloni una decina di centimetri in più rispetto al punto vita in modo da poterli ripiegare verso il basso ed impedire l'ingresso dell'acqua.

Se questo non bastasse, potete adottare una sezione di camera d'aria da bicicletta e stringervela sui fianchi (non troppo stretta ovviamente) per evitare che l'acqua fredda vi rimonti alla schiena durante l'entrata in acqua dalla barca.

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Fig. 4: cintura con camera d'aria

IL SOTTOMUTA

  737t1912h Nei primi anni della subacquea il vizio di sovrapporre più indumenti per difendersi dal freddo era una realtà consolidata; si usavano maglioni di lana, canottiere di cotone, ecc. L'acqua rimaneva imbrigliata per un po' e i vecchi fuciloni a molla potevano esprimersi fintantoché non sopraggiungeva il freddo. Ancora oggi ci sono delle specialità sportive e una tecnologia tessile di supporto che predicano l'interposizione di numerosi strati di materiale per l'isolamento termico più sofisticato ed efficace.  737t1912h

I subacquei, come si sa, pongono al primo punto il problema della coibentazione. Una muta classica da 5 mm permette un'azione su ampio spettro, adeguabile alla maggior parte dell'anno anche se c'è addirittura chi, incurante della colonnina di mercurio, va in mare sempre, in tutte le stagioni, unicamente con questo spessore. Non tutti siamo degli eroi o resistiamo stoicamente ai brividi e allora sono nate le mute spesse e i tagli sartoriali, che sono il binomio in grado di affrontare acque glaciali in sicurezza e senza sofferenze.  737t1912h

Con i nuovi tipi di neoprene poi, delicati e soffici come pullover di cachemire, stare svariate ore a mollo è divenuto un vero piacere. C'è da considerare che non tutti giustificano l'acquisto di un'apposita muta invernale: in primis un capo esoterico da 6.5 mm richiede un certo esborso economico e in secondo luogo non effettuando molti tuffi fuori periodo estivo, non se ne capisce appieno l'utilità.  737t1912h

Esiste pure un'accezione strategica che spinge qualche apneista a perseguire una limitazione di chili da caricarsi sulle reni e una libertà di movimenti senza compromessi: muta spessa significa infatti più chili di zavorra per compensare la spinta positiva e un aumento di staticità globale. Sono sottigliezze, si capisce ma per qualcuno assumono valori più importanti di quanto si possa immaginare. La risposta ai dubbi e quesiti arriva dal sottomuta.  737t1912h

Questo accessorio s'indossa a contatto con la pelle e isola normalmente il busto come un gilet. Il tronco umano è abbastanza "fermo" durante l'azione di caccia ed è soggetto a raffreddamenti maggiori rispetto, ad esempio, alle gambe. Il ventre, la schiena, il torace devono essere al caldo poiché ospitano organi e grossi vasi ematici che disperdono molto calore.  737t1912h

Una muta di medio spessore con l'aggiunta di un sottomuta offre risultati che soddisfano molti pescatori. Oltre alla forma tradizionale, a canottiera, il sottomuta è acquistabile in tante altre varianti (con l'aggiunta d'infiniti capi artigianali creati a richiesta): c'è il modello T-shirt con le mezze maniche; c'è un corpetto con maniche corte e pantaloni corti che rafforza ulteriormente la protezione termica limitando il ricambio liquido; c'è una canottiera con cappuccio incorporato che protegge il capo e la nuca; c'è un corpetto a mezze maniche e colletto alto, alla coreana, per proteggere la cervicale; c'è il corpetto con la chiusura a coda di castoro, per agevolare la vestizione; ecc.  737t1912h

Qualcuno s'infila come una maglietta, altri hanno una spallina aperta, o tutte e due, con la fettuccia di velcro a strappo, di chiusura. Alcuni possiedono la cerniera a dentini Ykk o la pattina anteriore di velcro. Il materiale neoprenico è lo stesso delle mute: in questo caso deve essere sottilissimo, molto elastico e caldo. In commercio c'è una famiglia di sottomuta che è appena 1 mm di spessore e fa uso di un materiale speciale a sezione multipla.  737t1912h

Dei capi straordinariamente morbidi e caldi sono quelli in neoprene spaccato da 2 mm: sono solo delicati quando si mettono e si tolgono. Con l'avvento del rivestimento metallico si attendono le prossime realizzazioni futuristiche: facilmente calzabili e dotati di una termicità fantastica.  737t1912h

Una questione importante, già trattata per le salopette dei pantaloni, è che più la giacca riveste aderentemente il corpo minore sarà l'infiltrazione d'acqua: un "rialzo" del materiale, dovuto a spalline troppo grossolane, a spessori elevati, a cerniere in rilevo, produrrà la perdita dell'effetto ventosa.  737t1912h

La fodera esterna potrebbe essere sfruttata per accoppiarsi alla parte interna della giacca in modo tattico: neoprene spaccato a contatto con neoprene liscio per un'adesione priva di spazi. La morbidezza del sottomuta è importante per la respirazione: se a un pantalone con bretelle aggiungiamo anche un altro capo, avremo un incremento di spessori sulla cassa toracica pari all'addizione delle sezioni. Tre millimetri di salopette, due di gilet e cinque di giacca, fanno dieci millimetri di neoprene: se il materiale non è cedevole perdiamo i possibili vantaggi perseguiti. La ventilazione dovrà attuarsi senza costrizioni o senso d'oppressione.

CRITERI DI SCELTA:

i pescatori che vogliono saggiare le emozioni del mare autunnale o primaverile possono indossare un sottomuta a canottiera in aggiunta al capo posseduto.

  737t1912h L'aumento di protezione si apprezzerà volentieri senza impegnarsi subito nell'acquisto di uno specifico capo invernale. Introdotto nel borsone soccorre anche il pescatore estivo che trova condizioni di acqua fredda o di correnti gelide.  737t1912h

I sottomuta integrali, con pantaloncini incorporati, possono essere usati in luogo della muta in acque caldissime e per tuffi non impegnativi.  737t1912h

Noi li adoperiamo da anni in piscina con ottimi risvolti termici.  737t1912h

La positività del sottomuta richiede l'aggiunta di uno o due chili di piombo alla cintura di zavorra.  737t1912h

Attenti a comperare un indumento attillato ma non soffocante. Rivolgendovi ad un artigiano potrete scegliere dei tagli su misura con i materiali più innovativi.

I Guanti

L' ambiente marino è un mondo ricco d' insidie, di situazioni rischiose.  737t1912h

Gli apneisti si avventurano in questa dimensione, eroici, cercando di portare a casa almeno un pescetto per cena e spesso neppure quello.  737t1912h

L' azione di caccia costringe l' uomo a incunearsi tra le rocce e a sospingersi all' interno di una spelonca, ad aggrapparsi ad un ciuffo di posidonie per non essere trascinato nel vortice dell' ondata, a muoversi come un gatto tra le coste delle pareti per sorprendere i pesci che mangiano, a trascinarsi come un bruco sul fondo per avvicinare la preda, a tenersi forte tra le creste di grotto per non essere trascinato dalla corrente. Quante peripezie!  737t1912h

Osserviamo le ginocchia dei pantaloni e troviamo dei "morsi" sul neoprene, ci tocchiamo i gomiti e sentiamo le spine di riccio che pungono; guardiamo le mani e mormoriamo - Meno male che avevo i guanti!-  737t1912h

In effetti senza i preziosissimi guanti non sappiamo come ci ritroveremmo le dita, i polpastrelli, il palmo stesso.  737t1912h

La prova del nove la potete effettuare facendo una pescata senza guanti: appena usciti rimirerete le estremità degli arti superiori e vi metterete, come minimo, a piangere.  737t1912h

Non finirete più di contarvi i tagli, i taglietti, le abrasioni, le escoriazioni che vi sarete provocati durante la breve avventura pomeridiana. Neppure lavorando duramente la campagna risulterebbe un tale massacro di pelle e sangue. Sott'acqua non ci si accorge di nulla quando la cute si mostrerà con quel tipico aspetto raggrinzito e consunto: si tocca, si spinge, si tiene, si punta e non si sente nessun dolore, nessun bruciore.  737t1912h

I guanti svolgono un' efficace azione protettiva anche in molti altri frangenti e in questo caso tutte e due le mani vengono coinvolte pariteticamente. Il caso che ci viene subito in mente è un bel combattimento con una ricciola da 30 kg. I guanti stringeranno il monofilo di nylon con tutta la forza che non pensereste di avere.  737t1912h

La trazione sarà elevatissima ma grazie al tessuto del guanto non cederete di un millimetro la presa e quando ci sarà da tirare sarete pronti a esercitare un notevole sforzo.  737t1912h

Con il sagolino si verificherà la medesima correttezza d'azione: magari cambierà il tipo di preda e la situazione oggettiva.  737t1912h

  737t1912h Il caricamento dell' arbalete presuppone che si agguantino gli elastici e si stirino, con potenza e sicurezza, verso l' aggancio fornito dalle tacche: l' appiglio di un guanto con la superficie anti scivolo sarà una piacevole connotazione, anche nel caso in cui sfuggano di mano e sfreghino contro i polpastrelli. Quando sistemate sul cavetto un grosso serranide, dalle branchie taglienti come lame, apprezzerete il fatto che con le mani coperte riuscirete a inserirlo sul filo d'acciaio senza rovinarvi.

Giunge l' inverno più temibile e le estremità del nostro corpo lo avvertiranno precocemente. Alla pari dei calzari che isolano i piedi, occorre un mezzo che tuteli allo stesso modo anche le mani.  737t1912h

Le estremità degli arti superiori sono troppo importanti per molteplici azioni e una loro trascuratezza comporterebbe défaillance penose. Potremmo passare indenni alla buriana per un lasso di tempo ridotto ma poi l'assideramento compierebbe la vendetta: non riusciremmo neanche a stringerci il naso per la manovra di compensazione figuratevi dovessimo premere il grilletto al cospetto di una nobile preda.  737t1912h

Non tutti i litorali mediterranei sono bagnati da mari clementi: in Adriatico, ad esempio, l'acqua scende a temperature polari e i sub locali si sono premuniti con guanti a tre dita che risultano molto più caldi dei fratelli a cinque. L'equilibrio che devono possedere è in bilico fra sensibilità tattile e protezione termica.

In commercio esistono moltitudini di guanti per tutti gli usi e le esigenze. Il discorso estivo, dove l'obiettivo da centrare è la protezione delle mani, si può affrontare in una ridda di proposte e tematiche differenti. Rivolgeremo l' attenzione a quei materiali leggeri, imputrescibili, robusti. Il cotone lavorato a maglia spessa, da lavoro, è una prima risposta seria ed economica: il costo è irrisorio e la reperibilità garantita.  737t1912h

Sarà utile che il palmo sia rivestito da micro pallini plastici che offrono una stabile presa anti - sdrucciolevole in ogni condizione.  737t1912h

I negozi di giardinaggio ne hanno di misure e tipi vari: focalizzeremo l'attenzione sui polsini che devono essere provvisti di elastico.  737t1912h

Senza la nota elastica il guanto tenderà a scappare con notevole fastidio. E' importante che le dita calzino al punto giusto e che non siano né troppo corte né troppo lunghe: il rischio è di ritrovarsi con scarsa sensibilità manuale.  737t1912h

Un passo successivo è rappresentato dai guanti in tessuto sintetico, impregnato di particolari sostanze plastiche che li rendono assai tenaci.  737t1912h

Qualcuno ha l' elastichino al polso altri possiedono una pattina di chiusura dotata di velcro. Sono per natura antiscivolo sia sul grilletto che sulle gomme la resa è buona.  737t1912h

Gli amanti della tana, dove si verificano i contatti più cruenti con la natura del fondo, apprezzeranno i guanti con il palmo in pelle o alcantara e il dorso in neoprene bifoderato:  737t1912h

la sensibilità resta discreta ma la resistenza complessiva possiede una marcia in più.  737t1912h

In previsione di pesca all' aspetto ai grandi pelagici un buon guanto in pelle sosterrà il filo ceduto dal mulinello con orgoglio tattico.

  737t1912h Nelle stagioni intermedie, con l' acqua freddina ma non gelida, si adoperano dei guanti in neoprene che iniziano ad avere doti di coibentazione calorica.

I materiali sono svariati e alcuni sono differenti dalla produzione solita: oltre al famoso termoplush, c'è un neoprene liscio di aspetto ma incredibilmente insensibile a maltrattamenti ed un altro con una farcitura interna in titanio. La sezione del neoprene è di solito 2/3 mm ma è la preformazione del prodotto che fa la vera differenza: il taglio speciale crea una disposizione naturale del palmo e delle dita che ricordano la posizione di una mano rilassata. Si indossano comodamente e donano un eccellente presa nonostante siano spessi. Il calcio del fucile viene brandeggiato con successo così come i movimenti di avanzamento conseguiti sul fondo.  737t1912h

I guanti prettamente invernali possono essere usati anche solo in neoprene da 3,5 mm ma esistono anche prodotti che hanno spessori di 4/5 mm naturalmente assai caldi.  737t1912h

Il problema è che non andiamo a spasso sott'acqua solo per guardarci intorno ma impugniamo un'arma per pescare: neopreni di sezione esagerata complicano maledettamente le operazioni elementari di caricamento e di sparo.  737t1912h

Verificate sempre che il materiale sia molto morbido ed elastico per agevolare la stessa vestizione e l'utilizzo pratico. Se si volesse esagerare si potrebbe dotare la mano libera di un guanto spesso e quella che agisce sui leveraggi di tiro con un materiale di sezione inferiore: siamo a conoscenza di una ditta che ne commercializza un paio dotato di tali peculiarità.  737t1912h

Per i mari freddissimi o per la glaciale acqua dolce nulla di meglio che le caratteristiche "moffole" o manopole o guanti a tre dita.  737t1912h

Questo tipo di prodotto garantisce una protezione elevatissima: le dita vengono appaiate e le cuciture sono ridotte al minimo. Il pollice ha una sua sede così come l'indice mentre le altre tre condividono un'unica appendice.  737t1912h

I modelli più sofisticati sono forniti di un polsino denominato stagno che è la solita porzione di neoprene liscio da inserire sotto il polsino equivalente della giacca.

Chi non volesse spendere molto si procurerà i guanti estivi frequentando un negozio di giardinaggio o uno di anti infortunistica dove le novità tecniche sono di casa.  737t1912h

Troverete guanti in tessuto naturale o sintetico robustissimo con rivestimenti del palmo molto vari ed efficienti. Il polsini devono abbastanza aderenti e una semplice elaborazione deve essere facilmente eseguibile: data l' economicità dell'oggetto risulterà operazione frequente mettere mano ad ago e filo per ottenere un valido serraggio (elastico o velcro).  737t1912h

Il tessuto bagnato tende a scivolare dalla mano quindi un sistema di chiusura risolverà la spinosa questione. Bisognerà cercare una misura il più vicina possibile alla vostra conformazione anatomica per non essere ostacolati nel maneggiare l'attrezzatura. I guanti invernali dovranno essere acquistati considerando la temperatura dell'acqua e la vostra resistenza al freddo.  737t1912h

La preformatura senza dubbio avvantaggia prese e movenze ma se il materiale fosse troppo spesso anche questa soluzione non basterebbe a rendere efficace l'azione di caccia.  737t1912h

Se potete misurarli durante l' acquisto, portatevi dietro un paio di fucili che usate solitamente: dal vivo tutto risulterà più immediato.  737t1912h

Il guanto a tre dita a prima vista sembra impossibile da usare in caccia ma basta un breve contatto di prova per ricredersi; inoltre questo tipo di guanto è il più caldo in assoluto.  737t1912h

Chi crede nella mimetizzazione e vuole avere una soluzione di continuità tra fucile e manica della muta sceglierà un guanto che non alteri la strategia. In commercio ci sono decine di diverse colorazioni, opache o variopinte; con la tecnica della tintura del tessuto si potrà offrire un'ulteriore connotazione personalizzata.

I CALZARI

Le estremità umane, si sa, sono quelle più esposte ai rigori del freddo. La rete capillare ematica è diffusa superficialmente e gli equilibri termici sono facili a repentini cambiamenti di stato. Una dispersione calorica elevata in questo punto non si limita a un danno locale, confinato a pochi centimetri di cute, ma conduce ad un raffreddamento delle restanti compagini fisiche. In campo subacqueo la questione avvampa: il neoprene isola meravigliosamente il corpo e l'avvolgente giacca e i caldi pantaloni svolgono una funzione protettiva sostenuta.

Peccato che questi capi da soli non diano il grado totale di copertura: rimangono al freddo i piedi, le mani. In estate la questione transita come un temporale d'agosto ma se iniziamo ad allargare gli orizzonti e i campi d'azione, e l'inverno diviene una costante meta di tuffi, verificheremo che non possiamo assolutamente trascurare questo aspetto.

  737t1912h Altrimenti prima si avvertirà un brividino sottile, lontano, proveniente dalla pianta e dalle dita, poi arriverà il freddo, il formicolio del collo, e infine l'ondata di freddo assalirà definitivamente le caviglie, i polpacci. A questo quadro tenebroso se ne aggiungono altri due minori, se volete, presenti tutto l'anno e in un certo senso altrettanto pregnanti: la salvaguardia della cute degli arti inferiori e l'interfaccia biomeccanica con le scarpette delle pinne

Tutte le pinne possiedono delle scarpette con forme più o meno ergonomiche, dai materiali compositivi più o meno rigidi, dalle misure più o meno calzanti anatomicamente. Ora, la questione relativa all'interfaccia piede/scarpetta è da valutare attentamente. E' molto difficile, infatti, che una scarpetta di gomma calzi in modo perfetto: le misure numeriche sono sempre approssimative e vanno di due in due o addirittura di tre in tre. Ne provate un paio che vi sembrano buone come architettura esterna e non vi vanno bene come calzata. C'è sempre un lato largo o stretto, uno spessore che balla o che da fastidio, un punto o una zona che comprime eccessivamente l'anatomia.  737t1912h

I pescatori adottano spesso le pinne scomponibili e qui il terreno di gioco si complica, si fa duro.  737t1912h

La pinneggiata è un'azione alla base del nostro sport e partire con un accoppiamento sfavorevole tra uomo e attrezzatura non è consigliabile. La dinamica dell'azione forza la situazione poc'anzi analizzata e amplifica enormemente tutti i problemi: ci vogliono risposte soddisfacenti e autorevoli.

Coloro che s'immergono con l'autorespiratore indossano delle pinne strane, cosiddette aperte o con cinghiolo, che obbligatoriamente necessitano di una calzare rigido per funzionare adeguatamente. La scarpetta non ha il tallone e al suo posto c'è un cinturino come quello delle maschere. L'indumento speciale possiede anche una suola di gomma o plastica dura che diventa un tutt'uno con la scarpetta una volta che è assicurata con i cinghietti: la spinta che offre la pinna, però, non è adatta all'uso apneistico date le scarse performance e il peso abbastanza sostenuto.

Il calzare è una sorta di fasciatura protettiva che s'interpone tra la pelle e il caucciù livellando i dislivelli, riempiendo i vuoti, limitando le abrasioni della cute e gli sfregamenti. La gamba dell'atleta deve risultare un'insieme strutturalmente solidale con la pala. Alcuni pescatori, approfittando della mitezza delle acque, adoperano dei semplici tubolari di spugna che svolgono le medesime funzioni. In tutti i mercatini rionali vendono i blocchi di calze composti da due o tre paia a 10.000 lire. I modelli in neoprene sono la scelta che va per la maggiore e la reperibilità nei vari esercizi commerciali o artigianali è vasta. Il neoprene impiegato ricalca le note già analizzate con l'eccezione che le pezze cucite e incollate non appartengono a materiali fantascientifici. Non c'è bisogno di elasticità superlativa o di memoria stratosferica: si cerca soprattutto una buon isolamento termico, un taglio di forme perfette, un tessuto di rivestimento che non deperisca rapidamente. La protezione al freddo si ottiene principalmente con lo spessore del neoprene che va dai 2 mm ai 5 mm. Sezioni maggiori, sino a 7 mm, vengono adoperate solo per usi specialistici. Il 2 mm o più il comunemente il 3 mm è il calzare più impiegato in tutte le stagioni; nei mesi più freddi qualcuno passa al neoprene da 5 mm. Il tipo di fodera incide nel rapporto calorico: attualmente i più caldi sono i calzari in termo plush, in neoprene micro cellulare spaccato, in fantastica spalmatura di metallo termoriflettente. Il contatto con la scarpetta riveste un'aspetto, a volte, sottovalutato. Un materiale che eserciti una frizione di attrito con la gomma è da preferirsi quando si cerca il massimo di sofisticazione d'accoppiamento: il neoprene liscio ancora la scarpetta con autorevolezza. Il neoprene foderato è un po' più instabile ma la sua robustezza è una dote assai considerata: perdona qualche camminatina sugli scogli e non si abrade nei punti sollecitati all'interno della calzata. A proposito degli inevitabili spostamenti pedestri, ricordatevi che in teoria non dovrebbero mai essere fatti senza l'interposizione di una ciabatta o di una calzatura protettiva: solitamente la fine del componente è proprio determinata dall'incuria così provocata. Una particolare attenzione va osservata se si cammina con calzari lisci internamente quando sono indossati con la mistura di sapone o shampoo: la sensazione di passeggiare su due saponette rende l'idea di cosa possa capitare. L'ultima novità bellissima è l'applicazione di una sottile pellicola anti scivolo e anti usura sulla fodera della pianta del piede (tipo la protezione sternale delle giacche). Il comfort è dato esclusivamente dal taglio d'assemblaggio che deve essere, anche in questo caso, una seconda pelle. Le cuciture e gli immancabili incollaggi dovranno essere a prova d'infiltrazione d'acqua: diffidate a priori degli indumenti solo cuciti. I calzari composti da tre pezzi o più di neoprene riescono a seguire meglio le curve particolari delle nostre estremità. Quando la misura non è azzeccata si formano pieghe di tessuto neoprenico che ostacolano la calzata e l'aderenza con la gomma della scarpetta. Un esempio classico sono le sacche di acqua con la successiva stasi abbondante di liquido che si verificano spesso sulla punta del calzare. Esistono dei modelli artigianali preformati, anatomici, che addirittura presentano un inclinazione simile a quella del piede iper esteso durante la falcata. Qualche costruttore crede nel bordino della caviglia stagno che viene inserito sotto un analogo sistema posto al termine del pantalone.

Le modifiche e le elaborazioni artigianali.

Generalmente i calzari si indossano sotto i pantaloni: ciò crea un rapporto abbastanza chiuso e quindi sigillato nell'ottica protettiva dell'intera muta. Cosa succede durante la prima fase dell'immersione? L'aria incapsulata tra la pelle ed il neoprene salirà verso l'alto: la nostra posizione essendo frequentemente a piedi in su e testa in giù, determina la formazione di bolle che, oltre a impedire al materiale di comportarsi come una ventosa, altera l'assetto durante la fase di appostamento sul fondo. D'inverno le cavigliere eliminano le problematiche relative ma d'estate è meglio allagare preventivamente il sistema. Una delle modifiche più frequenti è quella di forare il calzare.  737t1912h

L'operazione più idonea è la creazione di una piccolissima valvolina sul tallone o sul puntale del calzare per evacuare rapidamente tutta l'aria trattenuta inopportunamente. Con un bisturi affilatissimo si farà un taglietto a semicerchio di 7/8 mm di ampiezza appurando che non venga asportato tutto il "tappo" di neoprene: un lembo di collegamento verrà garantito come cerniera della valvola. Il problema vivo delle lacerazioni del sottopiede del calzare sono inevitabili se camminiamo senza calzature.  737t1912h

Un tentativo di irrobustimento della fodera si attua con la spalmatura di un velo di Acquaseal nei punti critici del tallone e dell'appoggio plantare. L'importanza del mimetismo dei calzari non è molto quotato ma in commercio si vendono anche calzari questo tipo di fodera. Se siamo bardati come incursori militari dal boccaglio alla pala possiamo anche dipingere gli elementi tessili con la solita tecnica per concludere l'opera in bellezza.

  737t1912h CRITERI DI SCELTA

la resistenza al freddo è una variabile soggettiva e quindi il suggerimento di un determinato spessore è puramente indicativo. Il 3.5 mm potrebbe andare bene per tutto l'anno eccezion fatta per gli ultimi mesi invernali e i primi primaverili dove il 5 mm sistema i casi più ardui. Riguardo alle fodere interne ed esterne diciamo che anche qui ci sono gusti altalenanti: il bifoderato o il solo foderato esterno è la scelta rivolta a chi vuole un capo che duri un'eternità mentre il neoprene liscio esterno è parecchio più delicato ma possiede un buon grip con la scarpetta.  737t1912h

L'interno in spaccato va indossato con una sostanza scivolosa, lubrificante, ma dona un calore elevato; attenti solo a non perdere il contatto stabile con il suolo quando si cammina. Il termoplush è caldo e s'infila senza nessun artificio ma con il tempo tende ad irrigidirsi. Il rivestimento metallico unisce i due pregi: facile indossabilità e calore garantito. Quando acquistate un calzare potete misurare la taglia esatta con il metodo che utilizzavano le merciaie: si tiene il pugno chiuso e si appoggia sopra il calzare.  737t1912h

Facendo combaciare punta e tallone sopra le nocche della mano serrata, i due lembi dovranno combaciare senza sovrapporsi: quella sarà la lunghezza esatta. Se non riusciranno a toccarsi il capo sarà corto, se si sovrapporranno abbondantemente sarà troppo lungo. Il calzare altera anche le misure delle pinne.  737t1912h

Un soggetto che ha il 42 di piede dovrà considerare che con un 3 mm si aggiunge almeno un numero in più se non due alla numerazione posseduta; non parliamo del 5 mm che se ne mangia due di sicuro. Provate sempre la vostra pinna con i calzari affinché l'attrezzo non balli, non svincoli, non faccia male dopo 5 minuti, non stringa il piede, non lo soffochi. Se il piede sarà trattato con intelligenza tutto il comfort dell'immersione sarà avvantaggiato

  737t1912h Manutenzione - Pinne -

un articolo che presenta delle parti in gomma è sempre vulnerabile ai raggi solari, all'acqua marina, agli sbalzi eccessivi di temperatura, alla poca assistenza amorevole che il proprietario gli dedica. Molte volte subentra la terribile pigrizia, oppure siamo così stanchi che lasciamo nella borsa tutta l'attrezzatura e la ripeschiamo magari dopo due o tre giorni dopo, in condizioni disdicevoli. Il metodo è perfetto per scialacquare al vento, prima o poi, un mucchio di quattrini. Cerchiamo di affezionarci alle pinne e riguardarle un pochino, quasi fossero esemplari unici. Non si cammina per metri sulla ghiaia o sulla sabbia, a pinne calzate, per entrare in acqua: così facendo si deforma la struttura, si arrecano danni alla pala, si possono rompere o lesionare. In gommone basta riporle al riparo della luce, sotto un telo o dentro al gavone, e mai esposte alla calura eccessiva: oltre a conservarle in efficienza per tanto tempo non perderemo neppure un briciolo di prestazione sportiva, inevitabile se la gomma della scarpetta e dei longheroni diventa molliccia e decadente; anche le pale in tecnopolimero accusano qualche problemuccio di efficienza elastica se abbandonate per ore e ore al caldo. Tornati dalla gita subacquea immergiamole in una vasca o in un cestone di plastica e lasciamo che l'acqua dolce elimini tutte le tracce di salsedine e di sabbia. Successivamente è sufficiente riporle all'ombra e stenderle orizzontalmente, senza metterci sopra nulla: a lungo andare le deformazioni ledono la struttura e la funzionalità originaria. Per i tagli e le lacerazioni delle scarpette, che accadono particolarmente a chi le ha trascurate, a chi non ha garbo nel calzarle o sforza troppo il piede in una calzata non adeguata, si attua l'operazione vista nel paragrafo delle modifiche ed elaborazioni (ampliamento scarpetta). Per le pale in plastica non scomponibili è difficile trovare un sistema di riparazione senza ledere le caratteristiche iniziali ma si può provare con della vetroresina o con del collante epossidico. Pochi problemi invece, a parte il costo, per gli elementi smembrabili: se il ricambio è fornito dal fabbricante la pinna tornerà come nuova. Per il caucciù funziona discretamente l'adesivo a base neoprenica, bicomponente, che si usa per riparare i gommoni: naturalmente bisogna trovare la compatibilità corretta tra i vari supporti. Un piccolo incidente, che non pregiudica assolutamente nulla, è la perdita o il rallentamento delle viti che bloccano la scarpetta con la pala. L'attrezzo non si scompone poiché i punti di trattenimento sono tanti altri ma se il tutto rimane invariato è meglio. Una goccia di blocca filetti all'interno dei forellini serve come prevenzione primaria ma nel caso non fosse stato effettuata l'operazione, è consigliabile controllare con un cacciavite la chiusura del sistema di tanto in tanto. I lunghi periodi d'inattività si curano con riposo in piano orizzontale, a temperatura ambientale media, con una spruzzatina di protettivo per elastomeri sulla scarpetta o con della polvere di talco che appartiene ad una vetusta usanza, sempre valida.

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Criteri di Scelta & Manutenzione

pochi i suggerimenti che sono proposti per questo capitolo; l'unica priorità di chi scrive, sarebbe quella d'indirizzare a grandi linee, ma con il piede giusto, coloro che si apprestano ad entrare nel mondo della pesca sub. Per la lama vale il discorso principale del tagliente che non deve essere scelto con l'unico obiettivo dell'inossidabilità poiché spesso non corrisponde alle esigenze pratiche effettive. Il filo dovrà essere, inopinabilmente, eccellente; in quanto alla possibilità remota di un'ossidazione precoce, basterà compiere una manutenzione minima e ordinaria per conservare l'acciaio in efficienza per decenni. Riguardo alla lunghezza non c'è bisogno di superare i dieci, dodici centimetri di lama, poiché questa rappresenta la mediazione tra ingombri contenuti dell'intero coltello e un impiego sicuro nella fase dell'uccisione di pesci. Se il cacciatore si serve sempre del componente per infliggere il colpo di grazia, si rivela molto buona l'arma con la punta fine e di sezione appena triangolare, liscia sui bordi contigui. La presenza di tratti seghettati e di tagliasagole non è bandita ma, fermo restando che un'affilatura valida è indispensabile, se ne può fare anche a meno. L'impugnatura dovrà risultare piccola, ergonomica, e permettere allo stesso tempo una buona maneggevolezza. Se sarà smontabile ne beneficerà la pulizia dell'arma, altrimenti si dovrà verificare che sia saldamente inglobata sul metallo, senza giochi strani ne lassità. Acquistando un solo pugnale per tutte le stagioni, bisogna provarlo con differenti spessori di guanti, per evitare sorprese nel futuro prossimo. Il pomello arrotondato serve, ad esempio, quando non si riesce a bucare l'osso cranico di una cernia brandendo normalmente l'arma. Un colpo ben assestato con il palmo della mano, sul fondo del manico liscio e stondato, è l'ideale per aumentare la forza impressa al puntale, vincendo le resistenze alla penetrazione. La custodia deve possedere un "ingresso" comodo ed intuitivo per lo stiletto. Bandire quelle che: abbisognano di troppo tempo per inserire la lama o con aperture meschine; i modelli ricchi di arzigogoli plastici e incavi strani che non servono a nulla; i meccanismi di gancio - sgancio, in cui ci vuole una laurea in ingegneria meccanica per venirne a capo; le dimensioni esagerate ed eccessive.

L'involucro sarà elementare, dotato di sistemi d'aggancio semplicissimi e soprattutto azionabili velocemente ma, allo stesso tempo, sicuri nel bloccaggio. Deve bastare la pigiatura di una falange, per azionare il bottone basculante, e il coltello si deve agganciare senza impuntamenti o pressioni erculee. Sapeste quante volte capita, e com'è è facile, smarrire attrezzi che si crede stoltamente siano sistemati perfettamente! Per la sistemazione del coltello la scelta è abbastanza soggettiva ed il box presentato dovrebbe schiarire gli orizzonti. Per pescate tranquille in poco fondo, senza esigenze speciali, si può applicare dovunque, secondo i propri gusti ma se le pretese aumentano o se si caccia a stretto contatto con il fondo, a quote impegnative, in zone ricche di reti, palamiti, relitti, bisognerà vagliare attentamente i pro e i contro di tutte le soluzioni, per garantirci sempre un margine di sicurezza.

LA MANUTENZIONE:  737t1912h

per assicurare ad un coltello un glorioso futuro come servitore fedele delle nostre pescate, occorre una buona manutenzione fatta di semplici precauzioni. La lama va mantenuta nella sua custodia senza sottoporla ad urti o ad abrasioni che la potrebbero danneggiare. Il filo deve essere tenuto sempre vivo e nel caso si notasse che il grado di affilatura non garantisse risultati validi, portare subito l'arma dall'arrotino per la molatura a specchio. La corrosione si previene semplicemente lavando l'attrezzo in acqua corrente e conseguentemente asciugandolo da ogni traccia d'umidità con un po' di carta assorbente. Tassativamente: ogni volta che lo si adopera. Non lasciare che un alone di ruggine si soffermi a lungo sull'acciaio perché l'ossido potrebbe intaccare gli strati profondi del metallo con danni significativi e a volte irreparabili. Tutte le lame buone tendono a "macchiarsi" se trascurate, ma è sufficiente procedere alle operazioni citate per scongiurare lesioni gravi. Un velo d'olio leggerissimo passato sui taglienti li conserva splendidamente e previene ossidazioni nel caso si lasci l'attrezzo nel cassetto per molto tempo. Il fodero plastico è resistentissimo al sole e al sale ma i suoi meccanismi di sgancio un po' meno: se si tratta del classico anellino di gomma non esitate un solo istante a cambiarlo quando è usurato (il ricambio è in vendita) perché se si spacca in immersione, con la prima capovolta è perso il coltello. Per i vari pulsanti e bottoncini automatici bisogna controllare che non siano rotti, crepati, o peggio mal funzionanti; dalla loro efficienza dipende in parte la nostra sicurezza. La sabbia o altri detriti si insinuano all'interno delle mollettine inox o nei binari di scorrimento, grippando i meccanismi. Utilizzare un getto di acqua diretta per lavarli e una spruzzata di spray siliconico per lubrificarli; evitate l'applicazione di grasso perché tiene adesi i granellini di rena e tanti altri residui. I cinghioli di gomma temono i raggi ultravioletti e l'azione deleteria della salsedine: sciacquarli stirandoli sotto l'acqua per agire a fondo, e per verificarne l'integrità. Nel dubbio si sostituiscono senza esitazioni.   737t1912h

L'APPANNAMENTO DELLA MASCHERA

Autore: Marco Bardi

Maschera Omer Aries

L'appannamento della maschera, è un problema che da anni affligge molti subacquei, specialmente subito dopo l'acquisto di una nuova maschera in silicone.
La metodologia di stampo delle parti in silicone, prevede che lo stampo stesso - che lavora ad alte temperature - sia lubrificato con del silicone liquido, che permette una più facile estrazione del facciale in materiale siliconico, che successivamente viene assemblato con il telaio.

Senza l'apporto del silicone liquido in fase di stampo, il facciale delle maschere non sarebbe di facile realizzazione e le superfici non risulterebbero perfettamente lisce e omogenee e, quindi, aderenti al viso.

Purtroppo, l'inconveniente è dovuto proprio a questa ragione.
Il silicone liquido sporca tutta la maschera, vetri e lacciolo compresi, inserendosi spesso anche tra facciale e telaio. Alcune maschere, fin dai primi giorni di utilizzo, mostrano sui vetri la classica situazione di appannamento persistente.
In alcuni casi, basta un comune antiappannante per maschere a risolvere almeno parzialmente il problema.

Esistono anche altri metodi abbastanza comuni ma poco efficaci, come il dentifricio, la patata sbucciata e altri trucchi e trucchetti famosi da decenni.
In pratica, per essere sicuri, se non basta la pulizia con un buon antiappannante o qualcosa di simile, per risolvere definitivamente il problema conviene compiere subito alcune manovre più efficaci.

La prima sarà quella di passare una fiamma di accendino su tutta la maschera, specialmente sui vetri.

La manovra dovrà essere effettuata rapidamente e senza soffermarsi a lungo su un punto, in modo da non rovinare la maschera. La fiamma brucerà le particelle eccedenti di silicone, che è un materiale infiammabile. Il risultato sarà il verificarsi di microscopiche scintille, dovute appunto al silicone in eccesso che si brucia. Il verificarsi delle scintille, che non sono pericolose, dimostrerà che la maschera era effettivamente sporca di silicone, presente in abbondanza.

Le lenti di vetro, come il facciale della maschera, potrebbero annerirsi leggermente, ma non sarà un problema. Dopo un lavaggio tornerà perfetta. La fiamma dovrà interessare tutte le superfici della maschera, interne ed esterne, dedicando maggiori attenzioni alle lenti, dove si verifica il fastidioso appannamento.

Maschera Sporasub Samurai Elite

Anche il lacciolo deve essere trattato internamente ed esternamente, altrimenti i residui di silicone potrebbero raggiungere di nuovo il facciale o le dita della mano, che una volta toccato il lacciolo, toccheranno inevitabilmente la maschera o le lenti, sporcando di nuovo con il silicone.
Successivamente al trattamento con la fiamma, si potrà effettuare un lavaggio particolare molto efficace.
In primo luogo, occorre preparare un recipiente con acqua calda (50° circa), facendo attenzione a non esagerare e non ustionarsi nell'operazione,per poi inserirvi una buona dose di sapone al limone per i piatti e bicarbonato, mescolando bene il tutto.

Successivamente, si immerge la maschera a bagno nella soluzione per almeno 3-4 ore effettuando, di tanto in tanto, un lavaggio delle superfici gommose, dei vetri e del lacciolo.
La soluzione di acqua calda, sapone sgrassante e bicarbonato, tende a distaccare e dissolvere i residui di silicone liquido anche nei punti difficili da raggiungere con una pulizia tradizionale. Questa operazione in abbinamento alla precedente, darà maggiori garanzie di risultato. Di solito, il trattamento descritto è sufficiente a risolvere definitivamente i problemi con le maschere più ostinate. Se non bastasse, prima del lavaggio potrebbe rivelarsi utile sgrassare i vetri e le parti in silicone (dentro e fuori) con della comune trielina imbevuta in uno straccetto, per poi effettuare il lavaggio sopra descritto - che oltretutto toglierà anche il puzzo fastidioso della trielina. Attenzione a non abbondare con la trielina, che tende a squagliare gomma e silicone. Sarà indispensabile un lavaggio accurato, in quanto potrebbe restare un forte odore di trielina difficile da sopportare.
Se ancora non bastasse, in ultima analisi, converrà effettuare un ulteriore e accurato lavaggio con acqua calda e sapone al limone sgrassante.

Dopo che la maschera si è asciugata bene, potremo cospargere il tutto di borotalco, il quale assorbe meglio l'eventuale silicone liquido residuo, che esala dalla parte plastica.
Infine, occorrerà lasciare la maschera per un giorno vicino ad un termosifone o al sole (o ad altra fonte di calore), perché il calore aiuta a far fuoriuscire le esalazioni di silicone liquido residuo. Ripetere il lavaggio e l'asciugatura in modo accurato e cospargere nuovamente il borotalco per almeno una o due volte ancora.Se la maschera si presta ad essere smontata (lenti e facciale), allora converrà smontarla accuratamente pezzo per pezzo per poter raggiungere anche gli spazi morti dove il silicone liquido si è insinuato nella fase di montaggio e da dove potrebbe di nuovo fuoriuscire con l'uso, anche dopo attenti lavaggi e trattamenti.

Con la maschera smontata il risultato è più sicuro, ma conviene lasciare questa ipotesi come ultima risorsa - che difficilmente si renderà necessaria - evitando quindi il fastidioso smontaggio.
Di solito, le prime manovre elencate - che sono più semplici e rapide - si rivelano sufficienti.

UN COMPAGNO FIDATO: IL PALLONE SEGNASUB

Autore: Massimiliano Volpe

Un pescatore in apnea con la sua boa segnasub

All'inizio della mia carriera di pescatore in apnea, il mio rapporto con la boa segnasub è stato piuttosto travagliato. Trovavo l'obbligo di trascinarsi dietro quell'inutile orpello una vera violenza, un'intollerabile limitazione della mia libertà, un'imposizione inaccettabile. Oltretutto, negli anni ottanta il significato di quel galleggiante, per la maggioranza dei diportisti, era completamente sconosciuto. Non che al giorno d'oggi le cose siano migliorate di molto, ma quanto meno stiamo assistendo ad una crescente sensibilizzazione verso la sicurezza dell'uomo in immersione, se non dei diportisti, almeno delle Forze dell'Ordine. Sintomo di questa attenzione, stimolata principalmente da una campagna di sensibilizzazione promossa dai media che seguono la nostra disciplina, è stata la circolare del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, che ha finalmente fissato in 100 metri la distanza di rispetto dalle boe segnasub. Tornando all'obbligo di segnalazione di cui dicevo, col passare degli anni mi sono rassegnato, anche perché le Forze dell'Ordine che operano dalle mie parti sono sempre state molto ligie e poco accondiscendenti con chi pesca senza pallone. Mi sono talmente rassegnato all'uso della boa segnasub che non me ne separo mai, nemmeno quando pesco nei luoghi più isolati, in giornate in cui in mare non potrebbe esserci nessun altro, magari di Gennaio, con il mare mosso, freddo...

Dirò di più: se scendo in acqua senza boa....mi sento letteralmente nudo, mi manca qualcosa, mi sento a disagio, non pesco bene. Proprio per questo, nel corso degli anni ho cercato di adattare la boa alle mie esigenze, provando a renderla un accessorio utile non solo alla segnalazione di sicurezza, il meno ingombrante possibile, in definitiva, non più un inutile orpello ma un insostituibile alleato, un compagno fidato.

1) moschettone con chiusura di sicurezza 2) fischietto 3) spillo portapesci 4) avvolgisagola 5) raccordo elastico 6) avvolgisagola per finale

Tipologie
Non voglio soffermarmi troppo a lungo sulle diverse tipologie di galleggiante esistenti sul mercato: si va dalla classica boa sferica, al siluro, alla plancetta rigida, alla plancetta gonfiabile etc. Personalmente, poiché sono solito uscire in mare esclusivamente in gommone, e un po' anche perché sono un tradizionalista che si affeziona a certi dettagli dell'attrezzatura (ad esempio, uso da sempre la stessa maschera...), continuo ad adoperare la classica boa sferica. Le attrezzature che vi si appendono fanno più attrito rispetto ad un siluro o ad una plancetta, ma in compenso è ben più visibile, e poi i miei percorsi a pinne non sono mai lunghissimi. Se avessi abitudini diverse, probabilmente adotterei una plancetta... La migliore visibilità di una boa sferica non solo ci rende più facilmente avvistabili dai diportisti (per i quali, oltretutto, è di sicuro il segnale di uomo immerso più conosciuto, rispetto ad esempio ad una plancetta dell'ultima generazione che, più che allontanarli, ne stimola la curiosità...) ma, oltretutto, rende più agevole il compito nel nostro eventuale barcaiolo in presenza di mare mosso, o più semplicemente facilita il nostro "ritrovamento" da parte del compagno di pesca che si è buttato un miglio a monte di corrente e, giunto al gommone da noi ancorato, deve venire a cercarci.

Allestire la boa

Il nostro galleggiante, abbiamo detto, può rivelarsi molto utile, ad esempio consentendoci di portarci dietro un po' di attrezzature di riserva: attaccato al mio pallone non manca mai un secondo fucile corto, da tana, armato con fiocina, collegato alla boa a mezzo moschettone di sicurezza di generose dimensioni. A questo proposito, credo che sia il caso spendere qualche parola su questo accessorio fondamentale, ossia il moschettone, in quanto che se non curiamo a dovere il collegamento alla boa del secondo fucile, rischiamo di perderlo strada facendo (cosa sicuramente capitata a molti di noi).

Moschettone con ghiera a vite di sicurezza

Gli aspetti da tener presente sono essenzialmente due: innanzitutto il moschettone deve essere del tipo con ghiera a vite di sicurezza, in modo da evitare aperture accidentali (è piuttosto costoso ma ne vale la pena); in secondo luogo, è sempre opportuno agganciare la sagola con cui ci trasciniamo dietro il pallone ad un moschettone diverso da quello in cui agganciamo il fucile, poiché può capitare che il sagolone, compiendo nel corso della pescata delle spire attorno al moschettone, tenda ad aprirlo agevolando lo sganciamento di quanto vi si trova appeso.
Personalmente, onde non correre il minimo rischio, adotto entrambe le cautele: non si sa mai, anche perché, di norma, gli eventi negativi si verificano sempre nel momento sbagliato. Nel senso che sarebbe oltremodo disdicevole accorgersi che sotto al pallone il secondo fucile non c'è più proprio quando abbiamo sparato ad un denticione e, avendolo colpito male, vorremmo doppiarlo con un colpo risolutore....
Accanto al secondo fucile, di solito si appende anche la torcia, sebbene personalmente preferisca tenerla sempre al polso per maggiore comodità. Ma un accessorio che non può mancare tra le attrezzature che pendono dalla boa è un grosso spillo portapesci, molto comodo in caso di cattura di prede di mole oppure di pesci la cui "movimentazione" risulti pericolosa : è il caso di scorfani, murene, gronghi, rane pescatrici, tracine. Anche a proposito di questo accessorio ci sono un paio di dettagli da tenere presenti: è sempre conveniente agganciarlo ad un moschettone diverso da quello del fucile (è bene che ogni attrezzatura abbia il suo moschettone, poiché si corre sempre il rischio di aprire il moschettone per prendere una attrezzatura e sganciare inavvertitamente l'altra) ed è utile abituarsi ad agganciare bene le prede.


A tal proposito, mi viene in mente un episodio capitatomi ormai moltissimi anni addietro e che mi ha fatto capire l'importanza di fissare bene le prede alla boa. In una splendida giornata invernale ma con temperatura mite, aria di scirocchetto e acqua chiara, stavo sommozzando lungo una scogliera sommersa posta in una distesa di sabbia. Impugnando un arbalete da 60 cm. armato con fiocina, stavo esplorando le mille tane presenti a caccia di spigole, solitamente presenti in abbondanza in quel luogo, ma dopo molto tempo di pesce non ne avevo ancora visto. All'improvviso, sgattaiolando lungo i massi accatastati sul fondo, sbuco proprio a ridosso di uno spigolone che se ne stava acquattato all'ombra di un sassone: non so chi dei due fosse più sorpreso dall'apparizione dell'altro, fatto sta che istintivamente sparai, colpendolo sulla testa e fulminandolo all'istante.

Sotto la boa è buona norma tenere un fischietto

La gioia per la cattura del pescione fu immensa e, forse a causa dell'emozione, andai frettolosamente a fissare la preda al pallone segnasub, probabilmente confidando in qualche altra cattura in quella zonetta. Dopo un'altra buona oretta di tentativi infruttuosi, decisi che forse era preferibile cambiare zona e tornai al gommone, fiero della bellissima cattura effettuata e impaziente di mostrarla al mio compagno di pesca. Purtroppo, giunto al gommone e salpata la sagola del pallone, mi accorsi con rammarico che dello spigolone catturato non v'era più traccia! Evidentemente, poiché avevo fatto passare lo spillone semplicemente dalla branchia alla bocca, complice il moto ondoso la spigola si era sganciata (in effetti con quella enorme bocca c'era da aspettarselo che lo spillo potesse sfilarsi...). I tentativi di ritrovare la preda perduta furono del tutto inutili, ma un insegnamento mi era rimasto dopo quella immensa delusione: mai più avrei assicurato al pallone una preda importante con tanta superficialità. In effetti, da quell'episodio in avanti ho sempre assicurato le mie prede facendo passare lo spillo dalla branchia alla bocca ma facendolo fuoriuscire attraverso la cartilagine del labbro superiore della preda. In questo modo non ho più perso un solo pesce, comprese cernie e ricciole di mole considerevole.

Ai fini della sicurezza, infine, può rivelarsi utile tenere appeso al pallone anche un fischietto, del tipo che troviamo di solito applicato ai giubbotti di sicurezza in dotazione al nostro mezzo nautico: può richiamare l'attenzione di qualche incauto diportista diretto sulla nostra verticale ma, più semplicemente e più spesso, potrà attirare l'attenzione del nostro indolente barcaiolo, assopitosi sul prendisole invece di sorvegliare la nostra azione di pesca.

Dettaglio del collegamento tra l'avvolgisagola ed il raccordo in sagola elastica ca 6mm

Soluzioni
Procedendo nell'analisi del nostro fidato ed inseparabile compagno di pesca, prendiamo ora in considerazione il collegamento tra pallone e sagolone: poiché le profondità di esercizio sono estremamente mutevoli anche durante una stessa pescata, è utile adoperare un avvolgisagola in plastica dotato di tacca di fermo per la sagola, in modo da poter agevolmente e rapidamente variare la quantità di sagola in bando in relazione al fondale su cui stiamo operando. Ultimamente ne ho provato un modello dalle dimensioni più generose del solito, notando una maggiore facilità in svolgimento e riavvolgimento della sagola.

C'è chi collega il sagolone che fuoriesce dall'avvolgisagola direttamente alla boa, ma personalmente, poiché sono solito tenere l'altro capo della sagola collegato alla cintura in ogni condizione meteomarina, preferisco eseguire questo collegamento interponendo uno spezzone di robusta sagola elastica da 6 mm. di spessore, lungo circa 100 cm. Questo accorgimento mi consente di essere meno infastidito dal moto ondoso che di norma, se la trazione del pallone non è ammortizzata efficacemente, disturba non poco la nostra azione di pesca.

Ma detta soluzione trova anche altre applicazioni: risulta utile se utilizziamo il pallone per mettere in trazione una cernia arroccata oppure per lavorare una grossa ricciola che ci ha già prosciugato la sagola del mulinello e che siamo stati costretti, pertanto, ad agganciare al pallone segnasub, vero e proprio mulinello di scorta. La funzione di ammortizzatore del nostro elastico contribuirà al fiaccamento della preda ed alla salvaguardia dell'integrità delle sagole.

Galleggiante, raccordo sagola-nylon con girella e raccordo del finale

Per chi pesca prevalentemente in tana, il discorso sulla sagola del pallone potrebbe ritenersi concluso qui, ma per gli appassionati di aspetto si pone un piccolo problema: come conciliare le esigenze di silenziosità con l'evidenza del sagolone che ci collega alla boa?
Semplice: è sufficiente sostituire l'ultimo tratto di sagolone, tra i 10 ed i 15 metri in relazione alla visibilità in acqua, con del robusto monofilo di nylon, dello spessore compreso tra 0,50 e 0,70 mm. Vi garantisco che in condizioni normali è possibile portare a tiro anche i dentici più smaliziati senza separarsi mai dalla boa segnasub. Solo nei casi più disperati, in cui i dentici sembrano più indolenti del solito, sarà necessario abbandonare il pallone, pedagnando nei pressi della zona calda. Ma vediamo in dettaglio come eseguire il collegamento tra sagolone e monofilo di nylon e tra quest'ultimo ed il moschettone da fissare alla cintura. Per limitare al minimo le possibilità di incaglio nelle asperità del fondale, è raccomandabile collocare, in corrispondenza del collegamento monofilo-sagolone un galleggiante del tipo usato per i tramagli, il quale farà in modo che il monofilo resti ben steso in diagonale sulla nostra verticale, anziché seguirci parallelo al fondale.

Il collegamento vero e proprio, poi, è bene che avvenga a mezzo di una grossa girella, simile a quelle utilizzate per i calamenti dei cannisti, la quale garantirà che il monofilo non si arricci eccessivamente, provocando ingarbugliamenti indesiderati. Al capo opposto alla boa, invece, il problema da risolvere è la delicatezza del monofilo, specialmente se sottoposto a continui sfregamenti sulle rocce del fondale. Questi sfregamenti possono avvenire sia in fase di pesca che qualora decidiamo di pedagnare, abbandonando sul fondo un piombo mobile cui è collegato il nostro pallone. Per evitare che il monofilo di nylon si usuri troppo velocemente, facendoci rischiare di perdere nella migliore delle ipotesi il solo pedagno, nella peggiore tutto il pallone (ovviamente in circostanze particolari come mare grosso o forte vento di terra...), sono solito fissare il capo del monofilo ad uno spezzone di sagolino nero in treccia di nylon, lungo una sessantina di centimetri, collegato a sua volta al moschettone che lo vincola alla cintura di zavorra. In tal modo la maggior parte degli sfregamenti andranno ad interessare solo la porzione di sagolino, lasciando il monofilo integro per lungo tempo. Ovviamente, il monofilo deve necessariamente essere sostituito con maggiore frequenza, rispetto al normale sagolone, ma con tale accorgimento sarà sufficiente una sostituzione ogni anno per avere un collegamento alla boa sempre efficiente.
Un altro consiglio: poiché in inverno l'acqua è di solito più torbida e si pesca in acqua più bassa, quindi con maggiori possibilità di incaglio della sagola, è conveniente predisporre due terminali in monofilo distinti, uno con nylon dello 0,50 - 0,70 da utilizzare nella bella stagione, un altro dello spessore di 1,00 - 1,20 mm da adoperare invece in inverno. Con quest'ultimo avremo meno problemi in fase di incaglio, andrà meno soggetto all'usura perché più robusto, ed avrà una "invisibilità" sufficiente in relazione al tipo di pesca effettuato.

Avvolgisagola in compensato marino - si noti l'alloggio per il moschettone

Quando si esce in mare con il gommone e ci si sposta frequentemente da una zona all'altra, è necessario che tutte le attrezzature vengano riposte in modo ordinato ad ogni spostamento. La sagola del pallone non deve assolutamente fare eccezione, pena l'alta probabilità di realizzare ingarbugliamenti inauditi e tali da rovinarci la giornata. Poiché non trovo molto agevole riavvolgere la sagola, restando in acqua, sull'apposito avvolgisagola fissato sotto alla boa, preferisco utilizzarne un altro all'uopo predisposto e realizzato con del compensato marino, lungo una cinquantina di centimetri, largo 10 e dotato di due svasature alle estremità al fine di agevolare il riavvolgimento della sagola. Nello spessore delle due estremità, inoltre, pratico con un trapano un foro longitudinale, di dimensioni sufficienti a permettere l'inserimento del moschettone di collegamento alla cintura. Questo avvolgisagola di servizio mi permette di riavvolgere velocemente la sagola una volta risalito in gommone e di svolgerla nuovamente quando giungo nel posto in cui intendo proseguire la pescata. L'altro avvolgisagola, posto sotto alla boa, invece lo utilizzo unicamente per variare la quantità di sagolone in bando.


Problemi fastidiosi e accorgimenti

Non crediate, comunque, che pur attuando tutte queste cautele sia possibile risolvere completamente i problemi che derivano dal portarsi dietro la boa segnasub: pescare all'agguato in pochi metri d'acqua risulta in taluni casi impossibile, tanto per fare un esempio. Inoltre è assolutamente necessario ridurre al minimo le possibilità che il monofilo si impigli sulle nostre attrezzature. In primo luogo è da escludere categoricamente il coltello al polpaccio: è preferibile collocarlo in cintura o al braccio, altrimenti il monofilo vi si impiglierebbe di continuo (così come il semplice sagolone, del resto).

Finale con moschettone da collegare alla cintura di zavorra

Anche le fessure presenti in corrispondenza del collegamento tra longheroni delle pinne e pale sono fonti perenni di incaglio per il sottile monofilo di nylon. Per ovviare a tale inconveniente è necessario che questo punto nevralgico venga "stuccato" con del silicone nero, così che il monofilo non trovi più fessure in cui impigliarsi.

Poiché dunque evitare del tutto di incagliare la sagola del pallone è impossibile, è necessario poter sempre sganciarla agevolmente e velocemente ogni qual volta se ne presenti l'esigenza. Assume pertanto importanza il collegamento della nostra sagola alla cintura, che deve essere fatto in modo da garantire uno sgancio rapido. Alcuni utilizzano dei pedagni cilindrici da infilare tra muta e cintura, ma personalmente preferisco un pedagno ricavato da un piombo a sgancio rapido di quelli in commercio. Questi piombi, dotati di un sistema di sgancio rapido molto efficiente e pratico, sono da 1 kg e quindi un po' pesanti per fungere da pedagni. Così, utilizzando una comune sega a ferro, li taglio lungo i lati, diminuendone ingombro e peso fino a raggiungere i 500 - 600 grammi, sufficienti per un buon pedagno mobile. Il lavoro viene completato inserendo una robusta asola in sagolino di nylon ricoperta con del tubicino in gomma, ove agganciare comodamente il moschettone posto all'estremità della sagola della boa segnasub.

Mi auguro che l'adozione delle indicazioni fin qui fornite possa rendere più comodo e pratico l'uso del pallone segnasub e possa quindi farci riscoprire in questo accessorio, considerato spesso e a torto solo un'inutile imposizione della Legge, un valido e fidato compagno di pesca, pronto a vegliare sulla nostra sicurezza ma anche a venirci in aiuto in mille altre occasioni.


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